Arrivando con i ragazzi a Canakkale, dove è ferma ad attenderci la barca, già lo presento. Forse questo che mi attende, è un altro modo di fare scienza, meno riduzionista. Un modo più olistico e meno cartesiano, mi verrebbe da pensare. Dove il sistema non è facilmente circoscrivibile all’ambito asetticamente accademico, come (in una prima, imperfetta approssimazione) può sembrarlo in una classica aula universitaria. Dove la materia che insegni si impasta necessariamente con l’umanità di chi apprende. Dove – come insegna la meccanica quantistica – l’osservatore è parte integrante e significativa dell’ambiente osservato.
Così l’esperienza che ho vissuto la scorsa estate, di raccontare l’astrofisica per una settimana a bordo di Mediterranea, a cinque giovani universitari italiani (selezionati tramite un bando di concorso, sulla base del merito, tra le facoltà di fisica ed astronomia) è qualcosa che ha silenziosamente ma profondamente sovvertito l’ordine più consueto delle cose: dove chi doveva insegnare ha in realtà imparato molto.
Mediterranea (come potrete agevolmente constatare visitando il suo sito, http://www.progettomediterranea.com), è qualcosa di più di una (pur bella) barca. E’ piuttosto un vero progetto culturale, una sorta di particella di prova che ormai da tempo naviga i mari, in appassionata ed instancabile ricerca di integrazioni e contaminazioni tra le culture che si affacciano sul mare nostrum. In cerca di quell’uomo nuovo che noi tutti stiamo cercando. Per usare le parole di Simone Perotti, scrittore e comandante, Salpare per il Mediterraneo significa avviare un lungo, lento, graduale, impervio, imprevedibile ritorno a casa. Che ci vede assenti da troppo tempo. Dove dobbiamo ritrovare le nostre stanze, le luci, gli oggetti, i suoni con cui siamo stati cresciuti, la cui mancanza genera malesseri sempre nuovi, stati di continua eccitazione, sintomi di una separazione profonda, che va redenta, se vogliamo cercare di rimanere degli esseri umani.
Per inciso: Simone e Marco Guzzi hanno anche interagito tra loro (come ho scoperto con sorpresa, in uno dei tanti densi dialoghi avuti a bordo). Marco ha anche recensito il bel romanzo di Simone uscito l’anno scorso, Un uomo temporaneo.
Ecco. Ritorno a casa, scrive Simone. Come non pensare a quello che pone sempre Marco Guzzi – quasi come titolo programmatico – in apertura dei suoi corsi? Darsi Pace, la via del ritorno. Insomma, tutto quadra, tutto torna al centro. Da quello che ho vissuto, mi sembra peraltro di poter confermare come lo spirito di Mediterranea abbia importanti punti di contatto con l’esperienza di Darsi Pace.
Lo dico subito: sono molto contento di come sono andate le cose su Mediterranea, nel corso della settimana che ho passato a bordo, mentre le vele si alzavano a sospingere leggera la barca (il contesto, arioso e spettacolare, delle acque nei pressi dello Stretto dei Dardanelli). Sono contento del clima che si è creato, sereno e costruttivo, di tanti bei momenti trascorsi insieme ai ragazzi e all’equipaggio.
Va subito detto che il lavoro predisposto per essere svolto su Mediterranea, per una precisa scelta, abbracciava un campo molto vasto della ricerca astronomica. Questo con l’intento di poter offrire ai ragazzi partecipanti uno spaccato concreto e (per quanto umanamente possibile) completo, dello stato attuale della ricerca, ed insieme anche del modo con il quale si fa ricerca. A tale scopo, accanto alle lezioni di argomento più squisitamente teorico (una sull’evoluzione stellare ed un’altra sulla cosmologia e i modelli di universo) ho delineato lezioni più illustrative e con una importante componente tecnologica (la conoscenza del Sistema Solare con il notevole contributo delle relative missioni spaziali, e le motivazioni e le tecniche proprie dell’astronomia condotta al di fuori dall’atmosfera terrestre).
Ultima, ma non certo meno importante, ho dedicato una intera lezione ad uno specifico grande progetto attualmente in corso, ovvero quello del satellite GAIA dell’Agenzia Spaziale Europea (al quale partecipo da diverso tempo), scelto come preziosa opportunità per entrare nel dettaglio tecnico e scientifico di una moderna importante missione astronomica, con la possibilità per i ragazzi di “assaggiarne” la intrinseca complessità di ideazione e di finalizzazione della medesima.
Lasciatemi dire che il lavoro ai ragazzi richiesto per la partecipazione attiva alle lezioni non è stato per nulla trascurabile, poiché si sono spesso protratte per tempi anche superiori alle due ore, senza interruzioni (per giunta, in un ambiente innegabilmente favorevole alla “distrazione” come una barca sovente in navigazione).
La vera sorpresa, però, è stata che l’intero soggiorno in barca si è trasformato per i ragazzi in una occasione praticamente continua di rapporto umano con il docente. Rapporto che si è inizialmente dispiegato in una serie di domande (devo dire, molto spesso assai pertinenti) inerenti al materiale didattico esposto nella giornata, ma che ben presto – con il progressivo crescere della conoscenza reciproca – si è allargato ad una indagine a tutto campo sulla scienza e sull’umanità di chi ad essa presta professionalmente la propria opera. Ho toccato con mano il fatto che i ragazzi sono sì interessati all’astronomia – e questo già rende l’avventura un pieno successo – ma sono ancor più spinti a comprendere dal vivo come vive uno scienziato, come interseca il suo mestiere con la vita concreta, con gli affetti, con le sfide della contemporaneità. I ragazzi attenti, in fondo, hanno fame di maestri. Sono consapevoli che per crescere, comunque, è necessario il confronto con persone più grandi, più (oso dirlo, pur tra molte virgolette…) “mature”.
Insomma, per chi scrive è stata una settimana di scoperte, dove la geografia del cosmo, di cui si ragionava ogni giorno (con dialoghi che spesso si prolungavano anche durante i pranzi e le cene) andava a braccetto con la geografia dei meravigliosi luoghi tracciati da Mediterranea, in un rimando di suggestioni e commistioni difficilmente dimenticabile.
Scoperte che hanno coinvolto prima di tutto me stesso. Traversare territori nuovi, muoversi in acque inesplorate. In ogni senso. Capire istantaneamente che c’è di più di quanto ero abituato a vedere, che l’universo osservabile è davvero molto, molto più ampio di quanto ormai pensavo. Di quanto mi ero abituato a credere, per quella strana pigrizia mentale che spesso mi avvolge. Mi viene in mente ancora Marco Guzzi, quando ogni tanto durante gli incontri Darsi Pace, ci ricorda appena “il contesto”: il fatto non trascurabile che non siamo appena in una stanza, ma siamo lanciati nell’universo, circondati da miliardi e miliardi di stelle.
E’ questo. Ed è semplice, del resto. Basta solo che io mi metta in gioco, che torni a fare il mio mestiere, in pratica: che torni davvero ad “osservare”. Che mi metta appena a disposizione, a servizio di forze immensamente più grandi di me. E l’universo se ne accorge, mi vede. Anch’esso, non è appena più oggetto di studio, è piuttosto una rete cosmica che offre continuamente occasioni e proposte alla mia libertà. Così pian piano mi accorgo di una cosa così strana, così profonda, che supera l’ampiezza possibile di ogni mare, di ogni oceano che potessi fisicamente percorrere. Mi accorgo che in realtà, attraverso diagrammi ed equazioni, sto raccontando la mia storia. Perché, mi dico, non puoi che fare questo, non puoi che raccontare, sempre e comunque, la tua storia.
E le domande che i ragazzi mi rivolgono, inevitabilmente, quasi impudicamente, rimbalzano la loro, di storia. Me la svelano davanti agli occhi, sorpassando ogni eventuale reticenza. E le domande in pochi attimi superano il contesto scientifico e affiora il cuore: ma tu lavori, cosa fai, in cosa credi. In pratica, dove riponi la tua consistenza: domanda che fa tremare i polsi e che esige una risposta sincera, davvero da cuore a cuore. Dove rimetti in gioco te stesso. E la conoscenza che trasmetti, o provi a trasmettere, assume inevitabilmente un carattere iniziatico, perché non è più appena una asettica trasmissione di nozioni, è una implicita proposta di vita.
Capisci allora che non è che appena svolgi un ciclo di lezioni di astronomia in barca, cosa di per sé già molto intrigante. No, è assolutamente di più. È un confronto di storie in cui mi immergi, una collisione virtuosa di diverse umanità. Una riposta deflagrazione cosmica, la cui energia prodotta è un arricchimento comune, quel di più di umanità che ti porti a casa, la più preziosa fra le ricchezze. Del resto, l’unica che vale.
Un ambito, in conclusione, in cui è – direi – felicemente impossibile conservare quella asetticità che così spesso riteniamo, con pericolosa miopia, prerogativa necessaria alla trasmissione del sapere. Un ambiente dove poter sperimentare con mano che quel “ripartiamo dalle emozioni” contiene più di un seme di verità che può essere utile spunto per una vita – anche professionale – finalmente più umana.
Grazie, Marco per il racconto così approfondito in tutti gli aspetti , di questa esperienza veramente costruttiva, di cui sui media non ho visto traccia. Eppure credo sia stata molto importante per te, per i ragazzi, per la ricerca scientifica. Davvero, qui, in Darsi Pace, sta nascendo una nuova umanità! Mariapia
Caro Marco,
mi ha colpito la tua affermazione: “la materia che insegni si impasta necessariamente con l’umanità di chi apprende”.
Credo che questo atteggiamento di un insegnante universitario, sia fondamentale nella trasmissione del sapere alle giovani generazione: è in questo modo che l’insegnamento diventa veramente “educazione”, ciò di cui i giovani hanno veramente bisogno e che si aspettano dall’università e in generale dalla scuola di ogni ordine e grado.
Grazie per l’ interessantissima e bellissima esperienza che ci hai comunicato.
Maria Letizia
Cara Maria Pia,
ti ringrazio per il tuo commento!
Per quanto riguarda la copertura del media, in effetti sarebbe stato bello che questa iniziativa avesse avuto ancor più diffusione; non certo per me stesso ma davvero per quanto di bello c’è per i ragazzi e per questo modo sperimentale – e credo assai intrigante – di coniugare ricerca astronomica e scoperta geografica (non così aliene, bisogna anche dire), e non da ultimo ricerca “spirituale”, se vogliamo chiamarla così, perché la convivenza in barca favorisce – come ho visto – dialoghi anche molto profondi.
Il mio ente (Istituto Nazionale di Astrofisica, INAF) che ha creduto nell’iniziativa, tanto da sponsorizzarla, ha dato in effetti
un po’ di copertura all’evento:
http://www.media.inaf.it/2015/08/17/astronomia-e-navigazione-questo-e-mediterranea/
http://www.media.inaf.it/2015/08/31/guidati-sul-mar-dalle-stelle/
Inoltre sempre l’INAF ha montato questo video e messo nella sua pagina ufficiale (devo dire molto carino)
https://www.youtube.com/watch?v=CAt-bJKuKgY
Abbiamo poi questo pezzo su Repubblica online,
http://www.repubblica.it/sport/vela/2015/08/31/news/su_mediterranea_si_fa_astrofisica_-122057432/
E anche Radio 24 in una bella trasmissione ha voluto intervistare uno dei ragazzi (ora non ho il riferimento ma penso si possa trovare).
Sono davvero grato a chi ha pubblicizzato l’iniziativa, perché ho visto quanto ha appassionato i ragazzi e dunque quanto è importante, in questi ed altri modi, riportare lo stupore al centro dell’esperienza conoscitiva. E sono grato a Darsi Pace, davvero, per questa opportunità del post!
Grazie Marco per aver voluto condividere un’esperienza viva ed entusiasmante vissuta intorno alle coste della Turchia come uomo/docente. [Siete arrivati fino alle alte
coste meridionali che si affacciano su
un profondo mare blu cobalto?]
I riferimenti che hai fatto, ai rapporti umani – in senso pieno e profondo – evidenziano come concretamente
l’esperienza che facciamo in Darsi Pace, può essere contagiosa e
potenzialmente trasformativa.
Mi vado convincendo sempre più, che un cuore “in fase di liberazione” è già
capace di produrre liberazione, seppure parziale e graduale. E
la”sintonia dei cuori” che si sperimenta,
ci fa già presagire e “gustare” la gioia e la bellezza che si provano nel dare e nel ricevere un po’ di liberazione in più…
in ogni nuovo ambiente che sia
permeabile.
Il racconto della tua esperienza mi ha risvegliato dei bei ricordi di
quando, artigianalmente, con minore
attrezzatura teorica di quella di D.P. e minor sostegno sociale di altri
“compagni di viaggio”, in ambiente tra l’ostile e l’apatico, non era “normale” OSARE affrontare il rischio di avere rapporti più umani e dialoganti con alunni che erano ingabbiati anche fisicamente.
Perché sai, i ragazzi – poi – sono anche
esuberanti e, a volte, trascendendono pure; e allora ecco i maestri di una
“asettica trasmissione di nozioni” che sono pronti a sbandierare la loro
pedagogia fatta di ruoli, di regole e così via.
… Ma, come puoi ben immaginare, questi docenti non hanno
sperimentato come quel “rischio di
apertura” “da cuore a cuore” ripaga,
creando un un ping pong dialogico, capace di aprire pian piano anche la mente più assente di chi non ha ancora trovato qualcuno che li aiuti a sprigionare costruttivamente la propria creatività.
Ed è a questa esigenza, di tanti milioni di alunni, che vorremmo cercare di dare una parziale, ma concreta e costruttiva risposta, attraverso il gruppo di lavoro un’ALTRA SCUOLA.
Lavoro immane ma necessario, perché tanti altri ragazzi possano avere la possibilità di rapporti “cuore a cuore” capaci di liberare la loro intelligenza
creativa bloccata, spesso, da una
cultura e da docenti che probabilmente non hanno avuto un curriculum di preparazione che li aiutasse a liberarsi ed a liberare i cuori congelati e che non hanno un vera speranza nel futuro che
può cambiare…
Col contributo, soprattutto, di quelli che ne sono consapevoli e… COME TE, COMINCIANO A MANEGGIARE ED A SPERIMENTARE UN CAMMINO NUOVO DI HOMO DOCENS CHE SI
NUTRE DELL’ HOMO NASCENS E
INIZIATICO. SAPPAAMO CHE SOLO QUESTO CERCA DI RINASCERE CREATIVAMENTE OGNI GIORNO E DI REGALARE AGILMENTE STRUMENTI DI LIBERAZIONE E DI CRESCITA
UMANA A TUTTO CAMPO.
GRAZIE PER QUELLO CHE FAI E CHE ANCORA CERCHERAI DI FARE PER I TUOI STUDENTI E… PER TANTI ALTRI, NELLE FORME – DI VOLTA IN VOLTA – POSSIBILI.
Interessante il riferimento al gruppo di lavoro L’Altra Scuola…
C’è già del materiale elaborato da condividere pubblicamente o i lavori sono solo all’ inizio?
Grazie a tutti coloro che si stanno impegnando in questa direzione…ce n’ è davvero bisogno! mcarla
Come dice bene nel post Marco Castellani insegnando si ha la possibilità, mentre si svolgono i programmi scolastici, di seminare interessi, idee, convinzioni… che fioriscano subito o rimangano nascosti dentro in attesa di fiorire magari orienteranno delle vite. Pensare ad ogni classe come ad un piccolo luogo in cui si prova a cambiare le relazioni e la visione del mondo credo che già cambi la prospettiva. Queste parole possono suonare retoriche, scontate, obsolete… se è così dobbiamo tornare a ripensarle perché se consideriamo l’insegnamento come questa bella possibilità possiamo avvertirne la grande responsabilità e considerarlo un lavoro significativo e avvincente. Chiedo anch’ io gentilmente notizie sul lavoro del gruppo “L’Altra scuola”. Un saluto e auguri. Stefania
P.S. nessuno invidia la barca a vela, il mare aperto, l’immensità del cielo, tutti preferiscono stare chiusi in un’aula se possibile con le luci al neon e le pareti color tristezza, comunque si può provare a dipingerle di azzurro
Salve Maria Carla e Stefania,
rispondo brevemente alla vostra richiesta di informazioni su un’LTRA SCUOLA.
Il gruppo, non numeroso, è costituito da persone di diverse regioni che frequentano i corsi Darsi pace telematicamente o direttamente a Roma. Dialoghiamo con le emails e attraverso un “gruppo” costituito su WhatsApp. Ci siamo sentiti anche su Skype.
Finora abbiamo condiviso idee critiche, proposte e possibili iniziative utili, secondo noi, ad avviare un’altra scuola in cui, tra docenti ed alunni, si realizzino dei rapporti più “umani” che aiutino questi ultimi a liberare le energie e le capacità creative congelate nel loro cuore… Questo noi lo sperimentiamo nei Gruppi Darsi Pace; non so se li conoscete…
Ad ogni modo il nostro dialogo e le nostre condivisioni non sono ancora pervenute ad un progetto condiviso e definito: questo è parte dei nostri obiettivi più urgenti e perciò sarà l’oggetto del nostro impegno nel prossimo futuro.
E… ciascuna di voi, in che rapporto è con queste problematiche? Siete nel mondo della scuola o sentite in qualche modo l’urgenza che nella scuola cambino innanzitutto gli atteggiamenti dei vari “attori”?
E poi… percepite che c’è ancora molto altro, tutto da identificare, vagliare e proporre ai vari livelli?
Se, almeno su qualche aspetto di questo discorso, avete da dire o proporre idee, iniziative, contributi, ecc., potete usare il mio indirizzo email per iniziare a contattare Gruppo. Eccolo:
Ogni vostra idea o proposta sarà accolta con rispetto e “ascoltata” con molta attenzione…
A risentirci, se lo desiderate.
Un cordiale saluto. Amedeo Dibitonto
Gentilissime Maria C. e Stefania,
vedo che l’indirizzo email non è “partito”. Lo avevo inserito tra i due consueti segni grafici ma “il sistema” non lo ha accolto. Mi hanno consigliato di inviarlo di nuovo senza i predetti segni e… così ci riprovo: amed40@yahoo.it
Speriamo bene e buona giornata. Amedeo D.
Ciao Marco,
complimenti per la poeticità con cui sei riuscito a raccontare questa particolare esperienza a cui abbiamo avuto la fortuna, e il merito di partecipare. Io da studentessa partecipante dico un grosso grazie a te che sia da un punto di vista didattico, ma soprattutto umano, ci hai trasmesso una grande voglia di continuare a studiare e addentrarci nel meraviglioso mondo della ricerca. Ancora un grazie va all’equipaggio che hanno reso l’esperienza ancora più interessante e ricca di confronti, e per finire un grazie va alle “menti” del progetto L’Astrofisica su Mediterranea che sono riusciti a conciliare studio, esperienze nuove e divertimento! Un grosso in bocca a lupo per la seconda edizione!
Viviana Filì
Grazie cara Viviana per il tuo commento!
Hai ragione, l’avventura di Mediterranea 2015 è stata particolare anche e soprattutto dal punto di vista umano. Davvero un modo nuovo e più “relazionale” di accogliere la scienza e comprendere il suo inestricabile legame con tutto – e soprattutto, con la nostra irriducibile umanità. Sono lieto che questo emerga dal mio scritto, era veramente il punto che desideravo mettere in evidenza.
Un abbraccio grosso,
Marco