Inspiro e sorrido. Espiro e mi abbandono. Il respiro va e viene, come la vita.
Chi frequenta i corsi Darsi Pace è invitato fin da subito a concentrare l’attenzione sul respiro e ad assecondarne il ritmo. Il respiro: qualcosa che solitamente diamo per scontato, come il battito del cuore, la digestione, il movimento delle braccia, ma anche la presenza di un familiare o di un amico, un ortaggio in tavola.
Basta però un raffreddore un po’ più intenso per mettere in discussione lo scontato: respirare diventa più difficile; chi soffre d’asma, poi, conosce bene la resistenza all’immissione di aria nei polmoni. E così per tutto il resto: la tachicardia dell’attacco di panico fa saltare la regolarità del battito cardiaco; uno stomaco fragile fa sentire la sua presenza; una malattia che intorpidisce la muscolatura ci fa capire che muoversi non è così ovvio; una grandinata falcia via il lavoro dell’orto. Per non parlare delle relazioni: tutti ne sperimentiamo la grandezza, ma anche la fatica.
La vita in sé è continuamente sorprendente e straordinaria. Perché allora cerchiamo azioni e fatti che facciano strabuzzare gli occhi? Ci abituiamo facilmente a ciò che torna con pazienza, apparentemente sempre uguale, e così smarriamo presto il senso dello stupore che invece abbiamo da bambini.
La cosa si fa particolarmente evidente quando il corpo si ammala e siamo spinti a trovare una via d’uscita.
Il mio corpo non mi asseconda, vorrei guarire, ma la conoscenza medica per ora non offre soluzioni. Allora scelgo la via più scontata e mi rivolgo al soprannaturale: e se pregassi più intensamente? In fondo Gesù effettuava molti miracoli, potrebbe farne ancora uno per me: non mi sembra di essere peggiore di altre persone che hanno ciò che io vorrei avere. Ma evidentemente c’è qualcosa che non va.
Gesù non roteava una bacchetta magica per distribuire facili ed accattivanti soluzioni che gli avrebbero fatto guadagnare molti consensi, ma che sarebbero state l’esercizio di una forma di dominio prevaricante sull’altro, a quel punto “costretto” a seguirlo, dalla potenza messa in atto, come un cane seguirebbe una salsiccia che gli ballonzolasse davanti. Egli invece si chinava sul paralitico, toccava il lebbroso, piangeva con i familiari per il suo amico morto: stabiliva relazioni umane profonde che soltanto dopo scaturivano nel gesto di cura.
Inizio ad intuire. Nella mia visione semplificata vorrei qualcuno che mi togliesse le castagne dal fuoco, possibilmente senza troppo impegno da parte mia, non importa se nel frattempo perdo un po’ di libertà. Ma la vita è su tutt’altro registro e Gesù lo sapeva bene. Agli scribi e ai farisei che gli avevano chiesto di far vedere loro un segno, cioè a quegli uomini che sono alla spasmodica ricerca di un atto sbalorditivo senza coinvolgimento personale, aveva risposto duramente, dando loro dei perversi e rimandandoli a mani vuote, o meglio, piene dell’invito alla conversione alla sapienza.
Gesù non accetta di giocare al padrone che esercita il suo dominio sui servi comprandosi la loro fedeltà con qualche trucco da prestigiatore: con Lui c’è spazio soltanto per una relazionalità liberante in cui ogni creatura decide di affidarsi al dono originario e promettente di una vita piena.
Lo Spirito esulta di gioia quando trova un interlocutore all’altezza, una coscienza che si abbandona fiduciosa all’Amore che sa trasformare profondamente anche la materia più dura. Questo modo di sentire però non mi viene naturale, mi devo invece sempre ricordare che lo Spirito d’Amore anima la mia vita in tutti i suoi anfratti e mi sostiene dentro una relazionalità che si alimenta di affidamento. Perciò, a mia volta, per essere fedele alla mia libertà creaturale, io ho la responsabilità di testimoniare questa promessa con ogni gesto di cura che sono in grado di operare, su questa terra, nelle strutture di questa vita, dentro una relazionalità che già di per sé è terapeutica.
Ma allora non mi serve un miracolo dall’esterno, bensì un rivolgimento dall’interno che mi faccia accorgere che il vero miracolo è la mia amica che mi ascolta con pazienza quando sto male, è quel medico che nella sua professionalità sa innestare una quota che non entra in busta paga, ma che mi dice che ce la sta mettendo tutta per aiutarmi davvero. Il vero miracolo è il mio respiro che viene e va, sono le mie cellule che lavorano anche se ne sono inconsapevole, è il piatto di pasta che mangio a cena e che contiene il lavoro del contadino e del pastaio e l’affetto di mia madre che mi ha detto “butto io i rigatoni!”.
A questa lettura, cara Iside, respiro e mi commuovo
e prego per un continuo rivolgimento dall’interno che mi dia sguardo e sensi nuovi
grazie
Filomena
Iside cara, i sensi del tuo cuore aprono i miei occhi, le tue parole mi toccano profondamente: “lo Spirito d’Amore anima la mia vita in tutti i suoi anfratti e mi sostiene dentro una relazionalità che si alimenta di affidamento.”
Solo un atto di fede autentico può corrispondere a una relazione che si alimenta e incrementa la vita di semplice affidamento. Prego lo Spirito d’Amore affinché guidi i miei passi alla realizzazione di questo atto di puro abbandono.
Ti sono grata. Vanna
grazie carissima Iside, chiedo in questo Natale occhi nuovi capaci di vedere i miracoli che ogni giorno accadono nella mia vita. un grande abbraccio. Giovanna
Come tu già sai, cara Iside, questo argomento è scottante anche per me.
Malattia, guarigione, preghiera, miracoli, lotta e abbandono: tutto questo lo vivo come una massa caotica in cui tu mi aiuti sempre a fare un po’ di ordine.
Per quello che mi riguarda io sono arrivata, per ora, e a fatica, a questi due punti fermi:
– il miracolo di vivere, in tutte le sue sfumature, va continuamente spolverato con occhi nuovi, da bambini
– la mancanza bruciante di pienezza non voglio più rimuoverla, addomesticarla, o giustificarla: è lo scandalo del male, della malattia e, in ultimo, della morte con cui Gesù non accetta compromessi o integrazioni.
Quindi nessun bene è scontato o posseduto, siamo dentro un dono continuo, ma è anche vero che siamo degni, assolutamente degni di tutta la pienezza, di tutta la salute e di tutta la vitalità possibile, che in un certo senso ci spettano come promessa ed eredità.
Nella mia tensione quotidiana tra questi due poli, i gesti di cura amorevole che riesco a dare e quelli che accetto di ricevere sono una grande medicina. Le relazioni umane profonde alleviano e curano, guariscono tanto, tanti parti invisibili, che magari sono anche quelle più importanti.
Grazie delle tue preziose parole
Antonietta
Cara Iside
grazie per le tue parole portatrici di messaggi che arrivano direttamente al cuore.
Grazie per il tuo aiuto a ricordare “che lo Spirito d’Amore anima la mia vita in tutti i suoi anfratti e mi sostiene dentro una relazionalità che si alimenta di affidamento.”
Grazie perché mi aiuti a vedere a riportare la mia attenzione ai quotidiani miracoli….
“ …miracolo è il mio respiro che viene e va”
“…miracolo sono le mie cellule che lavorano anche se ne sono inconsapevole”
Infinitamente tanti sono i miracoli se abbiamo”occhi nuovi capaci di vedere i miracoli che ogni giorno accadono nella mia vita.”
Tanti miracoli per cui gioire…in ogni istante. e in me …risuonano le parole ascoltate nella lettura di S.Paolo 1 Ts 5, ” Fratelli ,siate sempre lieti ….,pregate incessantemente , in ogni cosa rendete grazie :questa infatti è la volontà di Dio in Cristo Gesù verso di voi…”
“…..Perciò, a mia volta, per essere fedele alla mia libertà creaturale, io ho la responsabilità di testimoniare questa promessa con ogni gesto di cura che sono in grado di operare, su questa terra, nelle strutture di questa vita, dentro una relazionalità che già di per sé è terapeutica.”
Ecco come in qs post ci dimostri concretamente la tua volontà di testimoniare responsabilmente con l’espressività di parole cercate, pensate , meditate , scritte e poi donate a tutti noi….di Darsi Pace…
Oltre alla tua responsabilità di testimoniare sento in te una grande gioia che ti spinge a testimoniare…proprio come i miracolati da Gesù che non stanno più nella pelle e vanno a dire a tutti cosa è successo…..
Continua a raccontarci i tuoi miracoli..le tue miracolose scoperte..le tue preziose riflessioni….
Sento e mi unisco col cuore alle preghiere di Filomena ,Vanna, e Giovanna
“… prego per un continuo rivolgimento dall’interno che mi dia sguardo e sensi nuovi”
“…Prego lo Spirito d’Amore affinché guidi i miei passi alla realizzazione di questo atto di puro abbandono.”
.”…..chiedo in questo Natale occhi nuovi capaci di vedere i miracoli che ogni giorno accadono nella mia vita….”
Darsi Pace è un vero miracolo!!!… grazie
Irene
Le tue tante e profonde riflessioni Iside, mi hanno toccata in più punti. Ne evidenzio 2 che sono particolarmente cogenti in questa fase della mia vita.
1) Sto sperimentando che i miei antichi e continui sensi di gioia per quanto posseduto ( ho sempre gioito del poco e della semplicità) e di gratitudine nei confronti di Dio e della vita (gli altri, la terra che mi dona i frutti,…),sono accompagnati, in questi giorni di generale precarietà, anche da un nuovo sentimento: di pretesa! “Io voglio ringraziarTi, ma ciò che ho mi è dovuto! E’ la logica conseguenza al fatto che sono sulla terra, pur contro la mia volontà, e mi sono prodigata per avere ciò che ho!”.
2) Quanto è ampia la forbice tra ciò che viviamo nello stato di salute e quanto nella precarietà! E’ bastato un momento di temporaneo malessere per capire quanto nel mio respiro fosse più presente il panico e la paura del dominio della morte, che l’abbandono fiducioso, quello di graduali piccole morti dei periodi di tranquillità!
Grazie perchè sei lo specchio giusto e necessario in cui posso riflettere…! Le tue parole, di grande testimonianza, mi riportano al cuore e mi ri-cordano…. che posso solo , e lo voglio, indipendentemente dalla situazione, per la mia pace/gioia, Sorridere ed Abbandonarmi a Lui!
Sappi che sei nel mio cuore. Ieri, in meditazione, del tutto spontaneamente e con mia grande sorpresa, “ho sorriso…per te”!.
Che Lo Spirito d’Amore ci unisca tutti! Maria Rosaria
…il MIRACOLO dei miracoli quotidiani! Come sono vere le parole di Iside quando scrive di “ralazionalità liberante […] già di per sé terapeutica” alla base di ogni gesto autentico di cura. L’esatto contrario della “ricerca di un atto sbalorditivo senza coinvolgimento personale”, un atto -cioè- esclusivamente egoico (per usare il linguaggio di DP).
Nella mia personale esperienza, quotidianamente alle prese con i problemi di “integrazione scolastica” di mia figlia, ho avuto modo di scontrarmi spesso con una certa ‘cultura dell’evento’ ormai imperante che si loda e s’imbroda in azioni ‘spettacolari’ a discapito di semplici ma importantissimi gesti quotidiani come far affiancare un alunno con difficoltà motorie da un compagno nell’apertura dello zainetto per prendere i libri, o andare insieme nell’atrio della scuola a comprare la merenda durante l’intervallo o trovare dei momenti di studio in comune…POI ci può stare anche l’evento teatrale o musicale con tanto d’ intervista al ragazzo/a con “bisogni speciali” (adesso si dice anche così) ma ciò che conta davvero è la costruzione e l’incremento di quel fitto tessuto relazionale che è il vero terreno di crescita di TUTTI noi!
Bellissimo ‘post’, Iside, grazie e tantissimi auguri, mcarla
P.S. a proposito di respiro…mai sentito parlare della tecnica del “Respiro Trasformativo” fatto conoscere in Italia da Manuela Maria Mancini? molto interessante!!!
Cara Iside
e’sempre un piacere leggere i tuoi pensieri e questo è un tema che ultimamente mi riguarda visto che quotidianamente chiedo miracoli.L’anno che si sta esaurendo per me è stato tremendo in quanto oltre alla perdita di mio padre ho quasi totalmente perso la vista dall’occhio sx grazie alla bravura del luminare che stava intervenendo sullo stesso.tra l’altro sia marco che la cara Antonietta mi dicevano anche dei tuoi problemi visivi.
Quando veniamo toccati cosi profondamente nei sensi credo che abbiamo il diritto di chiedere miracoli.come diceva Divo Barsotti noi offendiamo Dio quando non chiediamo miracoli.il fatto e che noi non ci crediamo.per questo non chiediamo.e credo che miracolo interiore ed esteriore coincidano.il cieco di betsaida,o la vedova di naim o giairo(il padre della bambina resuscitata)o marta e Maria sorelle di lazzaro,insomma tutti questi che chiedevano miracoli si sarebbero accontentati di acquisizioni interiori ?non lo so.so solo che quello che dici alla fine non mi basta.io voglio vedere.
Siate realisti,chiedete l’impossibile.A.CAMUS
con affetto,Davide
Nella mia vita di credente, specialmente negli ultimi tempi, non ho quasi mai saputo domandare al Signore o ai santi, per me o per altri, un miracolo di guarigione o di cambiamento di una situazione difficile, forse per scetticismo: i miracoli straordinari sono piuttosto rari.
Ho chiesto invece sempre più spesso, tutti e sette i doni dello Spirito Santo e quindi la forza per affrontare la sofferenza , per viverla con consapevolezza e dignità, o per risolvere al meglio problemi apparentemente insolubili. Quando ho pregato così nella profondità della mia anima, sono stata sempre esaudita.
Dio ha dato alla natura le sue leggi e si contraddirebbe se le sconfessasse quando vogliamo noi.
Ma Dio, se glielo permettiamo, ci sta accanto con grande forza e tenerezza in ogni nostra vicissitudine, lieta o tormentosa. Mariapia
Caro Davide, mi scontro con problemi di salute (e tentativi più o meno maldestri di una medicina ancora piuttosto goffa) da quando ero bambina, perciò posso presumere di capire, almeno un po’, la fatica che stai attraversando (tra l’altro ho perso mio padre due mesi fa). Personalmente, però mi sento più in sintonia con ciò che ha espresso Mariapia. Mi pare che la nostra fede ci dovrebbe orientare verso l’affidamento ad un Dio che sa prendersi cura di noi, nonostante la smentita storica. È vero che Gesù ha operato guarigioni a chi gliele chiedeva, ma la natura stessa della vita sulla terra è tale per cui quelle guarigioni gioco forza sono state temporanee. E anche per me, se pure mi fosse restituita la vista in questo istante, chi mi garantirebbe che nell’istante successivo io non mi scoprissi affetta da sclerosi multipla? Quindi avrei bisogno di un altro miracolo e via così. Ciò di cui io personalmente sento maggiormente il desiderio è una guarigione definitiva che non è di questo mondo. Credo profondamente che la mia vita sarà riscattata e che raggiungerò una pienezza che qui può soltanto essere intuita. E la responsabilità di questa intuizione è nostra, cioè di essere fessure che lascino passare l’esperienza d’amore per chi ci è accanto. La guarigione può accadere come no, come esito di occasionalità che si susseguono nella nostra vita. Il nostro stare male è proporzionato all’accoglienza o al respingimento che percepiamo da parte delle persone che ci stanno vicino e dell’ambiente in cui viviamo. La sfida è alla nostra struttura egocentrata che costruisce un mondo adatto a Barbie e Big Jim, con poca attenzione per chi invece non ha gambe, non ha occhi, non ha orecchie e così via. La responsabilità è nostra come esseri umani che si sappiano abitati da uno Spirito di Vita che ci sostiene con la forza di affrontare la vita per come ci si presenta, dandoci il senso del giusto vivere per essere accoglienti e trasformare sé e il mondo nel servizio di una solidarietà fraterna che sollevi dal dolore, nella relazione.
Mi sembra che quando cado in tentazione e chiedo il miracolo, io in realtà stia chiedendo la soluzione facile, senza però che cambi niente nella mia vita: voglio la mia vita esattamente come era prima dell’evento traumatico. Ma la vita chiede di andare avanti, trasformativamente, e non di rimanere ancorata a se stessa, pena la sua perdita. Allora guardo a Gesù: anche Lui ha chiesto che quel calice fosse allontanato, ma poi ha fatto appello alla volontà del Padre, una volontà che chiede a ciascuno una presa di responsabilità personale, dove non c’è soluzione facile, dove non c’è un’uscita dai giochi nel momento in cui sto perdendo. Dio non ha fatto scendere Gesù dalla croce, per toglierlo da una situazione estrema. Se non l’ha fatto per il Figlio perché dovrebbe farlo per me? Certamente non possiamo avere dubbi sulla Sua fede. A me pare che questa non sia la logica del Vangelo, ma la nostra umanissima infantile logica del baratto: ti do un po’ di fede e tu mi dai un po’ di salute, per quel che dura. Io da un Dio mi aspetto molto di più, soprattutto che sia portatore di una giustizia eccedente, che sappia dare vita a tutti, in abbondanza – “nessuno di loro è andato perduto”. Rischiamo invece di rimanere incastrati dentro un desiderio frainteso, incaponendoci a volere l’impossibile, mentre rischiamo di perdere il senso miracoloso di ciò che già c’è. Io sono tanto grata per le persone che mi vogliono bene, che mi fanno sentire la loro vicinanza nei momenti di sconforto, per l’aiuto che mi offrono non facendomi pesare la mia disabilità. In fondo, che bisogno ho di occhi buoni, se posso contare su chi mi offre i suoi? Il punto è: quanto io sono in grado di essere gambe per il fratello che non le ha? Quanto sono in grado di impegnarmi affinché le regole e le leggi siano fatte in modo da essere di vero aiuto e sostegno per chi è in difficoltà? Qui sono chiamata in causa io, con la responsabilità di gestire la mia libertà nell’ordine dell’agape. Ma questo richiede tempo, secoli e millenni e noi sentiamo il peso del dolore. Nel frattempo, però, noi che ci diciamo cristiani e abbiamo scelto di seguire l’annuncio di quell’Uomo, siamo chiamati a lasciare che lo Spirito di Dio operi insieme a noi, e non a prescindere da noi, per trasformare la vita sulla terra.
Ti abbraccio con affetto
Iside
PS: grazie anche a tutti gli altri per gli spunti di riflessione condivisi.
Carissima Iside,dolce sollievo per il mio nervo ottico…grazie…ma ancora non mi basta perché sento che ci può essere sensatazza anche nell’incaponirsi a chiedere miracoli per poi morire senza aver ottenuto niente e comunque non aver perso tempo.anche perche’le domande inevase rimangono tante come chiedersi che fede e ‘ quella del salmista che si lagna in continuazione?
Davide,il guercio da Cesena
Ciao Davide! Mi piace il nostro scambio, che mi costringe a stare su un tema che mi è MOLTO vicino!
Sono d’accordo con te che la speranza di guarigione non ci deve lasciare mai, pur sapendo che l’orizzonte dentro cui ci saranno date le risposte è oltrestorico. Viviamo in una continua tensione tra la promessa con cui si apre la vita e il tradimento operato dalla ferita che altrettanto da subito sperimentiamo. E certamente non ci può bastare una vita vissuta nell’attesa della pienezza. Perciò lo spazio intermedio è quello della nostra responsabilità a fare in modo che la promessa sia restaurata fin da adesso, nelle nostre vite, reciprocamente.
A questo riguardo mi pare interessante il Salmo 22, quello cui rimanda il grido di Gesù in croce.
.
2″Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?
Tu sei lontano dalla mia salvezza”:
sono le parole del mio lamento.
3Dio mio, invoco di giorno e non rispondi,
grido di notte e non trovo riposo.
L’attacco è duro, e tante volte come il salmista mi sembra di essere abbandonata da un Dio che non risponde al mio grido di dolore secondo la modalità che vorrei.
8Mi scherniscono quelli che mi vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
9″Si è affidato al Signore, lui lo scampi;
lo liberi, se è suo amico”.
[…]
12Da me non stare lontano,
poiché l’angoscia è vicina
e nessuno mi aiuta.
13Mi circondano tori numerosi,
mi assediano tori di Basan.
14Spalancano contro di me la loro bocca
come leone che sbrana e ruggisce.
[…]
16È arido come un coccio il mio palato,
la mia lingua si è incollata alla gola,
su polvere di morte mi hai deposto.
Il salmista sta veramente male, come me, quando mi sento salire l’angoscia, mi sento senza riferimenti, mi sembra che tutto vada a rotoli, che tutto congiuri contro di me e che non avrò la forza di reagire.
20Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, accorri in mio aiuto.
21Scampami dalla spada,
dalle unghie del cane la mia vita.
22Salvami dalla bocca del leone
e dalle corna dei bufali.
Anche il salmista, come me, vuole essere tolto dalla situazione dolorosa e invoca il Signore perché sa che da Lui viene la salvezza. Poi cambia improvvisamente registro, senza apparente motivo. Non dice: ti ringrazio Signore perché hai sconfitto i miei nemici, mi hai guarito dalle sofferenze. Invece passa direttamente alla lode per il Signore che “al suo grido d’aiuto, lo ha esaudito” e poi tutto è al futuro. Mi verrebbe da dire: ma ti ha esaudito cosa? Sei sempre lo stesso, in croce!
23Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
[…]
25perché egli non ha disprezzato
né sdegnato l’afflizione del misero,
non gli ha nascosto il suo volto,
ma, al suo grido d’aiuto, lo ha esaudito.
[…]
29Poiché il regno è del Signore,
egli domina su tutte le nazioni.
30A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra,
davanti a lui si curveranno
quanti discendono nella polvere.
E io vivrò per lui,
31lo servirà la mia discendenza.
Si parlerà del Signore alla generazione che viene;
32annunzieranno la sua giustizia;
al popolo che nascerà diranno:
“Ecco l’opera del Signore!”.
Cioè mi pare che si possa dire che, pur non avendo visto nulla, il salmista si affida e sa che il Signore non lo deluderà e sarà la sua salvezza e la salvezza di tutti coloro che lo temono. Anche se qui non vede proprio nulla, la sua vita è in pericolo, i nemici lo circondano e lui morirà nell’angoscia.
Non ci rimane che tenere duro sotto pressione, come dice Paolo ai Romani. La traduzione italiana di “pazienza” non rende ragione del verbo greco upomone che appunto dice il resistere sotto pressione. Perciò ci è dato lo Spirito del Signore che grida Abbà nei nostri cuori: perché anche in croce sappiamo di essere abitati dallo Spirito del Signore che ci sostiene.
Un po’ poco? Può darsi, ma mi pare che non abbiamo altro.
Io su questo sto scommettendo tutta la mia vita.
Buon proseguimento e teniamoci in contatto
iside
Carissimi sono vicino a tutti voi con la mia terribile malattia neurologica con cui convivo da tanti anni e lentamente continua ad avanzare e a farmi soffrire tanto, a volte davvero: tanto! Troppo! E in me spesso grido e piango e mi dico:basta! Basta! Non ne posso più! Voglio la salute piena, adesso! La salute del corpo, del fisico, ma poi ovviamente anche il benessere dell’anima, dell’ambiente circostante, etc… . Non finirò mai di chiedere il miracolo, a volte dico “anche parziale che possa ritornare a camminare o soltanto a rivedere, magari con un occhio”, ma poi penso, se la mia richiesta viene esaudita, io sarò la stessa persona? Io sono quello che sono diventato anche e soprattutto credo a causa di questa mia malattia, sarei qui con voi in questo momento? Avrei conosciuto Marco?
Il miracolo è per me ricavare forza dalle parole di Marco. E mi fa tanto piacere ricordare che l’occasione mi ha portato a rileggere alcune poesie particolarmente attinenti al tema del guarire e sono:
“La ferma volontà”, “La Fonte”, “Miracolato” che si trovano nel capitolo “Guarire” dell’ultimo libro di M G “Parole per nascere”
Un affettuoso saluto a tutti, molte grazie Iside per l’aiuto che ricevo, e un forte abbraccio a Davide.
Fabio
Seppur a voi poco o per nulla conosciuto, saluto con commozione e gratitudine dopo la letture del post e dei molti commenti.
Sto vivendo ad oggi libero dalla malattia. Dio sa per quanto questo sara’ ancora.
Per come si e’ sviluppata la mia vita negli ultimi anni, assisto pero’ varie vole a un altro tipo di malattia che invade il mondo.
Si chiama poverta’ materiale e morale, sfruttamento sociale, prepotenza sulle moltitudini e le mille cose angoscianti che da esse derivano. Queste cose sono spaventosamente di fronte agli occhi quando ci si trova – come mi accade da anni – a passare del tempo in India, o in Vietnam o nelle terre di quella parte del mondo.
Centinaia di milioni di persone che, a colpo d’occhio, dalla loro miseria o a volte dalla loro aparente noia totale, o altre volte dalla loro condizione di estrema iperattivita’ in risposta agli ordini dittatoriali dell’economia moderna, mi ricordano quello che anch’io sono, benche’ ben mascherato e nascosto, cioe’ non-libero, non-puro e non-felice.
Dio abita tra noi, tra loro, in questo mondo?
O se ne e’ allontanato, avendone forse avuto abbastanza dell’impossibilita’ di trattare con l’uomo?
Mi avvicino al Natale compresso in ritmi e tempi congestionati che la mia vita di uomo nel 2015 mi forza a seguire. A volte mi pare sia davvero una forza pensante, prepotente, fisica, come voglia spingermi sempre piu’ in fretta, ma verso cosa? Un muro? Un baratro? O verso la follia totale, cioe’ la disintegrazione di ogni brandello di senso?
L’incarnazione di Gesu’ significa che lui e’ davvero presente in queste infinite difficilta’ , di salute, di non liberta’, di soffocamento, di assenza di nutrimento, sia fisico sia spirituale?
Mi chiedo, precisamente, credendo al Natale, cosa portera’ quell’evento a questo mondo? E anche, cosa ha portato?
La commozione nata dalla lettura dei vostri interventi mi sussurra qualcosa, mi appare, inarticolato e misterioso, un ‘fidati’, ‘rallegrati’, ‘sono con te’…
Aspetto e cerco la gioia nascosta in queste promesse.
Buon Natale
Alfredo
Ciao Fabio! Anche se ci siamo incrociati brevemente in occasione di alcuni intensivi, ho avuto fin da subito la precisa sensazione che tu sei una persona speciale – e altrettanto lo è tua moglie, lasciamelo dire!
Certamente noi siamo l’esito delle nostre esperienze, di tutte, quelle buone e quelle dolorose. Tu sei una persona speciale perché, nonostante la malattia tremenda, non le stai permettendo di rubarti la vita. Io credo profondamente nel “nonostante” la malattia, o “nonostante” una situazione di dolore, qualunque essa sia. Tu non sei la persona che sei perché l’esperienza di dolore ti avrebbe insegnato qualcosa di per sé, ma sei speciale perché nonostante il dolore riesci a trovare dentro di te e nelle persone che ti vogliono bene la forza per non dargliela vinta, la forza di scommettere sulla bellezza della vita oltre la cortina del dolore. Infatti, molte persone, al contrario, con meno risorse personali di resilienza e con meno relazioni di supporto non ce la fanno e rimangono intrappolate nella disperazione. Se la sofferenza fosse un metodo educativo, tutti dovremmo imparare ad accettarla e anzi a benvolerla, mentre rimane un terribile scandalo. A me pare che la sofferenza non abbia nulla da insegnarci, non sia in nessun modo auspicabile e sia soltanto da superare. Tuttavia è una realtà con cui dobbiamo fare i conti e non permettere che ci sopraffaccia scommettendo con tutto il cuore che la bellezza della vita eromperà nel suo fulgore e che fin da adesso possiamo sperimentarne il profumo, seppur lieve, nelle esperienze di vita buona e giusta che riusciamo ancora a fare.
Hai ragione Alfredo, la sofferenza non è soltanto quella della malattia fisica ma mi sembra che l’atteggiamento con cui affrontare ogni situazione di dolore sia lo stesso: offrire la nostra resistenza alla pressione di chi ci vuole schiavi per meglio assoggettarci, magari ai loro interessi di mercato. Spesso mi capita di essere sgomenta di fronte al silenzio di Dio, ma poi mi chiedo che idea di Dio ho e allora mi rendo conto che non è Dio ad essere silenzioso, ma sono io a non essere sintonizzata sulle giuste frequenze. Lo Spirito però non desiste e non smette di gridare dentro di me affinché io ascolti la parola del Vangelo di Gesù di cui Egli è l’eco in me. E allora posso tentare di intuire che l’incarnazione del Figlio mi riguarda nella misura in cui sono disposta a lasciare spazio al Suo Spirito che impregna di sé la mia carne. Ma quello Spirito non mi dispensa dalla mia responsabilità di abitare questo mondo, sostituendosi a me; invece, mi sostiene precisamente nel mio abitare il mondo. Perciò la responsabilità umana è enorme, se solo ne avessimo un po’ più di consapevolezza…..
Buonissima nascita a tutti
iside
Grazie delle tue preziose parole, cara Iside, e Buon Natele da Fabio e Paola
Carissimi tutti
Visto il successo riscosso dall’argomento trattato magnificamente da Iside propongo a chi ne volesse far parte di creare un gruppo” DP in Cerca del Miracolo”.
Tempo fa Antonietta si lamentava un po del fatto che le problematiche trattate principalmente nei gruppi erano di ordine prettamente psicologico-metafisico mentre si considerava meno il tipo di dolore derivante da malattie organiche,menomazioni e vari flagelli corporei.io non capivo fino a quando nella’infausto 27-06-2014 perdo per colpa diterzi la visione da un’occhio.un dolore fisico atroce per circa 15 gg. per poi sentirsi dire dai medici:dai in fondo ti è rimasto l’altro.insomma ho sperimentato quale solitudine si può provare in questi frangenti,e per fortuna il dolore è finito!ma per chi deve sopportare cicli di dolori cronici quali consolazio oltre la morfina?
Penso che il nostro percorso può favorirci nel travare una condivisione reale nella ricerca di quella salvezza-salute che tutti inseguiamo.e nella grazia riceverla!
Pazzia?certo!ma cosa abbiamo da perdere?
Saluto il dolcissimo e coriaceo Fabio.ti penso spesso…tra l’altro da qualche parte ho il tuo tema astrale con i dati che mi avevi dato a S.Marinella.sentiamoci presto.
Davide
Cara Iside sapessi quanto sento mie e sto sperimentando queste tue parole:
“io ho la responsabilità di testimoniare questa promessa con ogni gesto di cura che sono in grado di operare, su questa terra, nelle strutture di questa vita, dentro una relazionalità che già di per sé è terapeutica.”
Per me che ho toccato con mano il buio della depressione e l’invalidità data da un lungo periodo di vertigini (vivevo nel terrore dovendo comunque lavorare andando in giro in macchina), è davvero teraupetico dedicarmi agli altri in ogni contesto (non solo nei gruppi ma anche nel lavoro!).
Mi sento però di condividere quanto lamenta Davide a cui sono vicinissima con il pensiero. Di fronte alle sofferenze fisiche importanti o di fronte a chi ha perso un figlio, o davanti alla mia amica che ha il giovane marito (splendido ragazzo) su una sedia a rotelle per una malattia degenerativa……ecco io mi sento impotente, davvero mi sento inadeguata. Non per questo mi tiro indietro ma prego ogni giorno il Signre per darmi la forza e la capacità per donare qualcosa anche un lieve sollievo dato dalle mie parole. Ma quali!
Abbraccio anch’io Fabio per me sei un esempio incredibile, peccato che ho modo di vederti solo a Santa Marinella.
Un Natale sereno a tutti voi, uniti con il pensiero e con il cuore. Gabriella
Rispondo subito alla proposta-provocazione di Davide.
Integrare nel percorso di Darsi Pace un orizzonte di guarigione anche fisica credo sia una necessità per chi vive questo tipo di problemi. Per me lo è.
Se proviamo a condividere le nostre esperienze, nello stile e con il metodo di Darsi Pace, potrebbe venire fuori qualcosa di utile, forse anche qualcosa di nuovo.
L’idea mi piace: io ci sono.
Antonietta
Anch’io ci sono a raccogliere la sfida provocante ed allettante di Davide!
iside
Ciao Davide sono entusiasta! Anch’io spesso ti penso, a presto… F.
Allora direi di cominciare.per via telematica naturalmente.proviamo con Skype?
Troviamo una data,ci vediamo e stabiliamo come procedere per mettere su questo spazio acchiappa-miracoli.
Ci sono altri oltre Antonietta Iside e Fabio?
ho seguito con molto interesse e partecipazione la proposta di Iside e le risposte che ne sono venute…
ho anch’io grossi problemi anche fisici (e magari fossero solo quelli) poliomielite a 40 giorni, disabilità motoria e da un po’ di anni dolori… provo ad unirmi al gruppo proposto, sono curiosa di vedere che proposte emrgono.
non credo molto ai miracoli, ma devo ammettere che una parte di me li implora ancora nei momenti più difficili.
conoscete questa bella poesia?
La fiera dei miracoli
Un miracolo comune:
l’accadere di molti miracoli comuni.
Un miracolo normale:
l’abbaiare di cani invisibili
nel silenzio della notte.
Un miracolo fra tanti:
una piccola nuvola svolazzante,
che riesce a nascondere una grande pesante luna.
Più miracoli in uno:
un ontano riflesso sull’acqua
e che sia girato da destra a sinistra,
e che cresca con la chioma in giù,
e non raggiunga affatto il fondo
benché l’acqua sia poco profonda.
Un miracolo all’ordine del giorno:
venti abbastanza deboli e moderati,
impetuosi durante le tempeste.
Un miracolo alla buona:
le mucche sono mucche.
Un altro non peggiore:
proprio questo frutteto
proprio da questo nocciolo.
Un miracolo senza frac nero e cilindro:
bianchi colombi che si alzano in volo.
Un miracolo – e come chiamarlo altrimenti:
oggi il sole è sorto alle 3,14
e tramonterà alle 20.01
Un miracolo che non stupisce quanto dovrebbe:
la mano ha in verità meno di sei dita,
però più di quattro.
Un miracolo, basta guardarsi intorno:
il mondo onnipresente.
Un miracolo supplementare, come ogni cosa:
l’inimmaginabile
è immaginabile.
Wislawa Szymborska
comunque avvenga, buona guarigione a tutti
Grazie Ennia per questa bella poesia. Benvenuta a bordo! Speriamo di riuscire a costruire uno spazio di condivisione a partire dalle nostre fatiche, per imparare sempre meglio a intravedere la speranza, quella vera.
iside
Antonietta mi ha scritto chiarendo di avere perplessita sulla creazione di un gruppo dp “in cerca della salute-salvezza”.
in questa mia risposta un abbozzo di programma.
Davide
Ciao Antonietta
Anch’io ho avuto questi pensieri e tutto deve essere molto libero.la mia era solo un’intuizione che segue molti dei discorsi che marco ha fatto sulla salute fisica(prova a risentire 11 incontro 2 anno dp)con la consapevolezza di non sapere pressoché nulla se non questo:che c’è un mistero collaborativo tra noi e il male che mi rifiuto credere arrivare da Lui.che può essere indagato solo nell’aiuto reciproco e nella grazia di un Suo intervento.e che forse veramente può essere una rampa di lancio per Altro sia spirituale che fisico.
Potrebbero essere incontri cosi strutturati:
-meditazione con forte consapevolezza del corpo da concludersi con contemplazione.
-breve esposizione delle propie problematiche se si vuole.
-nostra veritiera interpretazione delle stesse.
-commiato con piccola preghiera e l’intenzione di inserire nei giorni successivi nelle nostre pratiche invocazioni per la nostra e altrui guarigione.(tutto nella massima libertà)
A Marco non ho accennato niente.magari lo chiamo .
Auguri anche a te in questo periodo così bello ma pieno di “fatiche”(noi non ci illudiamo,vero!)
Davide
Caro Davide, mi sembra una buona idea, in quanto il nostro lavoro è sempre finalizzato alla realizzazione di una salute/salvezza completa, che noi intravediamo nel mistero del Corpo Risorto, ma che pure, nella fiducia che riponiamo nelle promesse di Cristo, speriamo che si possa fare almeno in parte presente anche in questa nostra vita terrena.
Attendere e pregare per la nostra guarigione è insomma, se ben intesa, la stessa cosa che pregare per la venuta del regno.
L’importante è rimanere nello stato umile dell’affidamento, non avere cioè pretese, ma solo custodire la convinzione che noi in Cristo siamo già sani e salvi, e che questo mistero troverà prima o poi la sua evidenza, anche materiale.
Ogni preghiera è dunque sempre una preghiera di guarigione/perdono/liberazione, la preghiera è in se stessa un’operazione terapeutico-spirituale, e credo sia essenziale intensificare questa consapevolezza, e dilatarla nella nostra pratica, facendone sempre anche una preghiera di intercessione per i vivi e per i morti.
Un abbraccio. Marco
Si: mi attira l’idea di un Dio che non è un rimedio tascabile…e come dici tu di un Dio che crea una relazionalità liberante, più faticosa, ma forse più rispettosa. Decisamente più responsabilizzante. Grazie!
Mi interessa molto questo aspetto del prendersi cura anche del “corpo fisico” per cercare vie nuove per alleviare anche le sofferenze fisiche. E’ questo un tema molto delicato perché profondo rispetto si deve a chi soffre nel fisico specialmente nei casi in cui la scienza medica ufficiale non da risposte.
Io credo che esistano possibilità inesplorate o poco conosciute per alleviare e in alcuni casi anche per risolvere malattie e stati dolorosi. Certamente è dimostrato in molti casi anche dalla “scienza ufficiale” che esistono pratiche e stili di vita (ossigenazione cellulare, riequilibrio acido basico, produzione naturale di endorfine ecc.) che se poste in essere migliorano tantissimo il benessere anche fisico del corpo. Certo in determinati casi il “miracolo” consiste nel cambiare modo di pensare , di mangiare , di bere, oltre che di respirare o di muoversi, di pensare e di credere. Ripeto, dico questo con molta cautela e rispetto di chi vive evidentemente situazioni molto particolari, ma mi permetto di parlarne perché sto sperimentando sulla mia pelle quello che dico.
Buon Anno
Giammarco