Volendo parlare dell’Italia non posso non parlare prima di Piazza Maidan a Kiev.
I media italiani offrono scarse analisi politiche sull’estero, tanto che, anche quando i nostri Presidenti vanno a Buenos Aires, ad Alma Ata o ad Addis Abeba, trovano imlplacabilmente i nostri giornalisti che fanno domande sul solito teatrino italiano.
Per questo della riforma elettorale parlerò dopo.
Intanto possiamo constatare noi stessi come viene affrontato il rinnovo del Parlamento europeo, dove quasi tutto è letto, già oggi, in funzione degli schieramenti interni, su quale polo vincerà, quale leader sfonderà.
La politica e i mass media non riescono a mettere in campo una critica degli errori passati e una visione di cosa dovrà essere l’Europa di domani.
Ed è per questo che la sinistra francese è crollata e Le Pen cresce, ed è lo stesso motivo per cui i veneti vogliono l’indipendenza, e sarebbe da stolti riderci sopra.
Yanukovich, despota dell’Ucraina, se n’è andato. E’ una vittoria della libertà, ma non è una vittoria della democrazia e della pace perchè ancora una volta ci sono state molte vittime, e non mi sono chiare le convulsioni degli ultimi giorni di piazza Maidan.
L’Europa si è comportata come le consente la mancanza di una unione politica effettiva, senza una politica estera comune ed una difesa comune.
Essa ha tragicamente fallito sul suo stesso suolo nella decennale guerra dei Balcani, ha fallito per errori ed omissioni in Siria, ed a Kiev è andata in ordine sparso.
L’Europa è stata grande finchè ha avuto forte il carattere comunitario, attento al bene comune europeo, mentre è impotente da quando si è rattrappita sugli individualistici interessi nazionali, sulla difesa degli individualistici diritti civili, e su un burocratismo micragnoso e soffocante.
Le fosse comuni di Srebrenica, nella ancor oggi inqiueta Bosnia, sono pagina nera europea e colpa grave delle truppe olandesi, che hanno agito guidate sul campo di battaglia dai principi astratti del “politicamente corretto”, per cui sono state inerti davanti ad una strage di tipo nazista: nessuno ha il coraggio di riconoscere il disastro causato da quella “correttezza” e di ammettere che è sbagliata perchè ha permesso crimini contro l’umanità.
La stessa logica portava l’Europa delle istituzioni ad occuparsi ossessivamente di omofobia e di animalismo proprio mentre piazza Maidan a Kiev la invocava e chiedeva il suo aiuto: mentre là si moriva, il Parlamento europeo discuteva di diritti civili su un testo di Ulrike Lunacek, la “lgbt”paladina delle questioni del “gender”.
Ma io conservo la speranza, perchè so che ci sono percorsi per far vincere la pace, e infatti noi tutti ricordiamo commossi che è stata scritta una pagina luminosa da Papa Francesco quando ha indetto la giornata di preghiera e digiuno che ha fermato i bombardamenti sulla Siria e sul Medio Oriente.
Quella è stata una “guerra evitata”, anche se i mass media non vogliono riconoscere perchè è stata evitata: la menzogna, perfettamente parallela, che rifiuta di prendere atto del perchè è accaduta la tragedia di Srebrenica, rifiuta di prendere atto del perchè ha trionfato la via maestra di Papa Francesco.
E allora almeno tra noi ce la dobbiamo dire la verità sul tema della pace, e per questo dobbiamo tener vivo il ricordo di uomini di pace e di preghiera come Nelson Mandela e come Ibrahim Rugova, il leader nonviolento del Kosovo.
Ora posso passare alla politica italiana, che “eppur si muove”.
In Italia il bipolarismo muscolare, carico di furore ideologico, ha spossato la politica e portato ad una recessione economica più pesante di quella causata dalla crisi mondiale. Noi abbiamo bisogno di riforme dure che non sappiamo accettare, mentre le hanno sopportate la Germania 10 anni fa, la Spagna dopo i deliri di Zapatero, e solo ieri la Francia del socialista Hollande, che ha imposto una finanziaria di lacrime e sangue, fatta trangugiare alla sinistra giacobina francese solo con lo zuccherino dei matrimoni gay .
Non è detto che i nostri figli si salvino dal baratro dei 2 miliardi di debito, e dei due milioni e mezzo di giovani che nè lavorano nè studiano.
Proprio stamattina una signora ucraina mi diceva che suo figlio adolescente lavora in un’officina bergamasca dalla quale la madre ha ritirato un suo coetaneo italiano perchè alla sera era stanco: è un atteggiamento che si commenta da sè.
Enrico Letta è stato disarcionato in piena corsa da un Renzi che è primo ministro legittimo, secondo i canoni della democrazia parlamentare, ma che non ha avuto l’investitura elettorale di cui aveva parlato e che è stato un po’ cinico, forse perchè fiorentino come Machiavelli.
Enrico Letta aveva cominciato il suo mandato dicendo che il bene del Paese richiedeva di passare da un confronto tra nemici a un confronto tra avversari: avevo molto apprezzato che avesse scelto questo cristiano principio di pacificazione, che sentivo consono alla nostra esperienza di ” darsi pace”.
Ma la nostra politica passa al tritacarne tutti, anche persone degne e capaci come Letta, Marini, Prodi, Veltroni e Monti.
E’ una politica cannibale perchè, piena di arroganza e di presunzione, è convinta di poter essere autosufficiente ed autorefenziale.
E lo ha ribadito in un dibattito televisivo Achille Ochetto, che è riuscito a centrare due bersagli sbagliati in un sol colpo, definendo il discorso di Renzi per la fiducia come un “sermone” dal quale mancava l’essenziale che è la politica.
Ma che danni deve fare ancora quella politica “intelligente” perchè ne venga percepita l’insostenibile autosufficienza?
Dove potrà mai andare una politica senza fede, senza morale, senza speranza e senza fiducia?
Tutti bravi a denunciare, tutti bravi nella “pars destruens”, ma carenti nella ” pars construens”. A volte non si conoscono neppure le dimensioni quantitative del debito, degli esodati, della crescita, della precarietà, delle disponibilità finanziarie reali: figuriamoci se si conoscono le dimensioni Altre.
Ovvio che una politica di interessi circoscritti, senza ampio respiro, dove il bene pubblico ed il bene comune anzichè essere un orgoglio sono area di saccheggio, porta i risultati che vediamo.
Renzi, che non è nè un mago nè un santo (come invece è stato il suo predecessore siculo- fiorentino Giorgio La Pira), ha però fatto proprio un sermone, un bel sermone che allarga orizzonti, esprime energia e chiede a tutti di averne, mostra fiducia e ne chiede a tutti, ha speranza e vuole che tutti estraggano la loro, ha tracciato prospettive, ha fatto appello alle nostre potenzialità, alla necessità di farcela, chiede che tutti gli attori della società facciano la loro parte.
Certo che tutto ciò non è politica ma pre-politica, sono le premesse per una convivenza civile sostenibile, e le ha poste in termini laici, su basi etiche, non morali e men che meno ideologiche, in modo tale che tutti possano accettarle.
Ha velocizzato tutto pechè ha capito che non c’è più tempo da perdere, è consapevole che forse lui rappresenta l’ultima spiaggia, e sarebbe preoccupante.
Si rivolge in libertà e con autorevolezza al Parlamento chiedendo di andare oltre gli steccati per risolvere concretamente i problemi.
Qualcosa di importante si muove, a seguito della consapevolezza che il nichilismo di chi dice che non c’è futuro ci crea davvero il baratro e la rovina.
Una parte del centro destra ha lasciato Berlusconi e le posizioni oltranziste e si è messa in atteggiamento di collaboarzione con gli avversari.
Una parte del centro sinistra prova ad andare oltre l’ideologia novecentesca, polverizzata dalla storia, ed a collaborare con gli avversari.
Purtroppo davanti a Renzi, Grillo ha rivendicato di non essere democratico, e poi con coerenza fa purghe staliniane nel suo movimento: i sospettosi fanatici della moralità diventano immorali, imboccano la strada della ghigliottina che non ha mai fine, e che effettivamente ora li porta a ghigliottinarsi tra loro.
Ma c’è un’altra buona notizia che tutti conosciamo e che apre alla speranza: il treno delle riforme è partito, e un ramo del Parlamento ha approvato la riforma elettorale.
Era prevedibile che in Italia qualcuno avrebbe detto che l’Italicum è peggio del Porcellum: siamo fatti così.
Io sono sempre stato per il proporzionale e per una preferenza, ma accetto il meglio possibile oggi: vediamo se qualcuno lo distrugge per le quote rosa.
A proposito delle quali la logica è stringente, perchè parità e quote non possono stare insieme, una esclude l’altra: o c’è parità e non possono esserci quote, o ci sono quote e quindi non c’è parità. Senza contare che la discriminazione “percepita” sulla parità non è delimitabile: per cui si dovrebbero fare quote per i disoccupati, i disabili, gli immigrati, gli omosessuali e al loro interno quote per le lesbiche e per i gay, per transgender e bisex. Non funziona.
Auguriamoci che Renzi riesca ad abbassare gli stipendi d’oro di coloro che io chiamo “magnager”, e a dare mille euro in più all’anno a chi ne ha bisogno: come farebbe il grande Adriano Olivetti, l’imprenditore cristiano che tutti dovremmo conoscere e valorizzare di più.
Levategli il vino e pure il ricchissimo vitalizio al Salvoldi….
Grazie Giancarlo.
Ti chiedo di continuare a postare il tuo pensiero se lo riterrai opportuno.
Io ancora non so corrispondervi. Troppo dolore da rielaborare per l’amara delusione dell’impotenza che non riesco a trasformare in opportunità d’interesse. Nel mio disinteresse aumento solo la mia ignoranza, dalla quale non perviene alcuna possibilità di dialogo rispetto al quadro politico.
E’ come se il mio cuore vivesse nell’eco musicale di “povera patria” di Battiato; ma la stima che ho per te m’induce almeno a leggerti, ascoltarti e lasciarmi mettere in discussione.
Forse non troverò mai una parola per corrisponderti, perchè anche se condivido molte delle cose che dici (comprese le quote rosa), e sorrido all’ “eppur si muove” dell’italico destino; il mio senso d’impotenza nasce proprio dal non riuscire a credere che il principio democratico, anche se realizzato (che mi par già essere un’utopia) possa produrre il bene comune.
Certo costituirebbe un bel passo avanti rispetto alla catastrofe in atto.
Comunque sia, grazie ancora e un caro saluto a tutti.
Rosella
Caro Giancarlo, condivido in pieno la necessità di rivalutare la figura di un grande imprenditore come Adriano Olivetti…e continua a mandarci i tuoi contributi di riflessione socio-politica, utilissimi per il nostro lavoro nei gruppi (in relazione in particolare al livello ‘culturale’), ciao, mcarla
Sempre a proposito di A.Olivetti, vorrei farvi conoscere ciò che scriveva durante l’apprendistato (da operaio) nella fabbrica del padre:
” Una tortura per lo spirito, stavo imprigionato per delle ore che non finivano mai, nel nero e nel buio di una vecchia officina/…/ occorre capire il nero di un lunedì nella vita di un operaio! Altrimenti non si può fare il mestiere di MANAGER, non si può dirigere se non si sa che cosa fanno gli altri”.
Mi sembra davvero una testimonianza di un valore eccezionale ( soprattutto se paragonata alla presunzione e all’arroganza dei nostri giorni, a livello politico, economico, culturale…) e in sintonia con il lavoro dei nostri gruppi!
ciao a tutti, mcarla
A proposito di quanto detto da Maria Carla, mi pare che una delle alienazioni di cui soffriamo sia proprio la disconnessione tra la dirigenza e chi opera in prima linea. Io lavoro come amministrativa in un ambulatorio dell’ASL. È molto interessante leggere l’atto aziendale, pieno di principi altisonanti e auspicabili, però completamente dissonanti dall’esperienza reale dove l’utente, presupposto destinatario di cura, diventa cliente da spremere alle cui spalle far quadrare i bilanci, spacciandogli per innovazione e miglioramento i tagli e i conseguenti disservizi. I dirigenti alla cima della piramide – e che si sia strutturati a piramide è già un problema di per sé a mio avviso, perché mostra una forma di amministrazione obsoleta e perdente rispetto a quanto rivelano anche le ricerche sull’organizzazione aziendale – non hanno affezione, oggi dirigono l’ASL domani un’azienda che inscatola pomodori e applicano gli stessi principi. Intanto, potrebbe essere utile una bella immersione in prima linea e poi un coinvolgimento più realistico, affettivo-relazionale, che sappia leggere oltre le tabelle.
iside
…non parliamo poi della scuola dove pare (a detta di un “non sospetto” medico del lavoro) ci sia un rischio altissimo (80%!!!) di malattie psichiatriche e tumorali a carico degli insegnanti (con tutte le conseguenze del caso per studenti e relative famiglie). Un vero ingranaggio infernale!
L’augurio è che coloro che pontificano tanto bene sulla testa altrui (politici e giornalisti compresi) passino qualche settimana ‘in trincea’, cioè facciano “una bella immersione in prima linea”, come ha scritto Iside (che ringrazio del suo puntualissimo riscontro).
Sento da più parti un’ urgenza impressionante verso l’unificazione di ciò che si pensa con quello che si dice e si fa…e mi sembra un buon segno! Mi auguro che questa urgenza porti i suoi frutti, ciao a tutti, mcarla
Toglietemi il vitalizio, ma non il vino: ne va della convivialità!
Se ho suscitato una forte reazione forse ho sbagliato qualcosa e me ne scuso.
Mi piacerebbe capire se il mio modo di esprimermi è troppo affermativo e perentorio, anche se questo avviene a causa della passione per quanto a me sembra vero.
Non accetto toni offensivi, ma accetto volentieri, in ordine crescente, dissenso, critiche, contributi, elogi.
Adriano Olivetti è un modello come imprenditore e “politico” perchè è uomo che ha saputo convertire il cuore.
Con rispetto e cordialità, GianCarlo
…anche a me piacerebbe conoscere le ragioni del “dissenso” di Lino e continuo a sostenere il valore (fondato) della testimonianza umana e politica di A.Olivetti! mcarla
Bella risposta! Il tema della convivialità non è da svalutare ed è meritevole di attenta riflessione.
Un sorridente saluto. Stefania
…e io rubo e metto da parte il pezzo di salvoldi….può essere utile rileggerlo più volte e …riflettere.. dante