Situazioni vissute in questi mesi hanno spalancato con violenza la porta della mia ferita; esperienza dolorosa ma salutare per scoprire che la ferita, ben difesa da strati di maschere, era ancora lì, aperta, purulenta, sanguinante.
La tentazione di richiudere immediatamente la porta è stata forte, fortissima. Il mio ego, terrorizzato, desiderava solo fuggire, riportarmi nella maschera della mia ordinaria alienazione, ma una voce dentro mi invitava a restare, ad abbandonarmi senza riserve nel baratro.
Conosciamo tutti il dolore di una ferita che viene scoperta per medicarla, sappiamo che la cura passa attraverso quel dolore. L’ego non accetta di scoprire la ferita, perché vede crollare il suo fondamento, il suo mondo di illusioni. Nel luogo della ferita l’ego si sente perduto, disperato, vuole solo fuggire dall’insopportabile dolore del suo annientamento.
Le situazioni vissute in questi mesi sono state l’occasione favorevole che la Vita mi ha dato per toccare il mio punto di scissione, la mia personale separazione dalla Vita, l’origine del mio assetto egocentrato: esperienza drammatica ma salutare.
Tutta l’esistenza umana si struttura sulla fuga dall’insopportabile dolore della ferita a difesa della quale abbiamo innalzato ogni sorta di barriere: quando queste, per eventi traumatici, crollano, ci troviamo di colpo lì, davanti la nostra nuda verità.
Disperata solitudine, impotenza totale, questo il vissuto nel luogo della mia scissione dalla Vita: angoscia mortale, terrore di annientamento; mi vedo sola, avvolta nella nebbia, in una palude fangosa che mi inghiotte.
Come rimanere in contatto con questo dolore disperato? Come accettare di lasciarlo parlare, di farmi prendere per mano e lasciarmi portare?
Come resistere alla tentazione di fuggire attivando le note strategie di sopravvivenza dell’ego?
Una voce dentro mi invita a restare……. a non avere paura….. a fidarmi…… mi dice che l’abisso è solo passaggio….. verso un oltre…… e…… canta……canta ….canta……. Alleluia!
Capisco che l’oltre è la Relazione, la riconnessione alla Fonte, al Principio!
Dall’abisso della mia nudità grido: Salvami Signore! vieni presto in mio aiuto!
“Salvami o Dio, l’acqua mi giunge alla gola.
Sono sfinito dal gridare.
Affondo nel fango e non ho sostegno;
sono caduto in acque profonde
e l’onda mi travolge.
Salvami dal fango, che io non affondi,
liberami dai miei nemici
e dalle acque profonde” (Salmo 68)
Comprendo che solo toccando questo abisso posso davvero pregare, che solo dal luogo della ferita posso fare esperienza personale di essere salvata: il luogo della ferita diventa allora per me luogo di grazia.
Esperienze catastrofiche per l’ego si stanno verificando un po’per tutti, siamo tutti in grande travaglio. Il progetto di onnipotenza dell’ego si sta rovesciando in un senso di totale impotenza, di fallimento a tutti i livelli. Oscilliamo continuamente tra l’illusione dell’onnipotenza e la disperazione dell’impotenza, e la depressione dilaga come anche le esplosioni di improvvisa, inaudita violenza. Tutto in noi e intorno a noi dice: non c’è proprio niente da fare!
Il nostro tempo è apocalittico: ci rivela che il tempo dell’Ego, tempo di illusioni, travestimenti e menzogne, è compiuto e ci spinge a passare oltre, ad attraversare il ponte e raggiungere l’altra riva.
La Vita ci sta portando a tutta velocità verso la dimensione della Tutt’Unità; quanto più ci opponiamo al processo, facciamo resistenza, tanto più il travaglio è sofferto, ma la Nuova Vita che vuole nascere in noi non consente rinvii e continua a presentarci situazioni sempre più insostenibili per l’ego, perché ridotto al silenzio muoia.
Tutti i grandi problemi del nostro tempo possono ricondursi a questa dinamica della Vita che vuole espandersi in noi, ma gli altoparlanti del mondo si perdono nella ‘chiacchiera’ lasciando milioni di donne e uomini patire un travaglio dolorosissimo senza comprenderne il senso.
Più che mai oggi c’è bisogno di dare senso al travaglio; c’è bisogno di sale parto: luoghi in cui le persone possano essere accolte e assistite, accompagnate alla nascita, luoghi in cui aiutare l’ego morente a morire e la relazionalità infinita nascente a nascere; luoghi in cui scoprire cosa è in mio potere di fare, il mio potere creativo.
Nei gruppi Darsi Pace sto imparando con fatica, ma anche con libertà e gioia crescente, a nascere, a leggere i segni del mio travaglio, a lasciar andare le resistenze che rendono più doloroso il mio parto, a condividere con altri la gioia della nascita e l’espressione di una nuova creatività.
Per chi vuol fare esperienza di ciò che avviene nella sala parto di Darsi Pace l’appuntamento è domenica 9 novembre alle ore 10 nell’aula Zatti dell’Ateneo Salesiano di Roma.
Vi aspettiamo numerosi!
Grazie Giovanna, finalmente! Questo tuo post mi tocca, mi interpella profondamente. Spesso tornavo al tuo post del 2012 “Il tempo favorevole”, e questo post ne è come un approfondimento.
“Una voce dentro mi invita a restare……. a non avere paura….. a fidarmi…… mi dice che l’abisso è solo passaggio….. verso un oltre…… e…… canta……canta ….canta……. Alleluia!”.
Anch’io sento questa voce che mi invita a restare. Sento di poter dire che l’inferno è nella speranza. Ti abbraccio, paolo
Cara Giovanna
voglio ringraziarti per questo bellissimo documento dove sinteticamente,semplicemente ci ricordi i passaggi ego-catastrofici-ricomincianti che tutti prima o poi affrontiamo.
E voglio ringraziarti per la vicinanza affettuosa e discreta in questi tempi per me così tetri e senza speranza.
con affetto ,
Davide
“il luogo della ferita diventa allora per me luogo di grazia”
Solo toccando questo abisso posso davvero pregare. Anch’io comincio a comprenderlo.
Grazie Giovanna e un abbraccio.
Giuliana
Cara Giovanna,
oltre al testo scritto del tuo post, mi piace molto l ‘immagine visiva che hai scelto, perché comprendiamo la dinamica tra tunnel di disperazione e aiuto divino.
Quel Cristo che si sporge in giù per ritrovarci e porgerci la mano è impagabile! Dove l’hai trovata, è di un autore contemporaneo? Grazie! Mariapia
“Capisco che l’oltre è la Relazione, la riconnessione alla Fonte, al Principio!”…
Sento in me la risonanza di questa tua viva espressione. Ogni pratica meditativa, ogni pratica di autoconoscimento mi conduce a comprendere, ad essere un po’ più consapevole che è solo nell’esperienza viva di ritornare al Principio la possibilità di attingere alla Fonte del Pensiero che mi ri-forma con nuovamente.
Comprendo che lasciarmi riformare dal Principio Creatore è azione concreta se il mio abbandono è davvero fiducioso, reale e sempre più profondo.
Grazie per averci resi partecipi di questa tua esperienza e di avercene fatto dono.
Ti abbraccio. Vanna
Niente di più vero: “solo toccando l’abisso posso pregare veramente” e, aggiungerei, rincontrarmi con Lui, Che dopo ogni attraversamento dona un “Pezzetto” di Sè e diventa sempre più Parte Integrante del nostro essere. Ci dona così al contempo la gioia di poterLo conoscere nella Sua Interezza: per me fino a ieri Era Forza Rigeneratrice. Oggi E’ anche Salvatore!
Giovanna grazie per averci fatto dono con la tua semplice profondità, della tua esperienza. A te e a tutti un abbraccio caro Maria Rosaria
Stare tutti interi dentro al proprio dolore, fisico o di altro tipo, è proprio una cosa contro natura.
L’ha ricordato anche Marco Guzzi nell’ultimo intensivo dell’approfondimento 1: tutta la vita spirituale è contro natura, cioè contro le leggi della sopravvivenza su questa terra, che dicono di scappare davanti al pericolo, di nascondersi.
Mi viene in mente Adamo ed Eva che si nascondono nel racconto della Genesi, si vergognano di mostrarsi a Dio come sono veramente.
Comprendere che questa impotenza radicale é la nostra condizione più autentica, che siamo veramente perduti, è una medicina spietata.
Però ho sperimentato anch’io che rimanere in quei luoghi bui con il solo grido della preghiera può essere veramente una cura. Il dolore non sempre viene alleviato, le cose a volte non si risolvono, ma cadono tante nostre costruzioni. E da lì, da quel punto morto, qualcosa di nuovo può nascere.
Grazie Giovanna per questa intensa condivisione
Antonietta
Come ci dice sempre Marco……”Noi lavoriamo sul nostro vissuto! Non ci è dato di sapere la realtà quale è stata veramente, ma di sicuro noi abbiamo vissuto quel momento della nostra vita, quella relazione così, con tutta la sofferenza possibile! E la ferita è dentro di noi……ma la bella notizia è che si può lenire e dall’abisso si risale.
Parole forti quelle di Giovanna dettate dall’esperienza di un cammino non facile ma sentito nel profondo! Grazie per questo contributo e per il bellissimo Salmo 68 che non ricordavo Gabriella
Carissimi, grazie delle vostre risonanze, leggo solo ora i vostri interventi grazie alla disponibilità di Liliana che mi sta consentendo di usare la sua connessione Internet: da ieri sono isolata e non riesco ad avere assistenza tecnica per riattivare la connessione. Scusatemi, rispondo telegraficamente.
@Paolo: grazie, non ricordavo di aver scritto quel post (la mia memoria vacilla), sono andata a cercarlo (a chi interessa questo il link: http: //www.darsipace.it/2012/02/23/3423) e davvero il tema è lo stesso. Sono felice che la Voce/Luce Gentile, continua ad accompagnarti, a darti il coraggio di rimanere nel luogo della ferita, della verità.
@Davide: grazie a te per il coraggio di dirti sempre nella verità, di non nascondere il tuo dolore. Stai attraversando una prova durissima e non cedi alla tentazione di fuggire nella maschera. Imparo molto da te.
@Mariapia: ho trovato la foto cercando su internet foto su ‘discesa agli inferi’, appena possibile ti invio il link.
@grazie Antonietta per aver richiamato il racconto della Genesi: la vergogna della ferita nasce da una colpa antica, ci porta a nasconderla, a nasconderci/mascherarci. Solo quando accettiamo di abitare quel luogo possiamo fare esperienza di salvezza.
@Giuliana, Vanna, Maria Rosaria, Gabriella: grazie dei vostri interventi, un grande dono.
Com’è bello sentire di non camminare soli nelle tenebre, di aver dei meravigliosi compagni di viaggio con i quali condividere le fatiche e la gioia del percorso. Ancora grazie a ciascuno di voi e a chi guida la cordata.
Un grande abbraccio a tutti e a ciascuno singolarmente. Giovanna
Dante non può arrivare altrimenti in Paradiso se non attraversando l’Inferno, il punto più profondo della Terra