In un recente incontro con un amico sacerdote che mi conosce da molti anni, lui, prima di congedarci, mi raccomanda: “Te lo dico con autorevolezza, Mariapia, liberati dai sensi di colpa!“ “Sì,- rispondo- hai proprio ragione, mi impegnerò”. A casa, mi ritrovo con un fermo proposito di seguire il suo consiglio, ma poi subito emerge l’interrogativo:- ma come fare? –
Di sensi di colpa ho sentito parlare quasi per tutta la mia lunga vita, so che sono un fardello inutile e paralizzante, l’ho anche letto più volte, è ora di cambiare veramente, ma il difficile è trovare la via della liberazione.
Rifletto: non me la deve indicare un’altra persona, non devo leggere un altro libro di psicologia o di spiritualità, sarò io a sperimentare un nuovo modo di rapportarmi, nella verità, con me stessa, con le mie debolezze, timori, incertezze, in un dialogo interiore animato dall’impegno, dalla costanza, ma anche da una certa leggerezza, sebbene la mia carne gridi sofferenza, e la mia anima sia spesso rattrappita e congelata nella paura.
Paura, perché? Certo c’è l’inferno, che troppo ti hanno minacciato da piccolina…. ma, svegliati! Molto più potente delle fiamme eterne è la misericordia di Dio, che continua a indicarci la voce autorevole del Papa. Tu ne sai forse più di lui? Dove c’è la paura non c’è amore! Vuoi fallire così la meta più importante della vita?
Cerca piuttosto di capire perché sei così affezionata al tuo senso di colpa, forse ti difende da qualcosa, ti permette il tuo rincantucciarti in te, ti chiude in un bozzolo di sicurezza, perché sei abituata alla colpevolizzazione, la conosci già, sai che non ti spinge a cambiare veramente nulla nella tua vita, non ti apre a un vero e creativo pentimento. Sì, i sensi di colpa sono esigenti, ti tengono continuamente all’erta, forse ti aiutano a non cadere in tentazione, ma anche a non perdere l’immagine che hai di te e che vuoi conservare: di una persona più o meno a posto, più o meno accettabile nel tuo ambiente.
Già il perfezionismo! Anche di questa mia caratteristica mi hanno parlato molte persone con cui mi sono confidata! Ed è un altro bagaglio ingombrante che sento sulle spalle! Chiediti urgentemente se vuoi essere nella verità o restare nelle tue nevrosi di bambina tremante e minacciata da fantasmi.
Anche il perfezionismo è frutto della tua povera egoità, sgrovigliati, apri le finestre, c’è il mondo intero che ti aspetta con pensieri ed azioni da persona realmente adulta!
Uscendo dal tuo cantuccio di protezione, ascoltando gli altri, scoprirai che non sei tu il centro del mondo, décentrati dal tuo io che pensa solo a sé stesso, che costruisce muri e muretti intorno a sé per non essere disturbato, arrischiati fuori, tuffati, sperimenta il navigare in mare aperto, sarà più interessante; troverai, guidata dal tuo buon desiderio, la terra dei rapporti fraterni, dove le ferite non sono irrimediabili, dove se ci si offende, ci si può riconciliare. Dove l’altro non è soprattutto la persona da giudicare o che ti giudica, ma l’amico che ti può sostenere e che tu puoi sostenere. Dove dei propri difetti si può anche sorridere, incamminandosi insieme verso mete più alte, perché ci si ricorda vicendevolmente che siamo esseri divini.
E ora chiedo il vostro aiuto! Voi avete sperimentato qualche altra strategia per liberarsi dalle proprie distorsioni in questo ambito, per essere più sereni, per accettarsi, per avere il senso delle proporzioni e respirare il più possibile la libertà? Anche e soprattutto nella vita quotidiana?
Intanto, poiché siamo nella Settimana santa, per aprirci insieme alla gioia pasquale, vi regalo una preghiera di Mario Luzi, che conclude la via Crucis, scritta dal poeta e recitata al Colosseo, il venerdì santo del 1999.
Dal sepolcro la vita è deflagrata.
La morte ha perduto il duro agone.
Comincia un’era nuova:
l’uomo riconciliato nella nuova
alleanza sancita dal tuo sangue
ha dinanzi a sé la via.
Difficile tenersi in quel cammino.
La porta del tuo regno è stretta.
Ora, sì, o redentore, che abbiamo bisogno del tuo aiuto,
ora sì che invochiamo il tuo soccorso,
tu, guida e presidio, non ce lo negare.
L’offesa del mondo è stata immane.
Infinitamente più grande è stato il tuo amore.
Noi con amore ti chiediamo amore.
Amen.
caraissima Maria Pia, il tuo racconto è per me l’ennesima conferma di quanto siamo vicini nella sofferenza. Spesso conosciamo e diamo attenzione alla nostra propria sofferenza ignorando quella altrui. Quante volte nella mia vita ho pensato di avere un carico di dolore superiore, di essere più sfortunata degli altri e che forse nessuno avrebbe capito veramente le mie dificoltà. Negli anni ho incominciato a rendermi conto che ciò non era vero, che a volte le persone non mostravano il dolore e le difficoltà che si portavano dentro. Il cammino iniziato questo anno con i gruppi Darsi Pace, cammino in cui c’è l’occasione e la possibilità di condividere il proprio mondo interiore (cosa non scontata perchè in altri ambiti non si fa e comunque predomina il bisogno di conservare l’immagine che ci siamo costruiti ), mi conferma sempre di più questa somiglianza e vicinanza che accomuna tutti noi umani, indipendentemente da età, ceto sociale, cultura. Questo bisogno di capire e di diventare maggiormente consapevoli della realtà della nostra vera essenza, la necessità di essere amati e accettati, il desiderio di guarigione e di pace.
Ringrazio di cuore tutti coloro che hanno il coraggio e la voglia di raccontarsi, di testimoniare e che così facendo contribuiscono a spezzare l’individualismo e l’egocentrismo in cui siamo illusoriamente immersi e a farci sentire sempre più uniti e vicini. Grazie di cuore. Graziella
Carissima Maria Pia,
appena ho visto il titolo sono corso a leggere il tuo post, perché colpisce una parte importante della mia interiorità, ed insieme il punto di lavoro fondamentale. Una parte in me che ormai non posso che chiamare “misteriosa”. E’ mistero, infatti. E’ mistero il fatto che io debba convivere con un senso di colpa lacerante, facilmente e irrevocabil-mente dilagante. E’ un mistero con il quale molte volte mi sono arrovellato, arrabbiato, infuriato, disperato.
Perché questo, perché io? Perché mi fai questo? “Perché mi hai abbandonato?”, per dirla con le letture di ieri…
Questo senso di angoscia totale che assume l’aspetto di una colpa, così grande così’ … irredimibile, che mi tornano in mente le parole di una poesia di Marco, “irredimibile / perché non mia”, come baluginìo poetico di una strada per una futura, agognata, risoluzione. E come la poesia arriva sinteticamente ad un ambito, che dal punto di vista psicologico, è per me un campo di lavoro terapeutico, in questo periodo! Perché il senso di colpa era lievitato a livelli così insostenibili, così invalidanti, che un aiuto terapeutico era diventato improcrastinabile.
Questo non per dire cose di me che avevo già scritto, o per pruriti di confessioni pubbliche, ma per segnalare come mi sta a cuore quanto dici, ed insieme la strategia per una risoluzione. Abbracciare la fede senza più “sospetto”, vederla come qualcosa che spazza via i sensi di colpa e non li alimenta (come l’ego distorto sottilmente sussurra…), sarebbe realmente la conquista per la mia vita. Per una vita più piena, creativa, liberata. E’ il mio primo e più grande desiderio.
Non ho particolari ricette, come avrai capito. Ma è per questo che sono qui, in Darsi Pace.
Senza questa cosa, posso dire, senza questa “croce”, non avrei comunque conosciuto questa stupenda realtà.
Già, senza questa croce non ero qui. Vederla così già mi aiuta, perché si vede che appena lascio un po’ andare, anche dall’angoscia e dalla tribolazione, possono nascere cose buone. E’ sempre con stupore che me ne accorgo; quello stupore per cui ogni volta che sono abbattuto, accade qualcosa che mi dice “non importa che non sei riuscito, non importa che non sei perfetto, che ti accanisci contro te stesso, che ti fai schifo: ma guarda invece cosa ti posso organizzare Io, per la tua vita, se solo mi lasci fare.”.
Quando sono sotto la morsa male-detta dei sensi di colpa, e ancora accade ahimé, mi fa molto bene risentire la poesia di Marco “l’ultima lezione”, letta stupendamente da Fabio Fedrigo. Spesso mi fa uscire le lacrime, sugli ultimi versi – qualcosa nel mio duro cuore si scioglie, respira. Perché lì è detto in modo estremamente chiaro e persuasivo quello che il cuore spesso non osa sperare, che sono amato sempre e comunque, qualsiasi cosa faccio e penso: che sono dunque amato DAVVERO.
Grazie.
Grazie, cari M. Pia e Marco delle vostre condivisioni. Ho i capelli bianchi da tempo e so cosa sono i sensi di colpa. Solo la scoperta di Gesù come Amico che trasgredisce in maniera sovversiva il nostro comune senso di amicizia mi aiuta a ritrovare la concreta sensazione di sentirmi sempre amata da Lui per quella che sono.
L a sua amicizia veramente disinteressata e generosa per i più deboli mi autorizza a sentire sempre più le mie fragilità sconosciute anche a me stessa, a offrirle a Lui , a condividerle senza drammatizzare, per ritrovare proprio li’ dentro nuova forza. Senza la costanza e l’umiltà di guardare dentro le mie povertà lavorando come facciamo in D.P, confidando totalmente in Lui, Amico che gratuitamente sovverte i miei pensieri e giudizi, non avrei mai sperimentato la gioia di sentirmi perdonata e di poter perdonare anche tutte le oscillazioni di un percorso di Misericordia infinita. Con Lui , l’Amico che gratuitamente sovverte i miei pensieri e giudizi, posso continuare a sperimentare anche insieme a voi, l’Amicizia come pro-vocazione e come tenerezza …che mi dice “va e non peccare più”, non essere più colpevole ma responsabile e gioiosa. MISERICORDIAS DOMINI, in aeternum cantabo. AMEN.
Giuseppina
Ciao Maria Pia, ho molto riflettuto, in questi ultimi paio d’anni sul senso di colpa. Molte volte ho pensato: … Grande!! Non ho sensi di colpa!! … e poi come accade nella vita … un fatto molto doloroso mi piega in due e mi lacera, come un leone della savana fa con le sue prede!!! E così … ho iniziato a ricordare i vari sensi di colpa con cui ho avuto a che fare fino a quel momento e che mi pareva d’aver dimenticato.
Piegata in due e strappata a pezzettini, in uno stato che chiamo affettuosamente: “stato pietoso!!” 🙂 … lì così, in quel dolore enorme, mi sono lasciata andare a lacrime copiose e dirompenti, quasi senza una fine, come cascate del Niagara! E come per le acque di un grande fiume, poco prima di diventare cascata … in egual modo le lacrime prendono la rincorsa, quasi “feroci”, prima di gettarsi giù nel vuoto con grande potenza e lasciando quest’acqua al suo naturale percorso, una volta finito il “grande salto” nel nulla: acqua nell’aria! … una volta ritornata a terra, l’acqua si calma e cala un silenzio profondo che sa di immensità e allora le lacrime diventano calde e quasi rassicuranti ed ora scendono silenziose. A quel punto nel cuore è rimasto uno spazio … un piccolo spazio “libero” e mi sento addosso la sensazione come realtà che quasi mi avvolge, come di una carezza affettuosa di chi ho pensato d’aver ferito.
Farà male ancora per un po’ e ancora alcune volte la cascata si lancerà nel vuoto per poi placarsi … Fino a quando, di volta in volta, il dolore si consumerà sempre di più.
E’ da poco che ho imparato che siamo reattivi, reagiamo automaticamente e soprattutto nel caso di situazioni che ci allacciano a nostri condizionamenti del passato. Conoscere questa cosa, mi ha aiutato molto a comprendere che non ci sono colpe quando siamo stati vittime di reattività, anche reciproche, quindi non c’è neppure la mia colpa.
Certo è che, da che lo si è capito, da quel momento inizia la propria responsabilità nell’ imparare a cadere sempre di meno nella trappola della reattività. Imparare a non reagire in modo meccanico e a vedere come sono veramente le cose. Guardare anche gli altri “al di là di ogni colpa” oltre che se stessi, fa già conquistare un pizzico di pace in più. Non che sia facile! E’ un pò come allenarsi in palestra …
Un abbraccio e grazie, Barbara
Cara Maria Pia, leggendo il tuo post mi sono chiesta a che livello si trovano, se ci sono, i miei sensi di colpa. Razionalmente mi sembra di non averne poi tanti, ma se mi fermo un attimo a sentire in profondità, sotto tante emozioni spesso caotiche, mi sembra ci sia proprio un profondissimo senso di colpa. Me ne accorgo da come mi sento quando faccio errori che potevo evitare, come se avessi causato una rovina definitiva e irreparabile.
La mente subito mi rassicura che quello che ho fatto non è poi così drammatico, che posso riprovarci e migliorare, e la cosa passa. Ma la prima sensazione, quella automatica è proprio così: un senso di colpa terribile, quasi ancestrale, per qualcosa che non riesco ad afferrare, qualcosa che mi sovrasta. Sono i ricordi ingigantiti delle paure dell’infanzia, o c’è anche altro?
Forse questa è l’area della ferita originaria, quella che spesso contattiamo durante gli esercizi del percorso di Darsi Pace.
Da lì forse nascono tanti perfezionismi, fughe o rimozioni. Essere bravi per sentirsi degni, accettati, amati. Quasi che essere vivi, umani, limitati, fosse una colpa da cercare continuamente di nascondere o ricucire.
Da un senso di colpa così nascosto e profondo chi può liberarci?
Io non posso liberarmi da sola. Deve essere un Altro a sciogliere quello che neppure conosco, a prendermi per mano e rassicurarmi.
Questa colpa che non riesco a spiegarmi fino in fondo, ma che sento forte e chiara, è stata cancellata, ci è tolta dalle spalle ogni volta di nuovo. Questa Settimana Santa mi invita di nuovo a sperimentare questo, ad attraversare la paura dei limiti, la rabbia per gli errori e l’angoscia che in fondo sia tutto inutile. Mi invita a fidarmi e andare avanti, lungo quella strada stretta ma calda di amore di cui parla la poesia di Luzi.
Grazie, con affetto
Antonietta
Ciao Maria Pia, io quando sento delle emozioni difficili cerco di connettermi con loro di dargli forma e voce.. Un pó come si fa con l’esercizio sulla rabbia del secondo anno (non so a che punto sei del percorso) se ti interessa o pensi possa aiutarti in qualche modo scrivimi in posta privata.. lulasusanna@alice.it Un abbraccio ???
Cara Maria Pia, grazie. Forse posso raccontare quel che mi capita.
Se non faccio quanto viene richiesto mi sento in colpa. Quanto viene richiesto non ha mai fine e mi allontana, lo so, dallo scegliere la strada vera, assolvere i doveri però mi risparmia il giudizio dei richiedenti.
È così importante per me il giudizio dei richiedenti? Evidentemente si.
Ho letto un giorno:
«Signore, permettimi
di andare a seppellire mio padre»
«Seguimi, e lascia che i morti
seppelliscano i loro morti!».
E ho tremato
Ho pensato/desiderato “Si ti seguo”
Ma poi ho detto: “adesso corro, mi sbrigo, seppellisco i miei morti e torno”
Ancora devo tornare
La strada vera non la conosco, la conoscerei se la percorressi, ma il primo passo non lo faccio mai e questo mi distrugge.
Non la conosco e temo di sbagliare la scelta, di essere in errore, di prendere un abbaglio, di prendere una cosa per un’altra.
Sono insicura? Si. Non sono disposta a rischiare l’errore, come farei dopo se dovessi scoprire di aver sbagliato tutto?
Vorrei un risultato, anche piccolo, subito, addirittura prima di incamminarmi, una conferma, una “ragionevole” certezza di risultato, tanto per sopportare il disprezzo di chi adesso accontento, se non, addirittura, ottenerne il consenso, la comprensione.
E allora cerco anche io un altro libro per capire meglio, si certo è cosa buona ma è poca cosa. Lo so, l’ho sperimentato che i piccoli passi in avanti, piccoli spazi di verità, si sono aperti davvero non quando ho cercato di capire (o non solo) ma quando ho lasciato spiragli aperti e mi sono disposta ad accogliere la sorpresa, ciò che inspiegabilmente arrivava, come un dono.
Ciononostante costantemente qualcosa sbatte la porta e chiude lo spiraglio.
Cos’è? Non mi fido? Deve essere così. Sicuramente non mi Affido.
Nella poesia che ci hai regalato c’è il verso “Ora, sì, o redentore, che abbiamo bisogno del tuo aiuto”
Io dimentico pure di chiedere aiuto.
Maria
Cara Maria!
Non è vero che non cerchi aiuto, lo stai invocando; e i gruppi “ Darsi pace” sono nati proprio per questo, sono ospedali, non solo da campo, ma anche, forse, per chi, direi tutti, richiede una degenza più lunga.
Spero che oltre a me ti rispondano altre persone. Non ti scoraggiare, non c’è una ricetta unica. Di volta in volta riusciremo a capire le priorità, a dare riconoscimento alle nostre esigenze, alla nostra indispensabile integrità e non solo al giudizio degli altri. Dire dei no talvolta è necessario e fa bene a noi e anche agli altri.
E’ un esodo dalle nostre prigionie verso una libertà che è meta ardua, ma a piccoli passi, possibile. Ti consiglio di rileggere anche il post di Antonietta sulla guarigione, mi è stato di aiuto. Ho sperimentato che nell’ ora solenne della sincera e concentrata richiesta di aiuto a Dio, la guarigione arriva, almeno per quel passo attuale e l’apertura del nostro io più profondo e vero si fa concreta. Un abbraccio, Mariapia
Grazie Maria Pia per questo post, un dialogo interiore molto bello che solo un anima sottile, sensibile può fare.
Io forse non riesco a capirti fino in fondo, non per propria esperienza, perché non vivo forti sensi di colpa (almeno per ora) non so se per mancanza di consapevolezza o grazia ricevuta. Visto che da quando avevo 15 anni sto con le suore, mi sento come il giovane Samuele cresciuto al tempio. Forse vocazione prematura si può dire la mia, ma il Signore chiama a tutte le età, quando vuole e come vuole. La “fantasia” di Dio è grande.
Però una cosa la voglio dire lo stesso e mi soffermo su questa frase che hai scritto: “Forse i sensi di colpa ti aiutano a non cadere in tentazione…..” ma io penso che non solo non ci aiutano a non cadere in tentazione ma che essi stessi sono la tentazione in persona. E allora come dobbiamo fare con le tentazioni? E io per non sbagliare mi rifaccio a un grande mistico, san Giovanni della Croce che nelle sue opere precisa frequentemente come le tentazioni favoriscano il raggiungimento della perfezione, purifichino lo spirito e permettono una più intima unione con Dio. Egli scrive in Fiamma viva d’amore: ” Cosi Dio agisce con coloro che vuole far progredire, guardando al loro utile principale; procura che siano tentati per glorificarli quanto è possibile, cioè fino a farli pervenire all’unione con la sua sapienza divina la quale, secondo quanto dice David, è argento provato con il fuoco, nella terra della nostra carne e purificato sette volte (Sal. 11,7) cioè più che è possibile”
Quindi possiamo vedere la tentazione come una “beatitudine” in quanto essa permette di renderci conto della propria piccolezza e sperimentare la necessità di un assoluto abbandono a Dio Padre.
“Beato l’uomo che sopporta la tentazione, perché una volta superata la prova riceverà la corona della vita che il Signore ha promesso a coloro che lo amano”. (Gc 1,12)
Forse sono andata fuori tema, ma mi è piaciuto considerare il senso di colpa come tentazione e la tentazione come beatitudine perché ci aiuta ad abbandonarci a Dio. Solo con le nostre forze non ce la facciamo questo è sicuro.
Un caro saluto e Buona Pasqua a tutti.
Sr. Teresa
E perché, invece di ” farsi sfruttare” e succhiare le energie dal senso di colpa non lo sfruttiamo noi, considerando che, se anche noi abbiamo le nostre colpe, beh, vorrà dire che “in cambio” cercheremo di essere più umili, pazienti e accoglienti con gli altri ( e le loro colpe ) ? Tra l’altro lo dice anche il nostro Amico, rimetti a noi i nostri debiti… Forse era un suggerimento!
Accolgo il piacevole invito di Maria Pia, per dialogare con Maria 🙂
… e comunque leggendovi, non mi ero resa conto delle varie ed innumerevoli sfumature dei sensi di colpa che ci tiriamo faticosamente dietro e di cui molte volte, di quello sì mi ero accorta, si nascondono dietro ad altri strati di cose … cose su cose, pelle su pelle fino a rivestirci di una pelle così coriacea che per riuscire a ricontattare qualche sentimento affettuoso e vero … prima di tutto verso se stessi … bisogna usare molto … scrub per “esfoliare”!!! … è primavera ed esfoliamo!!! Alleggeriamo e rinfreschiamoci per come riusciamo, con calma ma anche con una certa decisione, sarebbe bellissimamente auspicabile!
Perciò cara Maria, come te anch’io … esattamente in quel tipo di senso di colpa che tu descrivi come “Se non faccio ciò che mi viene richiesto mi sento in colpa“ siamo un certo numero di gente a cadere nella trappola …
Un bellissimo giorno comunque, ho sentito una forte “randellata” in testa e mi sono accorta che ogni volta che, controvoglia assecondavo chi pretendeva: io, dentro me, sentivo un grosso macigno sul cuore, un nodo alla gola, voglia di piangere che, come avrete capito non mi nego mai e una certa nausea che sopraggiungeva e … non mi “trovavo” più”, penso ci capiamo … e tutte queste sensazioni pesanti … le provavo nei miei confronti!!! La colpa Prima, era verso me stessa perché mi Tradivo! Era questo il Primo senso di colpa che trapelava, nascosto nel fatto che mi sentivo in dovere di accontentare ogni richiesta altrui, anche quando non era coerente con il mio … Posso farlo? Ce la faccio? Voglio? Lo trovo Giusto?
Ora quando davanti ad una richiesta mi sento “un pugno al cuore” e tutti gli altri “sintomi” di cui sopra, allora mi faccio le domande e “correggo il tiro”, non sempre posso o voglio o trovo giusto ciò che mi viene richiesto, so che se “cedo” solo per paura del terribile giudizio, poi avrò tradito me stessa. Se assecondo il “mondo” dimenticandomi di me, sono annientata, distrutta e fuori strada.
… Le persone poi si dimenticano e “ le persone” siamo anche noi, il giudizio lo usiamo in modo automatico serve anche ad “ottenere”, ci ricattiamo e dopo un po’ chi ci ha giudicato se ne dimentica ma … ma il tradimento verso me stessa non lo dimenticherò mai, perché Non ho seguito la mia strada.
Il sentire se quella “cosa” mi fa stare bene, è per me piacevole, mi appaga, la trovo giusta e anche il giusto senso del dovere sì, applicando tali criteri, può essere a volte salutare, un senso del dovere “responsabile”, non quel Devo! a scapito di me stessa e a prescindere, solo perché ci sarà chi mi giudica, questo no.
Questo modo nel provare ad ascoltarmi è per me la traccia che mi mantiene sulla mia strada. Se mi muovo più coerentemente con ciò che sento giusto per me, sono sulla mia strada, ci sono già, non serve neppure che la cerchi tanto, non serve neppure che mi “butto” perchè ho già iniziato a camminare. Così provo a fare.
Un abbraccione di cuore, Barbara
Vi ringrazio tutte e vi abbraccio, non mi aspettavo che qualcuno “dialogasse” sul commento che ho inviato. E’ come ricevere una carezza.
Rifletterò con attenzione su quanto dite.
Maria
Cari Graziella, Marco C., Giuseppina, Barbara, Antonietta, Lula, Maria, Suor Teresa, Rita , grazie che vi siete fatti miei interlocutori e senza paura e nascondimenti, da fratelli, quali questo gruppo ci vuole, avete condiviso le vostre angosce intorno alla colpa e la pentimento. E avete anche suggerito possibili vie di liberazione.
Suor Teresa è l’unica che ha scritto con grande candore di essere priva del senso di colpa e l’ha chiamato una tentazione, superabile con la preghiera. Tutti parliamo alla fine, anche se con sfumature diverse, di affidamento alla Grazia , di abbandono, di pianto ( Barbara).
Forse , anche se talvolta ci sentiamo come invasi e paralizzati da un senso di colpa, portatore di emozioni negative, dilagante e prepotente,( Alessandro), è bene non spaventarci, attraversare questa sofferenza che è legata alla nostra ferita originaria ( Antonietta), accettare la nostra realtà e gettarci, deboli e forti nel torrente della Misericordia di Dio.
Carissimi, abbracciamoci prima davanti alla Croce e poi nella gioia del Cristo risorto! Mariapia
cari fratelli, tali vi sento io che fratelli veri purtroppo non ho, mi hanno colpito molto le vostre riflessioni sui sensi di colpa. Io parto svantaggiata, la mia fede è tenue e dunque nei momenti di disperazione mi trovo sola ad affrontare il dolore. Dopo tanto tempo in terapia ho imparato ad individuare i sensi di colpa, a capirne l’origine. Ma nelle difficoltà della vita, nei drammatici punti di svolta che impone (una grave malattia) essi si riacutizzano, ti ricordano che non sei più sana ed efficiente, che sei di peso ai familiari per la tristezza che provi, sul lavoro sei segnata, esclusa e poi si sa che la malattia altrui evoca inquietudini.
Dunque la colpa si ripresenta, non sei più come gli altri ti vorrebbero, non sei in grado di soddisfare le loro aspettative, a cosa è servito fare sempre la brava bambina per raccogliere affetto, amore, stima dagli altri? Arriva il momento di accantonare questa coazione a ripetere, farsi forza per trovare pace, quiete interiore, soprattutto benevolenza per se stessi e per i propri umani limiti. E’ un percorso per me difficile (le “tentazioni” sono sempre lì che si manifestano), che richiede un cambiamento profondo, una visione diversa. Non ricordo chi ha scritto che “il vero viaggio non è quello in terre lontane, ma guardare le stesse cose con occhi diversi”. Spero che anche io riuscirò a compierlo e trovare la Misericordia di Dio, dando alla piccola bambina triste che è in me il sollievo di avere una casa interiore finalmente accettabile, una vera patria accogliente, nella quale poter gioire della vita.
Un affettuoso saluto a tutti voi
Nicoletta
Grazie, Nicoletta, per il tuo commento, un poco dolente, ma anche aperto alla speranza di riuscire a vivere più libera, ad affrontare con più determinazione anche i momenti difficili. Non scoraggiamoci! Impariamo a tirare fuori le nostre forze nascoste, consoliamo la nostra bambina ferita, da persone adulte!
Spero che tu sia iscritta a un corso di Darsi Pace, così potrai parlarne anche con i tuoi compagni di “ classe”: non c’è niente di meglio che comunicare le nostre difficoltà’. Tanti affettuosi auguri! Mariapia