Siamo sempre più glocal (globali e locali allo stesso tempo). Viviamo compressi. Veloce-mente. Da eccitazione da prima volta. Con la paura che il tempo non basti più. Senza fiato, compreso quello per parlarci … Qual è il senso?
La ricerca di senso mi sembra sia alla base del paradigma DP e per quanto mi riguarda è il dono più prezioso che ho ricevuto. Come se sapessi di avere sempre con me le chiavi di casa.
Una storia per essere credibile o incredibile deve avere e trasmettere un senso. Ogni giorno mi si ripropone il tema di dover e/o voler cercare un senso. Ogni volta, quando va tutto bene e accetto la sfida della domanda e della risposta, mi sembra di compiere sempre gli stessi due movimenti: la partenza e il viaggio.
Il movimento legato alla partenza non è un andare, un uscire (mi alzo, vado al lavoro, consegno il lavoro, …) come immaginavo ma paradossalmente è tornare, tornare in me, tornare a cercare (Buber direbbe “tornare in se stessi”). Lenta-mente emergono pensieri, tornano in mente incontri e mi accorgo che non erano casuali. Quelle persone erano modelli, valori, indicazioni per il viaggio.
E sono nel secondo movimento, il viaggio, il cambiamento. Parto (torno in me, mi domando dove mi trovo, cosa posso fare per stare meglio), cambio direzione, produco un cambiamento. La sintesi che ne viene fuori è stata una bella scoperta durante il percorso. La parola che include allo stesso tempo tornare e cambiare è “rivoluzione”. Tornare a cercare un senso è un atto rivoluzionario.
Non quello armato fino alla punta dei piedi studiato a scuola e rimandato dai media ma quello liberatorio e salvifico che produce un incremento di vita e non la toglie. Liberatorio perché sono io a farlo. E mentre lo compio posso ri-generarmi, cambiare parti di me. E’ possibile. E mentre lo faccio questo dare senso dà senso. Il mio motivo all’azione (motiva-azione) aumenta. Salvifico perché la ricerca di senso è l’antidoto per mantenere e custodire la mia umanità che mi vuole programmato, prevedibile … produttivo, consumatore e consumato.
Ogni volta che cerco un senso sono un rivoluzionario pronto ad avanzare almeno un millimetro in più per diventare sempre più abile a dare una risposta nuova con fatica, impegno, fiducia e sudore, con quello che c’è in quel momento. Incontrare e riconoscere quelle emozioni e sentimenti compressi che sono lì che aspettano di essere accolti e ascoltati. E ho così la speranza di andare incontro all’altro senza la necessità di esprimere sempre e solo una parola/gesto giudicante o di disprezzo.
“La rivoluzione è un lavoro poetico” direbbe Oulehd Moamed, poeta tunisino scomparso recentemente.
Se mi guardo in giro sembra che ci siamo scordati di cercare le chiavi di casa e impauriti siamo pronti a grandi rivoluzioni quelle mortali. Il solito film. Le solite scene. Le solite chiacchere. Quelle che non valgono più, non bastano più. Che portano sempre alla stessa fine.
In questa riflessione non ho inserito l’arrivo come terzo movimento perché non c’è. L’importante di questa ricerca non è trovare ma cercare e farlo insieme. Cercare le chiavi di casa, oggi mi sembra abbia a che fare con la scrittura di una nuova storia facendo sempre attenzione alle correnti d’aria e resistere alla tentazione di chiuder-si fuori. Si è molto faticoso ma entusiasmante allo stesso tempo.
Bello il titolo…mi viene in mente quello di un film (LE CHIAVI DI CASA, appunto) che ‘traduceva’ per il grande schermo quello di un libro di Pontiggia, NATI DUE VOLTE. La seconda nascita era quella di un ragazzo , nato con un grave handicap, che apprende una sorta di “arte di vivere” per sopravvivere alla sua menomazione, dove l’amore e la dedizione degli altri giocano un ruolo importante in quanto capaci di produrre cambiamenti radicali nel cuore delle persone .
Cambiare, tornare a casa e trovarne le chiavi…nel libro di Pontiggia chi lo fa acquisice strada facendo la consapevolezza del limite della condizione umana ( che accomuna tutti, non solo chi vive un handicap sulla propria pelle) e ciò li aiuta a cercare e a trovare un nuovo senso alla propria vita.
Maria Carla
… “Parto (torno in me, mi domando dove mi trovo, cosa posso fare per stare meglio), cambio direzione, produco un cambiamento. … La parola che include allo stesso tempo tornare e cambiare è “rivoluzione”. Tornare a cercare un senso … quello liberatorio e salvifico che produce un incremento di vita e non la toglie. Liberatorio perché sono io a farlo. “
Leggendo queste parole in particolare ho sentito un senso liberatorio e poi quel …”liberatorio perché sono io a farlo “ l’ho sentito potente anche solo leggendo. Una volontà.
Osservo, per esempio, quanto certi atteggiamenti umani “mascherati” tolgano vita, mentre altri modi e parole non giudicanti e già per questo libere, a loro volta generino un senso di liberazione e pace, vita.
Cambio tornando in me, a casa …è un bel concentrato di lavoro da fare tutti insieme.
Ciao e grazie, 🙂 Barbara
CONSUMATORE CONSUMATO …le parole che mi hanno preso in modo particolare nel leggerle… ho riflettuto su queste due parole… ho trattenuto il respiro per un po … poi è arrivata la dinamica ironica nella mia mente … è vero guardandomi un paio di tempo fa ero un consumatore consumato anch’io avevo perso le chiavi di casa anch’io … mi ero chiusa fuori. Questa dinamica del fuori e dentro, non sapendo bene cosa mi stesse succedendo, ha smosso in me la voglia di capire dove stava il bene… per me …dove trovare PACE… in me o… fuori di me. Non è stato facile…. vi ho seguito timidamente molte risposte erano già inscritte .in me..avevo solo bisogno di conferme ….Vi ringrazio state facendo un buon lavoro e un sano lavoro di ribaltamento costruttivo… ribaltare non significa distruggere ma cambiare punto di vista….mi piace il movimento, mi piace aprire le finestre per ossigenare l’ambiente ma lo si può fare solo stando dentro e guardando il modo migliore per riorganizzare l’ambiente…per poi ripartire verso il fuori… spendo che hai una casa su misura per te che ti accoglie quando superi la soglia della sopportazione…Buona strada gruppi Darsi pace, grazie Mauro Scardovelli…graziee Marco Guzzi.
Vi ringrazio per aver dato maggiore profondità a questa condivisione.
Mentre la scrivevo avevo davanti a me il mondo che abito che mi sembra abbia accettato di vivere secondo una modalità bellica (vincente-sconfitto) invece di smettere e tentare di ricominciare a cercare (forse abbiamo dimenticato di farlo?) la propria casa (=identità).
Allora non ci sarà più la paura di incontrare l’altro.
Allora ha senso alzare la testa per tornare a vedersi … per insorgere.
Vedo che il termine insorgere viene usato da alcuni mesi come parola d’ordine in tutti gli interventi.
Mi vengono in mente tutti i nomi delle vie nelle città dell’America Latina dedicate agli “insurgentes”. Come è andata a finire?
L’insurrezione di cui si parla è la tappa di un viaggio trasformativo personale che sta assumendo
una connotazione sempre più corale.
Insurrezione come nuova critica radicale, severa e puntuale di ogni proposta culturale e politica,
visti gli eventi dell’ultimo periodo, è necessaria e urgente per dare voce ad un nuovo modo di “essere nel mondo”.
Grazie per la tua condivisione
Domenico
Leggendo i vari interventi mi viene da pensare che ci stiamo incontrando su un ponte, provenendo da direzioni opposte. Io tentavo di capire il divino nel mondo sin da piccola, ma poi ho scavalcato l’angoscia del non capire ed ho esaltato la mia libertà, la mia indipendenza, il mio “coraggio”, altri mi sembrano avere sempre avuto il “conforto” di una fede/comunità religiosa, pur spesso vissuta in modo depresso e compiacente…….ora tutti stiamo, credo, cercando il pezzo che ci manca e su questo ponte luminoso e forte ci incontriamo con indicibile gioia, personalmente spero di trovare la fede che sento negli altri, spero e ringrazio tutti….e tutto!