Ricordo bene che da ragazza, consideravo le persone della mia attuale età, come curiosi e interessanti reperti di un’epoca passata, testimonianze parlanti di eventi e cose che non erano più; ai miei occhi di allora, questa caratteristica dava loro il privilegio di essere trattati con riguardo e una certa indulgenza; per quanto sapevo di questa età, il lato creativo consisteva tutt’al più nel manifestare la ‘forza del carattere’, qualche stravaganza cui si consentiva finalmente di emergere, senza più infingimenti e timore delle convenzioni sociali, comunque lontanissima da me l’idea che in loro potessero esserci dinamiche psicologiche attive, possibilità di cambiamenti nello spazio interno del mondo o una spiritualità viva, capace di trasformazioni, insomma le vedevo come delle cariatidi.
Ricordo bene che da ragazza – lo aggiungo per completare quanto dicevo più sopra – io stessa mi consideravo una cariatide, già poco dopo il diploma di maturità, mi capitava a volte di sentirmi una veterana della vita, qualcuno la cui storia era già stata scritta e su cui non erano possibili grandi interventi; mi è facile ora sorridere di quel modo di sentire, ma questo dà la misura di quanto possa essere fuorviante la valutazione soggettiva del tempo.
La nostalgia intensa per il tempo passato e la percezione disperante di un tempo che sfugge come sabbia tra le dita, mi hanno sempre appartenuto, e paradossalmente stanno semmai cambiando ora: nello stesso irragionevole modo della mia convinzione di allora, mi sembra possibile ora, alla vigilia dei settant’anni impostare in me un reale cambiamento, contrariamente a quanto credevo da ragazza.
Settant’anni, ma sono stati i primi dieci a determinare gli altri sessanta: e cioè una vita rigorosamente laica con curiosità e incursioni nei territori di una religiosità ‘apocrifa’, che comprendeva un po’ di tutto, teosofia, ermetismo, induismo, buddhismo; con Jung mi dicevo che Dio si è espresso in molte lingue e manifestato in molti modi e tutti sono ‘veri’.
Da quando sono approdata a DP sto abbandonando tutto ciò gradualmente senza rimpianti ed ho iniziato a riorientare il mio mondo interiore, ma, cosa anche più importante, questo cambiamento che vivo, grazie ai fermenti attinti, non mi sembra che l’inizio di un cammino che solo intravvedo.
Il punto di svolta, quello che ha determinato una mutazione nella qualità dell’interesse verso la materia di DP, prima di questo sostenuta principalmente da curiosità intellettuale, è avvenuto nel secondo anno ed è iniziato con la consegna della preghiera (La preghiera dei figli di Dio), io che ricordavo a malapena il ‘Padre nostro’, che non sapevo assolutamente pregare con parole mie per il dubbio di dire spropositi, ci ho trovato una miniera di ispirazioni e una guida per territori da esplorare.
Oltre a questo, c’è stata la lettura di alcune opere di Marco: ‘Parole per nascere’, ‘Il cuore a nudo’, dove si rivelava il suo rapporto con il divino in termini che potevo capire e accettare, un rapporto che finalmente mi si poteva costituire come riferimento possibile, parlava con il mio cuore, e mi faceva desiderare di aprirmi all’esperienza cristiana secondo quelle modalità che sentivo congeniali.
Allora improvvisamente, gli esercizi psicologici che fino ad allora avevo considerato con sufficienza (mi chiedevo che cosa mai potessi trovare di nuovo in me, dopo anni di psicoanalisi e di Psicosintesi), mi sono sembrati necessari, e da quando mi ci sono dedicata, hanno aperto una porta interiore che mi ha dato la possibilità di contatto, volta per volta, con la mia vulnerabilità, con le radici del dolore, per capirlo, lenirlo, consolarlo, perché in quel mondo fuori dalle leggi ordinarie del tempo che è la psiche, si può entrare e, rendendo il passato presente, interagire, provare a modificarlo, modificando di conseguenza anche il presente.
Con il piacere di una rivisitazione e di un approfondimento ho ritrovato l’interesse intenso e personale per la lettura di autori poco o mai frequentati, per la poesia, uno slow food che di solito si ha troppa fretta per mangiare, ma che costituisce il cibo prediletto dell’anima.
È un tempo magmatico, forse è il ‘tempo dell’insurrezione’?
Ricordo bene che da ragazzi si usava un’altra parola ed era: rivoluzione, ma la sostanza non differisce di molto, e dunque è qualcosa con cui, come tutti quelli della mia generazione, ho avuto spesso contiguità e spiccata simpatia, perciò assecondo questi moti, anche se registro a volte visite indesiderate come facili irritazioni, rabbia, inaspettate tendenze all’autoaffermazione, contenuti che ho sempre detestato e vorrei rifuggire, invece mi si presentano chiari come non mai insieme ai molti interrogativi a cui, per ora, non so dare risposta, mentre pur indebolite, sussistono ancora le chiusure che mi hanno paralizzata per tanto tempo, molti pensieri che chiedono ordine, che vorrebbero essere dibattuti, nuovi concetti da elaborare, da integrare, ma se anche, data l’età, so di non avere a disposizIone molto tempo (e questa aimè, è una valutazione oggettiva), non ho fretta di ricreare un equilibrio che non sia ‘il nuovo equilibrio’, quello verso cui, allo stesso modo di un germoglio verso il sole (secondo quanto si è detto, anche un vecchio albero può produrne), mi sto definitivamente orientando.
Cara Grazia,
davvero bella la tua riflessione che produce in me più di una risonanza, mi soffermo soltanto su quella che suona più forte.
Riferendoti al percorso Darsi pace dici che “il punto di svolta è avvenuto nel secondo anno ed è iniziato con la consegna della preghiera (La preghiera dei figli di Dio)”.
Per te “rigorosamente laica” è stata la decisione di riorientare il tuo mondo interiore iniziando un cammino che solo intravvedi.
Io provengo da una formazione “rigorosamente cattolica” e anche per me il secondo anno del percorso è stato rivelativo per comprendere che nella mia contestazione in casa, in parrocchia, in ambito lavorativo, pur dentro modalità distorte da correggere c’era e c’è una parte di verità.
Ho sentito e vivo il metodo integrato che usiamo nel nostro laboratorio come le grandi pulizie pasquali simili a quelle che mia madre metteva in atto ogni anno in prossimità della Pasqua in ogni parte della casa e arrivavano negli angoli più nascosti dei cassetti.
Cercare un nuovo equilibrio come germoglio verso il sole è l’atto insurrezionale/rivoluzionario che profuma di futuro.
Grazie e a presto.
Giuliana
Che bello Geazia! Grazie! Senza fretta ma con urgenza e spirito di vita “adelante!”
Anche per me il secondo anno è stato determinante. La scelta di Fede ha avuto un grande Significato ed ho voluto dare da subito Corpo e Senso al ” Credo! “.
DP ha ricucito il filo della mia vita, che, ho vissuto, è un continuum.
E’ la vita esteriore che si è snocciolata in mille diversità e cambiamenti, ma io sono scivolata, vivo ora, lungo il filo della vita, con Unità Interiore. Il palpito, di Gioia e di Pienezza, che ai tempi del liceo provavo quando passavo in chiesa prima di andare a scuola, è lo stesso di oggi; il tempo esteriore passa, quello interiore è eterno perchè riguarda La Nostra Essenza!
E magicamente, tutto il lavoro che facciamo, mi porta sempre più unificata e compatta tra le mille diversità della vita, quasi come se si unissero in un’unica danza l’Eterno Che è in me e il divenire che è fuori di me!
Grazia ti abbraccio insieme a tutti gli altri amici di viaggio Maria Rosaria
Da quando frequento i corsi telematici di “Darsi pace” e questo blog ogni tanto ho l’impressione di trovarmi di fronte a qualche fotocopia di me stesso. Anch’io ho quasi 70 anni (solo 67 per ora) come Grazia e se, Grazia, ti raccontassi il mio percorso di letture, studi e frequentazioni culturali e religiose, diresti che hai incontrato una tua fotocopia. Forse siamo soltanto il prodotto di un’epoca e forse oggi è proprio Marco Guzzi che ci sta offrendo la possibilità reale, non solo fatta di parole, ma di carne e sangue, di dolore e di gioia, di accedere finalmente al nostro spirito, a quella interiorità che nelle parrocchie, o nei circoli culturali, spesso, troppo spesso, abbiamo messo a tacere. Bisognava seguire gli schemi di pensiero, i binari già tracciati, raggiungere mete prefissate da altri: la libertà che ho trovato in Darsi pace di crescere e svilupparmi spiritualmente è quella stessa libertà che ci ha sempre bruciato dentro, nel confronto con gli altri, in ogni ambito. Non siamo forse sembrati, Grazia, sempre un po’ strani, un po’ “diversi”, spesso stravaganti? L’amore per la verità non ci ha forse sempre estraniati dagli altri? e la perenne voglia di cambiare le cose, noi stessi, il mondo circostante, non ci ha sempre mostrato agli altri come visionari, gente che aveva bisogni di psicoterapia e di ansiolitici, rivoluzionari “tout court”? Forse, Grazia, non siamo più tanto soli ….. ma io credo che non lo eravamo neppure prima. Chi incontra Gesù – e basta una volta sola, ve l’assicuro – non è mai più solo! Grazie, Grazia che, provocando la mia risposta, mi hai costretto a uscire ancora una volta dalle prigioni della mente che ogni tanto mi invento da solo. Alla prossima.
Cara Grazia ti ringrazio davvero per questa testimonianza tanto preziosa per il punto del cammino di Darsi Pace (secondo anno sesto/settimo incontro) che stai seguendo ed in cui io mi trovo come accompagnatrice.
I dubbi, leciti e scontati, che assalgono i praticanti in questa fase del nostro lavoro hanno bisogno di tali parole, dettate da una profonda esperienza come quella tua che hai descritto in modo così spontaneo e preciso.
Ti abbraccio con affetto Gabriella
Grazie a Giuliana e Gennaro per aver ascoltato le risonanze con quanto ho scritto, grazie a Lula per l’esortazione (che mi rivolgo sempre), grazie a Gabriella per il gradimento. Un abbraccio a tutti. Graz
Ho dimenticato M. Rosaria, le chiedo scusa e rimedio con un forte abbraccio. Graz.
Cara Grazia,
sì! “cara grazia, più invecchio e meglio sto!”.
Non so che dire, se mi guardo indietro il tempo migliore è sempre stato “quello che sto vivendo”, ciò che mi ha veramente sorpreso e stupito nella vita è rendermi conto che al mio interno vi è un pozzo nel quale posso immergermi per lavorare e trarre cose antiche e nuove o rinnovate se offerte alla potenza dell’ Eterno “infinito senza tempo”.
E posso riposare.
Comprendo che è proprio l’incarnazione, per me la parte più faticosa, non ho mai rimpianto il tempo passato, sono sempre stata “meglio ora di prima” anche se “bene mai”.
Questo:”anche se bene mai” mi fa pensare.
Mi pare d’essere più giovane e positiva a settant’anni di quando ne avevo venti e di avere più speranza ora di allora e una saggezza buona che colma di senso il cuore.
Eppure il corpo con la sua forza fisica, piano, piano, se ne va; ed io sorrido alla sapienza della vita che m’introduce, poco a poco nella morte che, disincarnandomi pare mi dica: è quasi ora di tornare a casa, per addentrarsi nella conoscenza della Resurrezione nel Corpo mistico.
Ma forse ho ancora da lavorà un pochettino sulla pazienza o altro. Ancora.
Buona continuazione a tutti
Rosella