Tra le qualità che richiede il cammino di trasformazione, è l’umiltà a mettermi a dura prova e a permettermi di avanzare.
L’umiltà che mia madre mi trasmetteva con il suo modo di essere donna cattolico- cristiana era per me inaccettabile.
Si traduceva sostanzialmente nella sottomissione al marito, al nonno, al parroco, a tutti: era abnegazione, annientamento.
Corrispondere al suo modello mi richiedeva uno sforzo immane.
Per paura accondiscendevo alle sue richieste, mi sottomettevo, ma dentro la rabbia montava.
Il desiderio di realizzarmi, di essere riconosciuta, di corrispondere a quel sentire profondo che non sapevo tradurre in modo preciso, ma percepivo vero, diventava scontro inevitabile, contrapposizione, si traduceva in un senso di inadeguatezza, di incapacità di sottomissione farcita di colpa, impotenza, disperazione e dolore
Capocciate, sconfitte, insuccessi mi portarono alla decisione: smettere di proiettare all’esterno la mia sofferenza e cominciare a guardarla dentro di me.
Non avevo altra via: o morire nel vortice di vittimismo, di rassegnazione, di biasimo per l’ingiustizia subita, o prendere le mie responsabilità, smettere di vivere in funzione di altri e cominciare a vivere in relazione agli altri.
Allontanarmi dalla mamma malata e dal fratello depresso fu il taglio consapevole del cordone ombelicale che mi costrinse a guardare ciò che non volevo: mia madre e mio fratello non erano la causa della mia infelicità.
Con questa consapevolezza, cominciai a mettere ordine nel marasma di emozioni e di pensieri che si agitavano in me.
Non avevo strumenti precisi, mi limitavo ad ascoltarmi profondamente, parlavo con alcuni amici nel tentativo di comprendermi meglio e per trovare un po’ di sollievo, meditavo la Parola perché mi dava beneficio e speranza.
L’approdo in Darsi Pace ha segnato l’inizio della pacificazione, il metodo integrato ha riunito in un’unica corda tre fili che già tenevo in mano, ma separati l’uno dall’altro, e il gruppo è diventato il luogo di accoglienza, di ascolto e di condivisione da sempre cercato.
Gli esercizi di auto conoscimento mi hanno aiutato a precisare le mie strategie difensive e la meditazione mi ha portata in un luogo di quiete in cui non perdo lucidità, ma posso osservare le mie distorsioni senza giudicarle, senza identificarmici per lasciarle andare nell’espiro e fluire nella Vita.
Ho cominciato a vedere che le forme invasive di mia madre nei miei confronti sono le stesse che io ho messo/metto in atto verso gli altri, senza accorgermene, le sue pretese sono simili alle mie, nel mio perfezionismo ritrovo il suo volere di più e sempre meglio da me.
Sono riuscita a lasciare andare la rabbia verso ciò che ho percepito come inganno e menzogna sentendo nella rinuncia una ventata di vita, un ricominciamento.
Attraverso questo lavoro comprendo che umiltà è riconoscere senza vergogna la mia fragilità e invocare aiuto, è pronunciare con fede il nome di Gesù per aprirmi all’ Infinito sapiente che mi ri-crea.
La partecipazione al corso formatori mi mette a confronto in modo più aspro con i miei limiti, comprendo meglio il legame tra umiltà e atto di fede; sono umile quando, vuota di me, confido totalmente nell’azione altra, mi lascio fare, partecipo ad un evento che accade al di là di me.
Guardo la croce per riceverne forza, vedo la mitezza e la dolcezza dell’Uomo che umiliò se stesso fino alla morte per indicare a me, a ogni essere umano la via del ritorno, della guarigione, della salvezza.
L’umiltà di Cristo è tutt’altro che un modo di vivere rinunciatario.
Non è la via della rassegnazione, ma del coraggio.
Non è l’esito di una sconfitta, ma il risultato della vittoria dell’amore sull’egoismo e della grazia sul peccato.
Cara Giuliana, è stato bello seguire emotivamente il tuo cammino, parteciparvi e sintonizzarmi nelle tue stesse frequenze, un senso di comprensione e di fratellanza mi unisce alla tua esperienza.
Ti ho sentita in particolare quando scrivi: ” smettere di vivere in funzione di altri e cominciare a vivere in relazione agli altri”, anch’io ho dovuto mollare la mia caparbietà di vivere prendendomi tutto il carico del disagiato dell’altro,
Fino a rinunciare e lasciarmi purificare, a vedere con occhi nuovi, riconoscere che tutto aveva origine dai miei pensieri distorti, dalle immagini falsate, dalle emozioni laceranti che non avevano avuto consolazione.
Non vedevo niente, ne me ne gli altri, uno specchio deformante mi separava dalla realtà.
E’ nella meditazione e nella rinuncia che questa pratica prevede, che ho sperimentato quello spazio infinito, pacificato e relato, dove anch’io come te “confido totalmente nell’azione altra, mi lascio fare, partecipo ad un evento che accade al di là di me” e a noi non resta che accogliere e ringraziare.
Ti abbraccio. Patrizia
Mi sto convincendo sempre più che niente possa prescindere dall’energia del desiderio, il quale, avendo un dinamismo mimetico, non può essere separato dalla relazione con gli altri.
Da bambina avevo desideri/pensieri da bambina, oggi ho desideri/pensieri da donna, moglie e madre.
Lavorare sull’integrità del mio desiderio, mi pare possa essere il cuore della fioritura relazionale di tutte le qualità umane, compresa quella dell’umiltà.
Difficile è credere/sperimentare che tutto, ma, proprio tutto “E’ relazione”; eppure non posso che rinnovare la mia fiducia in questa modalità certa di vita.
Ho memoria viva della dolcezza trasformativa, del “fatto reale che accade in me”, quel “momento meraviglioso”, all’interno del quale sperimenti una goccia d’amore condiviso nella relazione.
Il nuovo inizio che lentamente fa cadere tutti gli ostacoli, uno ad uno.
Ricordo la mia domanda adolescenziale:” ma mamma perchè credi?”, e la sua risposta per me inaccettabile: “perchè me lo ha insegnato mia madre”.
Ci ho messo quarantanni e passa a lasciarmi purificare il cuore illimpidendo lo squardo che pongo su di lei; e questo, ritengo sia frutto di quell’umiltà che faticosamente mantiene vivo il desiderio reciproco dell’amore che unisce “nonostante ltutto”… .
Ciao
Rosella
Cara Giuliana descrivendoti così bene ci aiuti a capirci un po’ di più… Grazie!
Leggendoti mi sono ricordato di una citazione di Papa Francesco (oggi è il suo primo anniversario), il quale nella visita ad Assisi lo scorso 4 ottobre, parlando della rinascita spirituale di san Francesco ha spiegato che il suo cammino di conversione è partito dallo sguardo del Crocifisso di san Damiano, che ha gli occhi aperti, è crocifisso ma è vivo… Ecco le parole del Papa: «E il Crocifisso non ci parla di sconfitta, di fallimento; paradossalmente ci parla di una morte che è vita, che genera vita, perché ci parla di amore, perché è l’Amore di Dio incarnato, e l’Amore non muore, anzi, sconfigge il male e la morte. Chi si lascia guardare da Gesù crocifisso viene ri-creato, diventa una “nuova creatura”».
Cara Giuliana, grazie per la tua bella notizia ! Una micro-storia di salvezza che si è formata dentro di te, in una gestazione d’amore che ha prodotto una tua trasformazione, un nuovo modo di guardare alla tua famiglia e al tuo Dio… forse non ancora il mio, ma ti confido che anche io ho rivecuto delle grazie che mi hanno salvato nei miei momenti bui…non sarei qui vivo oggi…ma spesso me ne dimentico e vivo ancora come prima…..insisterà con la mia partecipazione al primo anno di Darsi Pace.
Ciao. Ivano
“Umiltà è riconoscere senza vergogna la mia fragilità e invocare aiuto, è pronunciare con fede il nome di Gesù per aprirmi all’ Infinito sapiente che mi ri-crea.”
In questa semplice frase c’è una splendida gradualità, e me la sono gustata leggendola e rileggendola.
È un percorso in cui anch’io mi ritrovo, pur tra tentennamenti e passi falsi.
Riconoscere il mio limite, non vergognarmi delle mie fragilità, ammorbidirmi e imparare a chiedere aiuto: ci ho messo quarant’anni per iniziare a farlo.
Ora provo a fare il passo successivo: il nome di Gesù. Lo pronuncio da sempre, ma la fede, questa fede del Figlio è ancora una cosa nuova.
È bello sperare di poter essere ri-creata, sempre io ma sempre nuova! Per ora è più un desiderio che un’esperienza, ma sento nelle tue parole che si tratta di qualcosa di vissuto, e questo che mi dà fiducia nel proseguire.
Grazie Giuliana
Antonietta
E’ nell’abbandono fiducioso che troviamo la nostra forza. Quando abbandoniamo ogni pretesa di controllo, quando spegniamo ogni nostro giudizio per fare spazio all’Infinita Sapienza permettiamo alla Luce di penetrare la nostra oscurità.
E’ nel lavoro di ogni giorno, in ogni momento, nella vigile attesa e nella fiducia nel Dio della vita che la nostra umile attitudine di abbandono trova la vera gioia.
Grazie Giuliana di questo ulteriore tuo dono. Vanna
Come spesso mi accade, anche rispetto all’umiltà, sento la fatica del crinale. Da un lato, sono alla ricerca dell’umiltà come della giusta misura di me stessa e, dall’altra, scivolo nello scoraggiamento della svalutazione, del tipo: guarda in che stato sei ridotta, sei un disastro, continui a fare sempre gli stessi errori, non migliori mai ecc. ecc.
Nella meditazione, cerco di imparare l’umiltà come accoglienza dei miei limiti, sorridendo nell’inspiro, ma sento ancora tanto forti dentro di me i giudizi che mi trattengono. Ma forse il segreto è provare, provare e ancora provare senza arrendersi.
iside
Aderire umilmente al gesto dell’inspiro e dell’espiro,accogliere benevolmente e lasciare andare, addolcisce un pò di più la mia sostanza facendo filtrare dentro la mia anima la misericordia e la luce di Cristo.
E’ la presunzione di bastare a me stessa, imprigionata nel ghiaccio illusorio delle mie difese, che mi tiene separata.
La tua trasformazione risuona luminosa nel Vangelo di oggi: acquisire fede significa ricevere luce e bellezza del vivere ed è ciò che mi risuona forte nelle tue parole.
Grazie , Giuliana , del tuo dono! Ravvivi in me quella speranza di vita Vera che esprimo attraverso le parole di sant’Agostino:
“Quando potrò aderire a te
con tutto me stesso,
niente sarà per me pena o fatica,
e sarà viva tutta la mia vita piena di te.”
Un forte abbraccio. Rosanna
Vivo come dono la condivisione dei nostri passi nel cammino trasformativo.
Le oscillazioni e gli avanzamenti che avvengono in ognuno di noi avvengono in tutti noi.
E’ questa per me la bella notizia: non sentirmi sola, vivere insieme a voi la fatica di pro-creare, la fatica di entrare in conversione, in quel particolare silenzio in cui si ammorbidisce la sostanza dell’anima per fare spazio all’ inaudito che ci trans-forma.
Perseveriamo insieme in questo gioco di ombre e di Luce.
Grazie a tutte/i in un forte abbraccio.
Giuliana
Cara Giuliana Amica spirituale,grazie dei tuoi doni che mi fanno vedere in modo concreto i frutti del lavoro di Darsi Pace
-attraverso gli esercizi di auto conoscimento che ci aiutano a conoscerci meglio,a prendere contatto con le nostre parti oscure che ci legano e ci trattengono nel mondo del nostro ego e ci separano –
– attraverso la meditazione che ci porta in quel luogo di quiete i dove possiamo osservare le nostre distorsioni senza giudicarle….abitare ogni giorno in questo luogo illuminato dalla sua Presenza ci porta a vedere la vera realtà di noi stesse e anche di quelle parti che non vogliamo vedere e che nascondiamo a noi stesse e agli atri.
E poi ritornare cariche di doni , di nuove energie per ricominciare con noi stesse per ritrovare la nostra autenticità e consapevolezza verso relazioni nuove libere dal bisogno di compiacere…
I n cammino …appoggiandoci spalla a spalla sostenute dalle energie del gruppo luogo di accoglienza, di ascolto e di condivisione dove fioriscono nuove amicizie…amicizie spirituali…che parlano un linguaggio nuovo…con parole nuove e più vere perché parlano delle cose che hanno attraversato.…grazie per l’energia che doni al gruppo di Mozzo
grazie Rosanna,Vanna, Corrado e tutti gli altri per il dono delle vostre parole….che mi aprono nuovi spiragli di crescita
Un abbraccio Irene