Suor Giulietta, missionaria in Cina, una dei partecipanti telematici ai Gruppi Darsi Pace, ci ha inviato questa bella testimonianza.
“Vieni e seguimi”
“Vuoi partire per Taiwan? Le sorelle hanno bisogno di aiuto ed io ho pensato a te”. Il tono della voce della mia Generale, mediato dal telefono, pur esprimendo una domanda cortese, esprimeva chiaramente l’attesa di una risposta affermativa. Missione in Taiwan? In Oriente? Il sogno coltivato fin dai miei primi anni si realizza. Si, è la mia risposta immediata, e seguita da una domanda: Quando devo partire? Come risposta sento la mia interlocutrice ridere divertita. “Il quando ti verrà indicato, ma probabilmente molto presto, tu preparati”.
Prepararsi? E’ dall’età di tre anni, quando per la prima volta avevo sentito l’attrattiva per la missione, che mi stavo preparando. Negli anni successivi quante messe, quanti rosari, piccoli fioretti, tutti indirizzati al Buon Gesù perché mi indicasse la via e il modo di realizzare il sogno di poter portare il Vangelo e far conoscere Gesù specialmente in Oriente.
Deponendo la cornetta del telefono tutta felice, dopo la richiesta della Superiora Generale, l’occhio si posò sul calendario e vidi scritto in rosso, memoria di S. Teresina patrona delle missioni. Con espressione spontanea mandai un bacio a Teresina e con lo sguardo rivolto in alto dissi a Gesù: “Solo tu sai combinare così bene le circostanze, Tu davvero sei Colui che guidi gli avvenimenti speciali, ma non ti metti in mostra poiché non li firmi apertamente mettendo il tuo nome”.
Il passaporto, i vestiti bianchi, il saluto ai genitori e parenti, tutto trascorse velocemente e finalmente il giorno 30 novembre 1976, strano, il giorno del mio compleanno partii per l’Oriente.
Partire non è tutto…
Era la prima volta che lasciavo l’Italia ed era anche il mio primo volo. Seduta sull’aereo, mentre guardavo la gente salire, sentivo dentro di me salire emozioni, paure, ricordi, e molti interrogativi si incrociavano e si accumulavano nel mio cuore a ritmo incalzante come il suono dei motori dell’aereo portati al massimo prima del decollo.
Pensai a quanto sforzo era necessario per sollevare il peso del carico per poter poi vibrare nell’aria leggero come piuma. Il paragone con il mio passato che mi aveva plasmata, colorata con sfumature, ombre e luci, incontri ed esperienze ricche di calore umano e spirituale. La gioia della vocazione Paolina, l’assimilazione della spiritualità e del carisma Paolino, che pone al centro Gesù Maestro Via Verità e Vita, che ci rende partecipi della sete di Gesù di salvare le anime, e con lo stile di S. Paolo che si è fatto tutto a tutti per guadagnare qualcuno, ci prepara a rispondere usando tutti i mezzi della comunicazione sociale. Ora tutto questo patrimonio diventerà un carico, una zavorra, o una ricchezza?
Avvertivo che anche per me il momento era arrivato per il distacco dalla mia terra, da persone amate, conosciute, che avevano segnato la mia storia, sentii come un brivido che attraversò tutta la mia persona e mi costrinse ad afferrare il sedile come per sentirmi ancorata a questa terra, e un dubbio si affacciò alla mia mente: sarò capace di tale distacco? Sentii il calore delle lacrime che spontaneamente scendevano sulle mie guance. Mente le sentivo scendere presi maggior consapevolezza di quanto era prezioso quello che lasciavo, e come appariva incerto quello che avrei trovato. Ancora una volta sussurrai lentamente il mio SI al Signore della vita, e con rinnovata fiducia mi dichiarai pronta ad accogliere tutto quanto il mio Maestro Gesù aveva preparato per me nella nuova terra che mi attendeva.
Quello che lasci tu lo conosci …
L’annuncio dato ai passeggerei di prepararsi per l’atterraggio mi emozionò ancora di più della partenza, mi misi la cintura di sicurezza e mi incollai al finestrino, volevo conoscere dall’alto questa città prima di metterci i piedi. Era già buio e le luci della città rendevano quel lembo di terra come un cielo stellato, spontaneamente mi vennero in mente i presepi visti negli anni della mia giovinezza e mi ricordai della parola del mio Fondatore, il Beato Giacomo Alberione: “Tutto nasce dal presepio, Betlemme è la strada che Dio ha percorso per arrivare a noi”. Poesia e mistero mi stavano preparando per posare i miei piedi nella mia nuova terra.
Quello che trovi…
L’incontro con le sorelle della comunità, il suono di una lingua totalmente sconosciuta, il cibo, modi e usanze nuove, tutto divenne motivo di meraviglia, sorpresa, curiosità, gioia e desiderio di assorbire e fare mio questo mondo per realizzare il sogno coltivato e innaffiato con tanti piccoli fioretti e preghiere, mortificazioni e sacrifici. La gioia dava ali all’impegno e questo si esprimeva in atti concreti di servizio alla comunità e nello studio della lingua cinese. I giorni seguivano i giorni e la presenza del Maestro, sperimentata nella gioia di vivere questa nuova avventura missionaria, segnavano il ritmo del tempo, facendo di ogni cosa un punto a favore e confermando che questo era ciò che volevo e desideravo.
Vale di più…
Ma come ogni sogno anche il più bello ha sempre il momento del risveglio e questo per me non fu facile. Mi trovai KO, ogni aspetto della realtà pian piano perdeva la magia dell’attrattiva e la monotonia del ripetersi delle cose corrodeva la gioia e, come tanti pugni sullo stomaco, lasciava dei lividi nel mio cuore. Anche la compagnia del mio Maestro e Signore la sentivo sempre più lontana.
La gioia delle nozze era finita? Interrogativi a cascate intorpidivano la calma e i dubbi nel mio cuore si agitavano sempre più minacciosi. Ma allora avevo sbagliato tutto? Tanta preghiera, tanti sacrifici, tanta attesa erano solo frutto della mia fantasia? Perché ora il Signore non sostiene e spiana la via che sto percorrendo in suo nome e per il suo nome?
Durante l’ora di adorazione giornaliera davanti al mio Signore, nel momento del confronto con LUI, mi vennero in aiuto le parole del mio Fondatore: “L’importante è che le corde del mio cuore siano accordate per l’aria che vogliamo suonare, cioè il canto: ‘Gloria a Dio e pace agli uomini’. Ora, l’esame ha per fine essenziale di mostrare se queste corde suonano bene quest’aria. Le corde del mio cuore sono le mie disposizioni interne. Queste, dunque, bisogna far vibrare per sapere che suono danno: cantano la gloria di Dio? O cantano il mio amor proprio? Andare alla scoperta del nostro io”. Fu una luce folgorante, ascoltai con più attenzione le corde di questo mio cuore, chiesi al Buon Dio di darmi il dono di discernere veramente per chi e per che cosa io stavo vivendo e quale posto Lui aveva nella mia vita. Nel silenzio interiore intesi la sua risposta delicata ma chiara. Il canto della Gloria di Dio lo cantavo, ma solo nella liturgia, mentre quello che ogni giorno cantava era il mio amor proprio. Mi domandai come era potuto succedere questo? La risposta la trovai nelle parole di Gesù, ‘vegliate’ e in un commento a questo brano: “Queste parole significano: dovete essere svegli e vigili, poiché non sapete quando il Signore verrà dalle nozze… Poiché, appena entrano nell’uomo sentimenti d’orgoglio, di compiacenza in se stesso o della propria volontà, subito il nemico arriva e gli toglie la preziosa borsa di tutte le opere buone”.
Presi allora coscienza del fatto che non ero stata vigile abbastanza. Mi sembrava di aver fatto tanto per Lui, in effetti avevo lasciato tutto, no? Ma non avevo lasciato me stessa. Partire per Lui non è tutto, quello che si porta vale di più, ma ho riconosciuto che la sua presenza in me era sotto il mio controllo, Lui non era il Signore della mia vita. Il cammino di fede è un cammino: “Non è semplicemente un possesso, ma un cammino che conosce passaggi luminosi e tunnel oscuri, orizzonti aperti e sentieri tortuosi e incerti. Dal misterioso abbassarsi di Dio sulla nostra vita e le nostre vicende, secondo le Scritture, nascono lo stupore e la gioia, dono di Dio”. I giorni di digiuno e di astinenza sono ingredienti necessari per togliere tutto ciò che non canta la Gloria di Dio, e, anche se al momento potrebbero costare, gli effetti che essi producono in noi sorpassano la momentanea e passeggera amarezza, inoltre non diventeranno mezzi in mano al nemico per confonderci e farci cantare la nostra gloria.
La gioia della missione
Guarita e liberata dal Maestro della Vita, riaccolsi il dono della missione e sentii che la missione non è semplicemente un possesso, un’abilità coltivata come si coltiva un’arte o degli interessi, ma un dono ricevuto gratuitamente dal Signore. E’ Lui che fin dal seno materno chiama e consegna un dono che attraverso lo scorrere del tempo diventa come una tua possibilità da realizzare; ma se si stacca dalla sorgente da cui proviene non ha possibilità di durare nel tempo. Ecco perché: “quando il Signore dà una missione, fa sempre entrare noi in un processo di purificazione, un processo di discernimento, un processo di obbedienza, un processo di preghiera”. La missione è un dono, non una conquista personale, non è un luogo, è una Persona viva che attraverso te e con te continua a fare discepoli tutte le gente, e tu diventi suo testimone.
E’ bello stare qui….
Un giorno mentre parlavo a delle giovani che erano venute per conoscere il nostro Istituto e discernere la propria vocazione, condividendo con loro la gioia di essere missionaria Paolina, una ragazza mi chiese se non sentivo nostalgia dei miei genitori e del mio paese nativo, le risposi di si, che era forte, così come era forte l’amore che provavo per tutti i miei cari. Con occhi interrogativi mi chiese: perché allora rimanevo in un paese così diverso, così lontano dalle persone che io amavo? L’unica risposta che potei dare fu quella che Lui mi aveva fatta scoprire. Rimango qui, solo perché Dio mi ha scelta e mi ha mandata, e in Lui io ho trovato tutto ciò che ho lasciato e molto di più. La loro risposta fu: il tuo Dio deve essere molto importante e grande per poter superare gli affetti naturali così profondi. Si, il nostro Dio è grande, io so che sono estremamente fragile e debole, ma ho imparato a non contare su me stessa, ma a tenere fisso il mio sguardo su di Lui, a sentire la sua sete di anime e interrogarmi continuamente, come ci ha insegnato il Beato Alberione: “Dove cammina, verso dove cammina questa umanità, sarà salva…?”.
Pur nella mia debolezza sento vere le parole del Papa Francesco: “Non perdete mai lo slancio di camminare per le strade del mondo, la consapevolezza che camminare, andare anche con passo incerto o zoppicando, è sempre meglio che stare fermi, chiusi nelle proprie domande o nelle proprie sicurezze. La passione missionaria, la gioia dell’incontro con Cristo che vi spinge a condividere con gli altri la bellezza della fede, allontana il rischio di restare bloccati nell’individualismo”.
Il brano del Vangelo di Matteo che voglio richiamare esprime chiaramente che nella missione si alternano i tempi della gioia per i risultati conseguiti, ma anche quelli della fatica e del digiuno. Tutti concorrono al raggiungimento della meta, che è l’incontro con Cristo e la partecipazione al suo mistero pasquale, che tutti ci redime per una nuova rinascita.
“Allora gli si accostarono i discepoli di Giovanni e gli dissero: Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?. E Gesù disse loro: Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno” (Mt 9,14-15).
Ci aiuti il divino Maestro a seguirlo sempre con fedeltà, con intima gioia, e sostenga “la nostra veglia nella notte, fino alle luci dell’alba, nell’attesa del Giorno nuovo”.
La bellissima lettera di Suor Giulietta mi richiama 2 riflessioni.
1) Anch’ io, come credo tanti altri giovani della mia epoca, ho fortemente desiderato andare nel mondo ad aiutare gli altri, nel Nome e nel Senso di Cristo, ma la vita mi ha portata ad altre scelte (famiglia, lavoro,..)
2) il viaggio che avrei dovuto compiere per raggiungere terre lontane, ho dovuto compierlo da ferma, in me, per poter incontrare Cristo in me e poter meglio comprendere l’opera del mio apostolato
Nel mio viaggio interiore ho compreso che gli affetti terreni, anche importanti e profondi, possono essere veri solo nel Suo Nome. L’amore terreno, con le nostre abituali strutture difensive, porta all’indebolimento/alterazione/ assuefazione degli affetti che possono essere tali e autentici solo se alimentati dall’ Unica Fontana di Energia Vera ed Eterna. La mia missione era qui : io dovevo imparare ad amare “come Lui ha amato noi” e vivere/testimoniare qui il Suo Amore!
L’augurio è che ognuno, qualunque sia la situazione, possa incontrare Cristo e viverLo all’interno della propria missione. Un abbraccio affettuoso Maria Rosaria
Grazie Suor Giulietta per la tua bellissima testimonianza e auguri per una vita sempre più piena! Maria Rosaria
Bella, avvincente, la narrazione di Suor Giulietta. Grazie!
Ho letto con molto interesse l’esperienza del distacco, del lasciare il proprio ambiente per andare verso l’ignoto, seppur desiderato, della missione. Suor Giulietta afferma di essersi poi accorta di aver lasciato tutto, ma non sé stessa. E perciò, con rammarico, di aver puntato soprattutto sulla propria riuscita piuttosto che sull’aiuto e il disegno di Dio. E che tutto è andato meglio , dopo averlo capito.
In questa quaresima il mio proposito è proprio quello di vincere me stessa , di diventare nulla di fronte a Dio, “e di non essere qualcuno in proprio: un ceffo o un papa” come dice il nostro caro Marco nella poesia, citata da Fabio che ringrazio, nel commento al post precedente. Ogni esperienza valida è un’esperienza di vittoria sul nostro io, ripiegato su sé stesso. Mariapia
Grazie, sr. Giulietta della tua bella testimonianza. Si, è fondamentale ricordarci che la chiamata del Signore non ci toglie l’amore e l’affetto per i nostri cari… non si può rinnegare la nostra natura e la nostra sensibilità. La gioia di quanti si mettono a disposizione dei disegni di Dio è Quell’Amore più Grande, che non diminuisce nulla, ma è semplicemente più grande di tutto e tutto contiene, anche le nostre crisi e notti oscure…
un abbraccio.
elisabetta
Ciao a tutti! Sono Francesco dalla Thailandia, e sono un praticante dell’ approfondimento 1/2. Mi sono fatto sentire molto poco in questi anni, ma questo post mi ha spinto a intervenire, cosa che , per altro, avevo in animo di fare da tempo. Ringrazio Sr. Giulietta della sua testimonianza così articolata e profonda. Mi ha colpito in particolare la frase” quando il Signore da’ una missione fa sempre entrare in noi un processo di purificazione, un processo di discernimento, un processo di obbedienza , un processo di preghiera.” Da quando nel 1998 ho dato la disponibilità per la missione come prete diocesano queste parole si sono fatte carne in me. In fondo la missione prima o poi ti rimanda a te stesso, alla tua storia, alle tue luci e ombre che anche provvidenzialmente per un certo tempo o, meglio ancora, a fasi ricorrenti, ti gettano in un buio che cerca luce…Ringrazio questo cammino che pure con qualche fatica, tentennamento e ripensamento sto portando avanti e che ora si trasferisce con me in questa nuova realtá . Un caro saluto a Marco e a tutti i praticanti.
Bentrovato, carissimo Francesco, sono felice di questo tuo intervento, ti sentiamo tutti vicino, anche se sei ora in Thailandia, e speriamo che la tua partecipazione all’Approfondimento I possa intensificarsi …
Un abbraccio, e un grande augurio! Marco
cara sr Giulietta,ho letto e riletto con attenzione la tua bella e autentica testimonianza che ha illuminato in alcuni punti il cammino che sto facendo in Darsi Pace.
anche a me succede di “cantare nella liturgia e poi nello scorrere della giornata…cantare la mia compiacenza.la mia riuscita, la mia volontà….”vegliare….essere svegli, essere presenti..chiedersi dove sono?vegliare …e qui mi ritorna in mente il brano del vangelo delle 10 vergini stolte e le 10 sagge….che solo ora risuona e vedo con un altro significato …grazie per qs preziosa condi- visione….e rinnovato invito a vigilare….nel vero senso della parola…..
a chiedermi quale posto ha Lui nella mia vita!?un abbracco affettuoso Irenilde
grazie anche alle riflessioni di M.Rosaria che mettono sotto la giusta luce , la giusta angolazione i ns. affetti….