La Sindone, per la seconda volta nel III millennio cristiano, è solennemente mostrata. Migliaia di persone spinte dalla fede, dalla curiosità, dal desiderio di conoscere e di capire, si sono messe in viaggio per andare a venerarla, o semplicemente per vederla. Da quando centinaia di fotografie del telo torinese sono accessibili anche via internet che senso ha andare a vedere la Sindone dal vivo? Non si rischia di andare incontro a una profonda delusione? Considerando poi che si vede poco, e che si può sostare davanti ad essa solo per pochi minuti, che senso ha mettersi in viaggio per venerare una reliquia, un’immagine? Non rappresenta forse il sintomo di una fede un po’ pagana che dovremmo purificare?
Venerare questa reliquia con quest’immagine impressa è, a dire il vero, una cosa ben diversa….. perché, al di là di questioni teologiche e pastorali, quell’immagine, lì su quel telo, è qualcosa di estremamente particolare e di veramente misterioso. Comunque in moltissimi ci siamo messi in viaggio. È utile, e alle volte necessario mettersi in viaggio. Soprattutto se il viaggio fisico, del corpo, diventa un’occasione per compiere un viaggio interiore e per ripercorrere, in qualche modo, l’esperienza di coloro che hanno potuto trasformare la propria vita rispondendo a una chiamata. Come Abramo, il padre di tutti i credenti delle tre grandi religioni monoteistiche.
Anche la ricerca di senso, quella che a volte precede l’adesione della fede, è sicuramente un viaggio per uscire dalle proprie convinzioni. I credenti in Cristo dovrebbero sapere che questo tipo di itinerario si configura come un cammino di rinascita dall’alto, dall’acqua e dallo Spirito, come insegna Gesù all’anziano Nicodemo, notturno investigatore di senso e di pienezza.
Io penso che Nicodemo abbia molto da insegnarci. Credo che i pellegrini alla Sindone, debbano provare a essere come lui, immagine e metafora dell’umanità in ricerca. Egli, coraggioso nonostante le avversità, affronta i perigli della notte, gli ostacoli esterni e interiori, le paure che gli impediscono di trovare le risposte a quelle domande sorte in lui, e cerca di esaudire il desiderio di conoscere ciò che conta di più, il fondamento, l’essenziale. Sono convinto che questa sia una dimensione che tutti gli uomini, e in particolare i credenti cristiani, debbano curare di più. Far parlare il desiderio di conoscenza, la voglia di capire, e quindi anche di conoscere il Signore.
Una domanda che mi pongo spesso è questa: che dice la Sindone? Che cosa vuole dirci? Se l’immagine ivi impressa è proprio quella di Gesù, e non sembrano esserci molte obiezioni a riguardo, significa che il Signore ha voluto lasciarsi qualcosa di sé, la sua immagine, il suo Volto, il suo Corpo Divino-Umano. Non è pensabile che si sia distratto e abbia lasciato la sua immagine lì, per caso…… Un’immagine talmente impossibile, inspiegabile, irriproducibile per la scienza moderna nelle sue caratteristiche microscopiche, che rimane un mistero affascinante per i credenti, ma soprattutto per gli uomini di scienza. Essa muta, silente, fissa, si mostra in realtà come un’entità dialogica, eloquente, perché comunica continuamente raccontando di una morte, di una morte in croce, raccontando di una sofferenza, di dolore, e lo fa tuttavia alludendo, e questo è paradossale, alla risurrezione, alla vita.
Cosa dice questo telo e quell’immagine misteriosamente impressa e perciò presente, a un’umanità che sembra così sbandata, che vive in una società paurosamente complessa, piena di contraddizioni, di aneliti e di conquiste di vere e presunte libertà, a un mondo inquietante, ma affascinante perché sempre più unito, in comunicazione, in rete?
Credo che anzitutto ci inviti a prendere coscienza che la condizione essenziale del cristiano è quella del “pellegrino” che accoglie la provvisorietà della propria esistenza rigettando la paura della morte e sorridendo quotidianamente al respiro della vita che riempie, senza accorgersene, i polmoni e che permette a ciascuno di continuare a percorrere la strada dell’esistenza. Ci racconta di come sia necessario crescere nella consapevolezza che siamo di passaggio e, per questo, chiamati a essere sempre pronti alla vita, capaci di accogliere ogni gesto, ogni momento, ogni situazione come un dono inestimabile della Grazia e della Misericordia di Dio.
Il “passaggio” è una prospettiva Pasquale, per antonomasia. La consapevolezza di essere di passaggio e in cammino ci spinge ad andare alla ricerca di un senso, di un significato profondo e autentico che spieghi la vita e aiuti a superare e a sconfiggere la morte, e le paure che essa porta con sé e che vogliono tenerci prigionieri. L’insoddisfazione sprona la ricerca: vogliamo sapere, vogliamo conoscere, vogliamo vedere! Non al modo del possesso, ma nella dimensione cristiana dell’accoglienza.
In passato le conoscenze dipendevano dagli esploratori, i quali raccoglievano nei loro taccuini di viaggio le impressioni, le avventure, le scoperte e coi loro disegni permettevano a molti di entrare in un mondo di meraviglie che certamente mai si sarebbero potute contemplare con gli occhi. Da tempo non è così: possiamo visitare migliaia di luoghi, di persona o attraverso le immagini fotografiche e televisive che inondano, come cascate inarrestabili, le nostre giornate.
La nostra epoca moderna, tecnologizzata, piena di immagini, di “selfie”, di apparenze travestite da realtà, ci offre anche la possibilità di conoscere approfonditamente la Sindone, quasi che il Signore Gesù l’avesse concepita (perché se quell’immagine è Nostro Signore Gesù Cristo possiamo dire con certezza che non è capitata su quel telo per un caso) proprio per l’uomo della modernità, ubriaco di immagini che gli scorrono vorticosamente davanti agli occhi e che provano a distrarlo, ogni attimo, da sé stesso e dalla propria ricerca di verità e di senso.
Possiamo metterci in viaggio dunque, credenti e non credenti, per andare a vedere la Sindone. La potremo vedere a distanza di qualche metro, perché solo in questo modo potremo coglierne i contorni, la bellezza, l’armonia, la pienezza. Lasceremo che quest’immagine, fissata misteriosamente sul lenzuolo reliquiario intriso di sangue umano, parli al nostro cuore, alla nostra mente, alla nostra persona.
Ci lasceremo dunque emozionare, interrogare, commuovere da quel corpo che parla inesorabilmente di morte, di sofferenza.
Contempleremo con gli occhi della fede e con l’intelligenza dell’umana ragione, l’uomo martoriato, distorto e composto della rigidità cadaverica, quel fisico importante, impegnativo, quella corporalità innegabilmente umana, sospesa fra la vita vissuta e la morte, accertata dall’evidente e impressionante lacerazione al costato dal quale sgorgò il sangue bicolore perché ormai sieroseparato.
Ci lasceremo meravigliare da questo telo di morte, senza traccia di corruzione e ombra di putrefazione, nel quale nessuna fibra fu alterata dai processi chimici tipici del deterioramento dei corpi.
E in questo modo potremo accogliere i paradossi della Sindone, “reliquia iconica”, scritta col sangue, ma non fatta da mani d’uomo, immagine “achiropita”, che simultaneamente svela e vela, si mostra e si nasconde, risponde aumentando a dismisura le domande. Costante ambivalenza e apparente contraddizione che manifesta l’ironico e cordiale atteggiamento del Cristo, il quale, come fece già con Nicodemo, si mostra in una notte oscura, alla luce di fioche fiammelle e si rivela provocando profonde domande.
Pur essendo straordinariamente “pesante”, col suo carico di storia, di scienza, di ricerche, di dibattiti, di analisi, la Sindone si mostra estremamente leggera: necessita di una tela di supporto, tale è la sua precarietà. Pezzo di stoffa di nobile fattura, pregiatissima, ma pur sempre stoffa. Pregiata e fragile, come l’esistenza di ogni uomo. Avvolta dalla “leggerezza” dei gas nobili e inerti che la difendono dagli assalti dell’inesorabile tempo affinché non si deteriori essa venne misteriosamente “alleggerita” del martoriato ospite, che di sé lascio l’immagine sul telo, per mostrarsi, assente, e per lasciarsi avvolgere dagli sguardi attoniti e meravigliati dei credenti e dei curiosi. Scomparso dal telo senza che alcuno manomettesse quei decalchi di sangue fissati in modo quasi indelebile. E così scopriamo, rileggendo i vangeli, che ciò che sappiamo dell’immagine misteriosamente impressa, corrisponde alla vicenda di Gesù, l’Emmanuele, Dio-che-salva.
Ma allora dove è ora questo morto? Dov’è il suo corpo?
Come i discepoli di fronte ai teli “posati lì” e alla tomba vuota, facciamo l’esperienza della vitalità di Cristo. Egli è in mezzo a noi, è il Vivente, è il Risorto. Lasceremo la Sindone a Torino, custodita con rigore e accortezza da coloro che il Papa ha incaricato trenta anni fa’, ma non lasceremo certo lì il Signore perché lo incontreremo veramente, presente nella sua Chiesa, presente nei fratelli e nelle sorelle che incrociamo sul nostro cammino, lo contempleremo nelle immagini solenni che la nostra tradizione artistica ci ha lasciato in eredità, in particolare quella del primo millennio cristiano, millennio dell’unità di una sola fede e di una sola Chiesa, ma soprattutto lo adoreremo presente nell’Eucaristia, pane spezzato, sostegno e cibo dei pellegrini.
Riprenderemo il cammino, pellegrini nella quotidianità, assetati ancora di conoscenza e di pienezza, e sentiremo risuonare le parole di san Paolo: “Perciò anch’io, avendo avuto notizia della vostra fede nel Signore Gesù e dell’amore che avete verso tutti i santi, non cesso di render grazie per voi, ricordandovi nelle mie preghiere, perché il Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria, vi dia uno spirito di sapienza e di rivelazione per una più profonda conoscenza di lui. Possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere a quale speranza vi ha chiamati, quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi e qual è la straordinaria grandezza della sua potenza verso di noi credenti secondo l’efficacia della sua forza che egli manifestò in Cristo, quando lo risuscitò dai morti e lo fece sedere alla sua destra nei cieli, al di sopra di ogni principato e autorità, di ogni potenza e dominazione e di ogni altro nome che si possa nominare non solo nel secolo presente ma anche in quello futuro. Tutto infatti ha sottomesso ai suoi piedi e lo ha costituito su tutte le cose a capo della Chiesa, la quale è il suo corpo, la pienezza di colui che si realizza interamente in tutte le cose.” (Efesini 1,15-23)
Alleluia!!!… Grazie Signore Gesù. Ch’io mai rinneghi la Tua Presenza in me.
Grazie Mimmo della tua profonda riflessione, è così condivisibile da farla sentire propria.
Il mio ricordo del pellegrinaggio verso la Sindone risale alla prima ostensione del secolo ed è stata una forte emozione anche se il tempo dedicato è veramente troppo poco.
A presto Ale
Leggere le tue riflessioni è stato molto bello hai fatto riemergere in me le domande e le sensazioni che mi sono comparse durante la mia recente visita alla S.Sindone. L’augurio è che i segni che Dio ci manda ci aiutino nella nostra ricerca di senso e che aiutino noi a lasciarci amare sino in fondo da Lui.
Nessuno ha un amore amore più grande di questo ; dare la sua vita per i propri amici (Gv 15,13). Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perchè andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perchè tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome , ve lo conceda. (Gv 15,16)
Grazie dei tuoi pensieri