Con il cammino intrapreso nei gruppi “Darsi pace” ho avuto modo di comprendere meglio il significato recondito delle “emozioni”, quel magma emotivo generato spesso da eventi circoscritti e di durata limitata ma che condiziona continuamente la nostra vita ordinaria.
In particolar modo è stato per me fondamentale capire come gestire il rapporto con le emozioni, riconoscendole, ascoltandole, osservandole.
Il primo passo è dare un nome a questi stati d’animo.
Spesso, durante il lavoro nei gruppi, alla domanda di Marco: “ Quale emozione senti che emerge in questo momento?” rispondevamo tutti con frasi complicate e contorte.
L’emozione è un nome preciso.
Sono poche e possiamo distinguerle in positive e salutari tra cui gioia, serenità, fiducia, senso di pace, sorpresa, gratitudine e in negative quali tristezza, rabbia, amarezza, sofferenza, paura.
Certo non sempre è facile riconoscere l’emozione che ci abita in momenti particolari della nostra esistenza, magari quando siamo attaccati o feriti; spesso abbiamo paura anche di nominarla, ci sentiamo in un certo senso vulnerabili.
L’essere umano poi ha una certa propensione per le emozioni negative, rendono bene tale verità le parole di Schopenhauer secondo cui non sentiamo mai davvero la salute complessiva del nostro corpo (il positivo), ma solo il punto dove la scarpa duole (il negativo). Quanto è vero!
E’ bene quindi tendere maggiormente a coltivare le emozioni positive, ma con la consapevolezza che anche una condizione positiva, se diventa attaccamento, può vanificare l’effetto benefico.
Cerco di spiegare meglio con un esempio: vi sarà capitato di vivere un momento di grande gioia ed euforia, magari avendo appena raggiunto un luogo di vacanza, è naturale! Ma dopo i primi istanti ecco che spesso ci assale un lieve senso di frustrazione mista ad ansia……come se consideriamo quella situazione troppo per noi o comunque pensiamo che finirà presto.
Come possiamo gestire tali emozioni nel giusto modo?
“Posso godere gratuitamente senza ansia quell’istante gioioso, finchè vuole rimanere, apprezzandolo comunque come un dono”.
“Sento che cresce in me un moto di rabbia, ma io non sono la rabbia, posso osservarla, accoglierla questa rabbia, lenirla e lasciarla andare”.
La pratica di consapevolezza acquisita con la meditazione e gli esercizi psicologici che in questi anni Marco ci ha insegnato, possono aiutarci ad incontrare e riconoscere le nostre emozioni in ogni situazione senza esserne sopraffatti, senza cioè identificarci in esse.
Nel manuale “Darsi pace” a pag. 103 Marco illustra in modo chiaro che l’approccio al nostro stato emozionale dovrebbe essere sciolto, fluido e che le emozioni in realtà sono fumi:
“Lasciamo che queste emozioni si sciolgano sotto il nostro sguardo accogliente. Sentiamole defluire. Sciogliersi e defluire. Più le accogliamo, senza resistere, più ne penetriamo l’apparente compattezza, e più defluiscono, mostrando la loro natura di fumi. I fumi vanno in fumo, sfumano perché non li tratteniamo”.
Il lavoro non finisce mai, ma se perseveriamo con fiducia e con pazienza impariamo a indebolire ogni attaccamento ed ogni avversione verso le situazioni.
Le emozioni negative, la reattività e lo spirito giudicante potranno certamente tornare ma con meno presa a vantaggio nostro e delle persone che ci vivono accanto.
Bel post. Leggendo il manuale, ripassando sulle prime pagine, sono stato colpito qualche giorno fa dal titoletto che Marco assegna ad uno dei primissimi paragrafi, “Ripartiamo dalle emozioni”. Con puro spirito sperimentale (da scienziato lo apprezzo moltissimo) e grande umiltà, ci insegna questo possibile percorso. E non si parte da una dottrina, da un sistema di pensiero, da una serie di “verità” (dietro le quali spesso nascondiamo le nostre nevrosi e le nostre paure), ma da ciò che ci definisce, ci fa uomini: le emozioni. Da incontrare, da imparare ad incontrare. Per me che sono all’inizio della prima annualità di DP, una sfida, difficile ma bella. Per tutti, credo.
Sì, anche per me è una sfida faticosa, ma bella.
Contattare le emozioni, nominarle, precisarle, stare dentro a ciò che si muove in me, imparare ad andare sempre più giù rende molto concreto il lavoro spirituale.
In questo profondo ascolto posso osservare con maggiore lucidità che tutta la mia struttura difensiva è stata costruita e continua a costruirsi su strati di paura che imparo a riconoscere fino a quel punto in cui la paura è disperazione, infinita tristezza, profonda solitudine.
La cosa bella in questa discesa speleologica è scoprire che l’abisso è attraversabile, l’essere umano è più profondo di questo abisso di disperazione.
E’ molto importante essere sintonizzati con le emozioni altrimenti la vita spirituale è solo chiacchiera o addirittura una modalità di difendersi dell’ego.
Grazie Gabriella per avercelo ricordato.
Ti abbraccio, Giuliana.
“Posso godere gratuitamente senza ansia quell’ istante gioioso, finché vuole rimanere, apprezzandolo comunque come un dono”
Percepisco quel particolare tipo di ansia che accompagna la gioia, ma non l’avevo ancora ben capita, non capivo che era un attaccamento, una pretesa.
Grazie.
Cara Gabriella,
grazie il tuo post cade a pennello.
Ho aperto il computer proprio in un momento di grande angoscia e insicurezza, e tu mi hai ricordato che io non sono l’angoscia, appunto ma che quello è solo uno stato che a seconda delle situazioni mi assale.
Posso però fermar
mi un momento e piano piano lasciarlo andare……….
Grazie Gabriella del tuo post, cade a pennello. Ho aperto il computer in questo momento di grande angoscia e insicurezza e tu mi hai ricordato l’insegnamento di Marco. Io non sono l’angoscia, posso vederla come uno stato che spesso mi assale, ma posso appunto osservarla cercando il distacco e piano piano lasciarla andare………e raggiungere nuovamente la quiete.
Questo è il nostro lavoro anche……
Un abbraccio a tutti
Francesca
Divenire consapevole di avere paura delle mie emozioni è stato per me un segnavia per assumere con maggiore determinazione il metodo proposto nei corsi di Darsi Pace. E’ avvenuto in un momento centrale del percorso segnando una vera svolta per intraprendere con maggior coraggio gli esercizi di autoconoscimento psicologici che fino a quel momento tenevo a giusta distanza con tutte le belle scusanti o interpretazioni per tenere tutto sotto controllo…
Un passaggio preciso, determinante e sempre più incisivo per individuare in me quanto la paura sia l’assetto fondante del mio stato egocentrato. Divenire consapevole che il lavoro di autoconoscimento psicologico, integrato con la pratica meditativa, mi permette di scendere sempre più profondamente negli strati complessi e variegati della paura per conoscerne gli effetti in tutte le sue sfumature, riconoscere la “forma” dei miei pensieri, quali conseguenze crea nella relazione con il mondo è un bellissimo lavoro!
Collaborare per disostruire, per liberare, per portare alla luce ciò che ostacola lo sento fondamentale per la mia trasformazione interiore e sento profondamente il “dono” che ricevo nel momento in cui invoco l’aiuto e mi abbandono confidando nel Dio della Vita.
Grazie Gabriella per avermi dato opportunità di riflessione. Vanna
Vi ringrazio cari amici per il vostro contributo, è davvero rigenerante poter essere di aiuto o consolazione con il proprio pensiero! Certo affrontare le nostre emozioni come dite voi è una sfida, non certo facile, ma sicuramente liberante se vi mettiamo l’impegno e la fiducia. Un abbraccio Gabriella
Affrontare gli esercizi di auto conoscimento è una gran bella fatica, ma ne vale la pena!!!
Quante volte però scappo via , lascio il lavoro a metà.. quando sento che duole . che salgono emozioni che mi fanno male anche fisicamente….sento il groppo alla gola che mi stringe..osservo meglio ma f accio molta fatica a credere che proprio in me ci siano tante emozioni malvage .Poi però da brava bambina- alunna sento il dovere di terminare l’esercizio …..
Ma ora basta! sento l’urgenza di Ricominciare, affrontare , guardare,osservare .condividere….
chiedo aiuto, coraggio,….le parole di un salmo mi risuonano” Confida nel Signore e fa il bene, il Signore rende sicuri i passi dell’uomo e si compiace della sua via…”
Con passo deciso riprendo l’esercizio, torno sui miei passi….più attenta
Prendo contatto con le emozioni, le lascio salire, le osservo, cerco di dare il vero nome e sotto la rabbia…sento odio, provo invidia . Se resto in contatto emotivamente sento altre malignità menzogna, ipocrisia voglia di vendetta ostilità avversione rancore me ne vergogno ,non vorrei credere che vivano in me …eppure……anch’io…” anche noi un tempo eravamo corrotti, schiavi di ogni sorta di passioni, vivendo nella malvagità e nell’invidia. odiosi e odiandoci a vicenda” S.Paolo a Tito.
Integro con la meditazione i vari passaggi e solo allora riesco meglio a osservare come su qs paure si sono consolidate le mie difese , le mie strategie difensive…….e quanto male fanno a me e agli altri…!.quanto il mio fare per gli altri era strategico!!
ma …”Egli ci ha salvati non per le opere giuste da noi compiute, ma per la sua misericordia, con un’acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo che Dio ha effuso su di noi in abbondanza, per mezzo di Cristo nostro Salvatore….”(Tt3,1-7)
Ora nel profondo sento sollievo non devo fare in quel modo, sento incoraggiamento,fiducia e il groppo alla gola si è sciolto. mi sento libera e leggera…aperta ,meno cieca più sicura e posso collaborare per rimuovere gli ostacoli,spezzare le catene,sciogliere le rigidità, accorciare le distanze ,nelle relazioni ristabilire i contatti…anche con i lebbrosi……torno indietro e Ringrazio!!!!!Irenilde
Grazie a te Irenilde per aver condiviso in modo così forte. Hai descritto molto bene lo stato emotivo di chi si osserva nel profondo.
L’attenzione su se stessi deve comunque essere benevola e non giudicante (se pur comprendo il sentimento di vergogna); noi lasciamo emergere quella parte di noi fragile che va compresa, accolta e curata. Sperimentare il sollievo alla fine (come è successo a te) è davvero un toccasana per la nostra mente sofferente. Ti abbraccio Gabri