Sento tutto in maniera più forte. Me ne sto accorgendo specialmente in quest’ultimo anno: sentimenti come la paura e l’angoscia sono diventati più netti, intensi, a volte anche violenti. Ne ho anche qualche motivo, a guardar bene, ma in fondo la situazione è la stessa già da alcuni anni. Che cosa è cambiato ora?
Credo che il lavoro fatto con DarsiPace stia liberando emozioni antiche, depositate sul fondo del cuore: le risveglia e toglie loro il bavaglio. La paura, per esempio. La paura di essere rifiutata, di sbagliare senza rimedio, di essere perduta, senza scampo.
È una declinazione della mia ferita originaria, ma è scritta così forte nella carne che ora è diventata anche ansia, cuore affossato, respiro corto. È tutto molto fisico e concreto.
O sono io che sto impazzendo, oppure sto mettendo le mani dentro materiale psichico potente, inerte fino ad ora, ma adesso pericolosamente risvegliato. Risvegliato, sì, ma solo per essere finalmente curato, e questo mi dà il coraggio di andare avanti.
Ma come gestire nell’immediato tutto questo?
In uno dei miei momenti di paura mi è venuta alla mente l’immagine di un albergo, stanze buie e polverose, luci basse, moquette consunta. Un posto un po’ sinistro, perfetto per tipi inquieti e inquietanti, proprio come i miei ospiti invisibili.
Allora ho preso la mia paura e l’ho spinta dentro una di queste stanze, e ho messo sulla porta un bel cartello: Stanza della Paura. Chiusa lì dentro non è più così spaventosa, non occupa più tutta la scena.
Ho riempito poi anche altre stanze: una con i miei Pensieri Ossessivi, poi un’altra con gli Attaccamenti Compulsivi a cose e persone. Ce n’é una anche per le mie Esaltazioni Inconsistenti, quando cioè perdo il senso della misura per le impennate del mio ego. Altre stanze sono lì pronte per i prossimi ospiti in arrivo. Non lascio loro invadere e saccheggiare tutto l’hotel, do loro una stanza, e lì dentro devono restare.
Questo albergo immaginario ha fatto affiorare un ricordo della mia adolescenza, una canzone che ascoltavo spesso e cantavo a memoria: Hotel California degli Eagles. L’ho riascoltata e mi è venuta la pelle d’oca. Evoca proprio il luogo spettrale e mellifluo abitato dai miei personalissimi demoni.
www.youtube.com/watch?v=h0G1Ucw5HDg
Ma nella canzone manca una stanza.
È una grande stanza, vuota e odorosa, come appena imbiancata. Le finestre sono aperte e le tende bianchissime e svolazzanti. C’è aria, vento, luminosità e quel senso di gioiosa attesa dei posti nuovi o appena rinnovati. Ci entri dentro e sorridi, e la tua voce risuona più bella. È questa la suite del mio Hotel California, la camera regale, proprio in fondo al corridoio buio. Ormai ho trovato la strada per arrivare fin lì.
Quando ci entro mi metto seduta per terra, a gambe incrociate, e sento il vento che entra e mi scompiglia i capelli, e la luce del sole che mi riscalda il viso. Le pareti risuonano di parole nuove ma non sconosciute, mi sento attesa e mi sembra di udire allegre risate. Qualcuno è lì che mi aspetta. E ritrovo la pace, una pace viva e gioiosa, sempre nuova tutte le volte.
Cara Antonietta,
ritrovo questo intervento quando sto per chiudere il computer: un aggiornamento di Darsi Pace, non posso non andare a vederlo subito. E pian piano che leggo mi si rallegra il cuore: davvero parla di “questo”? Non alte speculazioni (dottrinali o non), no…. Compulsioni, Ossessioni…. Insomma lei non ha … paura di parlare delle paure? Di aprire il cuore, con semplicità e sincerità? E così immediatamente diventa una “cosa mia” – parla di qualcosa che mi riguarda, e di qualcosa molto “concreto” – e seguo con passione e immagino di poter relegare anche i miei personalissimi demoni – quelli che mi fanno soffrire – in una stanza buia. Ma soprattutto di arrivare alla camera regale… e quasi mi sembra diventi possibile.
Nella prima lezione di Marco mi ha completamente coinvolto il suo avvertimento sulle resistenze al cammino, specialmente questa “vi sembrerà di sentirvi troppo sani (questo è un posto per malati!) o troppo malati (questo è un posto per sani!)…”. Perché quanto le mie paure mi inchiodano – lo fanno meno di prima, grazie al cielo, ma lo fanno – la tentazione di sentirsi troppo malato, è forte… Come quando mi sento meglio e subito cerco di dimenticarle, anche – paradossalmente – quella di sentirsi uno che non ha bisogno di essere curato, a cui non serve un cammino. Salvo poi essere assalito di nuovo, in una sconfortante altalena.
Ma ecco, quando vedo che di paure si può parlare, mi rassicuro, vedo come la declinazione pratica di quanto ha detto Marco, sul fatto che – qui – la sofferenza venga presa sul serio, e con delicatezza.
E allora – qui in Darsi Pace – posso forse pensare di nascondermi un po’ di meno. E quindi, di rilassarmi un po’ di più.
Grazie di cuore,
Marco
Bella , originale l’immagine di questo strano albergo un po’ demodé, ma tale da suscitare anche un poco di nostalgia. Mi servo della tua metafora per prepararmi ad affrontare oggi un incontro con una persona con la quale non sono proprio in sintonia. Metterò nelle varie stanze polverose le mie incertezze, i miei timori, la mia paura di fare qualche mossa sbagliata, la mia- auto disistima, ma , con qualche bel respiro, aprirò la stanza spaziosa, trasparente, del coraggio, della curiosità, dell’ottimismo e dell’audacia: andrà tutto bene! Grazie! Mariapia
Condivido pienamente ciò che ha scritto Marco. Questa mattina leggere questo post è stato un bel modo di incominciare la settimana. Le nostre paure hanno bisogno di essere dette, le nostre negatività hanno bisogno di essere riconosciute per poter essere guarite. Questo è ciò che sto imparando in Darsi Pace. Ed è di grande sollievo. Venerdì pomeriggio ho avuto una profonda ed intima conversazione con una grande amica che mi ha permesso di tirare fuori un forte dolore, vecchio di anni, che si è accomodato in me, ha preso la camera della rabbia e non si decide a pagare il conto e ad andarsene. In realtà, sono io che quotidianamente passo a pagare la sua occupazione indebita del mio spirito-hotel e così mi inquina, piena di risentimento. Il fatto però di aver potuto condividere con una vera amica l’abusivismo di cui sono artefice, mi ha aiutata a mollare un po’ la presa.
Sono molto grata a quell’amica che ha saputo porgere orecchio e cuore al mio dolore, che mi aspetta nella stanza ariosa e luminosa della condivisione: il percorso comune in dP ci fa sentire “tutto in maniera più forte” e così ci rende più attenti al dolore altrui.
Grazie Antonietta!
iside
Sto attraversando un periodo denso di rabbia e di paura che cerco a fatica di sciogliere e accogliere.
Pochi minuti fa, aprendo il PC, il post mi ha letteralmente incantato. Mi sono sentita “fisicamente” in quel corridoio, ho percepito piacere immaginando di chiudere in quelle stanze le cose negative. Infine la pace di quella stanza luminosa mi ha riportato alla mia stanza interiore che nella meditazione si trova in fondo al mare.
Grazie di cuore, Antonietta per queste immagini suggestive e concrete.
A tutti un caloroso augurio per la nuova annualita’. Rosaria
L’immagine della camera bianca in cui posso davvero riposare tranquilla, senza essere sopraffatta dalle mie ossessioni e paure che, se pur sempre meno, ancora fanno ogni tanto capolino soprattutto la notte…….insomma quella immagine io la vedo la assaporo al mattino durante la meditazione. È un flash si’ un lampo che svanisce ma c’ è esiste e non è diversa dalla mia camera da cui si vede il bosco la percepisco in quel brevissimo stato di presenza in cui mi sento felice. Quanto vorrei che durasse all’infinito! Invece ritorno nella mia stanza si sempre la stessa ma ora devo correre. ..il lavoro lo stress la corsa giornaliera mi chiama. Quanto è lungo il lavoro per raggiungere la libertà ma sono comunque a buon punto. ..Grazie Antonietta avevo bisogno di questo sfogo, non siamo soli insieme ce la possiamo fare. Un abbraccio Gabriella
Sento tutto in maniera più forte…anche le mie emozioni ad un certo punto del percorso hanno cominciato a liberarsi , è stato come stappare una bottiglia di bollicine e sentirne il botto. La prima volta ho avuto talmente paura che sono fuggita. Non c’era stanza che mi accogliesse, fino a quando, a poco a poco, ho compreso ciò che avveniva e nel mio luogo interiore, silenzioso e pacificato, ho cominciato a liberarmene. Ed è stato bellissimo.
Adesso capisco che più sosto nella ” camera di rigenerazione” più tutto dentro di me fluisce..almeno fino al prossimo sconvolgimento. Grazie Antonietta,le tue dense immagini fanno più luce anche sul mio cammino. Rosanna
Sì! Tutto da un periodo, fa eco in modo così forte e violento che sembra che il corpo non possa reggere l’impatto, che il petto possa squarciarsi sotto la sferza di ciò che da dentro spinge! Il mi Hotel California però, ha tutte le porte e le finestre aperte: non riesco a chiuderle! La disperazione e gli altri sentimenti che mi abitano non devono sfuggire alla mia attenzione: devono essere sempre lì, alla luce del sole e io devo spezzettarli in continuazione fino a che non trovano un senso logico, un motivo del loro essere. Con il lavoro di DP però la ragione sta imparando a cedere! Alla reiterata dinamica del ricevere solo dispiacere e ingratitudine a fronte di un continuo dare con/per amore,sono ri-entrata con particolare sollecitudine nell’Unica Stanza dove muoiono i pensieri e trovo pace,perchè qui c’E’ Chi da senso al mio essere , alle mie emozioni e ai miei gesti, solo da Lui compresi e per Il Quale vale la pena continuare…….
Un abbraccio a tutti e grazie Antonietta per tutto quello che ci hai trasmesso e mosso con le tue parole e immagini. Maria Rosaria
Cara Antonietta,
sto ultimato l’ultima parte del quinto intensivo dell’approfondimento uno e sono ancora piuttosto sconvolta.
In questo stato d’animo un po’ precario (che per grazia di Dio non è la norma) vivo, gusto e condivido con te l’amplificazione della risonanza interiore delle mie distorsioni e mi pongo in ascolto, magari a qualcuno passa per la testa l’ispirazione di rivolgermi le parole indicate nel salmo 102.
“Io contribuisco a procreare due tipi di legami distorti
quello depressivo: “non c’è speranza alcuna” lasciando coloro che mi sono affidati pregni della stessa impotenza senza via di scampo.
L’altro male è analogo anche se apparentemente contrario:
affermo egoicamente il mio diritto di sopravvivenza, lottando e separandomi dall’altro, restando ancora una volta “soli”; e da soli non si procrea vita, da soli si muore.
Questa radicale impotenza, la vivo come il peccato che di generazione in generazione ho ricevuto e trasmesso, quello nel quale, nella preghiera dei figli di Dio, chiedo: “Togli il mio peccato dal mondo”.
Eppure ancora non ho la forza di permanere in relazione contemporaneamente con il tutto:
con il Dio che mi guarisce e con il fratello che mi ferisce, sento ancora troppo dolore anche se calde lacrime di consolazione mi lavano l’anima.
So che esiste la luminosa camera nuziale, io stessa ne ho goduto e fatta esperienza, ciò nonostante quando vado a rimestar nel torbido, non sempre il raggio che illumina le mie tenebre mi sposta direttamente in quello stato.
“Chi vuole conoscere la vera letizia deve essere capace di curare un cuore triste con le lacrime.”
aforisma di Vratislav Štovíček
Con gratitudine e affetto, ti abbraccio e ciao
Rosella
voglio testimoniarvi che grazie a DP e alla pratica meditativa ho ripreso contatto con i miei sentimenti, che da tantissimo tempo cercavo di negare e sopprimere , è un esperienza a volte molto dolorosa e disturbante, ma necessaria per riprendere contatto con la realtà della mia ferita profonda, esperienza che ho provato la prima volta dopo un esercizio di auto-conoscimento. Piangere, provare profonda tristezza e disperazione , sentirmi messo a nudo in un estremo bisogno psico- fisico di amore, all’inizio era sconcertante. Dopo un anno ho capito che il lavoro che che facciamo và nella giusta direzione , finalmente credo di aver ho rotto in qualche punto la corazza dell ‘ego e delle sue illusioni ,ho iniziato un dialogo con la parte profonda della mia anima , la parte di me sconosciuto e che negavo,da cui mi ero alienato che annullata e repressa premeva pericolosamente per emergere. Questo mi riempie di gioia ,questo mi dà forza per andare a avanti , insieme al fatto che approfondendo la pratica a volte sento fiotti di straordinaria energia , profonda pace , fede nella Vita , come non mi era mai successo prima. Bisogna perseverare , certo è un lavoro lungo , faticoso , ma è straordinario e profondamente liberante. Riagganciandomi alla canzone, credo che alla fine dobbiamo proprio abbandonare l’Hotel California , e rompere l’oscuro incantesimo che tiene relegati i suoi ospiti smarriti nelle sue stanze. (..you can check out any time you like but you can never leave…)
Carissimi, l’ascolto acuisce le percezioni, è ovvio; così come l’abbandono interiore ci consente di ascoltare i più minuti fruscii e moti interiori. Questa sensibilità crescente, a volte dolorosa, ci aiuta però a prenderci cura di ciò che prima, nell’inconsapevolezza e nella insensibilità, neppure percepivamo come male e sofferenza.
La consapevolezza insomma mette tutto il nostro essere in comunicazione, in un certo senso apre tutte le porte delle stanze interiori. Antonietta ha creato come una topografia dell’anima, ha individuato le stanze emotive. Pian piano la consapevolezza diviene sempre più unitaria, apre progressivamente tutte le porte, anzi ne mostra l’illusorietà, e lascia che tutte le sostanze, dure o morbide, oscure o trasparenti, si mescolino:
si mescolino per farsi perdonare, e cioè riamalgamare mischiandosi.
Fu infatti una loro separazione errata, una loro scorretta frammentazione che ci ha posti in situazioni scisse e dolorose.
Lasciamo perciò che il Grande Cuoco mescoli con forza tutta la nostra sostanza, e così la rende tutta buona da gustare….
Un abbraccio. Marco
Quando ho scritto questo post non pensavo di mandarlo alla redazione.
Serviva più che altro a me, ma non volevo espormi qui in questo modo.
Poi però, dopo aver lasciato passare un po’ di tempo, l’ho inviato perché tutto questo è reale e credo possa essere condiviso. In questo i vostri commenti mi hanno molto rincuorato.
Il lavoro fatto nei corsi a volte tira fuori cose dolorose, ma così come è reale il dolore, altrettanto reale è il sollievo della cura, e la gioia dei grammi di peso che un po’ alla volta lasciamo andare.
Ringrazio Marco Guzzi per aver rimesso in ordine tutte le nostre suggestioni, ricordandoci che quello che ci abita, anche le cose meno presentabili, possono essere sciolte e cucinate, perdonate e trasformate. Per diventare persone più integre e quindi più felici.
Grazie a tutti!
Antonietta
Che bello Antonietta, quanta freschezza in quella camera bianca!
…e fare una nuova ‘composta’ di tutto ciò che c’è nelle varie stanze mi sembra un’ immagine efficacissima del lavoro a cui siamo chiamati (mia nonna diceva che in cucina non si deve sprecare nulla, perché tutto può essere riutilizzato e servito nuovamente!), ciao a tutti, mcarla