Felicità, gioia, piacere: queste tre parole riassumono bene quello che in fondo tutti vorremmo per la nostra vita. Però le sfumature di significato sono diverse: con la parola felicità spesso si indica una pienezza del benessere a tutti i livelli della persona, mentre con il termine gioia si fa riferimento soprattutto alla soddisfazione dei desideri più profondi, quelli dell’anima.
E il piacere?
Questo termine lo usiamo soprattutto in relazione al campo fisico e sensoriale e non sempre con un valore positivo, soprattutto quando si parla di argomenti spirituali. Il piacere generalmente è associato a qualcosa di effimero, di superficiale, che distrae l’uomo dal perseguire i suoi fini più nobili, qualcosa a cui bisogna saper rinunciare per perseguire la vera felicità e la vera gioia.
Ma siamo proprio sicuri? Senza piacere che cosa rimane della felicità e della gioia?
Qui bisogna intendersi bene con le parole: riprendo a questo proposito alcune tesi dello psicologo canadese Yvon Saint-Arnaud, che ha raccolto una serie di studi sul rapporto tra piacere, guarigione e attività psico-spirituale (Y. Saint-Arnaud, Il piacere che guarisce, EDB, 2006).
Il piacere è il godimento di qualcosa che è buono non solo per il corpo, ma anche per il cuore e lo spirito.
La componente fisica del piacere è evidente, anche se tutt’altro che semplice dal punto di vista fisiologico: comporta aspetti di euforia e benessere, ha effetti sui muscoli, stimola certe secrezioni chimiche, dispone varie parti del corpo ad una migliore comunicazione con altri parti.
Ma perché si possa parlare di autentico piacere umano occorre che la persona ne prenda coscienza non solo con i sensi, ma anche con la propria intelligenza e volontà.
L’intelligenza riconosce il tipo di stimolo e la volontà sceglie di aderire a questo stimolo perché “buono” per la persona, cioè conforme ad un armonico sviluppo dell’umano.
Questa adesione libera e consapevole della volontà, se è abbastanza forte, genera poi una nuova ricaduta nel corpo, incrementando il piacere dall’interno attraverso le nostre connessioni neurofisiologiche e neurochimiche. Questo circolo virtuoso avrebbe effetti benefici su tutta la persona, a volte anche di vera e propria guarigione fisica.
Da tutto ciò deriva una conseguenza importante: ciò che ci appare come “male” non potrà mai darci vero piacere. Eccessi, compulsioni, dipendenze varie, in cui la nostra intelligenza e volontà sono subordinate ad un godimento parziale ed immediato, non appartengono alla categoria del vero piacere.
Il piacere propriamente umano sarebbe invece una sorta di incarnazione delle nostre facoltà più elevate, una traduzione fisica della nostra più alta dignità spirituale.
Sarebbe proprio questo collegamento viscerale tra piacere e valori a rendere il piacere così bello, armonico, completo, anche se, per la nostra natura umana, sempre ovviamente limitato.
Quali sono allora questi grandi piaceri? Li conosciamo tutti in prima persona, ma è sempre “piacevole” ricordarli:
- Il piacere di conoscere (la passione del sapere, della scoperta artistica, filosofica, scientifica)
- Il piacere di amare (nelle sue varie accezioni: uscita da sé, valorizzazione reciproca, spontaneità, sicurezza, fecondità, amicizia, intimità, energia, impegno)
- Il piacere della relazione interpersonale (godere della convivialità, scoprire l’altro e scoprirsi all’altro)
- Il piacere di creare
- Il piacere del contatto con il nostro Sé superiore o trascendente
- Il piacere del vero rilassamento (la distensione fisico-spirituale, il contatto con la bellezza della natura, la preghiera)
- Il piacere della libertà (dalle costrizioni psicofisiche e psicospirituali che ci rendono schiavi).
Da questo elenco viene fuori una cosa inaspettata: le pratiche spirituali, in senso lato, sono grandi fonti di piacere.
Se ripenso alla mia esperienza di questi ultimi anni mi rendo conto che è proprio così. Leggere e studiare testi di approfondimento mi dà il piacere della scoperta e della conoscenza.
La meditazione e la preghiera mi regalano, a volte, momenti vivissimi e appaganti di rilassamento e abbandono. E poi, quando riesco a riconoscere e scardinare qualcuno dei miei automatismi distruttivi, provo un senso di piacere e libertà in cui il corpo è tutt’altro che estraneo. È una specie di respiro di sollievo di tutta la persona.
Mi rendo conto che l’argomento è complesso ma spero con questi brevi accenni di aver reso un po’ di giustizia alla parola piacere e di averla liberata da alcuni fardelli dell’abitudine e della morale.
Parole come felicità e gioia si trovano così in alto… sono eteree, quasi irraggiungibili.
Il piacere invece, con la sua concretezza, ci riporta con i piedi per terra e ci ricorda che la nostra felicità passa attraverso la nostra fisicità, piena e consapevole.
Un articolo di piacevole lettura che si occupa di un aspetto fondamentale. Quel piacere così delegittimato o disonorato è qualcosa di cui non possiamo fare a meno. E’ inscritto nella nostra natura, e chi dovesse snaturarsi quanto al piacere conoscerebbe rigore, deontologia, morale. Certa religione ha marchiato a fuoco la ricerca del piacere. Gli effetti consistono in una religiosità moralisticheggiante, deontologica appunto, e non in una fede liberante, responsabile e consapevole.
cara Antonietta,
penso che tu abbia proprio portato allo scoperto il nervo nevralgico del nostro tempo.
Le malattie del piacere abbondano nella nostra società occidentale, e la compulsività aumenta, quasi fosse una forma distorta di rivalsa contro il sopruso patito in passato.
E’ anche questa una delle tante forme di catastrofe in atto.
Tu hai molto ben evidenziato l’aspetto, spesso inedito, di come sia proprio lo Spirito che conduce tutto in unità.
E’ lo Spirito, che ci dona la possibilità reale di una maggiore integrità personale.
Nella mia esperienza personale, sulla linea del tempo, quel che mi stupisce sempre e che la felicità e la gioia sono venuti “prima” del piacere.
Come fossero il terreno necessario per poter edificare il piacere.
Vale a dire: prima si viene concepiti e poi si impara a vivere, oppure prima ti innamori della vita e poi impari ad accoglierla, accudirla ed amarla: “gusti il piacere di vivere” proprio lì dove sei da sempre, consapevole di essere: “la stessa eppure diversa”.
E’ un “miracolo relazionale”, un dono dell’Altro/altro, frutto anche del lavoro umano che”riconoscente” accede alla fonte del piacere nella sua propria integrità e lo rimette in circolazione procreando.
Ti abbraccio con affetto
Rosella
Veramente bella questa riabilitazione del piacere, con l’elencazione dei grandi piaceri che sono tutti da vivere! Il più difficile e fondativo per me è quello della libertà. Mi propongo di lavorare sui vari condizionamenti psico-spirituali che spesso mi impediscono di accostarmici. Mariapia
Sul tema del piacere – e ahimé su molti altri ;-)! – ho molta strada da fare. Sono particolarmente affascinata dal piacere della conoscenza e da quello delle buone relazioni. Tuttavia, appunto, ho ancora tanto da imparare in termini di pieno apprezzamento del piacere, soprattutto per liberarlo dalla connotazione immediatamente negativa di cui è stato caricato. “Prima il dovere e poi il piacere” mi diceva mia nonna, ma siccome il dovere non si esauriva mai, il tempo del piacere non arrivava mai sob! Anche per me, ci sono momenti in cui “il mio spirito esulta” di fronte a una cosa nuova che ho scoperto o a una bella conversazione con una persona amica. Adesso devo imparare a connettere questa esultanza con il suo assaporamento nel corpo.
iside
Rileggendo i vostri commenti mi veniva in mente come l’eccesso di stimolazioni, anche tecnologiche. che caratterizza le nostre vite spesso non raggiunge un maggiore piacere ma solo un inutile sovraccarico.
Anche le cose belle e che ci fanno bene hanno bisogno del giusto tempo e della giusta dose per essere apprezzate, e questa “misura” non riduce ma amplia le nostre capacità percettive.
Spesso mi chiedo se e quanto sono capace di gioire dei piaceri semplici della vita e di trarne così nutrimento. La mente è spesso così ingolfata che mi perdo il meglio del presente… e ritorna sempre il solito problema: il presente!
Ciao a tutti
Antonietta
Ciao Rosella come stai ?
ciao Michele
sto bene e tu?
Ma dimmi, i Michele che ora conosco in dp sono due, con il primo ho condiviso la torta con la candelina mentre l’altro mi ha donato un paio di cd per meditare.
Io penso che tu sia il primo dei due e sono molto felice di sapere che ci segui ancora e sappi che comunque sia, spesso (sempre no, non sono proprio così perfettina) ricordo entrambi nella preghiera e vi penso con affetto.
Un abbraccio di cuore, e se lo desideri, dimmi di te
ciao
Rosella
Ciao Rosella sono il primo Michele,quello che difendevi sempre nelle discussioni in DP,quella che mi capiva…l altro giorno mi è capitato un post con L estate di San Martino scambiato con te nel 2009 e mi ha preso nostalgia di te e delle nostre conversazioni…Quanti anni sono passati…avevamo iniziato parlando di Taizè….e poi è stato tutto un bel dialogo,di amicizia,rispetto,condivisione….anche se a volte era difficile capirmi….mi farebbe piacere sentirti….Ciao
Caro Michele, son felice del tuo ritorno nel blog. Rosella è in vacanza e non ha possibilità di connettersi, ti risponderà senz’altro appena ritorna, la prossima settimana. Auguro anche a te serene vacanze. Un abbraccio. Giovanna
ciao Michele,
grazie per il tuo pensiero ed il ricordo di un dialogo, che non voleva essere solo in tua difesa ma d’espansione nella relazione. Essenzialmente ero stupita per quel che accadeva, anch’io non sempre ero d’accordo con te, ma che centra?
Se uno desidera apprendere ad accogliere gli altri ci si misura sulla diversità e non certo sulle assonanze le quali possono essere utili come substrato nella relazione che può anche divergere nel merito.
Ho continuato il percorso proposto da Marco telematicamente e sono contenta; ne ho tratto grandi vantaggi personali che traduco nel quotidiano, ma che fatico sempre più a mantenere come dialogo con gli altri appartenenti al gruppo.
Sono in un momento di scelta un poco più radicale e spesso mi viene in mente una frase forse di San Francesco: “beata solitudine sola beatitudine”. ed è li che colloco anche la promessa che ti ho fatta di ricordarmi te ne nella preghiera.
Devo dire che il lavoro trasformativo mi sta conducendo esattamente dove sono sempre stata, in quel luogo che da sempre ci accomuna, tu ed io ma, forse anche tutti noi “esseri umani”: Da un certo punto di vista, non mi è accaduto nulla di nuovo, ma ora possiedo una maggiore stabilità e chiarezza interiore nella determinazione “consapevole” della via sulla quale cammino, nonostante siano ormai trascorsi gli anni dell’entusiasmo.
Nella mia vita contingente è uguale!
Sono la stessa eppure diversa: donna figlia, moglie, madre e nonna. Son passati anni, abbiamo cambiato casa, sposato figli, ed avuto nuovi nipoti ed io son quasi sempre lieta di essere viva, anche se questa vita continua a non piacermi troppo, pare una valle di lagrime, se non proprio un calvario: però non è tanto male se impari piano piano ad amare.
E’ significativo, per me, che tu abbia postato nel blog di Antonietta, lei è una persona “speciale” che conosce il dolore e lo fiorisce così! (Stupisco sempre.)
Ringrazio Giovanna per averti postato il mio messaggio: durante l’estate sono spesso in luoghi lussureggianti (piovosi) e verdi ma dove “non c’è campo”.
Ora ti saluto e, se già non lo fai, ti invito a frequentare il corso base proposto da Guzzi. Lo puoi seguire anche in perfetta solitudine oppure potremmo incontrarci nel blog riservato e lavorare insieme. Io frequenterò il secondo anno del primo approfondimento ma posso accedere anche ad un corso base.
Sorprendimi!!! e dimmi che già lo stai facendo.
Ti abbraccio con affetto
ciao
Rosella
Cara Rosella mi ricordo la prima candelina…Assistere a come voi siete riusciti a stabilire una sintonia partendo da posizioni che sembravano distanti anni luce mi ha veramente e positivamente sorpreso.
Perdonatemi se mi sono permesso di dare risalto alla vostra amicizia neonata ma non ho resistito alla voglia di farvi sapere che vi vogliamo bene e siamo felici di sapervi a bordo, questa piccola esperienza alla quale abbiamo assistito ci ha fatti crescere ……Quanto tempo io cosa posso dirti di me mio figlio ha compiuto 18 anni è stato bocciato per la seconda volta di fila perchè ha problemi di dislessia e con tutti i professori che ho parlato compreso il preside non ha trovato nessuna comprensione ma solo una politica di respingimento…mia madre mi è mancata quest anno,in un lettino del pronto soccorso perchè non vi erano posti letto disponibili nell ospedale di Genova…Quindi vedi cara Rosella…quello che non capivo chi è il mio prossimo che devo aiutare?? Cosa vuol dire dialogo?? Se poi trovi porte in faccia…La colpa è sempre nostra?? Anche a me francamente questo mondo non mi piace più…parole,parole…ma nei fatti siamo come dicevi tu irriducibili l uno con l altro…Ringrazio Giovanna per l ospitalità che mi ha dato…Sono contento per te Rossella che i nipotini sono aumentati…e sono in imbarazzo perchè so più cosa dire….ricordi il lupo marsicano..sono sempre quello anzi peggiorato…lo sai è un mio limite vorrei sorprenderti ma non ci riesco,la mia innata pigrizia,però ti porto nel cuore…Anchio ti abbraccio grande donna..
Grazie per il bel regalo
ciao Michele
forse la Vita, con i suoi “rifiuti” sta conducendoti per mano e proprio al “dunque?”.
Io ti sento cambiato e molto, quasi un altro.
Il lupo marsicano mai si sarevve esposto per avvicinarsi alle case del villaggio se non per sfamare gli altri componenti del gruppo.
Anche nella mia famiglia ci sono problemi “lievi” di dislessia o affini; ma, a quanto pare, negli anni in cui li ho affrontati io (1990) le strutture, o gli operatori, erano più disponibili. Già nella generazione successiva le cose si sono e di molto complicate: quando un bisogno è “declamato” come diritto, puoi star certo che l’opera, resta lì inscritta sulla carta da parati scrostandosi.
Quel che posso dirti è che nessuno al mondo mi avrebbe mai potuto smuovere nella mia pigrizia e nella mia immobilità se non “il bene per i miei figli” e mi sono avvalsa di una mossa di giudo: ho fatto leva sul senso di colpa immane che mi schiacciava: quello di averli messi al mondo senza interpellarli: senza chiedere loro il permesso. Proprio di questo trattavasi per me, attraversare l’angoscia dell’impotenza di sostenere la vita che avevo generato. In fondo solo lì mi sono resa conto che “si nasce per morire” e che da questo punto di vista la vita è uguale per tutti.
Non sono una gran donna, Michele, proprio no e nell’espandersi degli anni, mi ritraggo accorciandomi, sempre più; però io non mi arrendo, qualcosa in me sa e conosce “l’essere indistruttibile” e è l’unica cosa che spero di trasmettere ai miei figli.
Questo mondo “questa vita” spontaneamente “non mi piace” quando mi alzo la mattina quasi mai sorrido al nuovo giorno (lo puoi anche definire: atteggiamento depressivo) ma poi mi metto al lavoro e decido che “non parlo se prima non tocco la gioia: non voglio mentire”. Voglio sorridere per sostenere “l’esile illusione” di felicità, che ancora circola nei giovani, per dare loro l’opportunità di trasformarla in speranza con l’opera delle loro mani.
Ciao Michele, adesso ti saluto e sappi che qualcuno ha un buon ricordo di te e che cerca di credere nell’efficacia della preghiera.
Io ancora “fatico a credere” che: pregare per la pace… serva alla pace. Eppure forse questo per me è proprio il moneto di “entrare/morire” in questo tipo di silenzio.
Ti abbraccio con affetto e ti benedico, prendi in considerazione l’opportunità offerta dai corsi di Marco essi possono aiutarti a costruirei una “vita buona” in te e fuori di te.
Ciao caro, che la tua mamma dal cielo benedica te e tutti i tuoi cari, le madri non cessano mai di amare anche se in quel loro modo distorto, eppure è per questo che non muoiono mai e dal cielo, libere dal loro stesso limite ci elargiscono in abbondanza la bene dizione divina. ne sono il tramite naturale.
ciao
Rosella
Si Rosella hai colto nel segno,anchio credo che parlare di solidarietà serva alla solidarietà ma serve solo a illudere,di un qualcosa che poi non avverrà come la pace,se ne parla si fanno veglie ma le guerre continuano..di mia madre ho percepito il suo modo distorto di amarmi,ma ho anche percepito la sua infelicità il suo non accetare l esistenza o parti di essa rimasta vedova giovane a 43 anni e io 17 mi sono sentito più padre che figlio,e il suo dirmi pensa a te stesso non a me…non c è l ho fatta a pensare a me stesso avrei voluto almeno io compensare i suoi traumi e vuoti,con una immagine felice e realizzato di me non ci sono riuscito…spero che da lassù almeno riesca a capirmi tra noi a volte non c era silenzio ma mutismo non sapevo dare un significato alle parole..poi piano piano ci sono riuscito mi è mancata proprio adesso che avevamo recuperato alla grande,che riuscivo a farla ridere….Grazie Rosella mi hai fatto veramente un bel regalo si sono cambiato veramente…le mie posizioni di allora erano sterili polemiche fine a se stesse e me nè vergogno…era un modo sciocco e infantile per dire ci sono anchio,ma in fondo chi sono io per pretendere l attenzione altrui,il tuo rispondere in maniera equilibrata e matura la tua sincerità mi ha fatto rilettere…anchio sono sincero Rosella grazie di tutto quello che hai fatto per me e se non te l ho dicevo sarebbe stato per me un anello mancante…
grazie di tutto anche a te Michele.
Il tratto di strada che abbiamo percorso insieme ha arricchito entrambi e, quarda: dentro la fine gemma già un nuovo inizio e un giorno forse ce lo racconteremo aggiornandoci nuovamente.
E perchè no?
Chi può dirlo?
a presto e auguri per tutto
Rosella