Da bambini ci facciamo domande come “qual è il tuo colore preferito?” o “qual è la tua squadra del cuore?”.
Se invece qualcuno mi chiedesse “qual è la tua emozione preferita?” cosa risponderei? La paura, credo.
Fedele compagna di viaggio, non mi ha più lasciata da quando ci incontrammo per la prima volta. Non so esattamente quando accadde, penso però molto presto.
Mi prende come un’onda allo stomaco, come uno sfrigolio che compare improvviso e mi fa trasalire. Poi si chiude in una contrazione stretta. Ho imparato a riconoscere questa sensazione fin dalle prime avvisaglie, poi la sento arrivare ed erompere dentro di me.
Ricordo una volta, molto tempo fa, un ragazzino mi chiese “cosa ti fa paura?”, “tutto” risposi e lui mi guardò stupito incapace di comprendere come ciò fosse possibile. Anch’io mi spaventai un po’ di quella risposta – ma allora è un cane che si morde la coda e come ne esco?
Mi sono resa conto, negli anni, di quanto la mia vita sia condizionata dalla paura. Ma forse dovrei dire dall’angoscia, per la forza con cui quelle onde si propagano nel mio corpo e si intrecciano con i miei pensieri, con le mie decisioni, con il mio stare al mondo.
Se la ascolto con attenzione nelle occasioni del quotidiano da cui emerge, da indistinta emozione, la paura prende forma e si connette con un’angoscia ancestrale da cui trae energia. Sulla superficie, ho paura di fare brutta figura, non oso chiedere un’informazione, chissà cosa potrà mai succedere, ho paura che i miei problemi di salute peggiorino, ho paura di non sapermela cavare, ho paura di essere respinta e maltrattata, ho paura di non essere all’altezza delle aspettative.
Ascolta ancora, di cosa hai veramente paura?
Non è solo paura, è qualcosa di molto più intenso, è terrore, è angoscia, mi manca il fiato, un senso di oppressione mi prende, quasi a lacrimare – no, sono lacrime vere… Nello scavo millimetrico di ciò che mi abita alla fine arrivo sempre lì, all’angoscia della malattia, della solitudine, che poi vuol dire all’angoscia di una tortura a carne viva, senza anestesia.
Ma credo così poco? Pensavo di avere una fede più salda. Vacillo. Dov’è quell’abbandono nel respiro? Sento solo l’affanno ansioso del fiato corto. Non ne posso più. Sono stanca anche di avere paura. La forza mi lascia e mollo la presa. Mi lascio andare. Signore, che io possa sentire il tuo Spirito che impregna la mia carne, il nostro essere Uno. Ho bisogno di saperti con me, sempre dalla mia parte, nonostante tutto. So che sei con me, aiutami a restare con te.
Ma cosa sarà mai questa PAURA? E lo sappiamo tutti dalla psicologia che le emozioni sono delle forze, presenti e attive all’interno della persona. Queste forze ci spingono verso alcune direzioni o lontano da altre, si fanno sentire, urgono, premono, si esprimono o sono rimosse.
Chi di noi non fugge via spontaneamente dalla morte, dal dolore e tende verso la vita, la felicità, cui può attribuire nomi diversi quali amore, ricchezza, potere, piacere?
La paura è spesso un’emozione sana, utile. Essa, infatti, mette in guardia da un pericolo imminente.
Essa è funzionale al benessere della persona, alla sua sopravvivenza, poiché siamo vulnerabili, fragili, soggetti ai pericoli. Quindi è segno di normalità avere paura. Certo nella giusta misura, perché se è eccessiva diventa fobia, e questa è una patologia.
Nooooo….. lo inviato per sbaglio senza aver finito. Appena avrò tempo continuo…..
Carissima Iside
la tua lettera avrei potuto firmarla anch’io! La paura è mia amica costante, è l’ombra, il risvolto di ogni mia azione/ pensiero.! Anche per me si accompagna all’angoscia. E quando mi invadono, consapevolmente, fuggo un pò da questa situazione per concedermi qualcosa che in quel momento possa farmi stare un pò meglio ( passeggiata tra la natura, visita ad un Padre Spirituale a me vicino,…) per poi riprendere attraverso il nostro lavoro, e gli esiti per me sono notevoli, il tema!
Quei sentimenti che tu attribuisci alla malattia, ( comprendo la pesantezza e la difficoltà della situazione), sono però credo, “sintomi” della grande ferita universale, perchè vissuti da tutti noi, anche se questi poi, è vero, risvegliano tutte le sofferenze e i fantasmi legati alla malattia stessa!
E in questi momenti non sempre è facile sentire la Sua presenza! Io mi ripeto: ” so che ci Sei! prima o poi Ti ri-sentirò!”. La meditazione/gli esercizi/la preghiera credo siano l’unica strada. Quando si sta male vorremmo che qualcuno o Qualcuno ci aiutasse, così, sic et simpliciter, solo in quanto persona, bisognosa di aiuto! Invece non sempre è così! Spesso dobbiamo raccogliere noi le energie e pre-disporci. Dovremmo in quei momenti ri-cordare che aridità/sfiducia/abbattimenti,… sono nella valigia del viaggio, insieme però ci sono la gioia, la serenità,…. Le piccole gocce che a tratti ci arrivano dovrebbero essere vive nella nostra memoria e diventare nutrimento e fiducia negli inevitabili tratti di abbattimento! Metto nella tua valigia anche un mio abbraccio forte e un pò d’amore! Gesù Bambino, alle soglie, presto, ti auguro, ri-nascerà nel tuo cuore Maria Rosaria
Cara Iside, quanto ti capisco in ciò che scrivi! Anch’io sento paura e in questo cammino di DP mi rendo ancora di più di questa emozione che mi accompagna spesso, troppo spesso… Ma almeno adesso sono più cosciente e ho degli strumenti per lavorarci. Non è facile. E’ un processo duro e arduo e sempre da principianti… Una cosa bella che sperimento è questa di non nascondere più che ho paura… Piano piano subentra nella vita la speranza e la gioia di fare il cammino di liberazione interiore, liberazione di tante paure che non hanno fondamento e nel “sorrido e mi abbandono” entra la pace.
Cara Iside,
grazie della tua testimonianza. Mi sono riconosciuta in ogni parola, soprattutto quando parli di “angoscia ancestrale”. Anche io spesso mi trovo a percepirla così, è talmente profonda che sembra affondare radici in un buco nero infinito, dal quale poi si espande e si irradia dentro me. E’ una lotta continua, spesso mi sento sopraffatta, altre riesco a diluirla. I metodi usati in Darsi Pace se affinati e approfonditi diventano strumenti molto potenti. Capisco sempre di più l’importanza di essere costante, non stancarmi mai della meditazione, degli esercizi psicologici, e di “allenarmi” così a mollare la presa, ad abbandonarmi in un vuoto che in realtà non è baratro, ma accoglienza, speranza, che non lascia cadere ma salva.
Un caro abbraccio
Maila
E io, cara Iside, mi unisco alla tua preghiera , prego per te, per me e per tutti quelli che spesso sono dominati da questa emozione. Constato che già qui, in questo sito, siamo un certo numero.
Gli psicologi ci dicono che la paura è una delle prime emozioni che prova il neonato ed è in tutte le età una emozione fondamentale, quindi siamo in buona compagnia. Ci disturba molto, ci tormenta, ma evidentemente, se continuiamo a vivere da persone attive , a fare esperienze nuove, vuol dire che siamo anche persone coraggiose. Non ricordo dove ho letto che il coraggio è una paura vinta; perciò mi considero anche molto coraggiosa. E anche tu lo sei dal momento che hai avuto il coraggio di scendere con grande sincerità nel profondo di te stessa e di comunicare questo ad altri.
Un vecchio, saggio contadino mi diceva: la paura sta nel palmo della nostra mano destra, apri la mano e la paura fugge. Sua moglie, altrettanto sapiente, mi accarezzava con gli occhi complici e sorridenti , dicendomi: “ Suvvia , tra cento anni tutte le nostre paure e i nostri dolori ( loro ne avevano tanti) saranno finiti. Ora sono morti entrambi, li penso sereni in Paradiso. La morte è un gran rimedio, riuscissimo a vivere quella iniziatica, un’esperienza che sappiamo si può fare da vivi…. Come da vivi si può gioire, secondo i nostri gusti, forse troppo poco, ma accontentiamoci! Mariapia
Anche nella Bibbia la percezione del senso di angoscia e di paura non è certo assente. Perfino Gesù Cristo nel Getsemani provo questo sentimento tanto da dire: ” Padre se vuoi allontana da me questo calice”.
L’uomo è quel essere che può sperimentare la realtà di un Tu assoluto in una minaccia che lo assale da ogni parte. Uno dei simboli di questo fatto è rappresentato anche dalla sorte del profeta Elia. Non porto il testo perché sarebbe troppo lungo, scrivo solo le indicazioni per chi vuole rileggerlo o scoprire da solo. Riporto invece una canzone di Ron che si intitola proprio: “Paura”
“Paura di sorridere, di amare un po’ di più,
di essere disponibile un po’ di più.
Paura di decidere di dire si o no.
Paura di restare soli, abbandonati li
e di sentirsi, inutili, invisibili.
Paura di due occhi grandi puntati su di te
che nel buio vedono anche quello che non c’è.
Paura anche di credere e di pregare Dio,
paura anche di perdersi, amore mio.
Paura di combattere fra la gente che
maledetta parla sempre e distrugge tutto quel che c’è.
La paura è un terremoto che ci blocca li
fermi come in una foto: non guardarmi più cosi.
Paura di deludere, di uscire dal binario.
In questo mondo strano e un po’ malato
amare è molto più di vivere”.
E per concludere mi viene in mente anche una frase del magistrato Paolo Borsellino ucciso dalla mafia a Palermo che diceva: ” Chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”.
Grazie di cuore Iside per questo interessante argomento che hai portato, veramente tutte le cose che trovo in questo sito sono interessanti e edificanti.
Un abbraccio. Ah, credo che la mia emozione preferita sia la gioia. E’ ciò che auguro a me e a tutti voi.
Sr. Teresa
Sì, Iside. Quello che dici è mio, integralmente mio, tutto mio. Ho paura, a volte cammino impastato di paura, e nemmeno capisco bene perché. Sento il baratro e non mi ci voglio lasciar cadere: punto i piedi, cerco di controllare tutto. E tutto mi sfugge. E non vivo bene. E non vivo affatto, per molti momenti della vita.
Cos’è questa paura che mi arriva addosso, della quale in più mi vergogno, come fosse un’onta, un peccato mio, una mancanza mia – a peggiorare la cosa? Che per anni ha reso la mia esistenza una controfigura di vita, una vita smozzicata, dilaniata, strappata da ogni unità? Da ogni possibilità di vero riposo, di ripresa?
Ora ci sto lavorando, e questo è un grande conforto.
Il percorso psicoterapeutico. Il cammino di Darsi Pace.
Lei, la paura, rimane, ma almeno le sue menzogne le ho smascherate.
Non è vero, infatti, quello che mi sussura: lei mente, perché io non sono solo.
Primo libro dei Re 19, 1-7
Sono nata impregnata di paura e sono grata alla Vita di avere preso consapevolezza ( a quarant’anni suonati) che la mia era/è paura di vivere, di abbandonarmi in ciò che accade. Quello fu il primo passo verso altri benefici cambiamenti.
La meditazione domenicale dell’ultimo incontro di Approfondimento 1 iniziata con le parole del S. 15,1
Proteggimi o Dio in te mi rifugio
ci ha guidati a comprendere che il pericolo da cui derivano tutti i pericoli è l’intera condizione mortale.
Quando abbiamo paura, siamo angosciati e terrorizzati, noi cerchiamo rifugio fuori da questa condizione mortale e non c’è altra speranza di protezione radicale, se non c’è un luogo fuori dalla condizione mortale.
La pratica meditativa e la preghiera ci introducono nell’ esperienza di questo luogo sicuro, di questo rifugio inaccessibile ai pericoli.
Cara Iside, non avere paura a mollare la paura, lasciala andare nell’ espiro e nelle situazioni che ora ti sembrano insuperabili.
Ti accorgerai espiro dopo espiro, situazione dopo situazione che nuova forza si sprigionerà in te.
Ti abbraccio.
Giuliana
Cara Iside,
Ho letto le tue parole trattenendo il fiato.
Anche per me quel fondo ancestrale di paura è un demone potente.
Ma di tutto il tuo scritto la mia attenzione va inevitabilmente a quella frase:
“l’angoscia della malattia, della solitudine, l’angoscia di una tortura a carne viva, senza anestesia.”
Nella malattia non ci sono più le vie di fuga ordinarie: siamo con le spalle al muro, e la gabbia è stretta.
In questa situazione oggettiva, fisica, il corpo non ti permette quella padronanza e quella ricarica energetica di cui avresti bisogno, anche solo per illuderti un po’ di essere tu a decidere della tua vita. A volte sì, è proprio una tortura a carne viva, senza anestesia.
Proprio questo credo sia il punto cruciale da attraversare. E attraversare vuol dire in un certo modo morire, come ha scritto Maria Pia. Morire a tanti desideri, e anche a qualche pretesa. Permettere questa tortura e non opporre resistenza. (Non avrei mai potuto scrivere una cosa del genere senza questi anni di percorso DP.)
Ma il bello è che poi un aiuto arriva, ma arriva solo “dopo”. Arrivano spazi più aperti, consolazione, nuove energie. Ma non come e quando vorrei io, no, arrivano sempre “dopo”. Dopo che mi sono almeno un po’ abbandonata dentro la mia impotenza e angoscia. Dentro il mio sostanziale fallimento.
Ho sperimentato che per me deve essere un attraversamento lento, non affrettato. Stai lì, dice spesso Marco negli esercizi, arrivati al punto della ferita, resta un po’ lì, non scappare subito.
Pregare e chiedere aiuto prima o dopo questo passaggio è molto diverso. Chiedere aiuto dopo, in qualche modo inspiegabile, è già ricevere.
Iside, la strada è quella giusta, e quindi ce la faremo. Anzi, come dici spesso tu, ce la stiamo già facendo.
Antonietta
“Ognuno immagina la propria vita e così la vive.
Niente immagina meglio della paura che diventa, pertanto, l’onnipotenza all’inverso!”
Mi ricordo di aver letto questa frase molti anni fa forse trenta o più quando da ragazzo leggevo i libri di Piero Scanziani cercando soluzioni o vie d’uscita per crescere e maturare
Adesso invece utilizzo la poesia soprattutto quella proposta da Marco Guzzi per affrontare paure e angosce
E mi viene in mente il suo testo “l’artista del giorno” (Preparativi alla vita terrena, p 117) quando assaporando e memorizzando le parole, ripeto i versi
“la sua speranza è il lampo che si ripete, il padiglione dell’orecchio svuotato, una verginità che ad ogni parto torna più pura”
In fondo a volte, o anche spesso, ci rendiamo conto che può bastare anche solo un lampo o un attimo, o quel momento o quel cenno che ci fa sentire e pensare: nonostante tutto vale la pena essere, essere qui, essere vivi!
E insieme, come stiamo cercando noi, è più facile percepire il lampo o addirittura diventare noi stessi, quella goccia che può trasformare una giornata intera e farci dire, anche sfidando frontalmente le aggressioni di tutte le nostre paure; GRAZIE!
Un affettuoso abbraccio, Fabio
Ho letto il post e i commenti e sento di dovervi ringraziare perché sapete confortare e orientare.
Un saluto.
Stefania
P.S. vorrei dire a Suor Teresa che sono d’accordo
(anche se non sono sicura di aver pienamente compreso).
Grazie a tutti per la condivisione di questi pensieri, che vorrei portare sempre con me, come un farmaco salvavita.
Trascrivo una preghiera buddista che parla della sofferenza da un punto di vista differente, ma in fondo uguale.
Che io possa prendermi cura di me
di quello che mi piace di me e di quello che non mi piace
Che io possa prendermi cura di tutto ciò
con amorevole gentilezza
Che io possa essere libero
da tutta la sofferenza non necessaria
In pace con tutto ciò che viene e tutto ciò che se ne va
La “sofferenza non necessaria” è quella parte della sofferenza che ci procuriamo da soli.
La malattia, il dolore fisico, il lutto, sono tutti dolori inevitabili ma forse sopportabili. Diventano insopportabili quando li carichiamo di pensieri come: “perché proprio a me doveva succedere?”
Un caro saluto
Sono contenta di leggere tante “storie con la paura”: ciascuno ha la propria, ognuna dentro un percorso faticoso, ma anche stimolante. Tutte, ne sono certa, destinate al lieto fine!
iside
Grazie a Iside e ai compagni di viaggio che raccontando le paure che ci abitano ci aiutano a guardarle in faccia e a convenire con Nelson Mandela che siamo nati per risplendere e che la nostra paura più grande non è la nostra ombra ma la nostra luce.
Ancora non crediamo di essere figli amati da Dio. Come i bambini abbiamo bisogno di raccontarci ,di essere ascoltati e consolati, di scrivere versi terapeutici e liberanti, come questi miei recentissimi
Spento è il lume/ lo stoppino consumato/ s’alza la tempesta e arriva la faina./
La guardo negli occhi/ come tizzoni ardenti rifulgono/Un lampo accende la stanza / e gli occhi del mio compagno di viaggio./
Li guardo e /stringendolo/ lo abbraccio.
Come Iside,sono certa( in Lui confido) tutte le nostre storie con le paure sono destinate a un lieto fine.
Giuseppina
Siamo al primo anno di DP e quindi alle prime esperienze di comunicazione. Condividiamo anche noi queste paure interiori assorbite durante la ns. esistenza (50 enne) con grande umilta. Siamo molto impacciati ad esternare i ns. sentimenti emotivi e per questo, abbiamo iniziato questo cammino con DP, che ci ha entusiasmato molto, ricaricandoci un po.
Una delle ns. paure e anche l’oppressione di questo tempo che ci viene rubato con mezzi coercitivi da questo sistema politico-economico, mascherando i veri valori/bisogni essenziali dell’essere umano, sempre con lo stesso clisce’ , il dominio dell’uomo” bellico ” a sottomissione dell’uomo umile. La ns. speranza,anche attraverso queste gocce di relazioni telematiche, e’ che l’umanita’ ritrovi i veri valori per la quale e’ stata creata ed i propi tempi.
Un saluto a tutti voi, piccola/grande umanita’. Mario e Paola
Ben arrivati Mario e Paola in questo cammino. Sono sempre più persuasa che soltanto dal lavoro interiore personale potrà scaturire un reale cambiamento globale. Sentiamo il fiato sul collo di un ego smisurato che costruisce mondi distorti e sofferenti, ma noi confidiamo che un gesto umile come la riappropriazione del respiro possa essere l’inizio di una vera rivoluzione… Dunque, apriamo bene i polmoni!
Buon proseguimento tutti insieme
iside
Sento le paure di Mario e Paola, che incontro con piacere, vibrare profondamente anche in me, e desidero ringraziare Iside perché continua ad aiutarmi tantissimo con le sue
parole scritte in una grande e splendida capacità espressiva
Fabio
Grazie Fabio per le tue parole! Sappiamo bene quante paure abbiamo in comune e quanto bene ci faccia condividerle!
Ti abbraccio
iside