Sette anni di laboratorio Darsi Pace mi aiutano a fare esperienza concreta dei misteri della fede cristiana e a comprendere la realtà della natura spirituale dell’essere umano.
Muovo i primi passi in questa dimensione e cerco, in un certo senso, di re-imparare a parlare.
Come il bambino che prende in mano un pennarello e traccia i primi segni proiettando sul foglio la sua storia, i desideri, le emozioni, le paure della crescita, così anch’io provo a dirmi in questa nuova consapevolezza, passando dai primi scarabocchi al disegno della casa.
Dopo il grembo materno, la casa è il luogo che mi ha accolta, accudita, protetta, cresciuta, luogo di iniziali conoscenze nel quale ho strutturato le prime relazioni e agito i comportamenti che hanno definito la mia personalità.
I miei genitori mi hanno trasmesso l’amore per la casa: mio padre, curandone la struttura, l’ha resa solida e spaziosa; mia madre, più attenta ai dettagli e alle rifiniture, l’ha impreziosita di luce, di calore, di relazione.
E’ ancora vivo il ricordo dei giochi, degli scherzi, delle risate tra fratelli nella grande cucina dove ci si ritrovava nelle lunghe sere invernali sotto gli occhi attenti e luminosi di mamma e papà.
Col tempo le cose sono cambiate e la casa è diventata una prigione, un luogo in cui mi sentivo sempre più stretta, nel quale mi isolavo e da dove mi allontanavo senza avvertire il desiderio di tornare.
Mi illudevo che lo stato di prigionia potesse miracolosamente finire, fino a quando, sollecitata da interminabili eventi dolorosi e dal desiderio di libertà, trovai il coraggio di lasciarla e di vivere in un bilocale tutto mio, dove credevo di poter essere finalmente libera e felice.
Non lo sapevo come adesso, ma allora cominciò il tempo della mia “ristrutturazione”, dell’Io in conversione, tempo di pulizia interiore, necessario a toccare lo spessore delle stratificazioni costruite per difendermi dalla vita e a comprendere che non bastava il cambio di abitazione per eliminare l’angoscia profonda dentro di me.
Tornai nella vecchia casa per accudire mia madre malata e le rimasi accanto fino al suo ultimo respiro. Solo allora, i miei occhi sanati dalla cecità cominciarono a vedere l’amore che impregnava ogni stanza, ogni angolo della casa.
Decisi di ristrutturarla e di ritornare a vivere pacificata nel luogo in cui era cominciata la mia storia.
L’approdo in Darsi Pace mi fa tornare bambina, mi riporta il calore della vecchia cucina quando nel gruppo condivido con fratelli e sorelle il lavoro interiore in un clima serio e nello stesso tempo giocoso.
In questo laboratorio della fede comprendo qual è la casa che desidero abitare, da sempre cercata.
E’ una casa senza soffitto e senza cucina, come cantava Sergio Endrigo in una vecchia canzone, una casa senza tetto né pavimento, e la fede cristiana mi rivela che solo una Persona può condurmi lì.
Una Persona folle d’amore che ha segnato con la sua nascita l’anno zero nella cronologia storica; forse per questo la canzone colloca la casa in via dei matti al numero zero.
Questa casa è il luogo della trasformazione, è un’infinita apertura, è il momento presente di ogni momento del tempo, luogo di pace, di unità, di libertà.
Riattraversando i miei traslochi mi rendo conto che nonostante le mie durezze, la lentezza del mio cuore, le resistenze, gli ostacoli, Gesù viene, entra in me come in ogni essere umano anche se le porte sono chiuse.
E dice:
“Pace a te!”
“Non avere paura delle tue ferite.”
Ed io, come Tommaso, mi arrendo alla sua voce, alla sua pace e timidamente pronuncio il suo nome:
“Mio Signore e mio Dio!”
insieme ad un piccolissimo aggettivo che non vuole esprimere il desiderio di possederlo, ma riconoscere che la sua vita fa parte della mia vita.
Nel travaglio della mia biografia, come nel travaglio del mondo, riconosco adesso la sua presenza, è lì che il mistero del divino bussa e si rivela, lì posso incontrarlo e percepirne la voce.
Ora le parole di Gesù
Io pregherò il Padre (…) voi lo conoscete perché egli dimora presso di voi e sarà in voi. (Gv 14,16-18)
hanno un suono dolce, dicono la fedeltà di una promessa, disegnano la casa.
E’ questa la casa che desidero abitare, che mi segue ovunque vada, un rifugio, una roccia, una infinita sostanza, una coscienza sapiente dove voglio ritornare e so-stare perché solo da lì posso imparare ad amare e a darmi pace, solo da lì posso essere pienamente me stessa, finalmente felice.
Cara Giuliana,
che bella casa che hai trovato ! Bella davvero ! Penso al nostro nostro caro Padre Davide Turoldo, che diceva : ” la Chiesa va costruita a partire dalle nostre Case ! Profetico poeta , cantore dello Spirito che abita in noi e fa nuove tutte le cose, e si rende presente , anche a porte chiuse dalle nostre paure. E allora, spero anch’io ! Per quella mia casa ,senza tetto e senza pavimento che sto ri-strutturando al primo anno dei lavori. Stavolta sarà la mia nuova casa, bella e felice come non lo sono mai state le altre 9 case che , nell’arco della mia vita, ho dovuto drammaticamente cambiare.
E spero che a dirlo , non sia la seconda voce metallica di quel mio Io autocentrato (12ma lezione di DP) che mi vuole trarre sbrigatamente d’impiccio !
Ma non mi preoccupo, so che posso contare anche sull’ospitalità che mi potrai offrire , in questa tua nuova casa, ampia e risuonante dei giochi e delle risate di nuovi fratelli e sorelle.
Ti abbraccio,
ivano
Grazie Giuliana,
la consolazione che finalmente provo a tratti nella mia vita è dovuta alla sensazione di aver trovato una casa da abitare, di potermi fermare e riposare; la dolcezza delle parole del salmo 23 mi accompagnano spesso “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce…abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni.”
La cosa bella è che la mia casa è anche la tua casa e la casa di tutti coloro che sono disposti a “ristrutturare” i vecchi edifici.
Demolire per ricostruire case piantate sulla Roccia è un bel lavoro, inderogabile ed essenziale. Cos’altro resta da fare?
Cos’altro ha senso?
Daniela
Cara Giuliana, le tue parole mia hanno fatto ripercorrere tutte le sensazioni di precarietà che vivevo nella mia casa di origine, dove percepivo proprio l’inconsistenza delle fondamenta e la precarietà del nostro vivere senza radicamento, senza sostanza, senza coscienza, in una precarietà emotiva, che ci rendeva inquieti, separati e doloranti. Oggi riconosco che la Sua presenza agiva già allora, fedele alla Sua promessa, aspettava che ci destassimo e incominciassimo a sentire che non eravamo soli e che eravamo infinitamente amati.
Con quanta pazienza, quanta misericordia, quanta grazia, ha atteso che collaborassimo alla ricostruzione della nostra casa, mentre Lui rimarginava ogni ferita, riempiva ogni vuoto, rigenerava ogni piaga e colmava ogni separazione. Oggi ho una casa nuova da poter frequentare dove l’infinito è presenza viva e io rinasco ogni volta.
Un bacio. Patrizia
Care/i compagne/i di viaggio, mi riconosco in molte delle vostre parole…quello che più mi definisce ripensando alla ‘mia’ casa originaria è un senso di disorientamento, il non trovare un posto preciso al suo interno (mi ricordo con fastidio che a tavola-a volte- mia madre mi chiedeva di spostarmi perchè “quello” o “quell’altro” erano i posti “fissi” di mio padre o mio fratello, anche se le situazioni potevano cambiare con l’arrivo di ospiti…ero sempre io che dovevo ‘adattarmi’, e lo facevo, con la sgradita sensazione, di non sentirmi più a casa mia!).
Ho fatto anch’io l’esperienza di vari traslochi, quella di un “bilocale tutto mio” come Giuliana, nonchè quella di credere di ‘trovare casa in casa d’altri’ (compagni, amici…).
Insomma, un’ anima in pena!
Spero davvero di essere in cammino per poter arrivare finalmente a dire con Patrizia di avere una casa nuova dove rinascere ogni volta! ciao a tutti, mcarla
Cara Giuliana grazie, come sempre entri nel vivo e le tue parole risultano vere.
Ricordare la casa di origine è un modo sicuro per risvegliare insieme ai ricordi il clima emotivo legato a quei ricordi.
Io sono cresciuta in una casa grande, piena di parenti , bambini e adulti, in cui avevo modo di sentirmi molto sola e di sperimentare un’ampia gamma di rapporti egoico-bellici, come ho appreso a definirli in questo primo anno di Darsi pace.
Un solo piccolo ricordo del nonno che ha vissuto per dieci anni nella stessa casa senza mai rivolgermi la parola, che incontravo nelle scale con pesante disagio perché non sapevo cosa fare, per un certo periodo mi ero convinta di essere trasparente/invisibile perché i suoi occhi erano trasparenti , ero piccola.
Qualcosa di buono c’era pure nella mia casa l’amore del mio babbo, uomo di fede, ideali e scarso senso pratico e la compagnia di una cugina “trasparente” come me.
In questo primo anno di Dp ho iniziato a scalfire le rocce su cui è costruita la casa, nascoste nell’ ombra della tenebrosa cantina, sono graffi di superficie, dati con una mano leggera , da bambina, i lavori sono in corso seppur con la lentezza di cui un giorno ti ho detto , ma già nel percorso trovo ristoro.
Ora come allora, con una consapevolezza naturalmente diversa , sono convinta anch’ io che Altro sia la vera casa e sto cercando di lavorare proprio per saperla abitare.
Un abbraccio, scusa se anche oggi mi rendo invisibile, spero di poterti vedere a Fontanella.
Ogni giorno ripercorro la via per giungere alla “casa” in cui l’ Amore, l’ Unione, l’ Ordine mi dona il senso e orienta la mia vita.
Un percorso che ricerco sempre nuovamente ed è proprio la ricerca che sta muovendo la mia “fissità” verso una dimora che è movimento, cambiamento, vita sempre nuova.
Abbandonarmi con fiducia al processo mi dona momenti di vera liberazione.
Mano nella mano proseguiamo la via del ritorno…
Un abbraccio. Vanna
Le tue parole, Giuliana, sono poesia! Mi hanno riportata alla mia infanzia/adolescenza/giovinezza vissute nella ricchezza di relazioni umane,parentali ed amicali, in un clima da “Sabato del villaggio”. In me conviveva però anche l’atmosfera triste della domenica, sepolta dalle grida festanti dei tanti intorno a me. Con il trasferimento e l’incontro con un’altra cultura/realtà, in cui mi sono nutrita di altre “cose”, a me care e preziose, ho perso l’allegria di quel periodo ( non so se del paese, dell’età, o di quell’epoca storica). Ho dovuto rientrare in me e ri- costruire le basi della mia casa interiore, proprio mentre ristrutturavamo ed organizzavamo il nostro nuovo nido! Se volevo “la festa”, stare bene cioè , dovevo solo rifugiarmi in me: “gli altri” non c’erano più! Col tempo ho apprezzato questo forzato sofferto rientro perchè mi ha consentito di entrare nelle mie profondità e viverle secondo i miei dettami! Ora, in particolare, sperimento la gioia che in me c’E’ sempre Qualcuno Che mi aspetta e mi da amore! E mentre assaporo questa gioia però, accarezzo al contempo l’ espansione, la possibilità cioè di ospitare ed essere ospitata perchè “laddove vi incontrate nel ” mio nome”,…… ” Io sono in mezzo a voi”.. ( cito non precisamente).
E grata per questo incontro…. vi abbraccio con affetto Maria Rosaria
In questo tempo di silenzio e raccoglimento ho sperimentato quanto prezioso è avere una casa.
La casa che conforta ,che sorregge le fatiche e il dolore della malattia,la casa della riflessione ,della
preghiera profonda ,della meditazione ,la casa che ti riconcilia con l’universo, nella piena consapevolezza
della scelta di costruire con amore la casa del SIGNORE che parla all’anima ,che trasforma la vita che
impegna all’apertura del cuore .E’ una casa rotonda senza pareti ,unico arredo bianche tende mosse dal
vento spinte verso il cielo su un monte in uno spazio infinito .Quanta tenerezza, quanta dolcezza e forza
c’è nell’abitare la casa SIGNORE ,abbandonarsi ,fidarsi e affidarsi a LUI che è solide fondamenta è casa sulla
roccia edificata dal PADRE che indica la strada e rende liberi. Sono grata a DIO per questo tempo faticoso
ma importante e proficuo che ha rallentato il ritmo della mia vita donandomi quiete pace e serenità.
Ti ringrazio Giuliana per avere aperto in me questa pagina di riflessione .
La casa fisica dove abitiamo, il modo in cui la abbiamo arredata e la viviamo riflette la nostra personalità, i nostri gusti, la nostra storia e anche li nostri problemi. Come alcuni di voi sanno , io ho traslocato da poco in un piccolo appartamento sistemato a mia misura e compatibilmente con la mia situazione economica. Ci sto bene! Spesso penso a chi non ha casa, a chi l’ha persa, a chi condivide la sua abitazione con troppo persone, a chi non sa dove tornare la sera. A chi non sa abitare, non sa gestire il suo spazio. Tutto questo deve essere molto doloroso e allora mi sento privilegiata, non senza un certo senso di colpa. Poi c’è la nostra casa interiore, la casa della nostra anima con i suoi stati ballerini, con i quali dobbiamo fare i conti e ritrovarci ogni giorno per ristabilire la pace interiore. Gran bel lavoro a cui noi di D.P. non possiamo sottrarci, è l’osso duro, secondo la felice espressione di Marco, che richiede una rifinitura e perciò una lotta quotidiana! Auguri a tutti! Mariapia
In questi giorni mi sto occupando della prima casa in cui ho vissuto da sposata e traslocando oggetti e mobili riemergono pezzi di vita, emozioni positive e dolori, la casa vissuta come caldo intreccio di relazioni e ricerca di spazi liberi.
Vivo tutto ciò con serenità perché ho trovato dentro di me quella saldezza , quel luogo sicuro in cui stare al riparo, un luogo che per molti anni ho cercato solo fuori di me e che ora mi consente di ” abitare la Vita”.
Quando ad Eupilio nel 2008 Marco si definiva un “traslocatore” ne ero rimasta molto colpita pur non afferrandone appieno il senso . Oggi vivo ogni giorno il “trasloco” da uno stato all’altro affidandomi sempre e nuovamente al Padre.
Grazie a Giuliana e a tutti per le belle riflessioni . Un abbraccio. Rosanna
Cara Giuliana,
quasi incredibile, ho fatto i conti ed ho constatato che la nostra amicizia compie 40 anni. E’ una delle tante cose belle che la vita mi ha donato; ha conosciuto anche un momento di dolorosa frattura, ma l’affetto profondo e sincero che ci univa ha prevalso.
Questa breve premessa e’ necessaria per dire che dopo 40 anni sei riuscita ancora a stupirmi. Nei tuoi ultimi post sul sito di Darsi Pace hai parlato di vicende che ho vissuto con te da vicino; i fatti sono gli stessi ma ora e’ la profondita’ della tua anima che parla, che li interpreta alla luce del Risorto, da una prospettiva completamente nuova che riesco a comprendere solo grazie al fatto che ho mosso i primi passi in DP.
Il tuo “esporti, metterti a nudo,” induce oggi anche me a trovare il coraggio di scrivere.
Termino con le stesse parole che ho detto a conclusione del lavoro di gruppo a S. Marinella tratte dal commento scritto da un padre dehoniano di Albino: ” Testimoniare non equivale a dare buon esempio. Questo e’ certamente utile, ma la testimonianza e’ un’altra cosa. La puo’ dare solo chi puo’ confermare che la sua esistenza ha acquistato un senso da quando e’ stata illuminata dalla luce della Pasqua, chi ha fatto l’esperienza che la fede in Cristo da’ senso alle gioie e ai dolori e illumina i momenti lieti e quelli tristi.”
A tutti un caloroso grazie ed un abbraccio. Rosaria
Caro Ivano e care Daniela, Patrizia, MCarla, Anonimo, Vanna, Maria Rosaria, Sevi, Mariapia, Rosanna e Rosaria,
grazie per le vostre risonanze che dicono i passi nel faticoso ma anche divertente cammino trasformativo che stiamo compiendo insieme.
Scrostiamo tutto ciò che abbiamo costruito sulla paura e nella forzatura per fare spazio ad un’azione più libera e leggera che nasce dalla pacificazione e dalla gioia.
Così sperimentiamo che, se nelle nostre case d’origine abbiamo percepito la precarietà e l’inconsistenza delle fondamenta, se ci siamo sentiti figli invisibili, senza una precisa collocazione perché costretti a cedere il posto ad altri, ora possiamo sentire in noi una casa più stabile, più areata nella quale sperimentare nuova-mente il legame di figliolanza per abitare la Vita.
E scopriamo sempre più vere le parole di Gesù meditate a santa Marinella:
“Ora lo schiavo non resta per sempre nella casa, ma il figlio vi resta sempre”. (Gv 8,34)
Possiamo liberarci dallo stato di schiavitù e sentirci figli che nel Figlio imparano ad amare per creare e a creare per amore.
Un forte abbraccio.
Giuliana
La mia casa
durante l’anno, per una serie di motivi , trasloco in case diverse… In ognuna cerco un piccolo spazio per creare il mio laboratorio di darsi pace…basta poco…..un tavolo di lavoro, una seggiola,un astuccio,un quaderno…un audio cd…libri. e un tappetino per ritrovare il mio corpo, ascoltarlo nelle posture….Nei miei spostamenti come una tartaruga mi porto dietro un po’ di casa : lo zaino con i quaderni,i manuali di darsi pace…il piccolo libricino delle letture del giorno….e il pc portatile..e ..via via .imparo ad essere essenziale….
nel mio laboratorio quotidianamente lavoro
all’inizio cerco di dimorare nel mio corpo ..trovando nella postura radicamento e sostegno….base ..pavimento,poi salendo piano piano cerco la mia verticalità, con cura e attenzione verso l’alto…
sento l’aria che entra, l’aria che esce….le finestre si spalancano..entrano aria , luce e calore….che mi sorridono…li accolgo sorridendo…..e lascio andare…
..sento via via una espansione e non ci sono più pareti…… non sento i limiti del mio corpo….e via via nel silenzio … mi ritrovo sulla strada che mi riporta alla casa del Padre….
Lui è li che mi aspetta, mi accoglie in un caldo caloroso abbraccio…Eccomi…
Irenilde
grazie a tutte-tutti per le vostre testimonianze ed in particolare a Rosaria per le illuminanti parole sulla testimonianza
….”le finestre si spalancano”…mi riportano un ricordo d’infanzia: le pulizie pasquali.
Prima di Pasqua, la casa veniva spalancata e rivoltata in ogni angolo: armadi, cassetti, mensole, tutto veniva pulito, areato e rinfrescato.
Il lavoro interiore è una continua scrostatura di tutto ciò che non serve al raggiungimento della dimora in cui veniamo portati da Colui che dimora non ha.
Grazie Irenilde e arrivederci a Fontanella.
Giuliana