L’ateismo contemporaneo è un fenomeno molto variegato, come si legge anche nella prima pagina del sito dell’Unione degli atei e degli agnostici razionalisti (UARR): “Ateismo e agnosticismo, razionalismo, scetticismo, non credenza, umanesimo, anticlericalismo, c’è un multiforme mondo della miscredenza (…) L’eterogeneità di chi non crede non ha uguali: esistono tanti “ ateismi” e agnosticismi quanto sono gli atei e gli agnostici, ciò che li unisce, infatti, è solo la non credenza nell’esistenza di Dio, o la sospensione del giudizio per l’inconoscibilità del problema.
Io vorrei riflettere qui con voi su un ateismo forse spesso non dichiarato tale da coloro che lo vivono proprio nell’inconsapevolezza. Ci sono persone che rifiutano di porsi il problema di Dio e di parlarne; forse hanno paura di pensare a qualcosa di profondo e di serio, forse temono di essere manipolati, di essere trascinati verso questioni conturbanti. E ne hanno il terrore.
Sono talmente presi dal vortice delle attività quotidiane più o meno piacevoli o faticose, che non hanno voglia, tempo, energia per pensare qualcosa che sia al di là della realtà più comune e immediata.
Per riconoscersi apertamente atei o credenti, in qualche modo occorre coraggio ed energia. Chi si abitua alla superficialità atrofizza gradualmente queste qualità spirituali. Con gli altri accetta solo discorsi scontati e superficiali, se avverte un cambiamento di tono e tenore si allontana, non presta attenzione, mostra di pensare e di voler parlare d’altro.
Per me è difficile comunicare con queste persone, mi mettono in imbarazzo e a dura prova, perché alla lunga non riesco a trovare argomenti di conversazione e mi viene voglia di fuggire, di non stare più con loro, di respingere i loro vani discorsi. Sento la tentazione di lasciarli nel loro convenzionale e piccolo orizzonte e torno alle mie riflessioni, ai miei interrogativi esistenziali da scambiare con persone che mi sono più affini.
Forse faccio male, forse sono piuttosto individualista, ma non riesco proprio a considerare persone con cui è bello stare quelle che si rifiutano di pensare; se poi sono parenti la cosa è più complicata, perché sono obbligata ad avere qualche relazione con loro. E ogni volta che ho un incontro forzato ne esco stanca e delusa. La loro superficialità mi sconcerta. Sono io che non riesco ad inventare nuovi canali di incontro? E’ una mia leggerezza rifiutarli? Come si comporterebbe Gesù con loro?
Anche il Concilio Vaticano II si è occupato di ateismo; infatti nella Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, Gaudium et Spes, sull’ateismo si legge:
“Anche i credenti spesso hanno una certa responsabilità. Infatti,l’ateismo considerato nella sua interezza non è qualcosa di originario, bensì deriva da cause diverse, e tra queste va annoverata anche una reazione critica contro le religioni e, in alcune regioni, proprio anzitutto contro la religione cristiana.
Per questo nella genesi dell’ateismo possono contribuire non poco i credenti, in quanto per aver trascurato di educare la propria fede, o per una presentazione fallace della dottrina, o anche per i difetti della propria vita religiosa, morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascondono e che non manifestano il genuino volto di Dio e della religione” (GS 19)
Condivido in pieno queste considerazioni e allora mi chiedo di quanto ateismo sia responsabile anch’io, soprattutto di quello pensato, affermato, esibito. Di quello della superficialità, cerco di convincermi, forse un po’ meno. Ma poiché l’ateismo è una tentazione che continuamente ci minaccia e ha la funzione di purificare la nostra fede, mi chiedo anche: riesco sempre a vedere in profondità negli avvenimenti della vita, talvolta non fuggo anch’io nel non pensare, nel semplicismo del giudizio, del considerare solo le apparenze, nel non fermarmi ad ascoltare una Voce che parla solo nel silenzio? Nel chiudermi miei meccanismi difensivi? Nell’acconsentire a far scivolare il discorso sul chiacchiericcio inconcludente?
Allora mi convinco che anche per me il cammino in una strada di verità è ancora lungo e in salita! E debbo essere molto vigilante.
Voi cosa ne pensate? Vi trovate meglio con gli atei per così dire riflessivi o con quelli che ignorano o fingono di ignorare completamente il problema Dio?
Quali strategie di approccio al problema Dio usate con questi ultimi?
Cara Maria Pia, e Antonietta, e tutti gli ultimi che hanno riflettuto sui post recenti.
Sento nell’esperienza comunitaria di “Darsi pace” il piacere di decontrarre il corpo, di scongelare il blocco di ghiaccio che sono, di lumeggiare i meandri del cuore, di rileggere la mia storia e la mia fede, di esrcitare riflessione critica sulla mia esperienza e quindi sulla cultura, la società e la Chiesa che ho incontrato.
Vedo alcuni dei limiti, errori, cecità ed opacità miei e anche della Chiesa che mi ha nutrito, e nella misura in cui li riconosco mi si chiarisce perchè tanti fuggono nell’ateismo e nel New Age.
Anch’io mi sento ateo davanti al Dio dell’antico testamento, ma divento credente davanti al Dio di Gesù.
Anch’io se devo scegliere tra il modello di Maria Goretti e New Age scappo a gambe levate dalla prima alla seconda.
E quanti di noi siamo scappati da una proposta religiosa fondata sulla norma, sulla dottrina che scende dall’alto e non sale anche dal popolo di Dio, e in parte costruita su negazione del piacere, su giudizio e condanna, su farisaismo.
Radicati nella gioia della fede stiamo facendo teologia nella ricerca e nella libertà, e ripercorrendo le nostre storie personali scopriamo le deformazioni nostre e della Chiesa del nostro tempo e ci facciamo luce l’uno all’altro.
Se cresciamo in integrità ed unità, possiamo far trasparire un po’ di luce anche a chi ha sete di verità e di senso.
Non siamo noi il generatore di luce per l’umanità, ma a noi spetta certamente di far vedere il lume divino che c’è in noi fatti a Sua immagine. Ed ecco allora che non devo solo pregare per gli altri, o insegnare agli altri, ma rispettando la libertà di cui Dio ha dotato ognuno di noi, devo offrire la testimonianza viva che ho trovato un senso alla vita ed un percorso di ricerca adeguato. La cultura moderna ha bastonato la Chiesa a causa delle sue deformazioni, ma la disperazione di questa cultura non si risolve con l’ateismo o la New Age, e ci sarà grata se sapremo farle dono del contributo, piccolo ma forte ed efficace, dell’esperienza di “Darsi pace”.
Cara Maria Pia,
Concordo pienamente con Giancarlo e cerco di contribuire al dialogo da un differente punto di vista.
Nel lavoro dei gruppi una delle cose che mi ha colpita maggiormente è questa: noi siamo l’universo L’UOMO E’ L’UNIVERSO CONSAPEVOLE DI SE’.
Che bello: il mio io è IN RELAZIONE con ciò da cui son tratta, lo conosce, lo riconosce e lo sovrasta EVOLVENDO sé stesso e l’altro nell’intero (universo).
Dall’indifferenziato alla storia.
Di generazione in generazione mia madre e mio padre mi hanno “fatta come nuova”.
L’eternità dell’uomo la sua infinità espansiva,la colgo in questo senso profondo di mè, in questa consapevolezza di poter: conoscere e riconoscere “ricreando”, così procreo altro da me.
A me pare di poter ripartire solo da lì.
Risplende in me quel fango da cui son tratta dalle sapienti mani del Creatore nel tempo. Non è un “tutto subito” (o forse sì?), ma un: “non sono mai finita”.
E’ proprio UN TUTTO.
La cosa più difficile per me è credere, quindi vivere e ricreare, che “la forza della vita che vive in me” sia adeguata a realizzare me stessa in questo ETERNO, INFINITO senza tempo.
Si può non credere nel vivente e cioè in Gesù Cristo Risorto, si può ritenere e quindi credere che la morte sia l’ultima parola; o che fango siamo e torneremo polvere, fosse anche di stelle; ma vi è sempre comunque sia una fede che s’incarna procreando altro da sé.
Un “dio” nel quale più o meno consapevolmente crediamo e a cui ci aggrappiamo: denaro, potere, nulla… .
Non è facile affidarsi alla forza della vita che vive e si agita in noi, abbandonarci a lei totalmente come fossimo “morti e risorti” ADESSO. Lasciare ogni sostegno esterno per dialogare con l’altro. Una parte di noi desidera il suo riconoscimento, ma è proprio in questo non essere aiutati, non essere riconosciuti che è necessario lasciare andare e morire per poter risorgere “nuovi”.
Ieri all’ambrosiana, nel Vangelo vi era l’episodio dell’adultera: è solo la gratuità di un piccolo imprescindibile gesto di fiducia nell’altro (quello compiuto da Gesù) CHE INCARNA e S’OFFRE “a salvezza”, noi non sappiamo come si sia comportata in seguito quella donna, nel vangelo non è rivelato, ma lasciato al mistero della sua, di lei, LIBERTA’.
Ciao
Rosella
Grazie Maria Pia del tuo intervento; anch’io mi ritrovo perfettamente con le tue parole quando sono in relazione con gli altri, quando cerco nel dialogo qualcosa di più che però non arriva. Cerco cioè che il dialogo diventi strumento per combattere quel senso di estraneità che provo tante volte nel relazionarmi.
Probabilmente sono io che ripongo nelle persone eccessive aspettative e giornalmente rimango deluso. Spesso mi capita di incontrare persone che si definiscono atee, il cui senso di umanità e religiosità è però sicuramente maggiore rispetto a quello delle persone “per bene” che frequentano le Chiese con le quali il dialogo risulta sterile e stancante.
Alla fine mi chiedo: come posso mantenere la rotta e rimanere integro nella mia interiorità? Custodisco in me le parole di Marco, anche come poeta, che ripeto all’infinito come un mantra rigeneratore.
Il mio benessere diventa così un’energia positiva e ho conferma che si trasmette e trasforma anche chi mi sta di fronte.
Con affetto, un saluto a tutti.
Anch’io sento tanta fatica nella relazione con persone che non riescono ad andare oltre discorsi superficiali e convenzionali, in materia di fede ma non solo. La mia resistenza con questo tipo di persone è bassa. Una volta cercavo di mimetizzarmi il più possibile, ma poi ho capito che così mi facevo del male. Se sento che non c’è disponibilità ad una anche minima riflessione o relazione (questo può capitare con atei ma anche con bravissimi cristiani) dopo un po’ io ho bisogno di scappare, o fisicamente o emotivamente. Sopportandone le conseguenze, che non sono indolori specie nel caso di persone care.
Mi sembra inutile, e autolesionista, espormi in contesti palesemente ottusi o ostili. Mi rendo conto che questo è l’antitesi della testimonianza, ma io ora non riesco a fare di meglio.
Invece quando capita il contatto con qualcuno che non è troppo granitico nel suo credere o non credere, e cerca, ed è curioso di scoprire qualcosa di nuovo, anch’io sono felice di mostrarmi, con tutte le mie crepe e vulnerabilità, e il dialogo può essere molto bello. Senza che nessuno debba per forza cambiare idea.
Sono contenta che la redazione abbia pubblicato questo post dopo quello che avevo scritto sulla spiritualità alternativa, l’argomento è vicinissimo. Ringrazio anche per i commenti al mio post precedente, tutti pieni di stimoli che spero potremo approfondire ancora strada facendo.
Ciao
Antonietta
Trovo, come Fabio, la difficoltà a relazionarmi, ma non con gli atei!, con le persone che scelgono di essere superficiali! Ci sono atei profondi e introspettivi che sostengono la loro verità, con la stessa serietà con cui noi sosteniamo la significatività del nostro Santo Viaggio. Non è forse più difficile capirsi con alcune persone che frequentano la chiesa, e ne sono parte viva/integrante, ed esprimono il loro operato mediante concetti/sovrastrutture per noi anacronistici, lontani da ogni annuncio profetico, fermi su mascheramenti e razionalizzazioni intellettualistiche, e che si sentono per giunta avvalorati dal Potere del loro ruolo? Io sono in un punto morto rispetto alla comunicazione/relazione con gli altri. Sento che la reciproca comprensione può esserci solo se si parla mediante una “tecnica” comune che esprime la direzione, il senso, il contenuto di ciò che si sta esprimendo in quel momento, e unifica in un certo senso l’infinita possibilità del sentire di ognuno.Non voglio essere provocatoria, tutt’altro! (sto molto soffrendo questo tema in questo periodo e mi rendo conto che neanche gli affetti, seppur di aiuto, non sono risolutivi!) , ma se non avessimo un preciso corso di Marco, chiaro ed inequivocabile, in cui convogliano tutte le nostre specificità e le riassume, riusciremmo a COM-PRENDERCI, cum toto corde, pur desiderando tutti quanti noi l’abbraccio con Dio e con l’umanità intera, nel Suo Nome e nel/col Suo Amore? Io credo che anche in questo, nella modalità di comunicazione/intesa tra tutti noi, siamo ad un tempo “apocalittico”! A me non è ancora chiaro come sarà il futuro! gradirei rivelazioni… a sostegno! So solo che oggi, per non naufragare nella solitudine e/o nella confusione, torno velocemente in me per trovare ristoro, un pò di pace e di forza, quelli necessari per continuare il Santo Viaggio.
Un abbraccio a tutti Maria Rosaria
Al momento, mi frulla per la testa un solo pensiero: come dialogare con un bambino di quattro anni, in piena fase edipica e strattonato in sé stesso da un amore/odio per il fratellino nato da non molto (anche da troppo! secondo lui)?
Lo so, non posso considerarlo ateo, ma è una bella sfida tentare di ragionarci e talvolta anche da sopportare, soprattutto quando è stanco.
Trovo però avvincente “sentire” la sua lotta interiore e cercare ogni giorno un modo delicato per lasciarlo un po’ da solo “senza abbandonarlo mai”: così che possa, quasi da sé, trovare la giusta via del cuore, percependo l’amore che abita in lui.
Una mia cugina ormai prossima ai novanta, alla nascita del più piccolo, mi ha chiesto di posare per lei un bacio: “ sui suoi piedini”.
Mentre asetticamente fantasticavo circa il fatto che le mani se le portano alla bocca, le ho chiesto: “perchè proprio sui piedi?” al chè lei mia ha candidamente risposto: “perchè sono quelli con cui camminano sulla “buona” strada.
Talvolta basta un sussulto di gioia, nell’annuncio della vita (“io sono Via Verità e Vita” sta scritto di Gesù), condito da un pizzico di sapienza antica, per fare sbocciare un sorriso sul volto di chi ci sta accanto (nella fattispecie il mio).
Mia cugina già lo sa, mentre io ancora mi sto attrezzando.
Buona giornata a tutti
Rosella
Anche a me questo post ha fatto tornare sulla fatica che spesso sento quando, date le circostanze, mi ritrovo a sostenere conversazioni che suonano vuote. Ho un grande desiderio di parole sensate, dense, scambiate nella condivisione della ricerca su ciò che dà senso alla nostra vita. Patisco invece la chiacchiera, la produzione di parole vuote e ne soffro come se sentissi dentro di me tutto lo spreco di occasioni mancate.
Poi però devo vigilare sull’arroganza, accovacciata alla mia porta come a quella di Caino, per non presumermi migliore di nessun altro.
Come sempre, si sta su una faglia e se ne patiscono gli scossoni. Accoglienza ma anche rispetto di sé, andare incontro all’altro ma non scendere al di sotto di un certo livello di compromesso, dare testimonianza senza lasciarsi travolgere dalla corrente dell’omologazione. Insomma esercizio per equilibristi dello spirito….
Un abbraccio e buone acrobazie!
iside
Grazie a tutti i compagni di viaggio che hanno letto e a quelli che hanno commentato, le loro parole sono preziose per continuare a vivere una fede libera e gioiosa e per continuare a dialogare con tutti, in vari modi credenti o non credenti. Giancarlo ha colto il nesso tra scelta new age e ateismo ed errori educativi della Chiesa. Il riconoscimento dei propri limiti e incertezze forse è ciò che può avvicinare di più gli uni agli altri, come sottolinea Antonietta. Siamo in bilico su una faglia, dice Iside e faticosamente cerchiamo un equilibrio. Fabio fa tesoro delle parole poetiche di Marco e ne ricava energia nuova per sé e per gli altri. Maria Rosaria sottolinea la necessità del ritorno alla propria interiorità, quando più ci si sente dispersi e strattonati di qua e di là. Rosella , impegnata nell’educazione affettiva del nipotino , coglie il tesoro della lotta interiore del piccolo tra l’amore e la chiusura, sì in questo modo va avanti l’evoluzione nostra e cosmica. Grazie delle vostre immagini e provocazioni e continuiamo il nostro cammino, ricordandoci che non siamo soli, che le nostre difficoltà, anche le più segrete, non sono solo nostre, che un piccolo nostro avanzamento è di tutti! Mariapia
L’ensemble des posts sont véritablement instructifs
Je vais finir de voir tout ça demain
Merci ! Mariapia
Vi siete mai chiesti perchè molti atei sono ( a vostro avviso) così superficiali? Per chi vive di spiritualità è normale credere in un’entità superiore. Chi invece, come me, ha analizzato bene i vostri libri sacri (bibbia e vangeli) con spirito critico non può certo credere a tutte le cose che vengono riferite. Sarebbe come credere alla matrigna cattiva di biancaneve che per punirla gli manda la mela avvelenata ( vedi antico testamento diluvio universale, sodoma e gomorra ecc…). Noi atei non ci poniamo il problema della spiritualità non tanto per superficialità solo per il fatto che la consideriamo una favola da non tenerne conto. E sia ben chiaro, la nostra ateicità è riferita a tutte le religioni non solo a quella cattolica. Si parla di bibbia e vangeli perchè è la religione che fin dalla nascita ci viene (purtroppo) imposta. La differenza tra noi e voi credenti è solo una, molto semplice….noi siamo atei ma non pretendiamo che gli altri non credano. Voi invece avete in mente solo di ricondurre le pecorelle all’ovile che poi a voi piace essere considerate pecore….noi siamo liberi …liberi di decidere senza che lo faccia una religione al posto nostro. Quindi pensateci bene a considerarci dei superficiali…forse lo facciamo anche per non intaccare la vostra fede. Buon anno a tutti ( ops scusate…non è una festa religiosa e quindi non andrebbe festeggiato il nuovo anno anche se tutti i credenti lo fanno 😉 )
Caro Lino! Hai ragione: non tutti gli atei sono superficiali! E anche non tutti i credenti; molti non prendono i racconti della Bibbia alla lettera! Il capodanno è anche una festa cristiana, è dedicata a Maria, Madre di Dio, perché con lei è iniziato un tempo nuovo! Buon anno , ricco di riflessioni a atei e credenti! Mariapia