Imparare a parlare

Commenti

  1. Anche a me fa paura il baratro, ma è forte il desiderio di un linguaggio nuovo che mi permetta di parlare con gli altri senza mentire, senza innalzare muri o delimitare recinti.

    La via è lavorare su di me, ogni giorno e più volte al giorno riparto da qui.

    La gioia è comprendere che “l’illogica allegria (..) di vivere il presente”, come canta Gaber, nella fede cristiana ha un nome preciso la cui potenza ci attraversa ogni volta che facciamo spazio, lasciamo morire ciò che finisce del nostro modo di essere e ci apriamo senza paura a ciò che non sappiamo.

    Grazie Marco per le tue luminose parole.
    Giuliana

  2. ” è forte il desiderio di un linguaggio nuovo che mi permetta di parlare con gli altri senza mentire, senza innalzare muri o delimitare recinti.” Dici bene Giuliana, ti ringrazio per il tuo intervento.

    Mi rendo conto proprio in questi giorni come questo imparare a parlare nuovamente sia un compito importante ed urgente; vedo alzarsi steccati e sento rumori di piazza, cattolici e non. Vedo gente contenta nel costruire il suo bel muro (The Wall, cantavano i Pink Floyd già negli anni ottanta…). Il nuovo fa fatica, il parto è doloroso. Ma irreversibile.

  3. A proposito dell’illogica allegria. Che strana sincronicità, scopro adesso che proprio oggi 25 gennaio è la data di nascita di Giorgio Gaber, che ho citato nel post senza sapere di questa singolare “coincidenza”

  4. Adriana Dell'Arte dice

    Caro Marco,
    grazie del tuo intervento e della condivisione delle tue riflessioni. Riguardavo ieri il breve video su Heidegger con il commento di Marco Guzzi e così, nel linguaggio che è linguaggio poetico, ritrovo la necessità di una parola nuova. Una parola che non sia comunicazione funzionale, ma che, nell’atto dell’esserci, sgorga. E’ forte la sensazione di sentirsi parlati e di percepire l’unità interiore che riluce da questa qualità del dirsi.
    La sensazione interiore di spaesamento e la paura del baratro sono dimensioni che condivido e percepisco, nel mio stato egoico di separazione. Così accolgo e mi riconosco nelle parole di Giuliana, nel desiderio quotidiano di lavorare su sè stessi, ogni giorno e più volte al giorno. Di accogliere la ri-partenza come una opportunità sempre nuova di pacificazione.
    Condivido qui una citazione da “Politica della bellezza” di J.Hillman: “[…] Questi mutamenti del ri-vedere, della seconda veduta, sono proprio quello che indicano le parole “riguardo”, “rispetto”. Ri-spettare significa guardare di nuovo. Ogni volta che guardiamo la stessa cosa di nuovo, acquistiamo maggior rispetto nei suoi confronti e aumentiamo la sua rispettabilità. Scopriamo l’intima relazione degli “sguardi” – del riguardare e dell’essere riguardati, parole che hanno a che fare con la dignità. […] uno sguardo accresciuto, un rinnovato senso di rispetto di sè. […]”.

    Nella quotidiana fatica e nella quotidiana bellezza.
    Grazie.

    Adriana

  5. Non conoscevo quella canzone di Gaber “ L’illogica allegria “ che descrive un momento di “Illuminazione” nel quale la mente cessa di essere scissa e quindi anche intorno a sé non vede più separazione.
    Solo in quello stato mentale è possibile l’unità dei cristiani, anzi l’unità di tutti gli uomini.
    Solo in quello stato mentale le contraddizioni tendono a scomparire.
    Mi tornano in mente le parole del Salmo 84 “Misericordia e verità si incontreranno, giustizia e pace si baceranno”
    Giustamente scrivi che solo il lavoro su di noi, sul nostro continuo giudicare e separare, ci fa vedere un pezzettino di Cielo tra l’intrico dei rami e alimenta la nostra speranza.
    Grazie per i tanti spunti di riflessione che hai offerto.

  6. Aldo, ti ringrazio per il commento. Devo dirti, aprendo una minima parentesi biografica, che quella canzone per me ha un senso spiccatamente “spirituale”, derivato dal modo stesso con il quale ne sono venuto a contatto. E’ stata infatti “adoperata” per un ritiro di Comunione e Liberazione, aprendone il significato più profondo, proprio nel senso che tu bene-dici. Mi ha colpito sia per l’occasione (non mi aspettavo proprio che una “canzonetta” fosse messa a tema in un ritiro spirituale…) che per la bellezza intrinseca e la significanza del brano. Così mi è piaciuto poterla ricordare qui…

    E come ho scritto, sono rimasto poi molto colpito che il post è apparso nella data di nascita di Gaber, senza alcuna predeterminazione. Il reale ha delle connessioni misteriose, delle sincronicità sorprendenti – ed è in effetti sempre più profondo di tutte le rappresentazioni che ci possiamo fare…

  7. Grazie per il tema proposto che mi pare davvero importante e molto coinvolgente. La parola utile, per imparare a parlare, e da tenere poi costantemente presente credo proprio sia: “discernimento”! Così come spiegato, e indicata con precisione e molto bene, nei commenti del post: http://www.darsipace.it/2015/11/09/unantologia-poetica-dellascolto/

    Un caro saluto a tutti e ancora grazie per gli stimoli che ricevo,
    Fabio.

  8. Caro Marco,
    condivido appieno la tua riflessione e ne apprezzo ancora una volta la modalità con cui ce la offri. In definitiva ogni volta che nelle nostre parrocchie si parla di unità dei cristiani si ha la sensazione che in realtà stiamo semplicemente invitando “gli altri” a tornare a casa. Ma il dentro e il fuori (qualsiasi casa) non sono categorie dell’unità.

    Grazie a tutti, Paolo.

  9. Grazie Paolo,

    interessante la tua riflessione. Forse il fatto è che dobbiamo tutti quanti, avviare la fase del “ritorno” verso casa. Dentro e fuori sono schemi che dividono, sono schemi vecchi. Non posso dimenticare del resto che alla mia prima lezione del primo anno, Marco scrisse sulla lavagna la frase “La via del ritorno” http://blog.marcocastellani.me/2014/10/un-luogo-di-ricominciamento.html

  10. Bernarda Cadavid dice

    Caro Marco,
    Le tue parole sono di fuoco, mi stimolano a non riposare nel mio cammino di unificazione interiore, ma ad intensificare ciò che tu chiami “la riposta gioia di collaborare a rendere il mondo più luminoso, a rendere il mondo uno”. Il Cristo che si presenta nel tempio come l’Angelo della Alleanza, ci insegni a parlare in Lui e con Lui.
    Grazie infinite! Bernarda

  11. Cara Bernarda,

    grazie per le tue parole. Sì sì, ciò che conta – mi sembra – è partecipare a questo lavoro, assentire a questa “collaborazione”, proprio dal punto in cui siamo, dalla situazione nella quale ci troviamo. Diceva Marco tempo fa, che nessuno stato d’animo è obiezione alla pratica meditativa; e per facile analogia, mi pare che si può fare questo lavoro da qualunque punto di partenza, qualunque sia la nostra situazione di debolezza o distrazione o caduta o irritazione o frustrazione…

    Tutto ciò per noi è obiezione, spesso. Per noi, ma non per Lui.

    Un abbraccio,
    Marco

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