Fin dai primi incontri dei gruppi Darsi Pace, tramite gli esercizi di auto-conoscimento che si possono trovare alle pagine 20-22, 64-65, 87-91 del libro ‘Darsi Pace’ di Marco Guzzi, ed.Paoline, collana Crocevia, iniziamo a individuare dentro di noi una zona molto dolorosa e dolorante, una ferita originaria.
Procedendo con ‘umiltà, coraggio, fiducia’, capiamo che essa risale ai primi anni della nostra vita e che ci è stata inferta, quasi sempre in maniera del tutto inconsapevole, dai nostri genitori, e ci ha segnato intimamente, configurandosi come ferita d’amore, una mancanza grave : un tradimento, un riconoscimento non ottenuto, un abbandono …
A questa sanguinante scissione, il nostro bambino, la nostra bambina, addolorati ed increduli, hanno reagito erigendo barricate e muraglie con ‘in cima cocci aguzzi di bottiglia’ (per dirla con Montale), costruendosi il proprio personalissimo modo di difendersi dal mondo circostante, percepito come irresolubilmente ostile.
“ Chi mai potrà amarmi se mia madre, mio padre, non mi amano? “
Ed eccoci entrare a pieno diritto e armati fino ai denti nel (dis-)Ordine dell’Ego, separandoci sempre più dalla Sorgente del nostro essere, dall’Ordine del Giorno, della Luce.
Se questa ferita è una dolorosa necessità (per quanto riguarda me, sono stata guidata dai miei ricordi emotivi ad individuarla con precisione chirurgica), perché non usarla a mio vantaggio? Non è forse essa una incrinatura nella corazza del mio ego? Il suo punto di debolezza? Ricordo e sperimento che “quando sono debole, allora sono forte.” (2Cor 12, 10b)
Vado avanti, al di là del riconoscimento psicologico della mia ferita, imparo a non distogliere da essa il mio volto con orrore e paura: la guardo bene in faccia e capisco che io non sono la mia ferita, che io non finisco là : adagiandomi con tranquilla risolutezza nella pratica meditativa (posso ricorrere alle pagine: 27-29, 41-44, 52-53, 61-62 del libro ‘Darsi Pace’ sopra citato), attraverso il mio lancinante dolore, abbandono le mie maledizioni, entro nella dimensione più intima dell’ascolto e, con l’aiuto dello Spirito che mi abita, trans-figuro la ferita.
Comprendo che attraversando ogni mia rabbia, attraversando ogni mia paura o disperazione o impotenza, non cadrò nel Nulla, ma sarò accolta da Qualcuno, da un Oltre più grande, senza limiti, che mi chiama, che mi attende, che mi consola. Che mi ama.
In questo senso la mia ferita è ‘santa’ perché mi sollecita all’umiltà e all’abbraccio solidale con l’Umanità di tutti i tempi, di tutti i luoghi, Umanità dolente ed in ricerca.
E’ ‘santa’ perché è una delle mie più radicali occasioni di ricongiungimento con il Padre: ” ed egli mi ha detto: «La mia grazia ti basta, perché la mia potenza si dimostra perfetta nella debolezza»”
( 2Cor 12,9).
Insieme a questi pensieri è nata in me una poesia che vorrei ora condividere con voi, nella gioia e nella difficoltà del nostro viaggio, nella fiducia che è “Beato chi trova in te la sua forza / e decide nel suo cuore il santo viaggio” (Salmo 83,6)
se non tenessi a mente
risoluta
la ferita,
il pungolo appuntito,
sperone avvelenato,
come ricorderei che sono argilla
che dissecca
senza la Tua acqua?
né figlia potrei dirmi
sorella
nella sobria Umanità
donna
mi crederei
santa e separata
santa è la ferita
sempre aperta,
porta all’Infinito,
adito alla Luce
che mi irrompe
nel sangue benedetto
dal sorriso che mi chiama
un abbraccio,
Filomena
Quanta verità nelle tue parole, Filomena! e che immagini altrettanto vere e forti nei tuoi versi…quel “pungolo avvelenato” che ci ricorda l’argilla di cui siamo fatti, “che dissecca senza la Tua acqua” !
Quando anni fa (dopo una vicenda dolorosissima di separazione sentimentale) lessi LA FERITA DEI NON AMATI feci fatica a capire che da lì poteva scaturire nuova vita, che questa ferita poteva trasformarsi in un’autentica feritoia da cui far entrare finalmente una luce di salvezza…solo ora, con il lavoro nei gruppi, riesco a intravedere un OLTRE, e che poterlo intravedere costituisce per me-come per tutti quanti- una vera e propria grazia che ci ‘distanzia’ dalla logica di ‘questo’ mondo e nello stesso tempo ci invita a trasformarlo.
E’ davvero un nuovo orizzonte che si apre che ci fa sentire più liberi di respirare. E di amare. SIAMO TUTTI FERITI (come scrive Marco nel suo ultimo post su FB) quindi ci sentiamo tutti delusi, traditi e arrabbiati…decidere di affidarsi a quell’ Oltre potrebbe allora fare la differenza per non rimanere all’ “inferno”!
maria carla
grazie Filomena!
Grazie Filomena. Questo testo è speciale x me oggi.
Grazie Filomena. Questo testo è speciale x me oggi.
Sono vive in me la profondità e l’intensità della condivisione nel gruppo durante l’ultimo intensivo a santa Marinella. Insieme abbiamo guardato le nostre ferite senza vergogna né giudizio, lasciando che le lacrime sciogliessero e purificassero il nostro dolore.
Non fuggire da questo dolore, ma imparare a riconoscerlo, ad attraversarlo e a condividerlo mi aiuta a comprenderne il senso e a sperimentare adesso e qui ciò che dici tu Filomena, cara compagna di viaggio: c’è un Oltre più grande, senza limiti, che mi chiama, che mi attende, che mi consola. Che mi ama.
Grazie in un abbraccio.
Giuliana
Quale grazia accedere al sito in un momento in cui sento pungente “l’amarezza della prima mattina” e trovare un post e dei commenti che con profondità e semplicità mi riportano all’esigenza e all’importanza di impegnarmi con sempre maggiore intensità al lavoro interiore. Grazie di cuore a tutti, un abbraccio. Rosaria
Condivido il pensiero di Rosaria, colpito dalla medesima sincronicità. L’amarezza della prima mattina oggi era forte per me, la mente tesseva i soliti bilanci con un accanimento certo degno di miglior causa, e con rigore male-detto in cui (come prevedibile) ne uscivo decisamente fallimentare, tutte le mie incompiutezze e fragilità analiticamente illuminate da una luce fredda che non conosce misericordia. Che ribaltamento sublime rovesciare la debolezza nella nostra vera forza! Che dolcezza essere così attratti nuovamente verso il lavoro interiore quotidiano!
Grazie Filomena. E grazie ad una realtà bella come Darsi Pace, dove sento che tutto il mio disagio, prima ancora che essere sbrigativamente “risolto” o peggio “censurato”, può essere libero di esprimersi, dove il grido terribile del bambino abbandonato può trovare casa.
Un abbraccio,
Marco
Grazie Filomena, molto bella!
Le tue parole risuonano in me così:
Il mistero che siamo si svela, non distogliendo gli occhi dagli orrori di una natura distorta che ci abita e vive, parassita, come noi.
La denuncia è sostenuta dalla coralità delle nostre voci che si uniscono per dire NO!
Altro, si fa strada a gomitate, tra folle urlanti dentro e fuori, noi imperterriti e fermi semplice-mente,
sorridiamo!
Un forte abbraccio
Daniela
Ho letto il tuo post e nello stesso giorno mi è capitato di leggere questa frase di Mark Cuban, che è un imprenditore e conduttore televisivo.
“Lavora come se ci fosse qualcuno, là fuori, impegnato 24h al giorno per portarti via quello che hai costruito finora.”
Una frase tremenda, che nasce proprio da quella ferita. Una ferita che se non riconosciuta e curata rende la nostra vita e questo mondo così penosi e complicati.
Un caro saluto
“La ferita che lacera l’anima e fa del mondo un inferno” è molto impegnativa questa affermazione ! Fortunatamente anche nelle ferite dell’anima ci sono “le piastrine” per rimarginarle e rendere il mondo “un meno inferno”.
Noi esseri umani siamo feriti, affermazione discutibile, è la società che ci ferisce “affermazione discutibile” ma la società siamo noi essere umani . Anche le ferite servono per non morire.
Il bambino piccolo per imparare a camminare inevitabilmente cade e “si ferisce al ginocchio” ma si rialza, la ferita guarisce e forte della sua caduta impara a camminare più sicuro: lo stesso è la nostra anima , ci si ferisce “inevitabilmente” è la vita che comporta questo, il vivere quotidiano, il rapportarsi con gli altri, gli scontri che si creano, le delusioni sentimentali, ….. le “piastrine” si aggreggano e un po’ alla volta le nostre ferite si rimarginano….e torniamo alla vita più forti di prima, consapevoli che ad una ferita che si “apre” ce ne sarà una che si “chiude” ….. è il decorso naturale della vita.
Le “piastrine” sono rappresentate dalla nostra forza interiore, dalla fede, dalla sicurezza che abbiamo in noi stessi e dall’autostima , dalla scala di valori di ciascuno di noi nonchè dalla nostra dignità e diritto al rispetto reciproco ed il mondo non sarà più un inferno.
un vostro affezionato lettore
alfredo
GRAZIE Filomena… voglio ripetere insieme a te e ai darsi pacisti, cercatori d’Infinito:
santa è la ferita/sempre aperta/ porta all’Infinito/ adito alla Luce/che mi irrompe nel sangue benedetto/dal sorriso che mi chiama./
Questa ferita da tenere sempre aperta mi parla di un parto da sempre in atto che per Amore mi chiama a rinascere dall’alto per andare oltre la Storia, dove ha dominato il sangue come guerra, come razza e lotta fratricida.
Oltre i legami di sangue spesso infetti e capaci di rendere i figli schiavi degli affetti per sperimentare che la maternità/paternità umana non è nostra…occorre passare dalla famiglia biologica a quella di Dio, attraverso la maternità del Calvario dove Maria rigenera Giovanni come figlio dello spirito.
Davvero ognuno di noi in Maria e in CRISTO potrà vivere la maternità missione non solo sui figli propri, ma su tutta l’umanità infinita. In D.P.possiamo sperimentare come Maria e come Cristo che anche sotto la croce non siamo soli …
Grazie a tutti
Giuseppina
GRAZIE Filomena… voglio ripetere insieme a te e ai darsi pacisti, cercatori d’Infinito:
santa è la ferita/sempre aperta/ porta all’Infinito/ adito alla Luce/che mi irrompe nel sangue benedetto/dal sorriso che mi chiama./
Questa ferita da tenere sempre aperta mi parla di un parto da sempre in atto che per Amore mi chiama a rinascere dall’alto per andare oltre la Storia, dove ha dominato il sangue come guerra, come razza e lotta fratricida.
Oltre i legami di sangue spesso infetti e capaci di rendere i figli schiavi degli affetti per sperimentare che la maternità/paternità umana non è nostra…occorre passare dalla famiglia biologica a quella di Dio, attraverso la maternità del Calvario dove Maria rigenera Giovanni come figlio dello spirito.
Davvero ognuno di noi in Maria e in CRISTO potrà vivere la maternità missione non solo sui figli propri, ma su tutta l’umanità infinita. In D.P.possiamo sperimentare come Maria e come Cristo che anche sotto la croce non siamo soli …
Grazie a tutti
Giuseppina
Carissimi amici,
grazie per i vostri commenti che sgorgano dal cuore !
Abbracciàti nella Luce, viaggiamo insieme
Filomena
Grazie di cuore Filomena per le tue parole offerte come dono, come sollievo! In particolare le tue parole poetiche mi aiutano a meglio comprendere la poesia e non solo…..
Come breve commento riporto le parole di un poeta scrittore che sto scoprendo con meraviglia leggendo i suoi libri “la poesia non è un genere letterario ,é l’esperienza spirituale della vita, la piú alta densitá di precisione, l’intuizione accecante che la vita piú fragile é una vita senza fine”. Un sole che sorge di Christian Bobin ed.Aeper grazie Irenilde
Grazie Irenilde…preso dati del libro che ci hai consigliato.
Buon ferragosto a tutti (possibilmente lontani dalla ‘caciarra’…) ! mcarla
Grazie a tutti voi che per errore vi siete trovati nel pianeta Terra !|