Arrivando alla fine del mio primo anno nei gruppi, ciò che sento con grande forza è che Darsi Pace nasce per rispondere alla mancanza di una risposta adeguata alla crisi che stiamo vivendo.
Tutti sappiamo, avvertiamo, un senso di crisi profonda ma cosa significa realmente questa parola? Spesso nei gruppi usiamo termini come insurrezione, politica, poesia e molti altri in un’accezione completamente nuova perciò mi vorrei soffermare sul valore della parola crisi che ritengo molto importante.
In latino, crisis significa “fase decisiva di una malattia”.
La crisi dunque è una malattia: la malattia che manifesta i suoi sintomi nei comportamenti egoico-bellici e porta l’uomo a cercare di realizzare e affermare la propria identità per opposizione all’altro: uomo-contro-uomo (Plauto direbbe “Homo homini lupus”), uomo-contro-natura, ricco-contro-povero, uomo-contro-donna e così via. Il meccanismo automatico così innescato distrugge in poche parole ogni possibilità di quell’armonia universale che sarebbe l’unica vera vocazione umana.
Se guardiamo nel profondo di noi stessi, alle esperienze che davvero sentiamo autentiche, alle relazioni che ci rigenerano, ai contesti in cui ci sentiamo realizzati, se ci guardiamo dentro con sincerità e lucidità, spento ogni automatismo (come durante una meditazione ad esempio..), non possiamo che avvertire che tutto ciò che riguarda tale malattia è pura illusione e menzogna.
Giuseppe Ungaretti scriveva il 16 agosto del 1916 una delle sue più note poesie, ovvero “I Fiumi”, nella quale si legge:
“Questo è l’Isonzo
E qui meglio
Mi sono riconosciuto
Una docile fibra
Dell’universo
Il mio supplizio
È quando
Non mi credo
In armonia”
[Giuseppe Ungaretti, “L’Allegria” – 1931]
La parola poetica quando è autentica (e nel caso di Ungaretti è più che autentica, eterna!) ci mette a contatto con delle verità profonde dell’esistenza. In questo caso ciò che mi colpisce è che il poeta usa due verbi molto precisi nella loro sfumatura semantica: quando avverte un senso di armonia universale usa “mi sono riconosciuto”, ovvero mi sono visto per ciò che realmente sono, e poi quando parla della sofferenza del sentirsi disarmonico con il mondo invece utilizza “mi credo”, ovvero mi rappresento di essere ciò che in realtà non sono. La sofferenza umana (cioè il supplizio, la malattia, la crisi) è quando l’uomo non si crede in armonia, ovvero quando dimentica di essere semplicemente una docile fibra dell’universo, un unico filamento di quel tessuto che formiamo stando insieme.
Sulla malattia dunque nessun dubbio ma l’etimologia ci dà un’informazione nuova, ovvero che si tratta di una fase decisiva. È già una buona novella. Questo è uno dei fatti che più mi ha colpito dei gruppi Darsi Pace (sono al primo anno quindi ho ancora ben vive le impressioni “a caldo” che questa nuova esperienza mi ha suscitato): la crisi non fa paura perché non è vista nichilistica-mente o riduzionistica-mente. È vista cioè nella sua vera e più profonda essenza, che spesso facciamo ancora difficoltà a vedere: una svolta decisiva nella malattia dalla quale l’uomo cristiano-occidentale-contemporaneo è affetto.
Non si tratta perciò di uscire dalla crisi ma di affrontarla per ciò che realmente è, attraversare questo punto di svolta.
Di trovarci in una svolta decisiva lo si capisce dal fatto che siamo soggetti ad una enorme pressione: chi non ha mai provato questa sensazione di essere compresso, schiacciato, stirato, sfibrato e quasi dilaniato nella vita di tutti i giorni? (si pensi ai ritmi di lavoro e di studio, alla frenesia delle comunicazioni, alle abitudini nocive, alla vita metropolitana, alle relazioni con chi ci è più vicino). C’è un’enorme pressione che ci schiaccia ma a volte c’è anche un’enorme pressione a nascere, ad attraversare questo travaglio.
Il punto è che non sappiamo come poter sfruttare a nostro favore la forza che avvertiamo e dalla quale si rischia talvolta di essere schiacciati.
Forse ci viene incontro a questo punto l’etimologia greca della parola crisi: il greco κρίσις (krisis) significa “scelta, decisione, separazione, giudizio”.
Per superare la fase decisiva della malattia da cui siamo affetti (come individui e come specie umana) dobbiamo fare una scelta: esercitare cioè il nostro potere decisionale, di giudizio, di discernimento (cerno, da cui discerno, è un altro vocabolo derivato dal greco krisis). La buona notizia che viene trasmessa nei Gruppi Darsi Pace consiste dunque nel fatto che la crisi che stiamo vivendo non è nient’altro che la fase decisiva di una malattia che possiamo debellare prendendo una scelta risolutiva.
Di che scelta si tratta e come si può attuare?
A tale proposito vorrei qui citare un brano tratto da “Le Città Invisibili”, un libro che Calvino pubblicò nel 1972. Si tratta di una serie combinatoria di brevissime descrizioni di città immaginarie, descritte da Marco Polo a Kublai Kahn, intervallate da brani di dialogo fra questi due unici personaggi del libro.
Le città descritte sono realtà fantastiche e paradossali, fatte di simboli e rapporti fra i vari elementi che le costituiscono; sono scritte con uno stile, una struttura ed un linguaggio ambigui che lasciano al lettore il compito di decifrarne il significato ma ciò che è estremamente chiaro è che nella loro complessità sono un emblema della modernità.
L’ultima fase dell’opera racchiude le descrizioni di città sinistre e disarmoniche, che tendono al disfacimento, alla decadenza, in poche parole alla città infernale. Il libro si chiude con queste parole riferite da Marco Polo:
“L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”
[Italo Calvino, Le Città Invisibili – Einaudi, 1972]
La prima via proposta è chiaramente un’opzione da scartare: il fatto che confondersi o sintonizzarsi con l’inferno che c’è nel mondo è divenuto insostenibile a chiunque voglia cercare realizzazione e significato nella propria vita era chiaro anche a Calvino. Basti pensare che negli stessi anni Pasolini denunciava l’omologazione culturale e linguistica, la mercificazione delle televisioni.. tutti processi che oggi sappiamo ancora meglio cosa significano e quali sono i loro effetti disastrosi.
La via da percorrere è dunque la seconda proposta: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio. Mi sembra una buona sintesi del lavoro che conduciamo nei Gruppi. Inoltre queste ultime parole, dargli spazio, rendono proprio bene l’idea della pressione a cui ci sentiamo soggetti ogni qual volta cerchiamo di non cedere all’omologazione, al nichilismo e riduzionismo (ci si sente un po’ “un vaso di terra cotta, costretto a viaggiar in compagnia di molti vasi di ferro”, direbbe il Manzoni).
Calvino stesso ci ammonisce però sul fatto che bisogna adoperare attenzione ed apprendimento continui per cercare e saper riconoscere che cosa non è inferno, e questo deve avvenire prima di tutto dentro di noi, con un profondo lavoro interiore; bisogna esercitare con consapevolezza e con cura il nostro potere decisionale per uscire da questa malattia infernale, per utilizzare la forza sovrumana cui siamo quotidianamente soggetti al fine non di soccombere ma di nascere.
C’è bisogno perciò di tanta conoscenza, esperienza, capacità critica. In poche parole, c’è bisogno di tanto studio. Io a vent’anni mi sto rendendo conto di quanto in questo momento storico sia essenzialmente importante, a questo fine, studiare. È il motivo per cui negli ultimi tempi mi sento animato da un immenso desiderio di conoscere, leggere, imparare, capire.
Ritengo fondamentale il livello culturale-conoscitivo del lavoro che si fa nei Gruppi perché sono convinto che la cultura, l’arte, la filosofia, la poesia giocheranno un ruolo decisivo in questo processo ed il motivo è essenzialmente questo: la complessità ed ambiguità del tempo in cui viviamo non permette altra via che imparare a discernere ed interpretare esercitando la virtù della sapienza. Solo così potremo attraversare per davvero la crisi.
Caro Andrea
E’ molto bello questo post che hai scritto , tu hai vent’anni rappresenti il futuro del nostro paese, hai ragione a voler studiare, imparare, conoscere, è solo attraverso questo strumento che i nostri ragazzi/giovani potranno crearsi una cultura, un lavoro dignitoso e “forse” cambiare il “sistema” nella nostra società.
Ogni periodo storico ha conosciuto momenti di crisi /malattia, le invasioni barbariche, le carestie, le guerre mondiali, ….in questo periodo c’è una svolta antropologica (come dice Marco ) che assorbe le migrazioni dei profughi, la non responsabilità dei governi europei a farsi carico di questo problema, la crisi della famiglia, l’egoismo individuale, i diritti delle donne (che in occidente purtroppo aumentano sempre di più), tutti ci creiamo diritti oggi …….
Appartenere ai gruppi DP oltre che ad essere un’esigenza personale è anche una gratificazione, anche se questo cammino richiede molto impegno e tempo da dedicare che non tutti hanno il privilegio di avere, le “cadenze” familiari, di lavoro, di gestione della vita quotidiana, la burocrazia, …. ci obbligano sempre di più ad essere pratici , concreti nel gestire la nostra vita quindi il tempo che rimane a disposizione per seguire i corsi fisici/telematici e le meditazioni si azzerra, oppure è necessario “delegare” ……
un abbraccio
domenico
Sono d’accordo con te, caro Andrea, saper scegliere e discernere è il grande compito del nostro tempo…per questo dobbiamo disporre di strumenti adeguati per poterlo fare (e frequentare un gruppo Dp penso che sia una delle cose più serie e davvero utili che si possa SCEGLIERE di fare perchè si va alla radice del malessere esistenziale che tutti noi viviamo e offre nel contempo una ‘proposta di senso’ che siamo comunque liberi di accettare o meno).
Non so se quella di Domenico è una provocazione ma mi piacerebbe conoscere le sue motivazioni riguardo al “purtroppo” circa i diritti delle donne che secondo lui in Occidente “aumentano sempre di più”…
grazie, mcarla
Andrea, sei una bellissima immagine del futuro! E congratulazioni! Alla tua tenera età, già in grado di discernere, e quindi scegliere, ciò che è inferno e ciò che non lo è!
Condivido tutto ciò che ben dici, anche la conclusione.
Reputo che il percorso DP, nel buio di oggi, sia un dono dello Spirito Che con la Sua Luce illumina e indica una via di salvezza, già ora, sulla terra!
Augurandomi che molti giovani leggano le tue parole e ne rimangano attratti, ti abbraccio fiduciosa e gioiosa
Maria Rosaria
Meraviglia !
Tu, Andrea, a vent’anni pensi e scrivi così ?!
Che commozione !!! Quando ho letto la tua età non riuscivo a crederci !
Questo mi apre il cuore ad una speranza infinita !
e che bello !
non ci sono più i giovani di ‘una volta’ 😀
Con affetto e gratitudine,
Filomena
cara filomena e carla
fortunatamente i giovani di una volta ci sono ancora e te lo dico per esperienza personale nella mia famiglia, basta sapere solo dove cercarli e ti assicuro che non sono solo nei gruppi DP ma anche in molti altri contesti della vita sociale e lavorativa.
Le donne (occidentali e anche dell’est che ora stanno migrando da noi) hanno molti diritti, forse troppi per questo molti matrimoni falliscono ….si sentono superiori all’uomo …. vogliono loro il potere in famiglia……. in molte situazioni distruggono l’uomo sia dal punto di vista psicologico che economico e in caso di separazione i loro diritti raddoppiano (assegno di mantenimento….e casa coniugale… è un loro diritto inviolabile anche se in vita hanno fatto le p…..) io ora vivo con 300 euro al mese: accoglietemi nei vostri gruppi per racimolare i cocci della mia esistenza……
perdonatemi lo sfogo ma lo sto sperimentando
un abbraccio
Domenico
Ciao Domenico,
il dolore e la rabbia che sprigionano le tue parole sono benvenute nei nostri gruppi.
Il lavoro che facciamo parte proprio da li, non devi fare altro che volerlo veramente e non preoccuparti per i costi, chi non può è comunque accolto da noi a braccia aperte.
Sicuramente ti risponderà anche Marco ma intanto mi fa piacere dirti che se stai cercando la via per uscire dal labirinto della sofferenza forse sei approdato nel posto giusto, puoi avere a disposizioni degli strumenti validi per capire meglio come siamo fatti e come funzioniamo e ti garantisco che è cosa buona giusta e utilissima per una vita più umana.
A presto Ale
Che bravo Andrea, interessante il tuo post che, se pur di livello altamente culturale, è semplice e chiaro (tra l’altro adoro Escher autore dell’immagine).
Il gruppo giovani di questo primo anno ha ridato al percorso DP ed a noi accompagnatori un entusiasmo incredibile. Era quello che solo un paio di anni fa speravamo ci chiedevamo “se solo riuscissimo a coinvolgere i giovani in questo cammino spirituale così innovativo”! Il miracolo è avvenuto, concordo con Domenico giovani in gamba con profondi valori morali e in ricerca della “verità” esistono in tutti i contesti.
Siete la nostra forza, vi ringraziamo e per questo vi sosteniamo con tutto il cuore!
Gabriella
P.s.
Caro Domenico ti aspettiamo
E’ veramente bello e importante che tu a vent’anni senta il grande desiderio di studiare, conoscere , capire. Anch’io alla tua età avevo questo desiderio e l’ho sempre seguito, oggi a settanta anni la mia opinione e il mio atteggiamento non cambia. Studiare, riflettere è l’attività migliore della nostra vita per umanizzarci sempre di più! Coraggio ! Vai avanti! Mariapia
Anch’io a 20 anni nel 1984 leggevo i libri di Piero Scanziani: uno scrittore, un ricercatore, un viaggiatore, un mistico che avevo conosciuto ascoltando sempre radio rai.
Desideravo incontrarlo! Mi affascinava sentire la sua esperienza che m’insegnò molto.
Bravo Andrea, bravo, sono molto d’accordo con Mariapia: vai avanti così!
A Domenico vorrei ricordare che i “diritti delle donne” sono sacrosanti nè più nè meno come quelli degli uomini (non siamo forse -entrambe- esseri umani?). La questione vera penso che non sia di natura guiridico-legale (nonostante le concretissime ricadute nella nostra vita quotidiana) ma culturale, psicologica e alla fine spirituale.
A questo proposito ti invito a leggere (se ancora non lo hai fatto) il ‘post’ di M.Guzzi su FB a proposito della crisi del matrimonio…c’è in gioco un radicale, nuovo modo di rapportarsi tra uomo e donna che scava a fondo nell’ umanità di tutti noi e mette a nudo resistenze, blocchi, difficoltà di ogni genere nell’ accettare e integrare le nostre parti “ombra” e quindi la diversità dell’altro…buona lettura, ciao, mcarla
mi aspettavo uno scritto anche da marco, ma forse è troppo impegnato spero riesca a farlo nei prossimi giorni.
per quanto riguarda la crisi del matrimonio rientra nella trasformazione della società, basti pensare alle vergognose coppie di omosessuali che pretendono il riconoscimento civile della loro unione e il diritto di adozione , orribile è questo l’esempio che vogliamo dare ai giovani, sicuramente anche questo incide sulla crisi della famiglia.
Per quanto riguarda le donne, occidentali e dell’est hanno troppi diritti , molti più diritti di noi uomini, noi siamo solo BASTONATI e costretti a mantenerle “vita natural durante” in caso di separazione , per questo i giovani di oggi ci pensano bene prima di contrarre un matrimonio .Le donne sottomettono l’uomo e lo distruggono a loro piacimento, è vergognoso ci sono padri di famiglia costretti a vivere in macchina, per sentenze di giudici (donne) come accadrà a me, loro hanno solo diritti è vergognoso, ma purtroppo questa svolta antropologica è epocale anche per questo non è mai successo negli anni passati che le donne siano così tanto protette è tragica la cosa.
Cara mcarala capisco che tu sei una donna e quindi difendi il tuo sesso ma avete TROPPI diritti e POCHI doveri è VERGOGNOSO.
Aspetto un post di Marco…
PS oggi sono costretto ad andare a mangiare alla caritas e tu mcarla dove mangerai?
un abbraccio senza rancore
Domenico
caro Domenico
sono veramente dispiaciuta per quanto ti sta accadendo e ti sono vicina con il cuore, anche se questo non risolve materialmente il problema.
Nel lavoro che apprendo in darsi pace, è proprio lavorando su me stessa che a goccia goccia si scioglie il groppo di rabbia e dolore che mi paralizzano e qualcosa di nuovo emerge come energia di cambiamento migliorando la mia vita di ogni giorno.
Un tempo si diceva che il matrimonio fosse LA TOMBA DELL’AMORE io ritengo che lo siano IL DIRITTO E LA GIUSTIZIA UMANE.
Una cività un poco più relazionale se non proprio dell’amore, fatica ad emergere ed è proprio questo il punto in cui ci troviamo tutti insieme APPASSIONATAMENTE.
Quello che tu dici delle donne accade, così come accade anche altro alle donne.
Questo passaggio ad una possibilità relazionale differente, un poco più umana sia per i maschi che per le femmine ed i figli da essi generati, nasce da un costante lavoro su sè stessi che comunque sia conduce alla contemplazione proposta nel post precedente e che non è PER NULLA scontata.
Ciao e che oggi tu possa godere di un poco più di serenità.
Rosella
Carissimo Andrea, è bello leggere che un ragazzo di vent’anni come te, è animato positivamente dalla virtù della Sapienza, l’insurrezione con lo studio… è controcorrente… l’ignoranza dei popoli è più facile da gestire, sai io sono “vecchia” e ho dimenticato lo slancio giovanile oggi ho solo ” rabbia” rabbia perché non ho potuto studiare abbastanza, dovevo lavorare, rabbia perché mi sembrava di poter cambiare il mondo e invece non sono riuscita a cambiare neanche me stessa. Oggi, ” faccio la Marta” del Vangelo, cioè quella che in casa “fa le cose” che nessun altro vuole fare, mio marito accompagna i “gruppi DP ” dove sei anche tu, e i miei ragazzi studiano come te, però oggi tu non mi hai fatta sentire ” inutile” hai dato un senso al mio lavoro, in tutte le epoche di “cambiamento” c’era chi stava in prima linea e chi preparava il pranzo… Un abbraccio dalla tua ex catechista di Prima Comunione!
Mi fate vomiate con le vostre parole siete ippocriti e falsi piete patetici con le vostre parole lagnose , e on queste io certo non ci posso vivere ma se avessi un po di soldi che prende marco da quest attivita commerciale forse si .
cara rosella e luciana siete patetiche e false e lagnose
domenico
Caro domenico, sei tu ad essere patetico, cosa credi che gli altri non abbiano problemi? Credi che la vita degli altri sia facile? Pensi di avere solo tu i problemi? Se ti guardi intorno e non solo “intorno a te” troverai si persone che stanno meglio ma anche tante che stanno peggio di te! Muovi il “culo” muovi la “testa” insomma non ti “crogiolare” pensando che il mondo ce l’ha con te! Ti è stato offerto un aiuto psicologico GRATIS prendilo al volo altrimenti smettila di lamentarti e se io e rosella siamo lagnose, non ci leggere e trovati un altro sito dove sarà più divertente fare la”vittima”! Ciao! Luciana p.
Ciao Andrea, encomiabile il tuo, non certo frequente, lavoro di ricerca…..ma leggo fra l’altro:
-….. una svolta decisiva nella malattia dalla quale l’uomo cristiano-occidentale-contemporaneo è affetto. –
Più che evidente la malattia dell’umana società odierna, ma non credo che questa riguardi la sola occidentale…. Maggiormente, credo proprio non riguardi la Cristianità in Sé, quella Vera, intendo, ma semmai la parvenza d’Essa, che è tutt’altra cosa. Tale malattia, anzi, è d’addebitarsi proprio all’assenza, più o meno decisa, rinnegata, della Presenza Cristica in noi, l’Uomo, l’Unico, Re della Pace.
Ciao Domenico, è doloroso quanto stai vivendo, non mi sento in grado di aggiungere altro, se non l’augurio che quanto di disordinato nella nostra società stai vivendo sulla tua pelle, possa in un modo o nell’altro venire nuovamente riordinato per la futura umana società: il Diritto per ogni Individuo a vivere dignitosamente (mi è rimasta la sola possibilità, quella della Preghiera).
Caro Domenico, il travaglio che stiamo vivendo coinvolge anche la relazione fondamentale tra maschio e femmina, con risvolti a volte crudeli, ma anche con liberazioni inderogabili, rispetto alle società patriarcali.
Puoi trovare alcune mie riflessioni più approfondite sul tema nel mio sito http://www.marcoguzzi.it, al link Nuove Visioni, il brano “Lettera ai mie figli sulla bellezza del matrimonio”.
Per quanto poi riguarda la tua sofferenza, credo che tu possa prendertene cura, forse questa crisi ti propone di affrontare questioni profonde, da tempo sepolte in te.
I nostri Gruppi sono aperti a tutti, e gratuiti …
Ciao. Marco
Credo davvero a questo punto che ci sia bisogno di un serio chiarimento sulle finalità dei gruppi DP (e di chi li coordina, li gestisce e vi collabora) senza cadere nella trappola degli insulti gratuiti di chi riesce solo a vomitare addosso ad altri la propria rabbia e il proprio rancore.
Personalmente non ho mai mangiato ad una mensa della Caritas, ho sempre mangiato a casa mia e non mi sono mai ‘fatta mantenere’ economicamente da un uomo (che invece in alcuni casi ho aiutato, proprio in termini di ‘vil denaro’).
Più fortunata di te, Domenico?
Non so…fatiche, delusioni, frustrazioni ce le portiamo dietro tutti (me compresa) ma se diventano ‘armi’ per prendere a randellate altri (che magari tentano di darti anche una mano) è proprio il caso di fermarsi, guardarsi dentro e cercare umilmente di capire perchè siamo arrivati proprio qui!
O si riparte da noi o ci sembrerà che il mondo ‘giri sempre storto’ e addirittura contro di noi.
Ciò che si impara nel percorso DP è proprio il farsi carico di se stessi, cioè sviluppare un più consapevole senso di responsabilità personale e di conseguenza verso gli altri…sei libero di farlo o meno, la scelta è solo tua (ma almeno non insultare chi fa le SUE SCELTE)!
Auguri a tutti, mcarla