Pubblichiamo il video in cui Marco Guzzi commenta l’inizio del quarto capitolo del Vangelo di Giovanni (Gv 4, 5-42).
Il brano narra l’incontro di Gesù con la donna samaritana.
A pochi giorni dalla festività di Cristo Re, l’interrogativo che, nei vangeli sinottici, Gesù stesso pone ai discepoli: “Chi dite che io sia?”, continua a risuonare come una forte provocazione e a trovare nel dialogo con la straniera una risposta che troppo spesso è sembrata scandalosa (“So che deve venire il Messia chiamato Cristo: quando egli verrà, ci annuncerà ogni cosa”. Le dice Gesù: “Sono io, che ti parlo”).
Oggi questo scandalo chiede di essere accolto e vissuto in modo non escludente, in modo da non ricreare inutili conflitti, né scivolare in tentazioni fondamentalistiche, ma al contempo necessita che sia fedele a ciò che Cristo dice di sé.
La riflessione è avvenuta nell’ambito dell’incontro comune dei Gruppi Darsi pace che si è svolto a Roma il 5 aprile 2014.
Buona visione e buon ascolto!
Il botta e risposta di Gesù con la samaritana mi dice la bellezza della spiritualità cristiana che non culmina nel silenzio, ma nel dialogo d’amore con Dio dal quale ricevo parole che mi consolano, mi incoraggiano, mi trasformano.
Gesù è nella mia inquietudine, nella mia insoddisfazione, nelle mia sete di pienezza di vita e come alla samaritana mi dice:
“Credimi donna
questo è il momento”
Fare spazio a questa voce è esperienza sconvolgente e commovente.
Cristo entra nella carne dell’uomo e del mondo per sanarlo da dentro.
Per questo mi affascina e mi convince.
Grazie Marco per aiutarci a prendere consapevolezza del dinamismo messianico operante nelle nostre biografie e nella storia.
Un abbraccio.
Giuliana
Grazie a te, Giuliana, oggi la cosa più difficile è proprio riaccostarci al mistero di Cristo con libertà e freschezza.
Si tratta di scrostare molti strati di storia. Specialmente per chi appartenga a popoli di antica tradizione cristiana.
D’altronde l’uso libero di ciò che ci è più proprio è il compito più arduo, come diceva Hoelderlin.
Un abbraccio. Marco
…cioè Dio è nel mio senso di mancanza, è Colui che fa parlare la mia insoddisfazione, la mia inquietudine, la mia disperazione?
e poi?
nel mio “qui ed ora” su questa terra cosa posso aspettarmi da Lui?
mcarla
Cara Maria Carla, l’insoddisfazione è l’inizio del processo, il primo dei 7 gradini del dialogo di Gesù. Se iniziamo ad ascoltare, e a credere alle parole che ci vengono rivolte, entriamo negli altri stadi, lì dove a poco a poco riceviamo le risposte, e cioè quelle trasformazioni/liberazioni che, magari inconsapevolmente, desideravamo, e desideriamo.
Ciao. Marco
Caro Marco, questo brano che amo tanto e che ho riascoltato tanto volentieri per la tua profonda spiegazione mi ha fatto venire in mente una domanda che ho posto 60 anni fa quando avevo 7 anni alla suora che mi preparava alla prima comunione e cresima : “ma se gli apostoli non c’erano, come dice il testo, come possiamo sapere che Gesù ha pronunciato proprio queste parole e non se le sia immaginate chi ha scritto questo brano?” ” Ora non abbiamo tempo ma te lo spiegherò”. Aspetto ancora quella risposta da allora , sono parole di Gesù o sono parole che Giovanni mette in bocca a Lui perché per me non è proprio la stessa cosa .
un caro saluto
Annapaola
Cara Annapaola, io credo che i Vangeli siano opere poetiche, e cioè necessarie e vere.
Credo cioè che il parametro storico-critico, o cronachistico, non sia sufficiente.
I Vangeli in altri termini non sono veri in quanto trasmettono fatti e parole che una macchina da ripresa avrebbe potuto riprendere, ma in quanto raccontano la verità più intima e a volte invisibile della storia, di ogni storia, il suo vero Senso.
Ecco perché, a mio giudizio, tutte le questioni e le confutazioni sulla coerenza dei Vangeli, o sulle loro stesure a posteriori, mi sembrano semplicemente irrilevanti.
Un poema è vero in quanto è perfetto, in quanto l’ispirazione lo ha portato a perfezione, magari in diverse e varie stesure, o anche attraverso l’opera di diverse persone.
E così anche questo racconto della Samaritana ci viene riferito da Giovanni nella luce di una verità che sta a fondamento di ogni verità storiografica, di ogni più o meno illusoria oggettività dei fatti.
Il tema è complesso, ma potremo tornarci. Grazie, e a presto. Marco
Mi piace molto la considerazione che i vangeli sono un’opera poetica, non ricordo di aver sentito attribuire questo genere letterario agli scritti su cui è fondata la nostra fede. Nella poesia ci sono strati infiniti di storia personale e cosmica, e quando assaporiamo una poesia , oltre all’ultimo autore, ci siamo noi, con i nostri slanci e i nostri dubbi. E’ bello sentirsi parte viva, attuale, di una realtà e di una parola che è insieme divina e umana! Mariapia
Secondo me il nocciolo di questo passo del Vangelo è la fede.
Gesù fa capire alla samaritana che se avrà fede in lui otterrà dentro di sé una sorgente continua ed infinita di vita.
E’ una progressiva distruzione della resistenza e diffidenza che la samaritana oppone alla fede.
In un unico punto dissento dall’interpretazione che ne dai, Marco.
Quando Gesù dice alla donna di portargli il marito, non credo lo faccia affinché la samaritana divenga consapevole della sua situazione concreta. La donna la conosce già la sua situazione.
Lo fa per demolire ulteriormente la resistenza della donna. E’ come se gli dicesse: “Sono io il messia. Hai visto? So cose che solo tu puoi sapere. E pur conoscendo la tua situazione non ti giudico, ti dico che se crederai potrai ottenere la vita eterna”.
Non so, questa è la sensazione che provo io rileggendo il passo.
Non ci vedo un ammonimento di Gesù rivolto alla donna a divenire consapevole del fatto che ha avuto più mariti.
A Gesù non gliene frega niente se è una puttana o una poco di buono.
A Gesù interessa che lei creda.
Certo che la Samaritana è “consapevole della sua situazione concreta”…il fatto importante è che lo riconosca davanti a quello sconosciuto! è da lì che parte la sua “conversione” perché non si nasconde dietro una maschera. Sceglie di nominare le cose per quello che sono! Averla accettata, anzi apprezzata, nella sua realtà pone Gesù nella condizione di essere visto da lei come un profeta, di essere creduto in quanto “acqua viva” che può davvero lenire la sua sete.
Dio come verità (di vita).
mcarla
Esattamente.
La conversione parte dal riconoscimento di quello che si è.
Però non mi convince l’interpretazione di Gesù come medico che incide la piaga.
Gesù è sì medico, ma si fa guaritore tramite la sua infinita misericordia, accettandoci per come siamo, come fa un padre premuroso con i propri figli.
Non c’è una piaga, intesa come un nostro modo sbagliato di essere.
Tutto dipende unicamente dalla fede, la sola che può giustificarci, come diceva San Paolo nella lettera ai romani, e come approfondito in modo fantastico, secondo me, da Lutero.
Secondo me, quel punto corrisponde allo stato che noi chiamiamo io in conversione: siamo chiamati ad osservarci molto concretamente dentro, a riconoscere molto bene le strutture mentali che ci alienano. In un certo senso questa confessione prelude alla possibilità di una fede autentica, anche se, in un certo senso, presuppone un primo accenno di fiducia. Gesù perciò esordisce dicendo: Convertitevi e credete.
Ciao a tutti. Marco
Bisognerebbe intendersi bene su cosa significa MISERICORDIA (che non è certo ‘buonismo’). Per me passa dall’accettazione di ciò che si è ma anche da un’ offerta di aiuto per sanare le nostre distorsioni che vanno prima di tutto riconosciute da chi le vive (chiedere aiuto esprime già la fiducia che ‘qualcuno’ te lo possa dare…)
Per quanto mi riguarda sento ancora una forte resistenza a riguardo…ma voglio anch’ io fare la mia parte verso quella “pienezza di vita” a cui aspiro…quindi: perché rifiutare quest’ offerta?
Ciao, mcarla
Una delle chiavi di lettura di questo dialogo che Marco ha suddiviso in sette passaggi, mi sembra la conoscenza. Dall’inizio alla fine c’è questo filo. “Se conoscessi il dono di Dio” all’inizio. E “Venite a vedere uno che mi ha detto tutto quello che ho fatto. Che sia lui il Messia?”. La conoscenza dello Spirito e la conoscenza di sé, del proprio bisogno di liberazione, vanno forse di pari passo. Mettersi in relazione con un tu che ti legge dentro (o ti aiuta a leggerti) è, secondo me la via d’uscita dall’alienazione. Non è immediato accettare di stare in dialogo con chi non usa mezzi termini e coglie direttamente la mia sete di vita. Stare in questa relazione (con Dio e con gli altri “tu”) che attraversa la mia apparenza è una scelta che mi interpella ogni giorno… e non si finisce mai di dire “si, voglio andare avanti”.
grazie dei vostri commenti.
elisabetta
Caro Marco ascoltandoti mi chiedo e quindi ti chiedo:
1- Solo Giovanni riporta questo episodio?
2- che valore ha interpretare guardando al microscopio lo scritto di Giovanni che probabilmente riporta un episodio con le sue parole e, non necessariamente, con le parole realmente dette da Gesù?
Grazie per la tua cortese risposta, Ivo Pellegrini
Caro Ivo, grazie delle tue domande, alle quali credo di avere già in parte risposto poco sopra, parlando con Annapaola.
In sostanza io credo che i Vangeli vadano letti come opere poetiche, e cioè assolutamente vere, non in senso storico-cronachistico, ma in un senso molto più radicale, in quanto in queste parole ci si rivela il significato di ogni storia.
Il tema però è davvero molto vasto, e noi lo affrontiamo per tutti i 7 anni del percorso iniziatico dei Gruppi.
Ciao. Marco
Carissimi, credo di aver capito che i Vangeli hanno un valore sapienziale.
In questo episodio specifico comunque si dice che la samaritana, piena di fervore, torna al suo villaggio a raccontare pubblicamente ciò che Gesù le aveva detto (dimostrando di conoscere verità nascoste sulla sua vita).
In tal caso anche l’evangelista avrebbe potuto conoscere le parole esatte, pur non essendo stato presente al colloquio.
Purtroppo a quei tempi, soprattutto le samaritane, giravano senza carta d’identità né passaporto, neanche un straccio di cellulare per fare un piccolo video almeno un selfie.
Un saluto.