Durante il cammino di purificazione della psiche ci si imbatte nel nodo “immaginazione”. “Fantasia” ne è un sinonimo. L’immaginato che si struttura si fa realtà, così accade che il reale diventi immaginato. In altre parole, la realtà non è quella che è, ma è ciò che non è, rectius è la proiezione del nostro immaginario, è il costrutto delle nostre fantasie ricorrenti. Quando l’immaginario si flette verso l’egoico, le nostre azioni saranno scandite dall’egoico. Io sarò il centro della realtà immaginaria. Se esso, invece, tende a figurazioni dell’io sano o risanato, le nostre azioni saranno movimenti di liberazione.
L’immaginazione è attaccata dal diabolico più che dall’angelico. Meglio, è il campo di battaglia di forze contrapposte. Esse si contendono l’anima della persona, così che essa si aprirà compiutamente al bene ovvero al male.
Tempo addietro, per portare un esempio, immaginavo ciò che non c’era. Ciò che vedevo non corrispondeva alla realtà. Scambiavo un ramo sulla strada per una serpe. Avvicinandomi all’oggetto immaginato come una serpe, prendevo coscienza che si trattava invece di un innocuo ramo contorto, trascinato in quel punto da eventi naturali o dalla mano dell’uomo.
Perché vi vedevo un serpente e non un ramo? Per l’impulso immaginativo alienato, non in linea con la realtà delle cose. Il serpente era dentro di me, nella mia psiche, e di lì si proiettava sul reale. Altro esempio: mi capita spesso di immaginarmi mentre canto una delle mie canzoni preferite. Lo scenario dovrebbe essere popolato. Ci dovrebbero essere alle mie spalle un’orchestra e di fronte a me un pubblico di fan in delirio. È quanto accade durante un concerto di una pop star. È la normalità. Invece l’immaginazione fa sì che io sia solo sul palco, che mi veda cantare, ma che non scorga orchestrali e pubblico. Ci siamo soltanto io ed il microfono. Spesse volte l’asta che regge il microfono assume una funzione interdittiva, di blocco dell’azione. Dal punto di vista psicologico ciò segnala l’esistenza di un complesso irrisolto, di una paura associata ad un bisogno di affermazione, mentre sotto il profilo animico/spirituale siamo in presenza di una manifestazione dell’io egoico, centrato su sé stesso. Ciò significa che psiche e anima/spirito sono in osmosi o procedono in simbiosi. Il superamento del conflitto potrebbe scalfire la manifestazione egoica, ma non sempre è così. Potrà esserci un momentaneo sollievo, un temporaneo superamento di detta manifestazione, mentre la vera guarigione si ha nel momento in cui lavoro sul mio io egoico per ricondurlo alla ragione, alla realtà e alle verità dello Spirito, che non è in contraddizione con la realtà, ma che la arricchisce di contenuti vitali. Lo Spirito, quindi, guarisce l’immaginazione o la fantasia malata, alienata, distorta e distorcente. La realtà ne viene esaltata e liberata, e si determina un nuovo e più sano equilibrio spirituale e morale. La psiche non produce più fantasie patologiche, ma immagini positive e riscattate, che rendono vera la realtà, soprattutto vissuta, non più immaginata nel senso deteriore.
Ancora. La sessualità dà ampio spazio all’attività immaginativa. È la psiche che innesca la miccia del desiderio, che può essere casto (anche se agito) ovvero lussurioso, quindi una malattia dell’anima, specie se l’altra parte è oggettivizzata ovvero genitalizzata. L’unione delle anime deve precedere quella dei corpi, che si uniscono per dare più vita alla vita, per esprimersi l’amore, l’affetto, la condivisione. Generalmente l’immaginazione non va in tale direzione, è segnata dalla concupiscenza e dagli atti con cui essa si esprime. Affinché sia casta, è necessario che l’atto unitivo dei corpi sia fecondato, orientato e diretto dall’amore, dalla responsabilità verso l’altro, dalla concezione del corpo come tempio dello Spirito. Nessuna immagine oggettivizzante dell’altra parte dovrebbe intervenire. Ove dovesse intervenire ed orientare l’atto, la risultante dell’unione sarebbe una sorta di sottile infelicità, di flessione verso il basso. Questa flessione verso il basso si registra anche durante la preghiera. Chiusi gli occhi, su quale parte del corpo si posa di preferenza l’occhio interiore? Fateci caso, si posa sulle parti intime, e ciò disturba o rende impossibile la preghiera. L’occhio interiore deve poter visualizzare il cuore, la parte alta, e la mente, la parte altissima, sotto la forma della testa. Lì si dirige lo Spirito Santo per operare la guarigione interiore, che precede quella fisica.
Tutti gli animali sono tristi dopo l’accoppiamento, dicevano gli antichi, tranne il gallo e la donna (“post coitum omne animal triste est, sive gallus et mulier”). Chissà perché sono stati esclusi dalla generale tristezza solo il gallo e la donna! Ma il punto è che non siamo animali, ma siamo spiriti incarnati. La differenza è notevole. Tuttavia, è un fenomeno, oggi chiamato “sex blues”, che, a mio avviso, è così diffuso non tanto per ragioni organiche o fisiologiche, ma a causa di una cattiva educazione dell’immaginazione, abbeveratasi – bisogna riconoscerlo – anche a fobie sessuali di matrice culturale cattolica. Un certo sistema moralistico, infatti, ha, in un certo senso, ridotto il cattolicesimo a contraltare della sessualità, prodotto effetti distorsivi dell’etica della sessualità, bulimizzando il senso del peccato legato alla corporeità ed alle sue naturali manifestazioni.
Condivido ciò che affermi circa la sessualità “casta” cioè come completamento di un rapporto d’amore, contro l’ avvilimento del sesso senza amore. Invece non posso confermati in alcun modo che il mio occhio interiore durante la preghiera vada a posarsi sulle parti intime, a me non succede, forse capita ai galli e ai maschi. Se mi capitasse non mi preoccuperei, ma lascerei scorrere, perché intime non significa infime, anzi intime proprio perché preziose, oltretutto chi ha ideato le parti alte è anche l’ ideatore delle parti basse che,per giunta, ha distinato a finalità elevatissime, quindi io ti consiglierei di rilassarti e prendere un bel respiro. Un saluto
Non è la mia personale esperienza, ma riporto quella di monaci in qualche modo “tentati…
Con tutte queste regole, non mi ricordo più come si fa a godere !
Secondo me si può godere soltanto se si è felici. Una falsa idea di Dio non porta alla felicità né, quindi, al godimento. Non si tratta di regole, di codici, di norme e precetti, ma di una personalità che si è strutturata intorno ad una nuova concezione di umanità, dove vi è un Dio che salva e che vuole la felicità dell’uomo.
Il lavoro interiore è un continuo riconoscimento di pensieri e di emozioni negative, di immaginazioni, di illusioni che ci allontanano dalla nostra vera identità e questo ci consente di avvicinarci, di percepire, di intravedere la realtà.
Nel nostro laboratorio sperimentiamo quanto sia faticoso, e anche doloroso, guadagnare un grammo di realtà. Anche quando pensiamo di aver disattivato gli automatismi, osserviamo che le nostre strategie difensive sono pronte, in modi molto sottili, a rinchiuderci nelle gabbie della paura.
In questi anni di cammino insieme a voi, identifico la realtà con la trasformazione, con il dinamismo trasformativo che vedo in me e negli altri.
E ogni giorno, ad ogni respiro, mi si pone la scelta della parte in cui voglio stare, se dalla parte di ciò che mortifica l’essere umano colpendolo nella sua capacità creativa, nei modi più variegati della rassegnazione, dell’abitudine, dell’adattamento, di una sorda disperazione, oppure dalla parte di ciò che pulsa, vuole nascere, venire al mondo attraverso di me.
Ogni giorno la fatica della destrutturazione del vecchio io che favorisce l’espansione del nuovo perché ogni gesto, ogni parola, ogni pensiero avvenga nella dilatazione del cuore.
Grazie e un abbraccio.
Giuliana
Bella questa riflessione, ci piacerebbe pubblicarla sul prossimo numero di Ellin Selae, la nostra rivista letteraria che esce (su carta) da oltre 20 anni. Se non ha nulla incontrario potrebbe inviarcela! Grazie e complimenti!
Franco
ellin@libero.it
Non condivido l’identificazione tra immaginazione e fantasia: la prima, infatti, come capacità di creare immagini ne può produrre di reali o di irreali, queste ultime frutto di una fantasia, più o meno ‘sfrenata’.
Le immagini reali sono invece riconducibili a quel “lavoro interiore” di cui parla Giuliana, prezioso anche solo per il “grammo di realtà” che ci fa guadagnare (le immagini dei sogni che accompagnano spesso il nostro processo trasformativo, sono -a mio avviso- di questo tipo).
E’ un lavoro faticoso per tutti quello che cerca le tracce di ciò che vuole “venire al mondo attraverso di me”, ma la realtà su cui si fonda (il processo trasformativo di ognuno, appunto) ne giustifica ampiamente l’ impegno!
Grazie a Salvatore per gli spunti di riflessione offerti dal suo ‘post’ e soprattutto a Giuliana per il suo circostanziato e interessante commento, mcarla
Gentile Franco, ho provveduto ad inviarla all’indirizzo email indicato. Ne sono lieto, grazie dell’attenzione. So che la rivista esce su carta, ma vi chiederei, se possibile e anche a mie spese, di riceverne copia. Cordialità.
E’ stata una piacevole scoperta l’intervento di Ellin Selae. Dietro quel nome così strano c’è una piccola Casa Editrice che ha molto in comune con Darsi Pace. Leggendo nel loro sito sono stato colpito da questa affermazione “Un divorzio e una guerra nucleare hanno la stessa origine psicologica”. Lo so, ma ogni volta lo riscopro con sorpresa.
Un caro saluto