“Una cosa, comunque, è sicura: bisogna aiutarla a crescere, la riserva d’amore su questa terra. Ogni scheggia d’odio aggiunta a questi troppi odi rende questo mondo ancora più inospitale e più invivibile. E di amore io ne ho molto, moltissimo, così tanto che già davvero qualcosa ha contato, e non è più così poco”. (4 luglio 1942)
Condivido con voi alcuni pensieri tratti dal diario di Etty Hillesum, giovane scrittrice morta ad Auschwitz il 30 novembre del 1943. Etty si fa nostra compagna di viaggio e, in questi tempi oscuri, maestra di vita. Invito anche voi a condividere pensieri di questa straordinaria compagna di viaggio.
“Riassumendo vorrei dire questo: la barbarie nazista risveglia in noi una barbarie identica, che utilizzerebbe gli identici metodi, se al giorno d’oggi potessimo fare ciò che vogliamo. Questa nostra barbarie dobbiamo rifiutarla dentro di noi, non dobbiamo coltivare in noi questo odio, altrimenti il mondo non verrà fuori d’un passo dal fango. Perciò il nostro atteggiamento verso il nuovo stato di cose deve rimanere ben saldo nei principi e determinato, perché la questione è un’altra. Questo combattimento contro i nostri istinti peggiori che vengono istigati da loro è tutta un’altra cosa rispetto, ad esempio, all’essere ‘oggettivi’ nelle cose, o al vedere il lato ‘buono’ del nemico, che è una mancanza di determinazione e non ha niente a che fare con quello che voglio esprimere. Ma si può essere molto combattivi, molto fermi nei propri principi, senza rimpinzarsi di odio, e si può ritrovarsi almeno una volta pieni di odio anche senza sapere realmente a proposito di che. (….) Per formularlo ora in un modo molto crudo, cosa che dispiacerà probabilmente alla mia stilografica: se un uomo delle S.S mi ammazzerà a calci, io alzerò gli occhi verso il suo volto e, con angoscioso stupore e interesse per la natura umana, mi domanderò: mio Dio, ragazzo, cosa mai è accaduto nella tua vita di così spaventoso, perché tu arrivassi a fare cose del genere? (15 marzo 1941)
“Sappilo, Dio: farò del mio meglio. Non mi sottrarrò a questa vita, continuerò ad agire e a sviluppare tutti i doni che ho, se li ho. Non saboterò nulla. Di tanto in tanto, però, dammi un segno. E fa in modo che esca da me un po’ di musica, fa in modo che trovi una forma ciò che è in me, che lo desidera così tanto.” (24 marzo 1941)
“A ognuno dei miei banali respiri, le persone muoiono a migliaia, si sterminano l’una con l’altra. E tuttavia non si può dire: qual è adesso il valore di una vita umana? Il valore è proprio nulla Se davvero diventerà una visione diffusa che la vita non vale proprio nulla, mentre muoiono a migliaia in ogni istante, solo allora l’annientamento sarà compiuto.” (22 ottobre 1941)
“Matura molto lentamente in me, nell’ultimo periodo, una tale ‘confidenza’, un aver fiducia realmente grande. Un sentirsi al sicuro nella tua mano, mio Dio. E non mi trovo più così spesso divisa dalla corrente profonda in me. E quando sono frenetica o esuberante, non è qualcosa di forzato o di folle, ma è basato sulla sicurezza di quella corrente. E non mi scontro più continuamente con gli angoli acuminati della giornata.(21 dicembre 1941)
“Dio, io ti ringrazio per la tanta forza che mi dai: il centro interiore, da cui la mia vita viene governata, sta diventando sempre più forte e centrale. Le numerose impressioni contraddittorie che vengono dall’esterno si conciliano ora meravigliosamente le une con le altre. Lo spazio interiore riesce ad ampliarsi sempre di più, e le molte contraddizioni non si privano di vita a vicenda, e non si ostacolano più. E dopo un giorno come ieri posso dire con una certa persuasione: nel mio reame regna la pace perché esso è governato da un centro forte. Sento, Dio, che lavoro bene assieme a te, che lavoriamo bene assieme. Ti do uno spazio sempre più ampio nel quale abitare, e comincio anche a diventarti fedele”(9 gennaio 1942)
“E’ già così tanto, quando ci si rende conto che si fa parte di un grande processo di crescita, prendere coscienza di questo processo. Penso che, per troppe persone ancora, la vita si componga di momenti fortuiti, senza alcuna coerenza” (20 febbraio 1942)
“C’è tanta e dura sofferenza nel tuo mondo, Dio, un poco lo avverto ogni volta di nuovo nel mio corpo. E anche per questo sono grata, alla fine: perché una lontana eco di questo soffrire tintinna anche in me, e grazie ad essa ogni volta posso ancora capire e sentire l’umanità” (2 marzo 1942)
“E, alla fine: all’afflizione del mondo non si dovrebbe offrire, di quando in quando, un piccolo riparo? E a Ilse Blumenthal, un bel giorno dirò forse: Si, la vita è magnifica, e alla fine di ogni giorno io ne faccio l’elogio, mentre so che figli di madri, come lei è una madre, vengono assassinati nei campi di concentramento. E il dolore che ne viene dobbiamo saperlo sostenere, possiamo lasciare che ci schiacci ma dovremo tornare a rimetterci in piedi, perché una persona è così forte, e perché il dolore deve diventare, per così dire, una componente di noi stessi, un pezzo del nostro corpo e della nostra anima; non dobbiamo fuggirlo, ma sostenerlo, come una persona matura, non reagire con sentimenti di odio che vogliano vendicarsi su tutte le madri tedesche –le quali, proprio adesso, in questo momento, si trovano a sopportare lo stesso dolore per i loro figli caduti e massacrati- A questo dolore bisogna garantire in se stessi tutto lo spazio e la dimora che gli è dovuta, e in questo modo può darsi che il dolore nel mondo diminuisca, se ognuno sopporta, con lealtà e serietà, completamente, ciò che gli viene inflitto. Ma se al dolore non si offre la giusta dimora, se si offre uno spazio maggiore all’odio e ai pensieri di vendetta, da cui ancora nuovo dolore nascerà per altri, il dolore in questo mondo non avrà mai fine, ma potrà soltanto moltiplicarsi. Quando avrai riconosciuto al dolore il luogo e lo spazio che gli è dovuto in forza delle sue origini nobili, allora potrai dire: la vita è così bella e ricca. Lo è così tanto, che potresti confidare in Dio.” (28 marzo 1942)
“Non si deve voler tutto possedere e comprendere –comprendere non è un possedere nello spirito?- piuttosto, bisogna essere in grado di sopportare tutto. Probabilmente è questa per noi occidentali la cosa più difficile, e infatti ci manca la grande pazienza e quel prezioso ingrediente del confidare: l’umiltà, il poter sopportare, senza resistenza”. (27 giugno 1942)
“So bene quel che può ancora aspettarci. (…..) so che potrà venire il momento nel quale non saprò più dove sono i miei genitori, in cui verranno deportati Dio sa dove, e da qualche parte moriranno miseramente, come adesso tanti altri muovono miseramente. So che questo può accadere. L’ultima notizia è che tutti gli ebrei saranno deportati dall’Olanda, attraverso il Drenthe verso la Polonia. E secondo la radio inglese, dall’aprile dell’anno scorso 700.000 ebrei sono morti in Germania e nei Paesi occupati. E se continueremo a vivere, queste saranno altrettante ferite che dovremo portare con noi per tutta la vita. Eppure non credo che la vita sia senza senso. Dio, non posso farci niente. E Dio non deve rendere conto a noi delle azioni insensate che noi commettiamo, siamo noi a dover rendere conto a lui. In mille campi di concentramento sono già morta mille volte, conosco tutto, non mi ritrovo più angosciata a causa delle nuove notizie. In un modo o nell’altro, conosco già tutto. E comunque giudico la vita bella e ricca di senso. Minuto per minuto”. (29 giugno 1942)
“Io so da me stessa solo questo: dobbiamo lasciar andare persino le nostre preoccupazioni per coloro che amiamo. Intendo questo: tutta l’energia e amore e confidenza in Dio che abbiamo in noi e che in me nell’ultimo periodo stanno così meravigliosamente crescendo, dobbiamo tenerle in serbo per coloro che ci capiti d’incontrare per caso sul nostro cammino e che ne abbiano necessità. (…..) O l’uno o l’altro, di questi tempi: o si pensa unicamente a se stessi, ‘senza alcun riguardo’, e alla propria sopravvivenza individuale, oppure si allontanano da sé tutti i desideri personali e ci si abbandona. E questo abbandono, per me, non conduce alla rassegnazione, al lasciarsi morire, ma piuttosto, là dove Dio per caso mi porrà, a soccorrere come posso, e non ad essere riempita dalla mia personale angoscia e smarrimento. Il mio stato d’animo è sempre così sorprendente. Potrei dire: mi sembra di galleggiare nell’aria anziché di camminare, eppure sono in mezzo alla realtà e so benissimo di che si tratta. (7 luglio 1942)
“Questi sono tempi tempestosi, mio Dio. Questa notte è stata la prima notte che sono rimasta con gli occhi sbarrati, insonne, nel buio, e così tante immagini di sofferenza umana mi passavano davanti. Ti prometterò una cosa, Dio, una piccolissima cosa soltanto: non appenderò al presente, come altrettanti pesi, le mie preoccupazioni per il futuro, anche se ciò richiede una certa disciplina. Ogni giorno porta già abbastanza da se stesso. Ti aiuterò, Dio, a non spezzarti in me, ma non posso garantirti nulla da ora in poi. Una cosa però mi si fa sempre più chiara: che tu non ci puoi aiutare, ma siamo noi che dobbiamo aiutare te.
E quasi ad ogni battito del cuore, diventa per me sempre più chiaro: che tu non puoi aiutarci ma siamo noi a dover aiutare te, e che la tua abitazione in noi, dove davvero vivi, noi dobbiamo difenderla fino all’ultimo. Ci sono delle persone (non sembra nemmeno vero!) che fino all’ultimo istante cercano di mettere al sicuro degli aspirapolvere, dei cucchiai e delle forchette d’argento, invece che te, mio Dio. Ci sono persone che cercano di mettere al sicuro i loro corpi, i quali non sono altro, ormai, che contenitori di mille angosce e amarezze. E dicono: non cadrò mai tra le loro grinfie! E dimenticano che non si è tra le grinfie di nessuno quando si è nelle tue mani.
Comincio a sentirmi un po’ più serena, o Dio, dopo questa chiacchierata con te. Nel prossimo futuro farò molte chiacchierate con te, e in questo modo non permetterò che tu fugga via da me.”
(12 luglio 1942)
“Il mio cuore oggi già diverse volte è morto, ma ogni volta s’è rialzato. Prendo congedo di minuto in minuto e mi separo da tutto l’esteriore. Recido le corde che ancora mi tengono legata, prendo a bordo tutto ciò che penso mi possa servire per il viaggio”. (22 luglio 1942)
“E, là dove si è, esserci al cento per cento. Il mio ‘fare’ consisterà nell’‘essere’. (30 sett.1942)
“Questa notte, mentre me ne stavo distesa nella mia cuccetta, attorniata da donne e ragazze che russavano sommessamente, sognavano a voce alta o piangevano silenziosamente e si agitavano, le stesse che durante il giorno dicevano: ‘non vogliamo pensare, non vogliamo sentire, se no diventiamo pazze’, mi trovavo presa, a volte, da una tenerezza infinita, rimanevo sveglia e lasciavo che mi passassero davanti i fatti, le troppe impressioni di un giorno sempre troppo lungo, e pensavo: ‘lasciate che io possa essere il cuore pensante di questa baracca’. Voglio esserlo di nuovo. Vorrei essere il cuore pensante di un intero campo di concentramento. Sto qui distesa, adesso, così paziente e nuovamente calma, e mi sento già un pochino meglio, non forzatamente ma davvero meglio. (…). Sento di nuovo in me la forza di andare, non penso più in termini di progetti e di rischi, vada come vada, comunque vada sarà un bene. (….). Si dovrebbe pregare, giorno e notte, per queste migliaia. Senza preghiera non si dovrebbe stare un solo minuto” (3 ottobre 1942)
Brava, Giovanna, non potevi trovare testo più adatto da leggere in questa contingenza così drammatica. Ho già letto più volte i testi di Etty, ma è necessario continuare a meditarli a fondo, vivere concretamente le sue parole, i suoi propositi. Mi faccio una fotocopia di questo post: per portarlo con me in ogni momento delle mie giornate! Mariapia
Ho incontrato per la prima volta i diari di Etty Hillesum in un momento di sofferenza, e sono stata molto aiutata dalle parole di questa giovane donna.
In mezzo al diluvio di notizie e commenti di questi giorni, rileggerle mi dà una direzione e un orientamento concreto. Concreto perché parte da me e non dagli altri.
Mi piace l’idea che la storia si possa scrivere non solo con gli eventi catastrofici ma anche con l’intimità e la profondità delle nostre vite.
In questa dimensione qualcosa di nuovo è sempre possibile, e i maestri come Etty ce lo insegnano.
Grazie Giovanna!
Antonietta
Quando nel ’93 lessi il diario di Etty Hillesum pensai: “questo è un libro sacro”. Di recente ho regalato questo libro ad una amica che non la conosceva e nella dedica che le ho scritto ho inserito il termine “contemporaneo testamento”. Penso infatti che se nella raccolta di testi biblici, oltre all’antico e al nuovo, potesse aggiungersi anche un terzo “contemporaneo” testamento, questi scritti di Etty sicuramente ne farebbero parte.
Un caro saluto
Walter
Le parole di Etty bastano da sé, non aggiungo altro, ma ci tenevo a scrivere quanto le apprezzi, quanto senta potente e vera la testimonianza di questa donna che, nell’orrore quotidiano, riesce a scorgere la luce. Quale insegnamento!
iside
Ho avuto tra le mani per la prima volta il libro con gli scritti di Etty cinque anni fa quando stavo prendendo il diploma a Palermo per perfezionare il mio italiano. Mi lo regalò la professoressa di filosofia, ma non lo letto, lo sfogliato soltanto, perché per quel tempo mi sembrava troppo triste e doloroso leggerlo. Ma adesso che ho qualche anno in più credo che mi farebbe bene riprenderlo, lo capirei meglio. Grazie Giovanna per avermelo ricordato. E’ davvero impressionante la fede e la forza d’animo di questa donna. E’ solo da prendere esempio……
Grazie….
Siamo in sinergia Giovanna! È da una settimana che tengo il diario di Etty sul tavolo… Oggi leggo a pg 158:
“… Dobbiamo nel nostro intimo liberarci di tutto, di ogni idea esistente, parola d’ordine, sicurezza; dobbiamo avere il coraggio di abbandonare tutto, ogni norma e appiglio convenzionale, dobbiamo osare il gran salto nel cosmo, e allora, allora si che la vita diventa infinitamente ricca e abbondante, anche nei suoi più profondi dolori…”
Eppure, in questi giorni fatico a comprende questa Etty, soprattutto la sua insistenza nel ripetere che tutto è bello. Ciao paolo
Grazie, ho letto e riletto quelle parole, cercando di capire
Forse questo mondo è come un purgatorio, è il Purgatorio.
Dove ognuno è messo di fronte a ciò che non accetta e non comprende.
Come si risponde?
Con la paura, la rabbia, la depressione o con la fiducia in una Sapienza che ha cura di noi?
Grazie cara Giovanna anche da parte mia; le parole di Etty, che già avevo scoperto anni fa e che tu me le hai fatte ricordare, sono più che mai importanti in questa mia vita in cui lotto ogni giorno affinchè la mia malattia non prenda il soppravvento.
Grazie, un abbraccio Fabio.
Carissimi Mariapia, Antonietta, Walter, Iside, suor Teresa, Giovanni, Iside, Paolo, Aldo, Fabio: grazie delle vostre risonanze.
Bella l’idea di Mariapia di fare dei pensieri di Etty un vademecum per la giornata, e l’idea di Walter di considerare il diario di Etty un “contemporaneo testamento”, come un libro sacro in cui la storia scritta attraverso “l’intimità e la profondità delle nostre vite”, come dice Antonietta, si fa storia sacra, storia di salvezza.
Paolo, riesce difficile a ciascuno di noi comprendere l’insistenza di Etty nel ripetere che la vita è bella e ricca di senso: sappiamo però che non c’è retorica nelle sue parole, che queste scaturiscono dall’aver scavato nel profondo di sé, fino ad arrivare alla Fonte che disseta ogni domanda di senso.
Si Aldo, questo mondo è un Purgatorio, stiamo vivendo un tempo di grande purificazione: se ci abbandoniamo e affidiamo a quella ‘Sapienza che ha cura di noi’ e che ci istruisce anche attraverso eventi drammatici (personali e collettivi), possiamo intravedere in ogni cosa una grande occasione di crescita, l’occasione favorevole per la nostra salvezza.
Ogni cosa che accade ci interpella personalmente e ci chiama ad una decisione che è anche una recisione:
“Dobbiamo nel nostro intimo liberarci di tutto, di ogni idea esistente, parola d’ordine, sicurezza; dobbiamo avere il coraggio di abbandonare tutto, ogni norma e appiglio convenzionale, dobbiamo osare il gran salto nel cosmo, e allora, allora si che la vita diventa infinitamente ricca e abbondante, anche nei suoi più profondi dolori…”. Grazie Paolo per questa citazione.
Se anche altri condivideranno pensieri di Etty potremmo comporre un piccolo breviario che ci faccia da guida e illumini di senso le nostre giornate.
Un grande abbraccio a tutti. Giovanna
Si Giovanna, grazie. Grazie Etty, le tue parole hanno dato uno scossone e rilanciato il cammino
Il diario di Etty è sublime , non sto a ripetere le cose già scritte, voglio solo fare qualche riflessione che ad Etty le è dovuta. Ma non era ebrea ? non credeva dunque in un Gesù, che noi invochiamo come l’unico che ci può salvare.
Sogno il giorno in cui volgiamo lo sguardo ad un Dio di tutti gli uomini senza distinzioni confessionali, le quali , diciamocelo, sono state alla base dei progrom e dello sterminio, che inghiottì anche la famiglia Hillesum.
Ringrazio Giovanna e Paolo per le citazioni di Etty, e grazie a chi ha espresso la sua riflessione. io la trovo straordinaria tanto contemporanea quanto profonda e coraggiosa nel affrontare il dolore e la sofferenza. Mentre leggevo mi sembrava di rivedere la cronaca dei nostri giorni, non è poi tanto diversa, però ” una cosa è sicura, bisogna aiutarla a crescere, la riserva d’amore su questa terra”. Inoltre desidero riportare due pensieri tratti dal suo diario: “A ogni nuovo crimine o orrore dovremo opporre un nuovo pezzetto di amoree di bontà che avremo conquistato in noi stessi”.
“Trovo bella la vita, e mi sento libera. i cieli si stendono dentro di me come sopra di me. Dobbiamo cominciare a prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà allora da sè”. Un saluto Suor Miriam
Cara Cettina, Etty era di una famiglia ebrea non praticante (il padre, preside di un liceo, lavorava anche di sabato). L’incontro con Spier (allievo di Jung), con la poesia di Rainer Rilke, la porta ad esplorare le profondità di se stessa ed a scoprire in quella profondità la presenza di Dio: un Dio che non esclude ma include.
Così scrive nel suo diario il 23 settembre del 1942 riportando un dialogo con il suo amico Klaas:
“è l’unica, Klass, l’unica, non vedo altra strada, che ognuno rientri in se stesso e in se stesso sradichi e distrugga ciò per cui pensa di dover distruggere gli altri. E cerchiamo di essere ben convinti che ogni atomo di odio che aggiungiamo a questo mondo lo rende più inospitale di quel che già è.
E Klass, accanito veterano della lotta di classe, sconcertato e stupefatto al tempo stesso: Si, ma questo –questo sarebbe ancora una vola cristianesimo!
E io divertita da tanto inaspettato smarrimento, con molto sangue freddo: Si, ma….. perché no?- Cristianesimo?”
Se siamo nell’integrità le differenze non confliggono ma diventano dono, ricchezza per tutti: a questo passaggio siamo chiamati e quanto accade oggi ci sta portando in questa direzione.
Ti abbraccio. Giovanna
Carissima suor Miriam, grazie per le citazioni di Etty; andiamo componendo un piccolo breviario con i pensieri di Etty che più risuonano dentro di noi ed illuminano l’apparente non senso dei nostri giorni. Ti abbraccio. Giovanna
Ciao a tutti
il post di Giovanna mi sollecita a rispondere.
Vogliamo interpretare il breve dialogo fra Etty e il suo amico Klaas come il riconoscimento che il cristianesimo ha la primogenitura dell’idea che “ognuno rientri in se stesso e in se stesso sradichi e distrugga ciò per cui pensa di dover distruggere gli altri” ? perchè non è cosi : tanti altri , profeti , filosofi, uomini di altre fedi, prima e dopo la nascita del cristianesimo, hanno proclamato queste verità.
Ragioniamo su questo, indipendentemente da quello che voleva intendere o no la Hillesum.
Ma poi!!! dobbiamo rivendicare di essere i primi della classe??? sarebbe profondamente anticristiano, le rivendicazioni non conducono a niente , anzi fanno macerie … a distruggere l’odio dentro di se , voglio che ogni uomo vi arrivi attraverso un suo personale percorso di fede, basta che vi arrivi!!! .
grazie comunque Giovanna della tua attenzione.
“Credo che per noi incominci una fase nuova, ancora più seria, intensa, e concentrata sulli cose essenziali. Ogni giorno ci si libera di qualche piccolezza.”