Sono le 8 del mattino. Dopo mesi di titubanza e visite mediche ripetute, eccomi fisicamente pronto sul letto d’ospedale per l’intervento di ernia inguinale programmato in day surgery. Il pre-operatorio è concluso; l’ultimo atto è stata la depilazione la sera precedente. Sto solo aspettando il chirurgo per la visita finale, prima di essere condotto in sala.
Ma la mia mente non è tranquilla. Gli stessi dubbi che mi avevano attanagliato qualche anno prima, quando alla fine mi feci operare di un’altra ernia ombelicale, aggrovigliano di nuovo i miei pensieri.
Ma sarà proprio necessario? non esistono possibilità di regressione o stabilizzazione? veramente ogni altra tecnica è vana? quanto tempo dovrò aspettare per tornare a correre? è sicuro che non andrò incontro a dolore cronico? in fin di conti questa ernia adesso non mi dà alcun disturbo e non mi impone particolari limiti.
Quando finalmente entra il chirurgo col suo seguito, io gli pongo una volta ancora la fatidica domanda: «siamo certi che debba essere operata, vero dottore?». Di certo non pensavo di poter ottenere proprio ora, solo un attimo prima di essere collegato alla flebo, la risposta cercata invano durante tutti i mesi precedenti. Ma ugualmente riformulai la questione.
Il dottore mi guarda in faccia e senza esitare, con quella risolutezza che finora era mancata a me, decide in un attimo al posto mio: «se non è convinto, ci vediamo più avanti». Poi con tutta tranquillità si gira ed esce verso la visita successiva. Io faccio appena in tempo a fermare l’infermiera per chiederle cosa fosse successo e lei mi ribadisce: «è tutto annullato, può tornare a casa».
Come? Un paziente preparato, una sala operatoria impegnata, un chirurgo pronto a intervenire: tutto veniva annullato? Quel dottore, di fronte alla mia persona irrisolta, si assumeva in un sol colpo la responsabilità di scavalcare un intero Sistema Sanitario, decidendo di non considerare tutti i costi già sostenuti per me. Avevo la sensazione d’averla combinata davvero grossa.
La mia esasperata volontà, prima di prendere una decisione, a valutare tutti gli elementi possibili, finanche gli imponderabili – come a poterli comporre per dedurre delle conseguenze certe – si era rivelata evanescente al cospetto di una valutazione operata in un attimo, da parte di una persona che neanche mi conosceva; o forse che, senza farsi abbindolare dalle mie elucubrazioni, aveva semplicemente colto la mia inquietudine.
Mentre mi avvio per tornare a casa e comincio a pensare cosa avrei detto ai miei famigliari, si apre lentamente in me e sempre più abissale una strana voragine psicologica, mai conosciuta prima, nella quale vado a sprofondare inesorabilmente. Una parte di me (il mio ego, come imparerò più avanti) cerca disperatamente di afferrare degli appigli, per darsi giustificazione – come è abituata a fare – ma non vi riesce. Si dibatte perché in quella caduta, si sente morire; e infine scompare. Così abbandonato, nudo e privo di pensieri, scopro che in realtà non mi schianto, ma rimango sospeso, come avvolto e accolto.
Quell’evento assolutamente non previsto, anche se auspicato, aveva a che fare più con emozioni congelate nel profondo del mio essere anziché con la solita logica razionale di presentazione. Il mio ego ne risultò traumatizzato e spiazzato al punto da perdere per un attimo la presa sul mondo che si era costruito a sua difesa. Una nuova dimensione del mio Io si era così potuta manifestare: libera, eternamente presente, compartecipe di una vita assoluta.
Non sapevo che questo è uno stato nel quale possiamo decidere di tornare ogni volta che lo vogliamo e che esistono degli strumenti a nostra disposizione per conseguirlo. Di fatti, di lì in avanti non avevo cognizione di cosa avrei potuto fare o sarebbe successo. Ma lo Spirito poteva finalmente condurmi. L’unica cosa che seppi mettere in campo fu una ricerca in internet, ancora più approfondita, di soluzioni alternative a quella chirurgica per la patologia dell’ernia inguinale: perché, sebbene ne avesse svelato uno ben più grave, comunque quel problema continuava a permanere. Già mi era noto che tutta l’antologia medica occidentale nega la possibilità di guarigione per vie extra-chirurgiche, ma a questo punto qualcosa avrei dovuto trovare per forza.
E alla fine, in effetti, riuscii a scovare il sito di un fantomatico personaggio spagnolo che proponeva di risolvere il problema dell’ernia abbinando a esercizi fisici esercizi di meditazione. Ne fui catturato, non tanto per l’autorevolezza delle argomentazioni, ma perché coglievo in questo modo trattate insieme ambedue le mie problematiche e capivo che quella parola “meditazione” poteva avere a che fare profondamente con la mia vita. Di cosa si trattava dunque?
Ne avevo sentito parlare nel mondo orientale e sapevo che forse poteva appartenere anche a quello cristiano. Avevo visto trattato l’argomento in certi film, tante volte semplicemente per deriderlo, magari alcune altre come tecnica usata per ricavarne poteri da supereroi e poche altre ancora affrontato invece più seriamente. Il senso e lo scopo veri della meditazione però rimanevano sostanzialmente a me sconosciuti, e questo semplicemente perché non l’avevo mai praticata. Per saperne di più impostavo allora una nuova ricerca utilizzando questa semi-misteriosa parola chiave.
Non ricordo quale fu di preciso il percorso che mi condusse ad aprire, fra tanti altri, un video in cui un poeta filosofo introduceva anch’egli alla meditazione, ma con un chiaro approccio cristiano. Assuefatto alle parole morte del mondo, ero come anestetizzato; d’improvviso, ascoltando quell’uomo, ora mi ridestavo, perché nel suo parlare sentivo di nuovo scorrere la vita. Fu come una sferzata, che ricordò a me stesso di essere chiamato a ben altro che a delle chiacchiere, le quali sopporto a fatica da sempre; questo era il motivo per cui davvero il mio parlare si era fatto nel frattempo sì sì, no no, d’altro canto però faticando ad attingere alla fonte sgorgante della Parola viva; e mi stavo quindi inaridendo. Scoprivo invece che la Parola tornava a parlarmi se solo avessi voluta intenderla come dipanante delle trame del mio ego. Per ora era solo un barlume, ma avevo trovato un percorso che volevo assolutamente intraprendere. Sentivo come il bisogno di essere iniziato a una fede più autenticamente mia e che parole di vita come quelle del vangelo divenissero realmente carne in me, quando le avessi accolte in uno stato interiore modificato.
Il percorso di liberazione interiore che si proponeva in quel video passava attraverso la partecipazione a dei gruppi e per quell’anno sarebbe ricominciato proprio qualche giorno dopo. Giusto dall’anno precedente era possibile seguirlo anche in maniera telematica; diversamente avrebbe richiesto la mia presenza fisica a Roma. Questo mi facilitava parecchio e così potei iscrivermi senza indugio al primo anno di cammino.
Di lì in avanti ogni incontro sarà per me una rinascita, una conoscenza di me stesso che finora mi ero negata, una vera liberazione interiore. Avrò modo di toccare con mano la concreta natura dell’uomo, discendente di Adamo nel suo Io ego-centrato e figlio di Dio e realmente divino nel suo Io in Cristo. Scopro allora che non avevo mai posto in mezzo e abbracciato il mio bambino impaurito, che ero rimasto ancora attaccato ai molti beni del mio ego, che la via e la verità riconosciute come tali non erano infine diventate vita in me, che la mia stessa congiunzione con Rossella rischiava di rimanere bellica e Maria venerata come una madre proiettata verso l’esterno. C’erano qualità e talenti inespressi sotto la coltre delle mie maschere difensive. Come coperto da un velo molto di me dovevo ancora conoscere per poter finalmente abbandonarmi alla Vita vera.
I gruppi si chiamavano e si chiamano “Darsi pace”.
P.S.
E se quel chirurgo avesse scelto diversamente?
È la tua ernia si è risolta?
Ma che roba
Complicata…..
Grazie Paolo per condividere con noi una profonda esperienza di liberazione, difficile da comunicare quando mancano gli strumenti che aiutano a comprenderla e difficile da capire quando ci nascondiamo dietro maschere difensive, più o meno consapevolmente.
Abbracciare il bambino impaurito che vive in noi e percepire lo scioglimento del ghiaccio dentro il quale abbiamo congelato energie vitali è nascere a vita nuova.
Il chirurgo è stato un tramite del cambiamento avvenuto in te.
Inutile chiedersi se avesse scelto diversamente, meglio gustare il beneficio della trasformazione e abbandonarsi alla Vita vera.
Buona rinascita!
Giuliana
Caro Paolo
Ti ringrazio della tua testimonianza molto eloquente e che tocca un ambito di conoscenza anche molto delicato da affrontare. Una voce più profonda che si è manifestata con un’inquietudine ti ha portato a formulare una domanda precisa. La risposta ricevuta deve farci riflettere sulla reale necessità e improrogabilità di tanti trattamenti chirurgici. La mia personale esperienza trentennale in ambito sanitario mi ha sempre confermato che prima di arrivare a soluzioni cruente, che sempre lasciano un segno indelebile sul nostro corpo, ci sono molte altre possibilità da percorrere. Certo non puoi ignorare la tua ernia, dobbiamo sempre prenderci cura della nostra salute con discernimento e pazienza. Le altre strade percorribili nel rispetto della nostra integrità richiedono determinazione, conoscenza e impegno costante anche sul piano fisico. Certo la meditazione è un prerequisito per la nostra salute, mette ordine tra le nostre parti e libera l’organismo da molte distorsioni, da inutili tensioni e pesi. Il percorso Darsi Pace, anche con il lavoro sul piano psicologico, diventa la vera terapia olistica che favorisce la riuscita di ogni altra terapia fisica. La cura fisica costante si rende comunque necessaria quando, come nel tuo caso, l’alterazione funzionale si è stigmatizzata nell’organismo fisico. Esiste un ampia possibilità di terapie fisiche non cruenti che sono certa incontrerai nella tua ricerca. Speranza, fiducia e coraggio ti accompagnino.
Alida
Ora capisco un po meglio la testimonianza. Se una malattia fisica e presente si deve curare e la paura per un intervento normale… per tutto cio^ che riguarda conversione e liberazione e meditazione ok sono d accordo. Ho scoperto darsi pace per caso per quanto posso vi seguo.
Più volte ho letto il tuo post, e la tua domanda finale risuona spesso anche in me. Se non mi fossi ammalato, avrei incontrato M.Guzzi e tutti gli amici di DP? Dopo diverse riflessioni sono giunto alla risposta che sì, li avrei trovati ugualmente, perchè in fondo sono e siamo persone da sempre alla ricerca di un qualcosa che ci aiuti a comprendere un pò meglio e un pò di più ciò che siamo e ciò che potremmo essere. La mia malattia o la tua ernia sono diventate, in tal senso, solo l’occasione che ha fatto emergere il nostro profondo sentire.
Un saluto, Fabio.
Ciao Paolo,
io penso che se quel chirurgo avesse scelto diversamente, Dio avrebbe utilizzato un’altra opportunità per rispondere al tuo grido di aiuto.
Mi trovavo a vivere un periodo critico della mia vita e nonostante avessi iniziato un percorso, sentivo che mi mancava qualcosa. Un giorno iniziai a cercare su internet.
Pensandoci ora, razionalmente, direi che ho fatto una cosa senza senso: che tipo di risposta avrei potuto ottenere ? Eppure, “per caso”, Qualcuno mi ha fatto trovare tra i primi link da consultare il sito personale di Marco Guzzi.
Ricordo che ho provato più volte successivamente a fare la medesima ricerca , ma non ho più ottenuto lo stesso risultato
Così ho iniziato il percorso nei gruppi Darsi Pace.
Leggendo la tua testimonianza, confermo quanto, sorridendo, ho iniziato a pensare da un po’: Dio usa internet e lo sa usare molto bene !!!! :o)))
Un saluto.
Alessandra
Vi ringrazio per i vostri commenti. E’ bello scoprire a partire da una propria esperienza raccontata cosa si sia riuscito effettivamente a comunicare e quali feedback anche imprevisti si possano ottenere in risposta. Così una realtà vissuta in modo univoco nella mia mente si arrichisce e diventa polifonica quando riletta nei vostri pensieri. I nostri mondi diversi entrano in comunione e ci si sente un po’ più realizzati nella nostra vocazione ad amare. Credo allora che dovrò impegnarmi anche io a scrivere qualche commento in più in futuro. Sono contento che pur al cospetto dell’importanza degli argomenti trattati abbiate colto anche quell’aspetto giocoso che vorrei ci accompagnasse sempre. Sono passati più di quattro anni e quell’ernia è ancora lì, tale e quale a quel giorno in ospedale, a ricordarmi di proseguire nel mio cammino. Un saluto di cuore a tutti e (non me ne vogliate) in particolare a Fabio.
Nei giorni scorsi non riuscivo a postare, ma anche se in ritardo, caro Paolo, desidero dirti che hai redatto un post esemplare, sia per quanto riguarda la dinamica con la quale lo Spirito di Vita agisce radunando tutto in unità; ma anche per quanto concerne il fatto di come tutto, sia il limite fisico che l’imprevisto (veramente inusuale la tua dimissione) possa essere occasione di novità di vita “buona”.
Per chi frequenta i gruppi, bella e esplicita la testimonianza che “tutto è materia di lavoro”; che la difficoltà vera è quella di “stare sul pezzo”; che dal laboratorio non si dovrebbe uscire mai per poter affinare la nostra concentrazione,vivendo con più gusto, amorevolezza e libertà la nostra quotidianità.
Grazie e auguri per tutto
rosella
Sarebbe stupendo scoprire le mille vie che il Signore crea per raggiunger i suoi figli nella loro sofferenza!
Questo è il mio primo post (è così che si chiama?). Ho scritto per la prima volta nell’area riservata soltanto da poco… da quando ho comprato un nuovo computer e qualcuno mi ha insegnato.
Eppure sono al sesto anno di percorso!
Il Signore mi ha fatto dono di “Darsi pace” attraverso una missionaria saveriana (che ora è con il Signore) che aveva seguito un po’ del mio travaglio dopo una mia breve esperienza in Congo. Lì ero venuta in contatto con la mia fragilità e non riuscivo più a… darmi pace.
Lei mi scrisse su un foglietto di carta il titolo di un libro: Darsi Pace, Marco Guzzi, ed. Paoline. Solo questo!
Da quando ho letto le prime pagine di quel libro è cominciata la mia rinascita!!!
Benedetto quel travaglio che mi aveva tolto la pace!
Benedetto quell’ “angelo” che il Signore ha scelto per segnalarmi il titolo di un libro.
Benedetto lo Spirito Santo che ha suscitato quel cammino di “incarnazione” chiamato “Darsi pace”.
Benedetto Marco che – insieme alla sua Paola – ha accolto l’Annuncio! Un abbraccio a tutti. Nuccia
Cara Nuccia, che bello leggerti anche qui! spero che tanti altri praticanti inizino a donarci i loro pensieri, in quanto questo sito è un po’ il luogo pubblico del nostro movimento, ed è bello vedere, anche per nuovi lettori più esterni, quanta amicizia e incoraggiamento reciproco riusciamo a trasmetterci attraverso questi strumenti telematici.
Un saluto affettuoso. Marco
Vivo la medesima esperienza di Paolo Galli da circa un decennio. La somiglianza della mia storia con la sua, l’avermi “visto” descritto, fotografato in un “altro da me”, mi ha fornito il coraggio, la forza e la capacità di esprimermi in questo post. Finalmente ho raccolto l’invito di Marco Guzzi a partecipare a questo blog almeno una volta alla settimana. Paolo, inconsapevolmente, me ne ha offerto la possibilità. Dunque: Ernia inguinale sinistra. Una prima operazione a destra per lo stesso motivo è stata da me affrontata e risolta bene in gennaio 1996 (in anestesia generale solo per la mia fifa). La cosa curiosa è che molti hanno fifa dell’anestesia generale. Io, invece, temo il pensiero del coltello nella carne. Ed il motivo di questo timore, visto che non si sente nulla neppure in anestesia locale, è nel mio caso rintracciabile nel mio passato, quando ero bambino. E qui siamo al punto: “il pensiero” del coltello nella carne. La meditazione formale, che ho appreso negli incontri telematici da tre anni a questa parte, applicata quotidianamente a ogni più piccola esperienza ansiogena, ha svuotato completamente di significato tutte le esagerazioni (mentali) collegate al problema fisico. Non è sparita l’ernia. Non sono sparite le piccole (ma davvero piccole, almeno nel mio caso) limitazioni con essa collegate. ma è sparito il “pensiero” dell’ernia e il pensiero dell'”operazione” dell’ernia. A un certo punto, dopo essere stato tormentato dal pensiero per oltre due anni, questo tormento si è dissolto. E io sto ricominciando a fare quello che facevo prima di precipitare in un abisso di indecisioni e di paure. Può essere una malattia anche non voler accettare, convivere, con il più piccolo disturbo. In questa ottica, vi garantisco, non si riesce a sopportare più neppure il più banale raffreddore.
Per ora ho semplicemente deciso di tenermi la mia piccola croce e soprattutto di non mettere inutilmente in croce coloro che mi stanno vicino. Sono certo che la pratica esistenziale della meditazione mi aiuterà sempre di più a dare una luce nuova alle mie esperienze di vita, come è successo con l’ernia, una luce più vicina alla realtà, cioè alla Verità, cioè a Lui.
Grazie a Marco Guzzi. Il suo invito-appiglio di qualche settimana fa ha continuato a lavorare sul mio coraggio per parlare, che mai riuscivo a trovare, finché Paolo Galli mi ha offerto il secondo appiglio, raccontando la sua esperienza come se fosse proprio la mia. Grazie, dunque, anche a Paolo Galli. E grazie a chi mi leggerà e, magari, mi risponderà, aiutandomi a scrollarmi di dosso un po’ di solitudine. Buon Natale a tutti.
Caro Gennaro,
grazie per questo bel racconto di un apparentemente piccolo, ma veramente immenso scioglimento!
Ci hai mostrato ancora una volta quanto i pensieri ci possano ingabbiare e tenerci prigionieri e di quanto le paure possano essere sciolte insieme, percorrendo insieme una via che ci rende più vicini, meno separati meno soli.
Grazie anche a Paolo per il suo racconto di conversione.
Un abbraccio
Daniela
Carissimo Gennaro,
rimango sempre più piacevolmente meravigliato dalla bellezza e qualità dei vostri commenti. Credo che parte della nostra solitudine derivi dalla difficoltà a vivere occasioni di scambi interpersonali oltre la mediocrità imposta da questo mondo. Le tue parole arricchiscono la mia esperienza e mi sento anche io meno solo. Grazie di cuore per esserti “esposto”, perché ne avevamo bisogno. E grazie a Rosella e Nuccia, che mi hanno dato la stessa gioia di una piccola condivisione.
Buona nascita di Gesù nella nostra carne.
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