L’andare a messa la domenica e le feste comandate è uno dei precetti della Chiesa Cattolica che tutti abbiamo imparato al catechismo. Forse da bambini abbiamo ubbidito senza chiederci il perché, e poi abbiamo continuato, forse perché era un rito rassicurante, un’abitudine degli adulti, forse perché senza messa la domenica ci sembrava meno festa, forse per poter indossare un vestito più bello, forse per incontrare persone ed amici o per conoscere anche persone nuove. Forse per non commettere un peccato mortale che si doveva poi confessare.
Quindi in molti abbiamo perseverato soprattutto per abitudine, per inerzia.
Ma ci siamo mai chiesti se lo facevamo per noi stessi o per Dio, quasi che il Dio di Gesù Cristo si offendesse se noi lo dimenticavamo proprio nel giorno della sua resurrezione? Era per noi un atto di fede o una fedeltà a una tradizione, non molto impegnativa, che ci permetteva di sentirci cristiani?
Molti però, raggiunta l’autonomia, si sono ribellati a questo impegno che giudicavano un inutile perditempo, una tradizione infantile e borghese, un lasciapassare da rispettare soltanto per non affrontare la fatica di mettere in discussione tutto, quando si ha troppa paura della propria libertà.
Oggi le cose sono molto cambiate, le statistiche ci dicono che attualmente solo in media meno del 20% delle persone vanno regolarmente a Messa.
Per obbedire al precetto o per scelta, per sentirsi arricchiti da quella funzione domenicale, per celebrare davvero la festa?
Nella chiesa che frequento io la domenica, il prete ci ripete spesso che se siamo lì per ubbidire a un precetto, dovremmo uscire. La celebrazione dell’Eucarestia, sotto la guida di un presbitero e insieme a una comunità ha senso solo se è un atto d’amore. E spiega: Dio si rallegra di vedere il suo popolo riunito, Dio ha bisogno che noi lo adoriamo e preghiamo insieme. Lui desidera vedere il nostro volto come noi cerchiamo il Suo. Lì facciamo dunque un’esperienza del dare e ricevere amore. E l’amore è gratuito, non risponde a un obbligo.
Quando stiamo per uscire dalla chiesa edificio, ci ricorda che la nostra messa continua fuori, tra gli uomini e le donne , nella società, nei luoghi di vita e di lavoro; dopo aver ascoltato la parola di Dio, che è come una spada a doppio taglio che penetra in noi, dopo aver mangiato la Sua carne e bevuto il Suo sangue, non possiamo più essere gli stessi anche nei giorni feriali.
Quanto afferma questo sacerdote mi convince, e continuo a interrogarmi su l’utilità di una norma che ha caratterizzato la nostra civiltà cristiana ed è tuttora scritta e quindi vigente nel Catechismo della Chiesa Cattolica. Vi si legge infatti:
“L’Eucarestia domenicale fonda e conferma tutto l’agire cristiano. Per questo i fedeli sono tenuti a partecipare all’Eucarestia nei giorni di precetto, a meno che non siano giustificati da un serio motivo (…)Coloro che deliberatamente non ottemperano a questo obbligo commettono un peccato grave:” (C.C.C.,2180)
Perché continuare a obbligare? Io credo perché la norma ha un valore pedagogico, come S. Paolo afferma della legge. In poche parole, noi continueremmo ad andare a messa con convinzione, se una norma, nei momenti di tiepidezza, non ci avesse sostenuto nel continuare a fare qualcosa che comunque arricchisce?
Nel catechismo si riportano anche alcune espressive parole di San Giovanni Crisostomo, che forse ci convinceranno “ Tu non puoi pregare in casa come in chiesa, dove c’è il popolo di Dio raccolto, dove il grido è elevato a Dio con un cuore solo (…) Là c’è qualcosa di più. L’unisono degli spiriti, l’accordo delle anime, il legame della carità, le preghiere dei sacerdoti. “ (C.C.C., 2179).
Però tante persone, me compresa, hanno dovuto sospendere per un certo tempo la frequenza alla messa domenicale, per riscoprirne il valore.
E alcuni diranno: “C’è messa e messa: alcune sono vuote e noiose rappresentazioni, io ho scelto di rifiutarle, perché oltre ad annoiarmi, mi sentivo ipocrita, mi sembrava qualcosa di inutile essere lì e mi creava molto disagio. “
Spesso se queste persone, dopo un cammino di conversione, ritornano, frequentano una chiesa diversa dalla precedente.
Andare a messa la domenica non è facile, né scontato per coloro che si dicono cristiani e cattolici. Siete d’accordo? Come possiamo aiutarli? Quali sono le vostre esperienze?
Chi insegna catechismo cosa fa per invogliare i bambini e soprattutto i giovani? Ripete semplicemente che è un dovere, un precetto? O ricorre ad altre argomentazioni?
Penso che oggi l’arma del precetto non abbia più forza; oggi si cercano esperienze autentiche e vere. Se qualcuno in chiesa si annoia e non assapora qualcosa di nutriente, si sente legittimato a non andarvi più.
Le chiese vuote anche la domenica non sono una tragedia, sono solo la domanda di qualcosa di più convincente e vitale! Vivere la fede non è un semplice rito, non si è buoni cristiani solo perché si soddisfa il precetto della messa domenicale, la liturgia va rinnovata e soprattutto l’impegno nella vita di tutti i giorni è indispensabile! Come continua a ripetere, soprattutto nelle omelie a Santa Marta, Papa Francesco.
Per come sono io il desiderio di un incontro con l’Altro “insieme e tramite altri” non mi torna proprio facile e neppure spontaneamente nasce in me quell’esultanza che è il preludio alla festa.
Decido semplicemente di partecipare alla Messa e mi preparo con una bella meditazione che approfondisca il momento del “confiteor” e penso: gustare la bellezza della liturgia non è per me (non saprei neppure da che parte cominciare a “parlare” di liturgia) ma, sperimentare la dolcezza di decidere di attraversare i miei limiti e di sentirmi veramente perdonata e risanata, almeno un poco, per potermi accostare al mistero che si celebra, quello posso farlo.
Il ritorno è differente, il mio cuore è più lieto e faccio festa anche sul sagrato nell’incontro con gli altri.
In fondo è la pratica che giustifica la pratica stessa, donandomi, ogni volta e ancora, la conferma che “ne vale la pena”; e non son più troppo in balia dei limiti altrui anche se certo non è tutto uguale…
Ciao
Rosella
Vorrei riportare la bellissima testimonianza di Padre Giulio Albanese, gesuita ,giornalista,missionario impegnato in Africa da tanti anni .
A proposito di celebrazione eucaristiche….
Ho letto questo articolo dal suo facebook e mi sono commossa .
Mi permetto di postarlo
Una confessione sul Martirio
Anni fa, grazie all’aiuto di un organismo umanitario internazionale, riuscii ad entrare in un Paese islamico in guerra, dove imperversava la sharìa, la legge islamica. Per garantire l’incolumità della piccola comunità cristiana ivi residente, in questo breve resoconto, ho ritenuto opportuno omettere i nomi delle località geografiche e quelli di persona. La città dove mi trovavo era la capitale e l’insicurezza regnava suprema. La gente era disperata e i cecchini erano ovunque, nascosti tra ruderi e macerie. Avevo ottenuto il visto d’ingresso come giornalista perché se avessi dichiarato d’essere un religioso cattolico, probabilmente ora non sarei qui a raccontare questa storia. Mi era stato riferito da un collega spagnolo che, nonostante la presenza dei miliziani jihadisti, vi era in città una piccola comunità di suore, appartenente ad una congregazione missionaria. Vivevano in una casetta prefabbricata, coperta dall’ombra di un paio di palme. Inizialmente, queste donne, tutte e tre italiane, pensarono che fossi un cronista in cerca di scoop e dunque si mostrarono molto diffidenti. D’altronde, quando avevo preannunciato telefonicamente la mia visita, per prudenza, non avevo rivelato la mia vera identità. Quando, però, riuscii a spiegare chi fossi, si commossero così tanto che mi chiesero, con le lacrime agli occhi, di celebrare la Santa Messa. Erano mesi che non potevano prendervi parte, tanto era il tempo trascorso dall’ultima Eucaristia. Chiesi d’essere accompagnato nella loro cappella. “La nostra è la cattedrale più piccola che lei abbia mai visitato” disse la superiora, una donna sulla cinquantina. Con un cenno fugace, mi invitò a seguirla, accompagnandomi nella sua camera da letto, una stanzetta angusta, illuminata da una finestrella che correva lungo il soffitto. Dentro l’armadio a muro, nascosto tra i vestiti, c’era un piccolo tabernacolo. Sollevò il comodino, quello che sarebbe stato l’altare e lo mise di fianco al letto. Mi fece accomodare su uno sgabello, mentre preparava tutto l’occorrente per la celebrazione. Le due consorelle si sedettero, poi, assieme a lei, con grande devozione, sul letto, chiedendo d’iniziare la liturgia. Ero emozionato, avevo davvero la percezione di trovarmi nei bassifondi della Storia, laddove c’è tanta umanità dolente, dimenticata da tutto e da tutti. Indossai solo una stola in quanto l’umidità era al 99% e la temperatura al limite della sopportazione. Non nascondo la mia inadeguatezza a spezzare il pane della Parola con quelle donne così coraggiose. Tra l’altro, una di loro, poco tempo dopo, sarebbe stata uccisa. Avevo letto sui libri di teologia cosa fosse la Martyria, ma quel giorno mi resi conto davvero di cosa significasse quella parola. Consacrai due chili e mezzo di ostie, contenute in un recipiente di latta. Mi spiegarono, successivamente, che le particole sarebbero state poste a parcelle dentro piccoli flaconi di medicine, ricoperte con l’ovatta e distribuite ai fedeli, attraverso i catechisti di quattro piccole comunità. Proprio tutto quello che restava, numericamente parlando, di una Chiesa, piccolo gregge. Sono qui a testimoniare non solo la loro grande fede, ma l’atteggiamento misericordioso di fronte ai loro persecutori. “Perché – mi disse la superiora – essere cristiani significa non essere mai contro qualcuno”. Compresi solo allora quanto verace fosse l’insegnamento di Gesù: “Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.” (Mt 5,11-12).
Padre Giulio Albanese .
Io ho sentimenti un po’ controversi rispetto al precetto domenicale. Per parlare con onestà, mi sento molto dipendente da fattori particolari, come chi celebra la messa, se ci sono canti e se mi piacciono, cosa viene detto durante l’omelia e in che modo. Inoltre, dopo tutti questi anni, mi innervosisce ancora accostarmi al sacramento della confessione, sono tormentato dall’idea di non farla bene ed incappare così nell’aver disatteso ulteriori prescrizioni.
Capita così alle volte che esca dalla funzione veramente ritemprato e confortato, come capita che esca angosciato e un po’ triste. Sono triste quando il mio giudice interiore (che confondo con Dio) mi parla in modo arcigno e mi induce in atteggiamenti sottilmente disperanti, che penso sia tutto il contrario della vera fede.
Tutto questo, se a volte mi dà sincero sconforto (“non cambierò mai? non gusterò mai la vera fede liberante?”), altre volte lo interpreto come segno di qualcosa su cui devo lavorare, su cui il cammino Darsi Pace può darmi, ritengo, una congrua spinta in avanti. Per me, per come sono, “darmi pace” vuol dire arrivare fino alla radice ancora misteriosa di questo senso di colpa “originario”, pesante come un blocco di ghiaccio, iniziare ad accoglierlo, intravedere (come a volte intravedo) una via di ammorbidimento, di scioglimento…
… andando un poco fuori tema.
Poco prima di Pasqua per la prima volta mi sono confessata con molta semplicità e lo devo al lavoro fatto in questi anni, seguendo il metodo proposto nei gruppi “dp”.
Mi sono persino stupita di quanto fosse evidente ed elementare la novità.
Siamo stati educati a confessare i peccati commessi, ovvero “le azioni sbagliate” che consapevolmente compiamo, e non ad offrire all’azione della grazia i moti distorti che agitano il nostro cuore impedendoci di amare.
Queste emozioni sulle cui genesi non esercitiamo un controllo diretto talvolta ci fanno sentire persino fieri del fatto di non averle agite (giusto!), come se questo le dissolvesse.
Ma non è così.
Forse è ora di cambiare registro offrendo all’opera della grazia, anche nel confessionale, con semplicità e chiarezza ciò che si agita nella nostra anima così come emerge durante la meditazione.
Io non ho trovato alcun ostacolo nel farlo neppure da parte del Sacerdote che non conoscevo.
Liturgia, sacramenti, messa domenicale…per me non è ancora facile farli entrare ‘sensatamente’ nei miei ritmi di vita!
E’ già stato per me un lavoro importante riuscire a ‘entrare’ (cioè a capirci qualcosa) nei misteri che si celebrano in occasione delle grandi festività cristiane (Natale, Pasqua…); tutto ciò che è più quotidianamente ‘ordinario’-preghiere, funzioni, rituali- non riesco a trovarli significativi per me (o perlomeno ancora non mi parlano!).
C’è bisogno di aria nuova, di autentica primavera dello spirito…dentro ognuno di noi (v. ultimo ‘post’ di Marco Guzzi su FB) ! cerchiamo di non disperare…mcarla
Devo dire che una delle motivazioni per cui ho iniziato a frequentare DP è stato anche il mio malessere di prendere parte alla messa domenicale. Se ci andavo stavo male perché mi sembrava tutto imposto e in qualche maniera falso e superficiale se non ci andavo mi sentivo in colpa. Ho deciso quindi di sospendere momentaneamente per approfondire il mio problema. Mi capita però, ogni tanto, di partecipare a delle messe davvero speciali dove ci si sente un cuore solo e un’anima sola. Ieri un nostro amico sacerdote ha celebrato la messa a casa di Franca la figlia di mia sorella che da anni è a letto con la sla. Eravamo tutti nella sua stanza intorno al suo letto Franca era raggiante ma può dirlo solo con gli occhi perché non può parlare ne muoversi. C’era il marito i suoi ragazzi , la mamma le sorelle con i loro figli e i due nipoti lontani in collegamento telematico. Abbiamo ricordato il padre di Franca morto da 20 anni ma presente in maniera quasi tangibile, abbiamo pregato e riflettuto insieme, abbiamo fatto la comunione e nessuno aveva voglia di andarsene. Sono tornata a casa piena di gioia.
Il tuo articolo mi ha fatto ricordare questo fatto.
In una domenica estiva degli anni 80, davanti alla chiesa, un ragazzo con aria colpevole, diceva al prete dell’oratorio “Durante le vacanze ho perso Messa” e il sacerdote gli rispondeva “Non sai cosa ti sei perso!”
Vi sembrerà strano, ma quelle semplici parole mi hanno fatto capire per la prima volta che la Chiesa non è solo doveri e sensi di colpa, ma anche dispensatrice di gioia e di pace.
Un caro saluto
Cara Maria Pia,
io a Messa a volte ci vado e a volte no. A volte esco allegra e ” carica” altre volte delusa.
A volte nella mia Parrocchia “Moderna” mi ricarico, a volte vedendo il Sacerdote nel Complesso della “Chiesa” mi scarico, a volte fuori della mia Parrocchia trovo delle messe che mi stupiscono in positivo ed altre in negativo, proprio a Pasqua ho incontrato un Sacerdote al quale ho confessato di sentire ” che forse sto perdendo la Fede, la certezza di Altro dopo questa vita.” Sai come mi ha risposto? raccontandomi un fatto sulla vita sessuale di una novantenne!
Bè dopo questo non è c he non sono più andata a Messa, anzi ho ritenuto quel prete un “poveraccio” che sta peggio di me con il rapporto con Dio… Io penso però che la Messa il Sacerdote la celebra ed è la nostra partecipazione profonda, il nostro stare insieme dentro e poi fuori la Chiesa a fare la differenza! Per questo penso che non dovrebbe essere obbligatoria, se io vado a Messa e poi non mi comporto da cristiano a che serve?
Comunque la Messa più bella alla quale ho partecipato è stata sulle Dolomiti! Non in Chiesa ma su un bellissimo prato di montagna, l’altare era un passeggino apparecchiato e noi famiglie presenti ci siamo divise i panini come Ostia insieme al Sacerdote che ci ha accompagnato. Un caro saluto Luciana.
Leggendo questi commenti mi è venuto da riflettere sul fatto che le messe vissute in situazioni “estreme” sono quelle che lasciano un segno. Del resto, Gesù ha fatto un’unica “messa”, nel punto estremo della sua vita.
Mi pare invece che noi, in casa cattolica, abbiamo l’ossessione della messa, come precetto e come moltiplicazione dell’identico. Il rischio perciò è che si dispensino ritualità simili più a procedure che ad annuncio del Dio con noi.
Gesù inizia la sua predicazione con un annuncio che colpisce, affascina. Non fa discorsi teorici, dice semplicemente “Venite e vedrete”. C’è qualcosa che colpisce i sensi, che tocca la carne, che prende il cuore.
La liturgia dovrebbe riportarci a questa esperienza fondamentale di un annuncio che piglia, di parole che toccano corde profonde (non mi riferisco ovviamente all’emotività ballerina del momento fuggente).
Perciò mi pare che le condizioni in cui le nostre messe accadono siano determinanti. È importante il sacerdote, come agisce, cosa dice, come lo dice, la cura dei canti e delle letture. Se non c’è questo non c’è messa, cioè non c’è il ricordo accorato di quell’Amore dato fino alla morte, e si sente!
Perciò, tra le tante cose, urge anche una profonda riforma liturgica per recuperare il senso della condivisione di quel gesto di ringraziamento e di gioia per essere amati da un Amore così grande.
Personalmente non trovo questa dimensione nelle messe per come sono strutturate attualmente. Anch’io ho le mie esperienze di messe “estreme” e lì il coinvolgimento del cuore è a un altro livello, quello a cui dovrebbe essere sempre, invece rischiamo di accontentarci di volare basso.
iside<
Intanto, vorrei significare la mia gratitudine per questa bella discussione su una cosa che in tanti altri ambiti, anche spirituali, si dà allegramente (o meno) per scontata, bypassando una serie anche di riflessioni ed anche di disagi che qui grazie al cielo possono venire in luce; che è la prima cosa perché possano essere curati, a mio avviso.
In questo senso mi pare che i vari commenti non sono certo di minor interesse del post, e ritengo che questo anzi sia un argomento che qui in DP può utilmente essere tenuto vivo.
Nel merito del commento di Iside, mi colpisce quando dice “urge anche una profonda riforma liturgica per recuperare il senso della condivisione di quel gesto di ringraziamento e di gioia per essere amati da un Amore così grande.” Non so dire se sia esattamente così, se è questo ciò di cui si ha bisogno.
Mi spiego con esempi autobiografici, per non essere astratto. Io “sento” la messa se e quando è parte di una storia, della storia che il Mistero intreccia con me. Così la sento se è una messa del movimento cui appartengo, o anche, la sento se il sacerdote che officia comunque mi “cattura”, in qualche modo ne avverto il carisma. Se sento che “vive” di quello che fa. Se ha incontrato Qualcuno lui, prima di tutto. Ci sono certi sacerdoti, che anche la prima volta che li incontri, mi fanno sentire la proposta di Dio, e la sua Misericordia, come affascinanti e intriganti per la mia vita. Mi fanno sentire felice dentro. Ricordo certe messe in cui sono uscito proprio contento, e magari conoscevo il sacerdote solo di vista (o nemmeno).
Purtoppo, ci sono altri sacerdoti e altre celebrazioni dove avverto uno scollamento drammatico tra me e ciò che viene celebrato, avverto allora una dolorosa aridità e una pena nel cuore, insieme al dolore per non riuscire a partecipare col cuore a qualcosa che la mente – comunque – mi segnala come molto importante.
Ammetto che, come accennavo nel mio precedente commento, questa mia “dipendenza” da fattori contingenti a volte (giusto o sbagliato che sia) un po’ mi dà scandalo.
E’ la Chiesa che deve cambiare, o devo cambiare io?
Sono qui in questo cammino per capire anche questo. Ed è molto bello che se ne stia parlando.
Appunto la Chiesa non è solo doveri e sensi di colpa come ci hanno insegnato da bambini……
Mi ricordo in casa mia, religione = sacrificio……
Dio è gioia!!! Sembrava che essere felici fosse un peccato!
Ho passato anni di ribellione, non potevo neanche entrare in una chiesa.
Poi piano piano col lavoro interiore ho superato quello che mi era stato insegnato, anche se ancora ho alcune difficoltà…..
Leggete “Il segreto della gioia” di Padre Andrea Gasparino che si è occupato di giovani per quarant’anni. (ed.Paoline)
Un abbraccio a tutti voi
Francesca
Prima pensavo che tutti i sacerdoti e suore fossero come quelli che avevo conosciuto nella mia infanzia e adolescenza,
non è così, lo spirito della Chiesa sta cambiando e velocemente…….
Credo che al di la di ogni mia valutazione o vissuto, il momento più vitale sia semplicemente quello in cui, nell’aridità o nella consolazione, percepisco nel cuore la Sua Presenza. Non sono nella verità se penso e credo “non è facile”, è vero se credo e penso “il complicato sono io, Lui è qui”.
….ma certo è più giusto “sono qui, io, davanti a Lui”.
Grazie a Maria Pia e a tutti gli intervenuti e un caro saluto. Il tema sollevato suscita particolarmente il mio interesse. Fino all’ anno scorso in cui esercitavo il mio ministero di prete in Italia, la crisi della partecipazione alla Messa mi toccava profondamente. Personalmente credo che la Messa sia uno dei luoghi chiave, se non forse il luogo chiave del cristianesimo del futuro. Se non altro, perché fin dalla nascita del cristianesimo lo spezzare insieme il pane la domenica, è stato considerato il luogo della memoria viva della Risurrezione di Gesù. Quindi detta in modo semplice , senza la Messa non possiamo considerarci cristiani. E quindi se la Messa è in crisi lo è pure il cristianesimo a cui è geneticamente legata. Ma di chi è la crisi di cui parliamo? Del prete che celebra, di chi partecipa ( o, purtroppo, assiste)? Della Messa in sè come rito…? Personalmente ritengo che la Messa vada riscoperta come luogo della grazia, luogo in cui cosi come sono e così come siamo in comunità, non ancora perfetti, feriti e inconsapevoli, veniamo accolti e avvolti dallo Spirito che ci immerge nella vita di Dio… Non vado a Messa solo perché ne sento il bisogno o perché c ‘è quel prete che mi piace o quella comunità simpatica. Può essere importante questo ma ciò che più conta a mio avviso è la consapevolezza che durante la Messa si riversa su di me una pioggia benefica e risanante di parole e gesti che sono tutte insieme l’abbraccio,la consolazione,l’ amore di Dio su di me e sul ‘noi’ comunità che celebriamo. Tutto ciò richiede per me, umiltà , conoscenza del linguaggio liturgico, desiderio di Dio, cammino personale, vissuto autentico di comunità, per giungere però a quel semplice ‘ eccomi’ di Maria. Sono, siamo presenti a Te, come scriveva Rosella. Non mi aspetto nulla, nemmeno di essere migliore dopo. Vivo l’ incontro con lo Spirito di Gesù che mi immerge nell’ amore personale di Gesù per me. Lascio che faccia Lui è gli do tempo…grazie e ancora un caro saluto
Ringrazio tutti coloro che hanno commentato il mio post, soprattutto raccontando le loro esperienze in merito all’argomento. Bella, in particolare, la testimonianza , riportata da Chiaredo, della messa di Padre Albanese, celebrata in una difficile situazione e in una “ cappella” veramente insolita.
Certo, come dice Iside, tutti hanno partecipato a messe in “situazioni estreme” che hanno lasciato in loro una traccia profonda, ma la maggior parte di noi lamenta anche condizioni di aridità, di noia, di delusione.
Forse proprio per questo, come sottolinea Anna Paola, seguiamo DP per accettare gli alti e bassi della nostra vita spirituale, che dipendono, come stiamo imparando, dalle oscillazioni del nostro ego, e abbiamo l’aspirazione di imparare a essere più centrati in noi stessi, scendere nel profondo, dove la relazione con Dio e con gli altri si fa più stabile e prima o poi appagante e significativa.
Il commento di Francesco sintetizza chiaramente tutto questo: per la fede la messa, comunque essa sia, è il luogo della Grazia!
Ciò non toglie che tutti , laici e sacerdoti, dobbiamo sentirci impegnati in modo creativo, per la rivitalizzazione di una liturgia che è essenziale per la nostra fede. Marco si chiede: è la chiesa che deve cambiare o io? Ma ognuno di noi, in quanto battezzato fa parte della Chiesa, se non cambio anch’io, anche la più bella messa domenicale, prima o poi mi lascerà indifferente e mi sembrerà insulsa.
Così, io penso, muterà anche il modo in cui vivremo altri momenti liturgici, prima fra tutti la Confessione sacramentale, come ci ha suggerito Rosella.
Proviamoci a immaginare come sarà una celebrazione eucaristica tra un centinaio di anni: io ipotizzo atteggiamenti, parole, sguardi, gesti, comportamenti molto diversi da oggi, pur restando immutata la sostanza dell’essere mensa della Parola e del Pane. E io che posto avrò? Quale traccia di cambiamento potrò riconoscere anche come mia?
Con il piacere di salutarvi e sentirvi vicini tutti, Mariapia
Ogni tanto vi leggo… Il tema mi intriga più di molti altri, pertanto oso condividere…
L’Eucarestia, per come la “vedo”, è l’esito di una sorta di genialità antropologica.
Prendere un gesto quotidiano, intensificarne i sensi, tenderlo, estenderlo, farne esplodere la densità di significati è stato possibile al profeta di Nazareth perché così ha fatto del proprio vivere e morire.
E in quel gesto quotidiano – prendere, spezzare, dire bene di Dio, condividere… mangiare…. bere – si restituisce al mondo, agli altri….
Ri-prendendo quell’insieme di gesti veniamo a sapere di noi, della fede, della destinazione della terra e dei suoi beni.
Veniamo a sapere di noi: non siamo davvero uomini e donne se non nella condivisione.
Veniamo a sapere della fede: Dio ha fiducia delle nostre possibilità di dono.
Veniamo a sapere che del mondo e dei suoi beni non siamo proprietari.
Quel Rabbi ci dà appuntamento ad un pasto ed in noi fa breccia il Suo modo di “vedere” Dio, il mondo, gli altri….
So bene che la dottrina ufficiale e la liturgia dicono molto altro e di più attorno alla messa….ma a me basta ed avanza questo!
Grazie, eva
Ogni tanto vi leggo… Il tema mi intriga più di molti altri, pertanto oso condividere…
L’Eucarestia, per come la “vedo”, è l’esito di una sorta di genialità antropologica.
Prendere un gesto quotidiano, intensificarne i sensi, tenderlo, estenderlo, farne esplodere la densità di significati è stato possibile al profeta di Nazareth perché così ha fatto del proprio vivere e morire.
E in quel gesto quotidiano – prendere, spezzare, dire bene di Dio, condividere… mangiare…. bere – si restituisce al mondo, agli altri….
Ri-prendendo quell’insieme di gesti veniamo a sapere di noi, della fede, della destinazione della terra e dei suoi beni.
Veniamo a sapere di noi: non siamo davvero uomini e donne se non nella condivisione.
Veniamo a sapere della fede: Dio ha fiducia delle nostre possibilità di dono.
Veniamo a sapere che del mondo e dei suoi beni non siamo proprietari.
Quel Rabbi ci dà appuntamento ad un pasto ed in noi fa breccia il Suo modo di “vedere” Dio, il mondo, gli altri….
So bene che la dottrina ufficiale e la liturgia dicono molto altro e di più attorno alla messa….ma a me basta ed avanza questo!
Grazie, eva
P.S Un caro saluto a Mariapia.
Scusate, non mi ero accorta di aver cliccato la prima volta.
Grazie, Eva, di aver “ osato” condividere con una riflessione veramente preziosa, sottolineando il valore antropologico della mensa eucaristica. Lì Gesù si fa dono e noi impariamo a vivere pienamente la nostra umanità: a ricevere il dono, a condividerlo, a non considerarci padroni dei beni del mondo, e tutto questo con la semplicità e la bellezza dei gesti quotidiani.
Non una ritualità lontana e pomposa dunque , ma vicina ai nostri bisogni e alle nostre più vere possibilità .
Auguri! Mariapia
Dopo quasi trentacinque anni di collaborazione intensa alla vita di una comunità parrocchiale, con catechesi per bambini prima ed adulti poi, dopo qualche incomprensione e offesa ricevuta dal parroco, ho una raggelante impressione che tutto sia stato falso, che tutto, compresa la celebrazione eucaristica, sia una rappresentazione teatrale a cui non mi va più di partecipare. Ma poi mi dico:” Signore , da chi andrò? Tu solo hai parole di vita eterna.” Vorrei continuare ad essere vicina a Lui, ma in modo più sentito e vero. Saprò farlo senza la mia comunità o devo lavorare su me stessa per perdonare e ritrovare l’antico fervore che mi ha dato nelle difficoltà della mia vita, e sono state tante, forza e gioia? Devo cambiare comunità?
Io penso che più che di parole abbiamo bisogno di comportamenti migliori, certo alla teoria segue la pratica, o almeno dovrebbe essere così, pertanto io penso che tutti questi discorsi molto teorici del DP hanno una validità molto limitata. Bisogna comportarsi meglio e con più sincerità d’animo in ogni momento della nostra giornata, ……
Cara Marisa, è bella la decisione di mettere al centro della nostra vita Gesù, di non allontanarsi da Lui! Sta al nostro discernimento la scelta dei modi migliori per farlo!
Caro Anonimo, siamo esseri pensanti! Le nostre azioni sono frutto anche del nostro modo di pensare! Mariapia
FESTA
Uno spiazzo profumato/ di antico/ di buono/ verde / sul far di una sera d’estate./ Trilli di uccelli/ teste di bambini,/ tepore di mani d’amici/ strette in un sorriso./ E su una tavola bianca/fiorita di rosso/ Tu, Signore:/ Tu Signore/ ancora spezzato. // Riverberi di sole/ sui volti,/ echi di pace nei cuori. “26 – 6- 1984.
Che nostalgia! Perché non mi è più possibile?
cara Marisa
anch’io vivo uno stato interiore simile al tuo e penso che nella vita ci sia “tempo per ogni cosa” poichè il fine nella vita è acquisire la sapienza.
Sapienza come sapore, come conoscenza della vita che vive.
Conosco e penso di comprendere il tuo dolore a me aiuta molto lo spegnimento che apprendiamo nel corso dp e che consente di attraversare questa ferita dolorosa dell’incomprensione e del rifiuto conoscendo meglio me stessa.
Come funziono io, ma, soprattutto “gustando” qualcosa di nuovo, che, se vuoi non è più paragonabile all’esaltante gioia dell’innamoramento (che concepisce parole e versi novi), ma più simile all’accoglienza di un amore “doloroso”, pieno di senso, di pace e in fondo lo puoi anche chiamare gioia: una gioia tranquilla.
Accogliere questo amore che mi è donato personalmente per poter apprendere faticosamente a metterlo in circolo.
E’ più simile all’amore di una madre per i figli che crescendo se ne vanno, che non alla gioia del concepimento.
Un luogo nel quale il dolore ti compie il cuore “d’amore”, e tu puoi dire che il dolore umano non ha nulla a che fare con l’angoscia, la paura, la disperazione, il rimpianto o altro.
Ti abbraccio
Rosella
Mia cara a me capita spesso distrarmi durante la messa.
Mi chiedo cosa sto facendo ? Sarà meglio che vado via? Dio non ha bisogno della presenza , co la mente e il cuore altrove.
Resisto ma non mi sento in pace con me stessa.
Cara Antonia! Anche a me capita di distrarmi e credo a molti, forse a tutti. Ma Dio ci prende come siamo! Lui non si distrae mai dal Suo amore! Mariapia
Cara Maria Pia
l’importante è non perdersi troppo nei pensieri, perchè finchè tu pensi c’è qualcun altro che si accolla il fardello del fare….
Anonymus
io non voglio che ha casa mia non succede nessun terremoto e che Mamma,Papa’ ,Mia sorella,Mio fratello e il mio coniglio e pure io non muoriremo mai
Ti voglio bene Gesu’
Vorrei che alla scuola elementare si insegnasse di nuovo la grammatica
Cara Antonella e caro Anonimo!
non vi conosco e comunque vi auguro ogni bene Mariapia
NON SIA CORRETTO SOSPENDERE LA PARTECIPAZIONE PER RISCOPRIRNE ILVALORE, poi di questo è meglio parlare con un sacerdote…. Comunque leggete qua: http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=331
*TEMO
Grazie per l’articolo segnalato. L’ho letto con interesse! Mariapia
Sono fra quelle persone che sentono il bisogno di andare alla.Messa almeno la domenica.
Da bambina sono andata per obbligo e accompagnata dai genitori.
Ho incontrato Sacerdoti veramente Santi. Non tutti erano colti ma preti che “ci credevano” e il più mediocre è stato quello più degno di essere considerato Santo . È morto sulle scale del Tempio di Gerusalemme come lui sognava di tornare almeno prima di morire. …
In seguito non ho più trovato questo spirito nei preti che si susseguivano nella mia parrocchia!
La messa ha valore ed è dispensatore di grazie comunque! L’ Eucarestia viene celebrata! Non dovrebbero esserci differenze, ma continuo ad inseguire quella speranza di ritrovare quel fervore antico!
È peccato questo?
Cara Teresa!
Anch’io sento il desiderio di partecipare alla messa domenicale, e penso che anche Dio abbia bisogno di vedere una comunità orante nel giorno del riposo. Può capitare che una messa venga celebrata in modo meccanico, ripetitivo e che non ci lasci nessun gusto attraente in bocca. Anche i preti sono peccatori e stanchi come noi e talvolta impreparati. Si può allora cambiare , cercare in altro luogo la fonte di acqua viva, spero che anche tu lo possa fare senza troppo disagio! Auguri! Mariapia
Sai cara Mariapia che per anni sono andata a…rincorrere… i preti delle parrocchie vicine per ritrovare quelle spiegazioni del Vangelo ma anche esempio dei Santi che mi aiutassero ad affrontare le difficoltà della vita. Alla fine mi sono arresa e ho capito che devo stare nella mia parrocchia e devo cercare di dare il mio contributo per aiutare e cercare di migliorare la situazione. In fondo in fondo non ho ancora perso la speranza. Quanti ostacoli trovo! Mi sembra che Dio mi voglia rimproverare per aver perso tanto tempo e che continuamente mi metta alla prova !
Sono felice di aver trovato per caso questa possibilità di dialogare su un argomento che mi sta molto a cuore.
Grazie!
Da pochi giorni nella mia parrocchia è arrivato un nuovo sacerdote, giovane e italiano. E’ vero, a volte il Signore ci da molto
di più di quello che chiediamo
Ciao Teresa,
sto imparando una cosa, il Signore ci dona quello che ci può fare bene.
Molto spesso invece noi chiediamo altro senza renderci conto che non sarebbe per il nostro bene.
Con il nuovo sacerdote la tua comunità potrà crescere nella consapevolezza di una relazione fraterna ma servirà la tua attiva partecipazione, sei una pietra viva della chiesa di Gesù.
Un sorriso Ale
spaventoso
Dopo tanto tempo (alcuni anni) di “ricerca di Dio”… di tentativi di partecipare con fervore, senza tiepidezza e… insomma avete capito già… Ho avuto vari crolli, proprio sul piano della psiche… infatti, pare che io vada soggetto a crisi depressive con ansia e angoscia piuttosto marcate… Credo di aver provato almeno quattro o cinque di queste profonde crisi che si sono protratte nel tempo, in periodi che definisco come piani o tappe esistenziali…talvolta in maniera più profonda, altre volte con parziali apparenti remissioni che mi hanno permesso di condurre una vita (soprattutto a livello di impegni familiari) quasi normale…
Ma non sono qui per raccontare la mia vita… Sono venuto qui perché in questo momento mi sento male… Ho 59 anni e ragiono come un bambino, anzi, magari mi sentissi come un bambino… Ho un groviglio nella mente e tanta angoscia nel cuore… Ecco… Dopo essermi allontanato dalla chiesa, dal mio caro Gesù, un tempo tanto cercato e invocato anche con forti grida e lacrime…piano piano mi sono reso conto di essermi lasciato andare… Fino a qualche mese fa, quando qualcosa dentro di me ha sentito un’assenza, meglio: il vuoto di una presenza nella mia vita. Scusatemi, non so scrivere bene ed esprimermi in maniera semplice e chiara… Non so come dire: insomma ho ripreso innanzitutto ad andare a messa… dopo un po’ ho voluto confessarmi… tra lacrime di dolore. Ho cercato di ricominciare… di riprendere il cammino sulle orme della Via, della Verità e della Vita… alla ricerca di Lui, di cui ricordo queste parole che come un lieve sussurro accarezzano il cuore: “tu non mi cercheresti se non mi avessi già trovato”… E poi “non siete voi che avete scelto me, sono io che ho scelto voi”… “Vieni e seguimi”… Ma, ecco… è già finito… Oggi non sono andato a messa, perché la pigrizia, l’accidia, la depressione, il tiepidume mi hanno avvolto nei loro lacci… Sono venuto qui a cercare pace e consolazione… Invece ho trovato quello che davvero mi merito: la constatazione della mia inconsistenza… la certezza della mia totale mancanza di Fede… la mia inettitudine… e l’antica infedeltà. Ho cercato di studiare, di approfondire, di acculturarmi, insieme al desiderio di imparare ad abbandonarmi al Signore della Vita. Le mie sono tutte chiacchiere senza nesso e del tutto inconcludenti. Faccio lo sforzo di accettarmi e di rialzarmi, ma con il passare del tempo diventa sempre più difficile e le già residue, scarse forze vengono meno. Ormai vedo che lungo il percorso, guardandomi indietro, le candele che si sono spente sormontano di gran lunga quelle che mi sono davanti… Chiedo scusa… ho scritto troppo senza dir nulla… Non so cosa fare, non sono capace di tornare sui miei passi… e l’avanzare mi è penoso… E comunque, oggi, non sono andato a messa… sono di bel nuovo in peccato mortale. Chiedo perdono a Dio, al caro e buon Gesù… e a Maria Sua e nostra tenera Madre. Che Dio abbia pietà di me e mi dia pace… E così sia… Grazie.
Caro Francesco,
non sono teologo, ma mi prendo la responsabilità di dirti che Dio ti vuole bene come un pazzo, è pazzamente innamorato di te, anche quando sei in “peccato mortale”, anche quando non vai a messa. Puoi sbagliare cento volte al secondo e Lui ti ama ugualmente. Cerca di attirarti al bello, al bene, ma non ti abbandona mai. Per un Dio meno di questo, non mette conto perdere tempo, dopotutto.
Quando sei al massimo dell’esasperazione nel disprezzo di te e nel rifiuto della vita, dici, accusandoti: “Io sono un verme strisciante”; e chi trovi al tuo livello? Al tuo basso livello? Ci trovi Dio, Gesù Cristo, volontariamente sceso al tuo livello. I piedi arrivano fino a terra, fino alla superficie della terra, e li’ c’è Dio, curvo a lavarteli e baciarli (…)Ogni volta che il quotidiano ti scandalizza, che il normale, la gioia o il dolore, le cose, la materialità della tua situazione ti scandalizza, segna quel momento come un comparire di Dio che ti fa l’occhiolino, di questo Amico che ti fa segno:” Guarda mi, sono qui, dove è che stai con il naso? Sei un po’ strabico? Riconosciamo, sono qui”. È qui, nelle cose; è qui, nei fatti”. (Vita di don Giussani, pag. 432)
Ti abbraccio,
Marco
Grazie, Marco, per la cortese attenzione rivoltami… Corrispondo al tuo abbraccio.
Ciao.
Caro Francesco, anche tralasciando la ricerca di Dio se ti crea queste ansie, cerca di volerti un po’ di bene, anche se vegeti , vuol dire che in questo momento va bene per il tuo essere. Guarda i gatti, come sono in armonia con se stessi, sono una meraviglia, vivono benissimo nella loro pelle e passano i tre quarti del giorno a dormire. Impariamo dagli animali, senza cercare di colpevolizzarsi.
Fai quelche ti senti di fare, belle e lunghe passeggiate. Vedrai che funziona. Con amicizia.
Grazie, Anonimo… Come fai a sapere che osservo e amo i gatti? Sì, li osservo e li invidio… Poiché nella mia pelle non mi sono mai sentito sufficientemente a mio agio, vorrei proprio essere un gatto… Ma non sono un gatto… Non saprei dire se il mio sia odio verso me stesso (Esiste il “me stesso”?)… Certo sarei falso se dicessi che sono in pace con me stesso… E no che non sono in pace… Ogni giorno, ogni santo giorno, ogni momento devo ricordarmi di far pace con l’essere che abita il mio corpo, così sciocco, ottuso, demente e senza luce… Di questo parlo qui, adesso, ma mai nella realtà vera… Non mi va di sentirmi “ego-centrico”… Penso spesso al fatto che la mia vita sta andando verso il tramonto ed io non ho ancora imparato ad amare né a credermi amato da Dio… E quando… e se è mai accaduto… è stato solo un breve sogno. Ho creduto di credere, ma è stata una pia illusione. Se Dio ha voluto che fosse così, la mia vita, non ha importanza… anzi, mista bene… Non esiste che mi metta a fare l’ennesimo “Giobbe” della situazione… Vorrei solo rassegnarmi a ciò che è… e a ciò che è stato… in pace, aprendo le braccia senza agitazione e strepito a ciò che sarà… Scusatemi, mi percepisco così confuso e vacuo che proprio non vale la pena di farmi leggere in questo stato… Meglio far silenzio… e andare a fare belle e lunghe passeggiate… sono d’accordo.
Ciao a tutti e grazie per l’ospitalità. 🙂
Caro Francesco! Dio ti ama sempre! Anche nel tuo errare, nelle tue infedeltà, e in quelle che senti tue mancanze. Vuoi che la Sua grandezza si lasci offuscare per così poco? La Sua luce è sempre effusiva: sentila anche su di te! Come su un bel gatto rilassato. Come dice Papa Francesco: siamo tutti peccatori, ma pensi che Lui si fermi davanti a questo? Se lo facesse non sarebbe Dio e non varrebbe la pena di cercarlo! Auguri, Mariapia
Ti ringrazio, Mariapia, per il tuo bel commento. In gioventù mi sono accostato alla teologia… poi mi sono reso conto che più leggevo meno capivo di Dio, più ne parlavo e ne sentivo parlare… meno lo conoscevo. Per chi ha fede, Dio è ovunque, è il Re dei Re, il Dio dell’universo, “effonde il Suo Spirito su tutte le creature” … Ha parlato e parla attraverso il Figlio… e tutto è grazia… E’ sembrato anche a me di scorgere la Sua Luce, un giorno. Poi devo aver fatto naufragio… e tutto è diventato grigio, e, in seguito, anche e persino nero… Mah… E’ il mistero di Dio e della Vita… Se la fede è un dono che Lui concede a chi vuole, chi sono io per contestare o pretendere? Posso solo cercare di esserci e di lasciarmi trovare… quando, e se, Egli vorrà.
Ciao.
Caro Francesco, hai scritto una cosa bella bella…. “più ne parlavo e ne sentivo parlare… meno lo conoscevo”. Mi viene da dire… fossimo tutti così! Con l’onestà di dire che è… Mistero, appunto! Invece è tutto pieno di gente (preti, certo, ma soprattutto “credenti” laici) che ti vogliono spiegare l’Eterno, che hanno tutti i loro bei regolamenti in tasca, che ti spiegano perfino perché Lui fa questo e quello (e hanno perso il senso del mistero, appunto). Che tristezza, non trovi? Quanto è liberante sapere di non sapere, lasciarci trascendere infinitamente! E affidarsi a Chi riscatta tutto: “tutto fu bene, anche il mio male” dice la poetessa Ada Negri.
Grazie, e ritorna qui ogni tanto, è un bell’ambiente dopotutto 😉
Da bambina andare in chiesa la Domenica era noiosissimo. Da ragazza ci andavo per rito, per timore che Dio potesse punirmi. Da adulta ho cominciato ad andarci perché ogni omelia era un messaggio preciso per me, e perché mi rallegrava poter pregare insieme agli altri e sentire che tutto era amplificato. Poi qualcosa si è cominciato a incrinare. La mia vita ha subito una battuta d’arresto in ogni campo, nulla si è mosso più per anni, e sopportare una croce eccessivamente pesante per le mie spalle, mi ha indebolita, non solo fisicamente, infatti ho iniziato ad avere seri disturbi di salute, ma anche psicologicamente. La Fede in Dio non è crollata, ma la voglia di recarmi in chiesa col vento, con la pioggia e col fiato corto, si. Vedevo che cominciavo a non trovarne più il senso, che arrivavo sempre in ritardo, che durante l’omelia guardavo tutto fuorché il prete, e non lo ascoltavo più. Era quello forse un modo inconsapevole di arrabbiarmi con Dio? Forse. Trascorrere tanti anni in una brutta situazione stagnante in tutti i fronti, non poteva far stare bene neanche un Santo, sebbene si cerca spesso di capirne il messaggio celato, se veramente ce n’è uno.
Sono ancora ferma qui, faccio passeggiate nel mio limbo dove nulla osa muoversi, e sto ancora cercando di capire cosa vuole Dio da me. Nel frattempo vado in chiesa con l’amaro in bocca, e se c’è freddo evito, recuperando la messa di settimana. Mi sono fatta le leggi da sola? Probabile, e ne ho infinita paura. D’altronde forse quell’idea di Dio che mi punisce non è mai andata via da me. Anche se dentro il mio cuore, sebbene non ne ho conferma, credo in un Dio che ama la nostra libertà, e l’essere amato felicemente e senza imposizioni. Forse quando stiamo bene o troppo male, corriamo da lui con animi diversi, ma con un forte slancio in entrambi i casi. È quando non sentiamo più il gusto di tante cose, che vorremmo far di più, ma ci mancano le forze. Le forze anche per andare a messa la Domenica. E spereremmo solo in un miracolo che possa cambiare ogni cosa. O almeno una.