Che cosa è più importante?
La domanda è questa.
Tra l’ambiente esterno e il mio clima interiore che cosa è più importante?
Cioè cosa conta maggiormente per me, per il mio stare bene?
Dopo le mie mille riflessioni credo che la risposta definitiva possa sintetizzarsi in queste parole: alla fine ciò che conta maggiormente è quella figura in cui il mio essere viene a identificarsi.
Se io mi identifico nel mio clima interiore è questo indubbiamente ciò che più conta, ma se io mi identifico nell’ambiente e nel mondo esterno è questo che conta maggiormente.
Allora il ragionamento si rivolge sempre ai miei pensieri e alle mie decisioni di chi e che cosa essere.
Alla fine cioè ciò che io decido è quello che io sono e che potrò essere.
Mi viene in mente la poesia di Marco Guzzi “Ecce Homo” (Figure dell’ira e dell’indulgenza, pag.88 – Darsi pace, pag. 180) dove la seconda voce ribadisce
“Io sono l’uomo
Come lo vorrai.
Nel corpo in cui mi sdraio io sono l’io
Che sei te.
Sono morto se tu sei morto.
Sono storpio se strascichi il tuo corpo.
Sono il risorto se tu sei sovrano.
Sono lo sguardo che tu mi dai.”
E’ il mio sguardo che dà l’essere dell’ambiente esteriore e del clima interiore.
Per cui lo sguardo può cambiare anche l’ambiente in cui mi trovo.
Il rapporto tra clima interiore e ambiente esteriore diventa pertanto osmotico.
E in questo processo la decisione del mio sguardo è sempre prevalente.
Gandhi diceva: “Sii il cambiamento che vuoi vedere avvenire nel mondo.”
Gabriel Garcia Marquez: “Non piangere perché una cosa finisce, sorridi perché è accaduta.”
E Mandela: “Io sogno un’Africa pacifica”
Carcerato per ventisette anni, nel suo stato di isolamento, ha saputo mantenere un pensiero lucido, equilibrato, benevolo, non ha odiato i suoi carcerieri né il popolo che lo ha rinchiuso, ha mantenuto lo sguardo libero da ogni malignità.
Hai proprio ragione, carissimo Fabio.
Oggi è importante capire ciò che conta, ciò che ci fa bene.
La cultura dominante continua a lanciare messaggi che creano confusione, disordine, disperazione e vogliono, a mio parere, spegnere la nostra possibilità di pensiero, facendoci rinunciare a pensare.
Le conseguenze sono ogni giorno più evidenti e devastanti.
Diventa indispensabile ritornare dentro di sè, assumere uno sguardo interiore, ricominciare ogni giorno a cercare un respiro più calmo, una postura comoda e stabile, fare pulizia, rimettere ordine e smettere di buttare all’esterno il male che sta dentro di noi.
Lavorare su se stessi non è solo un atto privato è un atto politico, non si separa dai gesti e dalle parole che portiamo nelle quotidiane relazioni, in famiglia, nella parrocchia, nei luoghi di lavoro, per la strada.
Ed è davvero tanto il lavoro da compiere e dobbiamo ogni giorno pregare e ringraziare chi ci indica la strada della pace e della gioia, chi ci guida e ci sostiene lungo il cammino.
Un forte abbraccio.
Giuliana
Se imparo a ‘guardare’ con fiducia il volto divino dentro di me forse vivrò con meno sofferenza le mie croci?
Sento di avere ancora tante resistenze…il lavoro più grande (per me, adesso) consiste proprio nel ‘rianimare’ questa fiducia. A volte è una fatica enorme riuscire ad identificami con quel “volto”, non ci riesco e davvero tutto si fa buio!
Il miracolo (ormai lo chiamo così) è che a volte invece ‘accade’ e allora tutto mi sembra di nuovo possibile…è un’ altalena infinita e non sempre mi sembra di ‘aver guadagnato qualcosa’ rispetto alla caduta precedente. Però riprendo il cammino…è così che si cambia?
Grazie Fabio per avermi stimolato a riflettere sullo sguardo che ci può salvare! mcarla
Grazie Claudio
della tua bella testimonianza che già di suo riempie l’anima di pace e tutto quello che scrivi ci riporta al lavoro che stiamo facendo.
Cambia te stesso per cambiare il mondo!
un abbraccio a tutti Francesca
Grazie Fabio, perché torni a ricordarmi qualcosa che così spesso dimentico: sono io che devo DECIDERE con che sguardo guardare al mondo; sono responsabile del mio sguardo e non ci sono attenuanti , se non quelle di una tiepidezza che cerca un alibi per non convertirmi, per non ROVESCIARE LO SGUARDO da fuori a dentro di me. Le parole poetiche che ci hai ricordato, siano aiuto e stimolo alla conversione, perché con occhi purificati, possiamo guardare al mondo senza sentirci impotenti o sprovveduti.Un abbraccio e a presto.Monica
…un abbraccio a tutti …..CARO AMICO cambia te stesso … mentre quelli che ti circondano…… devono occuparsi materialmente e fisicamente di tutto quello che tu non ti occupi tu mentre trascorri ore e ore a RINCRETINIRTI con i video che in modo ossessionante ti invia Paola…….
Cari amici lavorate…….sudate…… tornate a casa stanchi per il lavoro e avrete meno tempo per queste C……..e sarete più soddisfatti e contenti…….
ANONYMUS
La frase di Mandela mi fa pensare anche, e lo metto a margine del tuo bel post, Fabio, quanto sia importante sognare (che non è fantasticare) per mantenere i piedi per terra. Così lui ha resistito 27 anni in carcere, ritengo, perché aveva il coraggio di una visione. Qualcosa che dava senso anche alle sofferenze e ai soprusi che ogni giorno avrà dovuto sopportare. Perché il coraggio di una visione, mi pare, rende uomini e uomini non manovrabili. Forse per questo il potere di questo mondo cerca in tutti i modi di spegnere ogni visione a lunga gittata… gli schermi televisivi e i media, con le pubblicità e con ogni “saggio” discorso, con esposizioni universali e messaggi personali, invitano ad un accontentarsi di una vita vissuta a “ridotta coscienza” veicolando il subdolo messaggio che sia un viatico alla serenità. Invece è devastante, perché l’uomo è una ricerca di senso e solo in un senso globale (cercato, sperato, domandato) si quieta. Dopo il sussulto distorto delle idelogie, fuoco devastante, vampata dell’ego eccitante e rovinosa, ora almeno il campo è sgombro. Ora possiamo ingannarci, ma a nostre spese. Ora ci resta davvero il lavoro vero, quello su noi stessi: come posso stare bene davvero? Ovvero, detto in altri termini: come posso far bene all’universo? Accordarmi sulle sue frequenze, rispettare il suo ritmo segreto?
Un lavoro politico, appunto: nonostante le apparenze.
A mio parere è un maschio.
Il discorso si commenta da sé.
Pax et bonum
Sto iniziando ad intuire meglio proprio questo aspetto. Dopo tanti anni di lavoro, inizio ora ad avere qualche barlume, flebile, fugace, incerto, ma incoraggiante. È proprio la prospettiva in cui mi pongo che cambia ciò che vedo della mia vita. Questo volgimento di sguardo però è l’esito di un lungo allenamento e di infinite ore di aridità. Per ora è soltanto una sbirciatina, ma quando riesco ad avere brevi momenti di piccoli squarci, mi pare che sia possibile, che ce la possa fare, che la gioia e la tristezza dipendano dal mio pensiero. Poi è ovvio che ci sono oggettive situazioni in cui ci veniamo a trovare e che influenzano il nostro stato d’animo, ma anche quando la vita picchia duro, forse anche lì posso respirare, dipende dal mio atteggiamento.
Grazie Fabio!
Iside
PS: continuo a pensare che sia tu sia Paola, tua moglie, siate grandi insieme, proprio perché insieme…
Caro Fabio, grazie di questa importante riflessione.
In altre tradizioni, come quella taoista, si ritene che noi siamo fatti di molti corpi, 9 per i taoisti, e a seconda di quale corpo attragga la nostra coscienza, abbiamo una diversa esperienza della realtà.
I primi 6 corpi (dal fisico all’energetico fino a quello del destino, connesso al livello degli astri) appartengono a questa dimensione spazio-temporale, e raccolgono tutte le memorie, anche le distorsioni diremmo noi, che riproducono sofferenza, inganno, ed errori.
Se spostiamo la nostra consapevolezza nei 3 corpi superiori, spirituali, sperimentiamo invece la libertà, quello sguardo che ci rende sovrani, già da adesso, liberi nello Spirito dell’Assoluto, divenuto nell’istante la nostra coscienza, la fede esperienziale del Figlio.
Che questo accada in te e in ciascuno di noi ogni giorno più intensamente, e la nostra gioia possa crescere, esplodere, manifestarsi in pienezza.
Marco
Caro Fabio,
Ho sperimentato anch’io qualcosa di quello che tu scrivi. Se il nostro polo di attrazione è all’interno, le cose si vedono diversamente e a volte vanno anche diversamente. La possibilità di vedere, desiderare il bene, per noi e per gli altri, è un polo di attrazione potente.
Non mi sembra una fuga dal mondo, e neanche un’illusione o forzatura, piuttosto un campo magnetico che orienta la nostra percezione della realtà.
Ma quanto è difficile conservare questo sguardo, specialmente quando le cose vanno storte!
Si cede, poi però con un po’ di pazienza e di lavoro si riesce anche a tornare.
Non c’è nulla di automatico, è una scelta, sofferta, da rifare tutte le volte.
Però in cambio si può sperimentare, a tratti, qualcosa che assomiglia alla pace, una pace che non è sonno o fuga, ma veglia lucida e operosa.
Un abbraccio
Antonietta
“Ecce Homo” fu la prima poesia che imparai a memoria nell’estate del 2004 quando usci il manuale “Darsi Pace” e ancora riuscivo a leggere con l’aiuto di una grossa lente e a camminare per un po’ appoggiandomi su due tripodi.
La mia rara malattia purtroppo continua a progredire e adesso sarebbe un sogno recuperare la funzionalità fisica a quel livello pur già molto pesante.
Nonostante tutto non ho mai smesso di lottare contro le violenze di ogni tipo, le aggressioni esterne e interiori a cui, a volte, mi sento sottoposto per mancanza di sensibilità, incomprensioni o ingiustizie.
La parola ha un suo potere evocativo di immagini e sguardi…
Mi rendo conto che anche se sto in silenzio, al lavoro o a casa, o in qualsiasi relazione, il mio stato interiore è percepito da chi mi si presenta di fronte o mi sta vicino. I miei pensieri sono parole che guardo con sentimenti misti e controversi.
E allora il fiducioso ricorso ad una poesia come questa mi ricorda che posso dirottare il mio sguardo e scegliere le parole per lo stato di quell’ anima, impaurita o preoccupata, che sapranno poi far emergere anche quelle, migliori e più giuste, per l’interlocutore al telefono o per la persona che ho davanti.
Riporto le parole di Guzzi, dette in una videoconferenza, che avevo trascritto e mi sembrano utili per far sapere che possiamo decidere il nostro sguardo:
“Il cosiddetto senso di colpa inteso in senso nevrotico è una modalità di appesantimento della vita, ci schiaccia, la consapevolezza della nostra responsabilità in ciò che facciamo e che ci accade è invece un sollievo! Perché se in una misura che è misteriosa io sono corresponsabile e responsabile di ciò che vivo sono anche libero di modificarlo. La mia responsabilità se nevroticamente mi aggrava, spiritualmente mi allevia, è un sollievo!”
Grazie davvero tanto per tutti i vostri interventi e utili commenti
Un abbraccio e un arrivederci a presto.
Fabio.
Grazie Fabio ,questo tuo post è bellissimo .Ti abbraccio forte Chiara