Mi chiamo Giuseppe e sono un neofita dei Gruppi “Darsi pace”; dopo le parole di un amico, che l’anno precedente aveva condiviso con me la sua esperienza nei Gruppi, ho iniziato a frequentare il percorso di rinnovamento e, alzatomi dalla sedia alla fine del primo incontro, non sono stato mai così positivamente convinto di una scelta da me effettuata: nonostante il turbinio di emozioni e pensieri che si affollavano e sovrapponevano, per una volta mi sono sentito appagato, compreso, ascoltato.
La forza, a tratti dirompente, dalla quale una persona (e mi permetto qui di generalizzare) viene investita, entrando nei Gruppi “Darsi Pace”, consiste proprio nel ritrovarsi comunitariamente, in un periodo storico in cui i luoghi di aggregazione sono quasi estinti, a risolvere un problema sempre pensato come proprio e sentito, invece, come collettivo e socio-globale, creando un inaspettato senso di fratellanza; consiste nel trasmettere un senso di soddisfazione e compiacimento che appaghi lo sconvolgimento interiore crescente che, alimentato quotidianamente dalla percezione di non affrontare mai i problemi reali e tangibili del proprio presente, finalmente si trova sanato dalla convinzione di “aver toccato il tasto giusto”, di “non star più perdendo tempo”; nell’ instaurare un clima di vera Accoglienza e Ascolto dell’Io che, in mezzo alle innumerevoli e continue distrazioni e annebbiamenti, fa sentire pienamente vivi, innescando un moto di riscatto e la voglia di voler operare concretamente sia all’interno che all’esterno di sé stessi.
Non è un caso ovviamente che la necessità di “Darsi Pace” nasca proprio ora e trovi terreno fertile nell’animo delle persone; il presente in cui viviamo, quindi il mondo stesso e le modalità con cui vi approcciamo, si trova, infatti, in un profondo stato di crisi, caratterizzata non da un “nuovo” che cerchi di minare il “vecchio”, bensì da una confusione e uno smarrimento che lambiscono tutto ciò che si potrebbe definire “umano” (la cultura, la socialità, la politica, il commercio, la fede, l’amore, le relazioni inter-personali, l’Io eccetera), conducendo a un male ancor più cupo e difficile da estirpare: l’indifferenza, quella “materia bruta che strozza l’intelligenza” (A. Gramsci).
Ciò che credo e sento (e constato ogni giorno parlando con le persone varie che incontro, entrando in libreria, accendendo la televisione..) è che i problemi che affliggono tanto il mondo quanto la vita del quotidiano (la povertà, l’amico che ha abbandonato gli studi e si droga, l’inquinamento ambientale e delle metropoli, il politico di turno corrotto, il terrorismo, il mobbing lavorativo etc) siano gli effetti di un nostro profondo malessere interiore che, mai curato, ha portato all’esasperazione tutte le nostre azioni, i pensieri, i sentimenti, fino a un punto, oggi, di non ritorno. Mai come in questo preciso momento storico sento con certezza quanto sia “malata” la nostra società, quanto annaspi, cercando di salvarsi non sapendo bene neanche da cosa e, trovandosi di fronte solo finte soluzioni e mere illusioni, finisce per ingarbugliarsi sempre di più.
Il pensiero più comune è spesso quello per cui “la politica è tutta uguale, sempre una delusione” o “l’uomo in fondo è cattivo” o “l’Africa è sempre più povera, ma che vuoi è il progresso”, frasi oramai “fatte” e quasi impresse a memoria sulla nostra bocca, nascondendo sempre più a noi stressi quanto siano gli esseri umani, noi, ad andare alla deriva: siamo noi che non sappiamo più ascoltare e ascoltarci, distaccandoci e dilaniando la nostra persona; noi che abbiamo perso qualsiasi concezione di valori e di priorità, ma prontamente accusiamo chiunque “sbagli” prima di noi; noi che abbiamo perso il significato di prendere una scelta, come ci si sente a dover/poter prendere una scelta, e ci gongoliamo di aver “scelto” tra il tanto squallore che ci viene proposto.
Questo radicale smarrimento personale e sociale, che sta già portando verso la fine della modalità di essere “esseri umani” che abbiamo sempre conosciuto, ha prodotto (e a sua volta deriva, come un serpente mai pago di mordersi la coda) il nostro mondo, un mondo caratterizzato dalle logiche commercialistiche e di mercato, di profitto; dalla tecnologia, dalla quale si è sempre più inglobati; dall’alienazione e spersonalizzazione di tutto ciò che sia “relazionale” o “sociale”; dall’impoverimento della cultura e dalla perdita di senso di gran parte degli aspetti della vita; dalla violenza e dall’odio, oltre ogni limite di umanità e giustizia; ma soprattutto da una sempre più triste solitudine, fisica, morale e intellettuale.
L’a-patia e l’indifferenza sono dunque, secondo il mio sentire, i padroni incontrastati del nostro attuale periodo storico e ci accompagnano nel portare avanti, sempre più passivamente, quella che ormai è una non-vita: in quella che dovrebbe essere la società e l’era dell’informazione, l’ignoranza è diventata una (o “la”) scelta; ma è proprio pensando a quanto quest’ultima possa essere più o meno cosciente che il mio sentire diventa ottimistico: sono infatti numerose le figure del mondo della cultura, contemporanee e non solo, che auspicano e invogliano le persone a intraprendere un cambiamento e, nel nostro piccolo, se sono nati e operativi i gruppi “Darsi Pace”, significa che l’uomo si sta alzando da terra, non volendo più stare fermo a subire, e ha ripreso a camminare, non si può dire se sulla strada giusta, ma sicuramente su una diversa.
Come ho imparato seguendo i corsi, T.S. Eliot diceva. “In my end is my beginning”: e allora questa e la nostra sono davvero una frase e una fase estremamente positive.
Caro Giuseppe,
mi ritrovo esattamente in tutto quel che scrivi. Tutto con una sola eccezione: non mi sento così confidente nel fatto “che l’uomo si stia alzando da terra”, temo non abbia la forza di liberarsi dalle “logiche commercialistiche e di mercato, di profitto”, che continui ad annaspare senza riuscire nel concreto a realizzare una vera azione comunitaria, anche laddove desideri spasmodicamente scappare da quell’indifferenza di cui così bene ha detto Gramsci. Sono contenta però che ci sia invece chi in tutto questo vede l’inizio di un cambiamento.
Ciao
Maria
Caro Giuseppe, leggerti mi regala gioia e ravviva in me la speranza.
Chi ci vuole schiavi le pensa tutte per illuderci, per distrarre e annebbiare la nostra mente facendoci credere di essere vivi e liberi, mentre indebolisce l’essere umano fino quasi ad annullarlo perché lo colpisce proprio nella sua capacità di pensare e di decidere.
Insorgere, essere rivoluzionari oggi, ri-figurarci da tutte le sfigurazioni che soffriamo, elaborare una nuova cultura richiede un grande pensiero e la decisione di cambiare da dentro, dentro di noi e dentro i contesti esistenziali nei quali viviamo, il rinnovamento politico è inseparabile dall’intima e personale ri-strutturazione psico-spirituale.
So che da sola non posso farcela, ma so anche che l’Uomo Nuovo in cui credo ha compiuto tanti miracoli nonostante non si sia servito né dei miracoli, né del potere come strumenti di asservimento dell’uomo, non vuole dominare la coscienza altrui perché per Lui non esistono sudditi, ma fratelli.
Ben vengano allora i luoghi in cui ritrovarci e sentirci affratellati nel desiderio di trasformazione,
laboratori in cui possiamo sperimentare e rinnovare la fede senza spegnere l’intelligenza.
Non ti conosco, ma ho voglia di abbracciarti.
Grazie, Giuliana
Leggervi è già Darsi Pace!
Spesso le vostre riflessioni hanno per me l’effetto di una lenta passeggiata nel bosco, quando il battito del cuore cuore rallenta la sua frequenza e il canto degli uccelli riesce piano piano ad armonizzare gli stati d’animo con i toni della pace.
So poco di voi, dei vostri gruppi, dei vostri lavori. Vorrei provare anch’io la “forza dirompente” che investe chi entra nei vostri gruppi, ma mi scoraggia la percezione che ho dell’impegno che comporta il vostro percorso. Ho praticato qualche volta la meditazione, ma ho la sensazione che una vita non basti per imparare a controllare il flusso dei pensieri. Continuerò a leggervi e cercherò di capire meglio. Grazie per quello che mi date, anche solo per qualche momento.
Buongiorno Cetta, grazie di essere tra noi!
Certamente il percorso, dei Gruppi Darsi Pace, che si articola in un settennio (per chi ovviamente voglia percorrerlo tutto), e in 12 incontri annuali per ogni anno, comporta un certo impegno.
Credo però che sia molto più faticoso, impegnativo e doloroso, continuare nell’ordinaria inconsapevolezza la propria esistenza, tanto più quando si sia intravisto un barlume, un lumicino nella notte oscura. Non certo la risposta alle tante domande e ai problemi che ci assillano, ma almeno l’inizio della giusta impostazione delle domande!
Siamo a disposizione se vorrai approfondire la conoscenza del metodo DP.
Un caro saluto a tutti e un grazie particolare a Giuseppe per il suo primo profondo e articolato intervento sul sito!
Paola
Anche io come Cetta vi seguo e non posso fare altro che complimentarmi per gli spunti che date.non ho avuto il coraggio di iscrivermi perchénon sono più molto giovane (70) e non essendo di Roma potrei solo seguire i telematici e quindi ancora in solitaria…grazie comunque
cara Carmen!
anch’io sono settantenne e ho seguito i primi tre anni solo tramite il P.C. Ti assicuro che è un’esperienza stimolante ed arricchente anche alla nostra età.
Invece penso che Giuseppe sia giovane, mi rallegro con lui per il suo primo post. Che bello lavorare insieme con gente varia per età e residenza . Un abbraccio, Mariapia
A Carmen vorrei dire che seguire solo i telematici non vuol dire proprio essere in solitaria. Io sono al primo anno di approfondimento, ma non ho mai visto nessuno. Ho avuto l’occasione di vedere almeno Marco Guzzi che è venuto a Nocera Inferiore per incontrare il gruppo regionale campano (io sono di Napoli) ma poi una caviglia rotta per una caduta me lo ha impedito. Pensa, Carmen, che solo adesso, dopo quattro anni, ho trovato la forza di fare questi interventi sul blog. Ho promesso a Marco Guzzi di farne almeno uno alla settimana e lo farò. Ma ovviamente, il mio sogno è quello di incontrare le persone e non so se mai ce la farò. Io ho 67 anni. Il mio suggerimento è quello di iscriverti e cominciare a seguire telematicamente il primo anno. A Cetta vorrei dire che, sì, è vero, non basta una vita per controllare il flusso dei pensieri come è vero che nessuno può negare che il cammino di darsi pace è arduo. Ma non puoi lamentarti dei risultati se hai praticato “qualche volta” la meditazione. Per me, dopo quattro anni, la pratica meditativa formale (quella di tutti i giorni) è diventata importantissima. E’ proprio il lavoro di ogni giorno, l’esercizio che stai facendo quando non ti serve direttamente che mi consente, in moltissime situazioni, di far diventare “sostanziale” la pratica formale. In altre parole, se ho un attacco d’ansia, ora, al contrario di quanto accadeva tre anni fa, mi fermo, mi siedo, faccio silenzio fuori e dentro me anche se fuori c’è chiasso e dentro i pensieri corrono e si accavallano, inspiro e sorrido, con la massima calma possibile, espiro e mi abbandono e lascio andare. L’obiettivo non è il controllo dei pensieri. All’inizio facevo pure io questo errore. Come dice Marco Guzzi: ” ….. e molla! Molla la presa dei tuoi pensieri. lasciali andare. Abbandonali e abbandonati.” Il silenzio interiore arriverà piano piano, progressivamente … e dopo comincerai a gustare qualche istante di pace, un nuovo modo di vivere ogni cosa. Ma ricordati: la pratica quotidiana (un quarto d’ora, venti minuti) ha un’importanza fondamentale in questo cammino. Eliminarla o sottovalutarla vuol dire costruire un palazzo senza fondamenta. Ciao a tutti.
A Giuseppe. Non conosco la tua età, ma appena ho letto il tuo intervento – io che ho cominciato a intervenire dopo tre anni – ho 67 anni – l’ho subito copiato e l’ho trasmesso ai miei figli, che hanno 40 anni ciascuno. La tua chiarezza di idee, la tua sintesi della situazione socio-culturale globale – puoi star certo – illuminerà molti cuori. Io che non ho avuto la forza e il coraggio per tanto tempo di aprire bocca neppure telematicamente – pensa quant’era grande il mio “dolore” – credo di poter affermare che le tue potenzialità di aiutare tutti noi, già solo scrivendo, sono veramente grandi. Mi permetto di lasciarti un grazie sia da parte mia sia
a nome di tutti quelli che condividono queste osservazioni.
Carissimi a volte la forza di una decisione cambia la vita. Comprendo che gli impedimenti sono tanti….l’età, la lontananza, ma vi assicuro per la mia esperienza personale di quasi 17 anni in questo percorso che non c’è altro di più importante nella vita del cammino spirituale.
E non per fuggire dalla vita ma per viverla in pienezza gioiosamente e con un sano spirito missionario.
Una volta Marco Guzzi ci disse: il più grande atto di carità è donare la fede ed aprire alla speranza!
Ho avuto la fortuna di vivere questa esperienza con mio marito e l’anno scorso mia figlia di 23 anni incuriosita si è iscritta e ora ne è entusiasta.
Proprio ieri sera dopo una giornata piuttosto faticosa di lavoro mi sono incontrata con alcuni amici di Darsi Pace per meditare e condividere e abbiamo fatto questa constatazione: si il cammino è impegnativo ti dà uno scossone, ma è sorprendente per gli effetti trasformativi che si ricevono. Soprattutto ti rendi conto che una volta iniziato non riesci a tornare indietro perché si guarda con occhi nuovi si parla una lingua nuova e non provi alcuna nostalgia per il tuo vecchio io.
La conferma di tutto ciò è la bellissima e profonda testimonianza di Giuseppe e l’intervento di Gennaro e di chi scrive su questo sito.
Insomma tentar non nuoce!
Vorrei ricordare ai telematici che in tutte le regioni si stanno formando gruppetti famigliari proprio per condividere gli incontri di Darsi Pace e non vivere il percorso in solitaria.
Un caro abbraccio a tutti Gabriella
Innanzitutto, scusatemi se posso rispondere solo ora, ma soprattutto grazie per i vostri commenti e per l’attenzione che mi state dando; perchè chi scrive è come se indirettamente cercasse un confronto, una spinta, un aiuto: e parlando insieme, ci si sente come abbracciati da questa grande e strana famiglia che è Darsi Pace. Cercherò di rispondere a tutti.
Cara Maria, hai colto un punto fondamentale: come quando parliamo tra noi diamo maggiore importanza alle cose negative, piuttosto che alle positive, così quando si trattano questi temi è molto più presente di fronte a noi la negatività del mondo che ci circonda, e la speranza si affievolisce sempre di più. La verità è che io, per 6 giorni alla settimana, la penso esattamente come te, e anzi vorrei proprio non essere in grado di fare tali pensieri; ma è proprio per quel 7° giorno in cui mi sento felicemente consapevole, che trovo la forza di rimettermi in gioco, parlare, diffondere, sperare. E credo che, se non lo facciamo noi, non lo farà nessuno 🙂
Cara Giuliana, ti ringrazio per l’affetto e il calore che mi hai trasmesso! Sono veramente pochi i luoghi e i modi con i quali noi uomini riusciamo ancora a voler trasmetterci qualcosa, ma forse qui a Darsi Pace ci stiamo riuscendo veramente 🙂 La tua analisi è giustissima, soprattutto quando dici che “non ce la farai da sola”, ma come non ce la farei io, lo stesso Marco e nessun altro di noi; come ha ricordato Gabriella, da ultimo, questo percorso non bisogna viverlo in solitaria, perchè non è cosi che siamo strutturati noi esseri umani: siamo fatti per stare insieme, e dobbiamo combattere questa deriva alienante e soggetivista; e il nostro, alla fine, è un percorso personale condiviso in una comunità!
E qua mi rivolgo anche a Cetta: il tuo commento ha più forza dirompente di quanto tu non creda! Non sei sola, anzi; non farti scoraggiare dall’impegno o dalla meditazione, perchè hai ragione, davvero non basterà una vita per controllare il flusso di pensieri; ma non per questo ti sarà difficile riscoprire te stessa e avere la possibilità di esserlo nella vita; credo sia più difficile vivere con le nostre sovrastrutture e andare contro noi stessi.. Un abbraccio a entrambe
A Gennaro: ti ringrazio infinitamente, mi riempi di fiducia. Soprattutto perchè ho 20 anni, e sentirmi apprezzato da una persona molto più grande di me e ciò che veramente mi fa sentire “a casa” e mi fa comprendere sempre più la qualità delle persone che frequentano Darsi Pace, che guardano negli occhi e nel cuore delle persone e le considerano sullo stesso piano, davvero senza distinzioni di sesso, età o religione. C’è un’altra cosa che volevo dire a te, e a tutti coloro che magari non hanno commentato: tra l’aver scritto un post (come me) e averlo letto, condiviso, rafforzato, e aver dato fiducia e accoglienza a chi l’ha scritto (come te, Gennaro), qual’è in realtà la cosa più difficile e la più importante?
Ancora un abbraccio a tutti! Giuseppe
Meraviglioso Giuseppe, le cose da te spiegate sono le stesse che muovono all’interno di me. Leggendo mi sono emozionata e per un istante il “tempo si ferma” come sempre mi accade, ascoltando giovani e giovanissimi quando con limpida chiarezza e grande cuore centrate come frecce il bersaglio, il nocciolo, in questo caso di un vivere ormai smontato, finito, è finito! stiamo vivendo ormai solo per forza d’inerzia sull’onda di un passato ormai fantasma.
Quello che stiamo vivendo ogni giorno, nelle difficoltà, nell’indifferenza che tu racconti e che fa un male terribile, se uno è vivo! … in ciò sento solo le spoglie di qualcosa che ormai “è stato”, come un po’ camminare sulle macerie di un edificio sfasciato e ridotto quasi in polvere. Si può così anche solo pensare di stare bene?
Anch’io vedo l’Essere Umano che può avere facoltà, capacità, volontà, ad alzarsi da terra, proprio ora! vedo un aprirsi all’orizzonte e per chi si sta muovendo in questo senso, allora qui, ci vedo il punto di “non ritorno”, non ritorno nel senso che, chi si sta alzando da terra non può più tornare indietro ed aggiungo Grazie al Cielo e questo perchè c’è una Forza dalla quale viene accompagnato e sospinto a proseguire nel cammino ed è una forza che è oltre le nostre umane capacità attuali di comprensione, almeno per i più. Così sento e così dico.
Forse la difficoltà di molti sta in questo e cioè la paura di mollare, lasciarsi alle spalle, cose che a ben guardare ci hanno umanamente però portato e in crescere, ad un abbruttimento dell’Essere Umano; maschere, facciate sempre più stantie e con apparenze umane, ragnatele agli occhi, vuoti interiori che una vita quasi non basta più a riempire con quello che si vuole e non basta mai, come un sacco senza fondo e perché, guarda caso, non sono mai cose di Sostanza, quali belle relazioni e qualità umane da coltivare, nate dallo Spirito o come lo si vuole chiamare e comunque giunte in noi attraverso un “viaggio”, dall’invisibile alla materia.
A mio sentire, la strada è sempre quella giusta, quando nel percorrerla si sente crescere la gioia nel cuore, quell’entusiasmo “silenzioso” che diventa il “carburante” per le nostre iniziative e per il nostro corpo fisico, che se anche hai 40 di febbre, non vedi l’ora di stare meglio e infatti guarisci più velocemente, a meno che non sia arrivata la “nostra ora” … e questo perché vuoi alzarti dal letto … c’era un gioco che facevamo, nei miei anni di bambina … l’ho un po’ trasformato a mia utilità in “Pensare, Dire , Fare, e poi c’era … Lettera e Testamento … ma questa ultima parte che nel gioco era punitiva, non mi interessa più “ : )
Affettuosamente un abbraccione, Barbara
Cara Gabriella
nella mia famiglia invece non ho visto alcuna trasformazione positiva anzi, sono bastonata sempre di più dal “darsipacista”
maria grazia
Mi complimento con l’autore del post per questo commento, veramente ben fatto; leggendolo.. c’e da esser speranzosi , nonostante dobbiamo cambiare un mondo malato
…il mondo non si cambia ..si cambia il modo di vedere il mondo …
mg