Nel mio post precedente ho cercato di riassumere alcuni concetti di un recente documento della CEI Emilia Romagna sulla religiosità alternativa e i movimenti spiritualisti che popolano l’attuale “supermarket delle religioni”. Vorrei ora ripartire dal fatto che molte di queste realtà cercano di rispondere a domande di senso sulla vita e sul nostro essere uomini, domande che spesso non vengono accolte in modo adeguato dagli ambienti cattolici tradizionali.
Il documento che la Chiesa ha dedicato al New Age (Pontificio Consiglio della Cultura-Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, Gesù Cristo portatore dell’acqua viva. Una riflessione cristiana sul “New Age”, LEV, 2003) è molto esplicito su questo punto.
“Il successo del New Age lancia una sfida alla Chiesa. Le persone sentono che la religione cristiana non offre loro – o forse non gli ha mai dato – ciò di cui hanno veramente bisogno. La ricerca che spesso conduce le persone al New Age è un desiderio autentico di spiritualità più profonda, di qualcosa che tocchi il loro cuore, e di un modo per conferire un senso a un mondo confuso e spesso alienante. […] A creare problema sono le risposte alternative del New Age alle questioni esistenziali. Se la Chiesa non vuole essere accusata di essere sorda ai desideri delle persone, i suoi membri devono fare due cose: radicarsi ancor più saldamente nei fondamenti della propria fede e ascoltare il grido, spesso silenzioso, che si leva dal cuore delle persone e che, se non viene ascoltato dalla Chiesa, le porta altrove.” [1.5]
Ripenso agli anni in cui ho frequentato alcune di queste pratiche, continuando ad essere credente e senza pormi tanti problemi. Vedevo in quello che facevo un’integrazione necessaria alla mia vita, anche alla mia fede, che però ovviamente tenevo nascosta agli altri.
Ma ora cosa è cambiato? Alla luce della mia maggiore consapevolezza di adesso, cosa vorrei salvare di quelle esperienze?
Prima di tutto le persone: ho conosciuto persone sincere e appassionate nel trasmettere quello che avevano sperimentato su di sé e che aveva salvato la loro vita, cioè la loro buona notizia. Sinceri ricercatori di verità. Io sicuramente non so comunicare così bene la buona notizia della mia fede in Cristo.
Naturalmente dietro la galassia dell’attuale spiritualismo c’è anche tanto altro, c’è marketing, ci sono interessi economici, in alcuni casi superficialità e approssimazione, per non parlare dei casi di vera e propria manipolazione delle coscienze. La mia esperienza però non mi ha fatto incontrare queste deviazioni o, almeno, non me ne sono resa conto.
Salverei poi la capacità di insegnare concretamente il “come si fa”: tecniche, esercizi ed esperienze che allenano ad ampliare la percezione automatica che abbiamo della realtà.
Imparare, sperimentare, farlo anche in gruppo. Si può trattare di esercizi fisici o psicologici, esercizi di radicamento e di connessione con il corpo, di riconoscimento della propria sfera emotiva, insomma, metodi per scoprire un po’ meglio come siamo fatti.
Ripensandoci, ora capisco il rischio di confondere la sfera psichica con quella spirituale, come ricordano i Vescovi nel loro documento. Provare sensazioni di benessere con semplici esercizi o movimenti non è di per sé entrare in una dimensione spirituale, ma è una semplice espansione della coscienza e della percezione. Siamo ancora ad un livello umano, ma questo livello umano più ricettivo per qualcuno può essere un’ottima porta di accesso alla fede, anche se non è certo l’unica strada. A questo proposito ho riletto il testo di Marco Guzzi presente in questo sito alla voce Meditazioni – Meditazione profonda e preghiera cristiana: la tecnica e la grazia. Spiega benissimo quello che sto cercando di dire.
Infine vorrei salvare l’attenzione al benessere psicofisico e alla propria realizzazione personale.
Il modo in cui il Cristianesimo è stato trasmesso nei secoli ha sottolineato con grande insistenza la colpa, il dolorismo, la svalutazione di ciò che ci fa stare bene. Ma noi non possiamo fare a meno di cercare la nostra felicità, nel corpo e nell’anima, e se sentiamo di non poter essere interi e veri, con tutti i nostri bisogni, davanti a Cristo allora andiamo a cercare altrove e ci accontentiamo di una felicità a buon mercato. Invece è proprio l’incontro con il Dio dì Gesù che ci avvicina a quella pienezza che tanto desideriamo, e che ci educa a ciò che ci rende felici.
Io ora comincio a capire che la fede cristiana è la più grande speranza per l’uomo e mi è tornata la voglia di approfondire ciò in cui credo. Ho capito che questi spiritualismi in fondo non propongono nulla di veramente nuovo: riprendono in forme moderne gnosticismo, panteismo e altre dottrine in cui l’uomo cerca senso e contatto con il divino, arrivando vicino ad una soglia di Assoluto che però resta indecifrabile. Nel Cristianesimo, invece, siamo noi ad essere cercati e voluti, e la nostra può essere solo un’apertura e una risposta a Qualcuno che ci precede.
Tra la mia domanda e la mia risposta c’è in mezzo una Rivelazione, un’Incarnazione che ha, di fatto, cambiato il corso della storia. Anche della mia storia. È il Cristianesimo ad essere qualcosa di veramente nuovo, di rivoluzionario: lo è sempre stato, ma io non l’avevo capito.
Io cercavo un modo di vivere la mia fede che non avesse paura di misurarsi con gli strumenti in cui l’umano sperimenta la sua ampiezza. Strumenti in parte nuovi, come quelli mutuati dalle terapie psicologiche, in parte antichi, come quelli più meditativi ed esperienziali. Nel percorso di Darsi Pace ho trovato questa apertura e questo coraggio.
Leggendo questo post, mi veniva da fare una considerazione relativa alla sfida che un certo approccio pone rispetto all’attenzione al benessere. Certamente il cristianesimo storico ha troppo spesso giocato la carta del dolorismo, della mortificazione del corpo, dell’esaltazione della sofferenza, fino a negare il buon desiderio di vita creativa che abita ogni essere umano. Tuttavia, come spesso accade, il tentativo di compensazione tende a portarsi su posizioni opposte cadendo in un fraintendimento speculare. Così la ricerca del benessere rischia di diventare obiettivo ultimo, in solitaria, e l’appello posto dalla ricerca spirituale si ferma sulla soglia del sentirsi in forma, accentuando il versante estetico-salutista sganciato dalla dimensione relazionale.
Ciò che invece mi pare sia testimoniato dal Vangelo di Gesù di Nazareth è che ciò che appaga veramente il desiderio di vita dell’uomo sia una relazionalità pacificata che diventa cornice direzionante ogni scelta di vita. La realizzazione di sé come essere pienamente umano, cioè il percorso della propria identificazione, perciò è proporzionale alla ricerca del bene che è innanzitutto declinato come il bene dell’altro che mi è accanto: io sono tanto più me stesso quanto più riesco a porre un gesto di vera cura per l’altro. Allora si potrà anche scegliere contro il proprio immediato benessere/tornaconto, per tendere la mano verso un’altra creatura, fino anche ad arrivare al sacrificio di sé per l’amato, come ci viene raccontato dalle storie di coloro che danno la loro vita pur di proteggere quella sguarnita di un fratello. Come ci viene raccontato dalla Croce di Gesù, gesto supremo di un Dio che sceglie di sacrificare se stesso pur di mostrare il suo volto amorevole.
iside
Cara Antonietta,
ritengo che l’onda della svolta antropologica che stiamo cavalcando ci porterà a fare i conti con la Fede (intesa come fiducia fedele nella/alla Vita) anche rispetto al concetto di tempo… nel senso che il Presente (il dono della vita ORA in atto) necessita di una sapienza che contempli la virtù della prudenza, da un altro punto di vista. Quello della fiducia fedele nella Fede.
La Chiesa, proprio come una “buona madre” ha cercato di preservare i suoi figli da ogni male; ritenendo di saperne più di loro, ma, ostacolando, così facendo l’opera dello Spirito in essi.
Io mi rendo conto di essere fiera dei miei figli, sono migliori di me ed io non mi capacito di come mai questo sia possibile, con tutti gli errori che ho compiuto…
Questo cambiamento di sguardo ha iniziato a nutrirsi di stupore, quando ho cominciato a rilassarmi, facendomi coraggio: non posso salvare la loro vita, così come non sono in grado di salvare la mia, anzi ho concepito l’inconcepibile fatto di concepirli nella morte. Solo dopo aver attraversato questa valle di lagrime ho iniziato a rilassarmi, nutrendo speranza e fede, nell’amore, cioè: cominciando a godermeli, ora adesso e qui, in questa possibilità di Vita.
I miei figli, meglio ancora i miei nipoti, non sono come me, in un certo qual modo: “mi spiazzano proprio” ma se tu li osservi bene, direi “nel bene” vedi proprio come persino la natura evolve, da un certo punto di vista “nascono già imparati” una madre dovrebbe solo sostenerli avvolgendoli nell’amore e goderseli, questo è in pratica tutto ciò di cui necessitano.
A dire il vero mi piacerebbe sentire che ne pensano i padri, rispetto alle norme ed alle regole.
Io non so se sia facile cogliere il nesso con il tuo post, però c’è te lo assicuro.
Un abbraccio
rosella
Sento la mia storia radicata nel Cristianesimo, come ritengo sia la storia dell’Occidente.
Quando a vent’ anni lasciai la parrocchia, dopo la formazione nell’ azione cattolica, non cercavo un’alternativa a Cristo, ma sentivo il bisogno di non ridurre Cristo a moralismo né a sentimentalismo.
Ora comprendo che non siamo noi a cercare Cristo, è Lui che ci chiama e ci lascia la libertà di rispondere.
Mi pare sempre più urgente una formazione iniziatica che aiuti le persone a fare esperienza della speranza a cui apre l’Incarnazione, una formazione che faccia sentire insieme al travaglio della madre il desiderio di nascere del figlio.
Un abbraccio.
Giuliana
Cara Antonietta, grazie, credo che in questi due post tu abbia colto molto bene la crisi della spiritualità cristiana, e il suo rapporto con le altre ricerche dell’universo cosiddetto “New age”: molte deviazioni, nella storia della civiltà cristiano-occidentale, sono nate d’altronde proprio da carenze e da tradimenti espressi dal cristianesimo storico. Ora pensiamo alle derive spiritualistiche, ma ricordiamo anche: la deviazione anticlericale, e poi anticristiana e ateistica della scienza moderna combattuta dalla Chiesa nel XVII secolo; le deviazioni materialistiche del liberalismo, della democrazia, e del socialismo combattuti dalla chiesa del XVIII e del XIX secolo. I tradimenti dei giusti aneliti alla conoscenza hanno generato una cultura sempre più anticristiana; i tradimenti del sacramento del fratello, per dirla con Clément, hanno generato movimenti egalitari violenti, e così via. Ora è il momento di una grandiosa rinascita spirituale: nella misura in cui il cristianesimo non diventa l’avanguardia di queste nuove esigenze di realizzazione interiore, queste prendono, hanno preso, e prenderanno vie in parte distorte e confuse, se non esplicitamente anticristiche.
Anche per evitare questo ennesimo e drammatico errore, abbiamo aperto il campo di eventi Darsi pace…. affinché l’umanità nascente, la Nuova Umanità cristificata possa fiorire nella sua verità e nella sua libertà, rinnovando e riunificando il corpo smembrato della chiesa.
Un abbraccio. Marco
A proposito del pericolo di confondere la sfera psichica con quella spirituale direi che può essere un tranello anche per un certo miracolismo cristiano. Quante volte la narrazione di prodigi vari ci hanno dato un senso di fiducia , di sicurezza che ci ha fatto psicologicamente bene , ci ha tirato su , ha alimentato la speranza, ma poi tutto questo è risultato passeggero, senza radici e si è affacciato lo sconforto?
Un altro nodo importante , secondo me, è il rapporto tecnica e grazia. Le metodiche orientali di meditazione sono preziose, raffinate ed efficaci, ma non possono sostituire la grazia. Che è gratuita per tutti, basta cercarla e avere l’umiltà di gradirla. Ho una carissima amica che è simpatizzante del Buddismo e pratica a suo modo, mescolando forse Buddismo e Induismo, in certe situazioni è davvero saggia e io la apprezzo, ma sento talvolta in lei una tristezza di fondo che mi sconcerta, quando mi confida: io intanto non arriverò mai a una forma di illuminazione, perché non c’è una via di mezzo, o si arriva alla meta o si resta fuori strada e questo è probabile che accada a me! Se io accenno alla grazia, lei velatamente mi fa capire che è una illusione o non è per tutti.
Nel metodo di Marco continuo ad apprezzare l’aprirsi alla preghiera anche dopo i faticosi esercizi di esplorazione psicologica: “ L’io in conversione ogni volta che scruta nei meandri delle proprie prigionie, ogni volta che individua nuove sale di tortura dentro le carceri della propria anima, dovrà compiere la sua seconda conversione e rivolgersi con tutto il cuore al Principio presente della propria rigenerazione e cioè al signore Gesù (…) in comunione con il quale veniamo corretti, ri -programmati e guariti” (Pag. 84 Per donarsi) Questa è la fede cristiana! Mariapia
Quanto PENSIERO c’è nei vostri commenti!
Grazie, è un piacere leggervi…in particolare mi sono sentita in risonanza con Iside quando ha scritto di “relazionalità pacificata” a proposito dell’autentico desiderio di vita dell’uomo. E ancora”…io sono tanto più me stesso quanto più riesco a porre un gesto di vera cura per l’altro”. La Vita mi ha messo di fronte a un compito impegnativo: essere guida e sostegno a una figlia con disabilità motoria. Non è stato facile e non lo è tuttora. In tutti questi anni, ho incontrato diverse persone che hanno cercato in qualche modo di ‘dissuadermi’ dal dedicare ‘troppa’ cura a mia figlia leggendo nella mia perseveranza una specie di ‘dimenticanza’ riguardo a me stessa. Eppure dentro di me sentivo che “curando” lei, realizzavo me stessa! Vi assicuro che l’idea del ‘sacrificio’ di una certa cultura cattolica mi è sempre stato estraneo: la mia tensione è verso un agire il più possibile coerente con ciò che sento e che dico …e anche la ‘cura’ verso mia figlia si inscrive in questa cornice!
“Tutto è grazia” scriveva Adriana Zarri, e forse la si trova proprio là dove la vita sembra farsi matrigna!
Ciao a tutti, mcarla
Mi unisco a Maria Carla nel dire è un piacere leggervi! Bellissimo post cara Antonietta e soprattutto utile per cogliere il senso della nostra scelta di aderire ai Gruppi Darsi Pace, perché questo percorso e non un altro?
Inoltre anch’io sono in sintonia con la ricerca di relazionalita’ pacificata che rallegra l’anima. Torno ora da un viaggio stancante con l’intento di riabbracciare dei miei cari cugini consolandoli per la dipartita del loro caro papa’ (mio zio).
La gioia inaspettata nel vedermi e anche qualche risata nel ricordare i bei tempi ha illuminato per un po’ il momento triste, le loro parole di riconoscenza ed il calore trasmesso hanno al contempo riempito il mio cuore. Non c’è altro da desiderare!
Gabriella