Un’autobomba esplode a Baghdad. Isis crocifigge i cristiani in Iraq. Mitragliatrici obliterano corpi in Siria. Cambio canale. In fondo mi trovo a 4.000 km di distanza e non ho niente a che fare con degli psicopatici che commettono le peggiori atrocità contro persone inermi.
Ma veramente posso dire che la cosa non mi riguardi?
Basterebbero poche ore di volo per essere catapultata dentro quell’inferno. Basterebbero poche ore di volo perché un jihadista decidesse di convertire la mia tranquilla vita di provincia gettandola nel caos. Un senso di paura si fa strada mettendo a repentaglio la mia distanza di sicurezza. E più ci penso, più il senso di precarietà prende la forma dell’angoscia: e se la guerra arrivasse anche qui? Perché questi criminali non capiscono che tutti gli altri vogliono la pace? Io voglio la pace! – urla il mio ego. La mia mente ronza roboante come un alveare: piena di emozioni che vanno e vengono, qualche scontro tra sentimenti contrastanti, frustrazione per non capire cosa stia succedendo dentro e fuori di me.
Forse qui sta il punto: ho soltanto proiettato all’esterno ciò che sta capitando dentro di me. Per costruire pace occorre innanzitutto rappacificare i propri moti turbolenti, le proprie insurrezioni emotive. I brutti e cattivi a 4.000 km sono soltanto le immagini nello specchio dei tanti piccoli e grandi Mr. Hyde che mi abitano.
I miei Mr. Hyde chiedono spazio, vogliono la parola, protestano per il lungo silenzio in camera oscura in cui li ho costretti. È tempo di dare loro un po’ di luce. Fanno rumore, non si sanno comportare con belle maniere, nessuno gliele ha insegnate. Eppure hanno tante cose da dirmi proprio su di me, sulla possibilità di liberarmi dai mostri per riassumere una fisionomia più umana. Se mollo un po’ la presa, se mi concedo un po’ più di indulgenza con me stessa, posso vedere anche gli altri con un po’ più di indulgenza e le frecce del giudizio spietato e tagliente si smussano.
Il lavoro su di me allora allarga il suo raggio, non è più soltanto una cosa privata. Piano piano posso sperare di trovare il coraggio di uscire dal guscio, di tendere la mano, magari con la timidezza che mi impaccia, ma con la certezza che quella presa di posizione per la trasformazione di sé la rende sovrabbondante e non può che avere conseguenze politiche, letteralmente, sulla dimensione dello stare insieme.
Perciò posso scoprire una relazionalità rinnovata, che non riesce più ad accontentarsi di una superficiale giustapposizione di corpi, ma che ha bisogno di affondare nello Spirito per ritrovare una comune appartenenza al genere umano che travalichi ogni determinazione identitaria e mi permetta una solidarietà di specie, che i cristiani chiamano fratellanza, e che basta a se stessa per costruire un mondo rappacificato.
In “Darsi Pace” impariamo che questo è un lavoro ormai improrogabile eppure lento, necessario eppure senza alcuna pretesa di risultato immediato. “Ma qui intanto si muore!” – mi ricorda l’impaziente diavoletto che c’è in me. Un altro scivolone nella tentazione dell’efficientissimo agire, del delirio di onnipotenza del tipo “attenti, fate largo, adesso salvo il mondo!”
Invece no. Crescere vuole anche dire accettare la frustrazione che non si può avere tutto e subito e nonostante questo perseverare nella persuasione che ciò che accade dentro di sé ha a che fare con ciò che accade nel mondo. Allora diventa più facile cogliere le occasioni per fare la propria parte, per quanto piccola sia, in modo più sereno, accogliendo la propria limitatezza non come difetto, ma come il proprio dell’umano stare al mondo. Infatti, non mi è chiesto di salvare il mondo, ma di essere motivo di speranza per la fetta di mondo che abito.
cara Iside
io penso che mi sia chiesto di collaborare a salvare il mondo e che il punto in essere consista proprio nel “come farlo personalmente” e qui faccio mie le tue parole conclusive “essere motivo di speranza per la fetta di mondo che abito.” –
Oggi noi abitiamo il nostro microcosmo sociale ma anche la globalità del mondo e lo facciamo contemporaneamente.
In questo momento dalla mia camera condivido nella relazione con te “il frutto della mia trasformazione interiore” in un tentativo culturale.
Quel che a me pare importante è la testimonianza consapevole della sintesi incarnata dell’ evoluzione interiore con l’azione esteriore che concretizzi la trasformazione, magari piccola, piccolissima, ma incarnata nel corpo del mondo.
Ciao, ci sono altre cose che m’intrigano nel tuo post e forse … .
Un abbraccio e tanti auguri per una pienezza di pace in te e per i tuoi cari.
Rosella
Cara Iside! Condivido in pieno quanto hai scritto, sento utile far risuonare in me soprattutto la conclusione del tuo post.
Il mio ego si attorciglia nella fretta e impazienza, rinforzato anche da molti discorsi e domande banali di persone che vorrebbero risvegliarsi domani, senza fatica, in un mondo diverso.
Rousseau scriveva che l’arte di educare è l’arte di perdere tempo, così voglio essere impegnata a tirar fuori da me stessa il meglio, nella calma tranquilla dei tempi lunghi! Ne va della mia vita e di quella delle persona a me care. Mariapia
Vogliamo che in questa nostra società,
dilaniata da divisioni e da conflitti,
scoppi la pace.
Cara Iside,
Queste parole di Papa Francesco – le lessi alcuni mesi fa – suscitarono in me due sentimenti: uno di grande commozione e l’altro di gioia. Che la pace potesse “scoppiare” allo stesso modo che scoppiano i contrasti e le guerre, era stata per me una bella notizia.
Perché scoppi la pace (simpatico ossimoro) posso – personalmente – “covare” la pace, tenerla sempre al caldo, protetta dai venti dei pensieri e sentimenti turbolenti, contrastanti e sempre stancanti che a volte hanno la forza di scoraggiare – vanno in automatico, senza avvisarmi!… e quando mi accorgo che hanno monopolizzato la mia attenzione son passati diversi quarti d’ora… Pazienza! Ricominciamo!
Sto scoprendo la meditazione come uno di quegli spazi di vita in cui la Pace può scoppiare, silenziosa, ma “potente”!
Credo che ogni “grammo” di pace liberata dal cuore dell’uomo non rimanga senza effetto…
Elisabetta
Una delle difficoltà che io incontro è propria quella della connessione tra dentro e fuori, cioè tra il mio lavoro interiore e il resto del mondo, compreso quello più prossimo e familiare.
Il “fuori” continua a seguire i suoi ritmi impazziti, che per me diventano sempre più assurdi, insostenibili, e spesso mi sento irritata, lontana, tagliata fuori.
Invece l’incomprensione e la paura di ciò che accade fuori è anche un riflesso di ciò che ancora devo sciogliere dentro.
Anch’io, come ha scritto Elisabetta, non vedo altra via d’uscita che quella propria della meditazione. Anche quando non siamo nella pratica meditativa vera e propria possiamo riconoscere, accogliere e lasciare andare. Cioè provare a non legarci in modo automatico ai sentimenti di paura e impotenza, ma farci attraversare tenendoci saldi alle nostre zone interiori più pacificate e sanate. Da lì a volte nascono idee, spunti concreti che ci aprono e ci fanno agire come persone di speranza.
Usare questa bussola interiore (come la bella immagine scelta per il post) per me è tanto difficile, ma quando ci riesco mi sembra che anche i piccoli gesti quotidiani assumano una grande forza, una potenza invisibile ma reale, che va ben oltre i risultati immediati.
Spero tanto che sia così……
Antonietta
…riappropriarci dei nostri tempi, del NOSTRO tempo, penso stia diventando per tutti noi qualcosa di essenziale ( è davvero da pazzi pensare che avere il cosiddetto “tempo da perdere” sia ormai diventato un lusso…purtroppo però è questa la ‘cifra’ di oggi).
Condivido in pieno le vostre osservazioni! mcarla
Nel leggere i nostri post e i nostri commenti in questo blog provo una sensazione di tenerezza salirmi da dentro, per me stessa e per tutti coloro che condividono qui, a qualunque livello, più o meno esplicito, le loro fatiche a tenere l’orientamento. E stiamo facendo del nostro meglio, abbiamo il coraggio di metterci in gioco e ci dichiariamo a vicenda le nostre conquiste e i nostri fallimenti. Credo che questo sia l’unico modo che ci è dato di essere umani.
Un abbraccio affettuoso
iside