Politica per avere consenso o per dare speranza?

Commenti

  1. Caro Giancarlo, grazie per queste riflessioni, in cui si sente la passione e l’esperienza di chi si è ‘sporcato le mani’ con la politica e ne conosce bene la crisi attuale.
    Grazie anche per averci ricordato che il nostro lavoro non ha nulla di intimistico, ma si inserisce in un processo di cambiamento delle coscienze che ha effetti immediati, anche se in apparenza minimi, sulla realtà circostante.
    Un abbraccio. Paola

  2. Adele Scorza dice

    Ricche, pregnanti e appassionate le tue riflessioni Giancarlo, è sempre un piacere leggerti… ne approfitto per farti arrivare i saluti affettusi delle carmelitane di crotone… l’inverno sta per finire… mettete in cantiere i progetti per la primavera… la terra di Pitagora vi aspetta! Adele

  3. Una lucida disamina di questo tempo schiacciato su un presente asfittico per mancanza di umanità, di valori quali l’umiltà, la rettitudine, l’amore per l’altro che coincide con la rinuncia attiva ai privilegi, col sacrificio che riempie il cuore. Mancano le passioni a vantaggio del degrado e della violenza verbale e non verbale. Lo scenario apocalittico apre praterie al cambiamento. Ma, come è stato giustamente scritto, esso passa attraverso la conversione.

  4. Fra qualche anno, quando del nostro paese non rimarrà quasi più nulla, si studierà lo strano caso dell’Italia, che è passata in 20 anni, da una situazione di nazione ricca e leader industriale a un deserto economico e ha anche sperperato la sua risorsa più preziosa: i nostri figli, in 12 anni gli italiani all’ estero sono passati da 2 a 4 milioni, mentre qui si continua in un completo caos inconcludente.
    Sono abbastanza pessimista, anche se in “Darsi Pace” ho trovato strumenti per capire il macro mondo esterno e il micro mondo interiore e ciò che li può collegare e risanare.
    Speriamo

  5. marco guzzi dice

    Caro Giancarlo, grazie di questa analisi precisa e allarmante.
    Credo che il passaggio evolutivo che ci aspetta sia la creazione di aggregazioni culturali che sappiano introdurre queste tematiche dentro i consessi politici. C’è ancora un divario assoluto tra la consapevolezza crescente che descrivi, e il discorso pubblico della politica, tra processi interiori e pratiche partitiche. Nessun partito osa ancora inserire nei propri dibattiti elementi quali: il disagio interiore, la frammentazione mentale, la crisi dei significati, e così via. Restiamo su questioni puramente economicistiche, senza capire che la stessa crisi economica si radica su una crisi antropologico-culturale, sulla crisi di un’intera civiltà e di un’intera figurazione storica dell’uomo.
    Noi in Darsi pace tentiamo di costruire le basi di questi rinnovamenti, prepariamo il terreno, sia culturale che esistenziale e spirituale, in attesa che i tempi pubblici maturino.
    Un abbraccio. Marco

  6. Sarebbe bello, a fronte degli avvenimenti a cui si assiste e delle parole che si sentono pronunciare sia nei luoghi tradizionalmente deputati alla politica sia sul web che pare essere la nuova frontiera (o deriva?) della partecipazione politica, sentire parole e proposte dettate da uno spirito nuovo. Auguriamocelo. Stefania

  7. So che scoraggiarsi e disperarsi non è produttivo, ma una parte di me non può non farlo. Nascerà un nuova politica, nascerà un nuovo mondo. Ma quanto dovremo ancora soffrire e veder soffrire!? La situazione immediata mi sembra tragica! E’ veramente eroico continuare a sperare! Mariapia

  8. A fronte della frustrazione che tutti noi proviamo davanti al desolante spettacolo cui siamo costretti ad assistere, credo che un percorso come quello che tentiamo in Darsi Pace sia un modo operativo di mostrare da che parte stiamo. Forse potrà sembrare poca cosa, ma almeno è una presa di posizione decisa e ferma a favore di un cambiamento radicale, a partire da sé, evitando di mascherarsi puntando il dito all’esterno, ma assumendoci la responsabilità del mondo in cui viviamo.
    La speranza cristiana è scandalosa e folle e per dirla con Christian Bobin “forse non abbiamo mai avuto altra scelta che tra una parola folle e una parola vana”.
    iside

  9. Caro Giancarlo,
    io apprezzo molto il tuo “retto sforzo” e anche se mi è veramente difficile corrispondervi mi accingo a fare questa fatica, come fosse un grazie di cuore (in parte integro ed in parte scisso).
    “uno sviluppo economico, che peraltro presenta una sostenibilità difficile”
    sino a chè percorreremo la via dell’economia del consumo “usa e getta” , come fosse una guerra tra poveri, non vedo grandi prospettive se non per l’ “eco” dei rifiuti che elargiamo a destra e a manca.
    “… ma devono essere di un cambiamento radicale, che riguarda il nuovo profilo antropologico che occorre delineare”.
    Non so se ho compreso bene l’ultima parte, quel: “che occorre delineare”.
    Non siamo noi a delineare il cambiamento antropologico, il primo passo a me pare che debba essere quello di osservarlo, se non proprio con “con gratitudine riconoscente”, almeno in modo equanime, libero da pre-giudizi, diversamente, il nuovo non lo vediamo neppure e continuamo a reprimerlo per incanalarlo forzosamente in quel che delineiamo come “la via del possibile”, sottraendoci al nuovo dell’ “impossibile”.
    E’ come educare alla solidarietà o al bene comune, con un prelievo forzoso al quale venga messa la bella etichetta di “questo o quello”, ma, che di fatto, all’orecchio dell’utente/ contribuente (siamo ancora cittadini?) risuona come fosse: tu non puoi capire, la situazione è complessa, quindi subisci, paga e stai zitto.
    Detto questo, sino a quando sarò fisicamente in grado di farlo, continerò a votare anche se non ho un partito di riferimento. Son piuttosto creativa al riguardo: sparpaglio il mio voto come fossi il seminatore; ho le mie linee guida, beninteso e che vado perfezionando, questo perchè desidero condividere una sorte che mi consenta di sentirmi ancora parte di questo popolo.
    Assumendomi la responsabilità del gesto che compio, attraverso fino in fondo quel senso d’impotenza e d’inutilità che accomuna tutti noi poveri mortali (che decidiamo di votare o meno, questo non cambia) e lo pongo in essere proprio come fosse una supplica, una preghiera a chi “solo può “ donarci salvezza.
    Ho imparato a pregare anche per coloro che ci governano, sia nello Stato che nella Chiesa, lo faccio quotidianamente e mi è di sostegno.
    Facciamoci coraggio insieme.
    Ti auguro buon lavoro e ti saluto: ciao.
    Rosella

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