La mia insurrezione, la mia rivolta, è questa. Dovrei scrivere della settimana di Trevi, e non posso non partire dagli eventi sanguinosi di Nizza. Non posso far scendere alcuna parola se non da questo. Perché tutto il sangue innocente versato a Nizza in modo così tragicamente assurdo, rende solo più urgente e più serio il lavoro, il compito. Perché tutto questo rende più urgente, più pressante ed inderogabile la mia rivolta. Voglio allora partire da una frase di Italo Calvino, che nelle sue Città Invisibile, scrive che opporsi all’inferno è appena questo, è cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.
La mia insurrezione è anche scrivere, lo sento. E volentieri scrivo di quanto ho visto, ho sperimentato, ho toccato. A Trevi si è appena conclusa quella che è stata chiamata significativamente una Settimana intensiva di tras-formazione e crescita umana, L’insurrezione della nuova umanità. Ecco. Scriverne adesso, dopo l’eccidio avvenuto a Nizza giovedì 14 luglio, è difficile. Perché c’è l’urgenza imperativa di non versare parole retoriche. Perché quando scorre il sangue ogni parola retorica è un reiterato delitto. Ogni perdita di tempo è una efferatezza gratuita. Di fronte ad ogni parola falsa risuona il monito terribile di Pablo Neruda, poeta e perciò stesso guaritore: Venite a vedere il sangue per la strada.
Lo stesso Neruda dice, in altro contesto, “Non voglio più essere radice nelle tenebre, barcollante, con brividi di sonno, proteso all’ingiù, nelle fradicie argille della terra”
Nemmeno io voglio esserlo più. Questa è l’urgenza, il grido che si alza intorno a me e dentro di me, in una miscela inestricabile, perché le storture dell’economia e della finanza, del mercato e della borsa, sono lo specchio delle storture personali, delle parole male-dette con le quali troppo spesso mi nutro, che troppo di frequente mi trovo ad alimentare. Quanto impiegheremo a capirlo, che ci vuole un approccio integrale? Quanto colpevole ritardo alla fine alimenterà lo scorrere del sangue, di altro sangue, per la strada?
Bello, tutto bello, tutti d’accordo: ma noi che possiamo fare? potremmo chiederci allora. E’ semplice. Cercare quello che inferno non è. Trevi la leggo così, come risposta operativa all’attitudine depressiva del tanto non c’è nulla da fare. Frase tanto terribile quanto falsa (e così stranamente fiorente in tanti di noi cristiani “praticanti”, avete notato?). Affiora in questa calda estate come una roccia fresca di speranza alla quale è ragionevole aggrapparsi, perché è lei stessa ben piantata giù nel profondo. E allora c’è speranza viva di ribaltare la giusta indignazione di Neruda, e mettere radici nel terreno buono. Processo faticoso, lungo, che richiede un impegno quotidiano. Ma possibile.
“Venite a vedere”, così tagliò corto Uno che soprattutto faceva fare esperienza, per crescere, e non aveva molto sviluppato quel gusto decadente per la dialettica fine a se stessa, con cui noi tanto spesso giochiamo. Allora, quello che io ho visto, pur non essendo potuto rimanere fino alla fine, è tanto, tanto da riempire il cuore. Quello che io ho visto è stato un vero laboratorio dove persone di buona volontà e con una visione si incontrano, decidendo semplicemente di non avere paura. Tutto il resto è conseguenza, direi. Due ambienti (i gruppi Aleph di Mauro Scardovelli e quelli Darsi Pace di Marco Guzzi) che convergono in una settimana di lavoro comune è stato già un primo forte segnale relazionale, senza dubbio. In un mondo dove la paura porta spesso a distinguersi per opposizione, qui ho registrato il moto esatto e contrario: andare verso, incontrare. Ma davvero, non con la retorica, non con le parole.
E così nella settimana si è dispiegata una proposta di guarigione che è risultata finalmente credibile perché – finalmente! – non parziale, perché consapevole fin da principio che i meccanismi interiori malati e i meccanismi nefasti di certa economia sono strettamente collegati, perché la nuova rivoluzione (nuova, ma antichissima, perché il seme fu gettato duemila e passa anni fa da Uno che si straziò fino al sangue nell’amore incondizionato, che versò il sangue perché iniziassimo a guarire) è in un lavoro trasformativo interno ed esterno insieme. Analisi dei meccanismi economici e dei meccanismi psichici sono stati affrontati di pari passo, in un approccio globale che – a tempo debito – potrà davvero gettare un seme per una cultura nuova. Economia, filosofia, psicologia, politica: tutto è collegato, tutto è in relazione. Separare non è risanare, è solo perpetuare il disagio.
Ecco. Venite a vedere il sangue, vorrei dire a chi (inclusa quella parte di me, che va guarita) insiste complice più o meno inconsapevole, a perpetuare il disagio, reiterando i suoi vecchi schemi di interpretazione del mondo e di azione nel mondo (incluso il mondo psichico, fedele specchio di quello esterno).
E venite invece a vedere esperienze come questa di Trevi. Gente anche molto diversa che si mette insieme e non teme il confronto e la sperimentazione. E così dopo una esperienza (molto profonda) di biodanza ti trovi ad ascoltare magari un seminario di economia, e poi passi naturalmente ad una seduta di meditazione. E dopo magari vieni condotto ad indagare i meccanismi della psiche. Ma attenzione – non sei mai spettatore, sei sempre insieme. E c’è spazio anche per visioni diverse, puoi sorprenderti a non essere daccordo con certi svolgimenti, certa scelta di parole, o di categorie interpretative – e la vera sorpresa è che puoi esprimerlo e farlo recepire in maniera gentile, non belligerante, amorevole.
La mia esperienza a Trevi è che non riesci, non riesci proprio – Deo gratias! – a confinarti alla usuale modalità rappresentativa, a vivere dietro la tua bella maschera. No, sei e ritorni persona. Perché non sono solo le proposte dei seminari, o dei corsi. Sono gli incontri, che per me – e sicuro per molti altri – sono avvenuti in maniera imprevedibile e continua, una scoppiettante e benefica linea di fuoco che non mi ha dato tregua, travalicando le mie inutili cautele, riempiendomi tutto il cuore in un modo che non mi potevo assolutamente aspettare. Quel cuore che ha ricominciato a far girare il sangue. In circolo, non già versato per strada, ma fluente nel corpo.
Lo dico ora, consapevole che usare espressioni falsamente enfatiche, in questi momenti, è più che mai un delitto, quasi una bestemmia: io a Trevi ho avvertito un flusso di amore, di desiderio corrisposto di connessione, tra le persone. E anche un flusso di amore e tenerezza verso di me, verso la mia ferita, quella che chiede di essere guardata, capita. Quella che prima di ogni soluzione dogmatica o schematica desidera ardentemente compagnia, consolazione, conforto. In mille modi, in mille momenti, con sorrisi, contatti, abbracci, parole, volti, ragionamenti, domande (anche di scienza, da quando ho iniziato un mio intervento pronunciando temerariamente la frase sono un astrofisico…), la mia personale ferita è stata semplicemente e teneramente accolta. Mille, diecimila mani a Trevi hanno toccato, hanno gestito il mio dolore interno, segreto. Senza domande, ma con una compagnia umana che mi commuove solo a ripensarla.
Basta. Non ci servono discorsi vuoti. Ci serve invece un luogo, un posto dove contrastare il deserto. Ecco, questo è proprio un posto dove si può iniziare a contrastare il deserto. Il deserto del cuore dentro di me, e il deserto di certi meccanismi economici e di mercato, fuori di me. Tutto questo viene approcciato in modo non belligerante. Mi viene da sorridere quasi mentre scrivo, perché capisco di nuovo che iniziative come queste sono un segnale che una strada esiste. Facci caso, tu che mi stai leggendo: nei momenti più duri, quando dentro e fuori vedi il deserto, c’è sempre un qualcosa nel tuo campo visivo che non appartiene al deserto. Non appartiene a chi nella sua furia cieca e disperata vede la morte propria ed altrui con una attrattiva erotica veramente perversa, che nel cupio dissolvi riesce, nello smarrimento generale, a trovare una ragione di vita (o di morte, piuttosto).
Il Principio di Vita agisce diversamente. Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza. (Giovanni, Cap. 10). Io voglio la vita, la voglio dentro di me e con le persone intorno a me, la voglio con una sorta di esigenza ogni giorno più perentoria. Voglio un abbraccio di tutti, un contatto con tutti, ma stavolta non più veicolato da ideologie menzognere e limitate, ma che si appoggia solido su un Principio di eterna rivolta e guarigione.
«Ce ne han dette tante, o Regina degli Apostoli / abbiamo perso il gusto dei discorsi / non abbiamo più altari, se non i Vostri / non sappiamo nient’altro che una preghiera semplice», diceva Peguy. Ecco, basta con le parole che non guariscono, che riempiono il tempo. Ormai solo pronunciarle è un crimine. Ci vuole la semplice consapevolezza di un percorso che guarisce, aperto al Mistero dove possiamo mettere finalmente le radici.
Vi chiedo perdono, qui non ho tempo e modo per dettagliare tutto, anche se vorrei. Non ho spazio per parlare dei singoli incontri, dal palco o tra i tavolini del bar, molti dei quali veramente ricchissimi. Ad esempio di chi – avendo avuto responsabilità di comando in missioni militari in Afghanistan – mi raccontava dello sbigottimento davanti al cielo stellato dei suoi ragazzi: gente abituata a vedere la morte e ad abitarci vicino, quasi intimorita dalla maestà di un cielo trapuntato di stelle. Di chi mi chiedeva delle onde gravitazionali facendone parte di una domanda di senso, che per la sua vastità travalica ogni universo fisico. Di cose che mi hanno portato a versare lacrime di commozione, quelle lacrime che ti scendono finalmente quando un peso si smuove dalle spalle, quando respiri.
Ma davvero, potrei scrivere tranquillamente quaranta pagine con tutta la vita che ho avvertito nei miei pochi giorni a Trevi. Vita che vuole vivere e sceglie una via diversa dalla tranquilla disperazione o dal reiterato lamento. Che ha tra le mani gli strumenti per costruire un mondo più umano, per porre le basi di una nuova umanità. Che non è utopia ma lavoro lento, paziente, costante. Che non è utopia, ultimamente, perché appoggia su un Principio che è fuori di noi. Ma che, allo stesso tempo, è la cosa più nostra che mai potremo avere.
“Si può sperare / che il mondo torni a quote più normali / che possa contemplare il cielo e i fiori” cantava anni fa Franco Battiato in una meravigliosa canzone, Povera Patria.
Sono andato via con la consapevolezza che sì, si può ragionevolmente sperare. E con la gratitudine per chi ha voluto far sì che questa speranza si incarnasse, questa volta, in questo punto preciso dello spaziotempo.
Così mi è venuto da scrivere, cercando appena una maniera per ringraziare…
Appena rientrato a Roma.
Voglio dire almeno grazie.
Grazie a chiunque mi ha incontrato
mi ha parlato mi ha
appena pensato
mi ha amato mi ha
fermato per chiedermi qualcosa
dell’Universo ovvero
di me e di lei, di lui
Grazie a chi era a Trevi anche solo col cuore
e mi ha pensato oppure non mi ha
nemmeno pensato
perché era impossibile essere
lì e non pensarsi appena l’un l’altro
voler essere lì e non
toccarsi appena l’un l’altro,
di quel tocco buono che scioglie i ghiacci,
sempre e comunque.
Grazie a chi incontrandomi,
mi ha raccontato di lei, di lui
ovvero di me.
Grazie perché stando a Trevi ho
avvertito una vibrazione un abbraccio
un abbraccio continuo e
sguardi e sorrisi e cuori sempre aperti
porto sempre spalancato in modo
incondizionato per me e le mie ferite
senza giudizio alcuno se non
il giudizio perpetuamente risanante
di un sorriso.
Sperare è un’arte astratta
fuori da un simile abbraccio,
qui è grezzo e concreto,
qui abita qualcosa, come
un Bacio costante
di quelli
che rivoltano il mondo
senza disturbare
il silenzio armonico
dei fiori del campo.
Caro Marco C. speravo veramente di poter leggere qualche cosa del genere sull’incontro di Trevi.
Da parte mia ho cercato di mantenere la postazione che mi è stata affidata come dice Bonhoeffer in totale comunione spirituale con voi a Trevi raddoppiando l’impegno. Chissà se il mio piccolo lavoro umano-spirituale vi ha giovato, a me piace crederlo certamente a me ha giovato il vostro lavoro.
Spero tanto di poter leggere al più presto una sintesi dei lavori e magari qualche video.
Ciao e grazie(anche a tutti i partecipanti) e buona estate
Claudio
Ciao Claudio,
grazie per le belle parole sul mio post! Io penso (ma non lo dico certo come pensiero mio originale…) che siamo tutti collegati ad un livello molto profondo, che nemmeno ce lo immaginiamo. E che il lavoro fatto nel nascondimento serve al mondo – eccome! Questo ci insegna anche e soprattutto la nostra cara tradizione cristiana, se ben comprendo.
Un caro abbraccio,
Marco
Caro Marco, rileggo più volte quanto hai scritto su Trevi ed ogni volta risuona in me come una musica nuova e raggiunge nuove profondità. Non avresti potuto trovare parole/note migliori per raccontare l’esperienza di Trevi che ho vissuto come un evento musicale che ha accordato note diverse in grande armonia: note fatte di ascolto attento, dialogo fecondo, sogni condivisi, e tanti, tanti, tanti lunghi abbracci che sciolgono vecchi ghiacciai e ridonano leggerezza e sorrisi; note che desidero lasciar risuonare a livelli sempre più profondi, perché la musica della insurrezione si propaghi nel mondo, inondandolo di armonia.
Grazie Marco, grazie di cuore. Grazie di cuore anche a tutti coloro che hanno sognato e progettato l’evento Trevi, a tutti coloro che hanno lavorato per la sua realizzazione, a tutti coloro che sono intervenuti, a tutti coloro che hanno partecipato. Grazie di tutti gli abbracci ricevuti e donati, di tutti i sorrisi.
Un grande abbraccio e sorriso a tutti. Giovanna
Caro Marco, grazie del poetico resoconto, spero che questo post possa suscitare molti altri commenti e riflessioni sui giorni di Trevi. Abbiamo bisogno infatti di valutare bene questo evento, per continuare questa storia nel migliore dei modi.
Un abbraccio. Marco
Sento che veramente a Trevi è nato qualcosa di importante. Nei primi giorni di gran caldo e di iniziale fatica scherzavo con Marco Guzzi paragonando le prime giornate al passaggio in sala travaglio. Fatica , caldo ,dolore,apprensione….ma anche comunione con altre persone che si preparano al parto…… Ho sentito che in quei giorni la nostra comunità come un utero che si dilata per permettere la nascita.
Insomma da quando sono tornata ogni notte sogno neonate bellissim per i primi giorni bambine. Ma stanotte ho fatto un sogno che vi voglio raccontare.Mi rincontravo con una mia amica sterile sulla cinquantina,gran bella donna,che non sento da un po’di anni Aveva avuto un piccolo bambino di circa due mesi bellissimo sorridente,pieno di fiducia. Tenerlo in braccio è stata una gioia infinita. Il bambino lo aveva chiamato Giulio Cesare. Lei si chiama Maria.
Anche l’inconscio sostiene l’insurrezione dei nascenti
Caro Marco,
hai ragione, ora sento che dobbiamo far sedimentare le impressioni, placare i pur legittimi entusiasmi, e capire come dare un senso compiuto a questa inedita comunione, dentro il nostro cammino. Io sono rimansto molto entusiasta (e commosso) per tante cose e un pochino perplesso su altre (come ho tentato di dire mercoledì sera, e molto meglio di me lo hanno fatto, subito dopo, Francesco e Francesca). Ma certamente e profondamente grato di avere avuto l’occasione di passare dei giorni a Trevi, per un “esperimento” di grande interesse, che potremo certo elaborare compiutamente durante questa estate.
Un abbraccio riconoscente,
Marco
Anch’io a Trevi ho sognato di assistere ad un parto che avveniva nella scuola in cui iniziai ad insegnare.
Sono contenta di avere partecipato al convegno, ho vissuto l’evento come inizio di una nuova modalità insurrezionale che sento farsi in me e in altre persone.
La settimana è stata intensa ed ora ho bisogno di pormi alla giusta distanza per silenziare, ascoltare, interiorizzare, assimilare le tante sollecitazioni offerte.
Avere ascoltato i relatori che in settori diversi lavorano per realizzare una società giusta, rispettosa della persona e dei valori costituzionali mi dà speranza e mi sollecita a cercare una base comune tra le persone di buona volontà che hanno il coraggio di esporsi e di mettersi in gioco nella trasformazione di se stessi e del mondo.
Abbiamo appena iniziato e la strada è lunga e non facile, ma siamo tutti dentro un Abbraccio universale, il solo, a mio parere, che dà senso alle parole, ai gesti, ai sorrisi e agli abbracci che ci siamo scambiati.
Grazie di cuore a Marco Guzzi e a Mauro Scardovelli, a Paola e a Carolina, a Marco C. e a tutti i compagni di questa nuova avventura.
Giuliana
Caro Marco, grazie per questa tua apertura d’anima con la quale mi fai sentire ” quel tocco buono che scioglie i ghiacci” i miei personali ghiacci. Io ero altrove, sull’Alpe di Siusi , ma non c’è stato giorno che non pensavo a voi riuniti a Trevi.
Ho pensato che qualcuno stava rimodellando il mondo storto e violento in cui viviamo. Raccolgo il vostro spirito per fortificare il mio, nella mia battaglia interiore, cosi debole, ma in fondo ostinato. Resto con tutti voi…fate fiorire anche me, come un campo di fiori gialli, sotto cui cresce rigogliosa la verdura del mio orto, come nel sogno che ho ritrovato stamane, al risveglio.
Un abbraccio commosso e forte.
ivano
Della bellissima settimana a Trevi ricordo gli occhi delle persone che ho guardato e che mi hanno guardato nella reciproca ricerca di qualità interiori.
Gli abbracci e la profondità di tanti momenti.
Il percorso attraverso l’economia e la politica (non facile) in cui comprendo che è necessario introdursi per il bene comune.
La modalità di dialogo e di ascolto in cui ci siamo calati, mettendo in discussione noi stessi e le nostre convinzioni per aprirci agli altri.
Credo che sia stato un momento di importante crescita per tutti e sono convinta che sia una strada buona, un esperimento riuscito e da portare avanti.
Grazie di cuore per questa opportunità.
Silvia
Un ringraziamento a tutti coloro che hanno partecipato.
Ho conosciute tante belle persone, anime coraggiose e con una fede autentica.
Se l’esperienza di Trevi è stata intensa, profonda, ampia, indescrivibile in tutte le variegate sfumature, ciò che scrivi, caro Marco, è altrettanto denso di senso che va letto e riletto per distillare la preziosità di ogni tua parola.
Il tuo scritto fa percepire bene ciò che abbiamo vissuto a Trevi, una molteplice e complessa esperienza relazionale in cui mi sono immersa predisponendomi a viverla pienamente, fiduciosamente. A volte ho avuto la sensazione di perdermi avvertendo il bisogno di prendere distanza per ricentrarmi, per ritornare alla mia postura interiore, per collocarmi dentro l’evento, nel silenzio ritrovare il mio posto per poter essere presente, per ridare ordine e ritmo a ciò che stavo intensamente vivendo.
Momenti di contatto emotivo in me e di contatto così intimamente risonante nella relazione con l’altro che ha reso questa esperienza unica per osservare l’essenzialità del bagaglio del mio lavoro interiore fin qui sperimentato, per sentire e toccare la consistenza della mia trasformazione che è avvenuta in questi sette anni di formazione in “ Darsi Pace”.
Questi sette anni segnano e chiudono un ciclo importantissimo della mia vita, un crescendo di esperienze reali che mi hanno davvero cambiata e questa vacanza ha coinciso con anniversari di eventi della mia vita molto significativi. Credo che Trevi segni in me il nuovo inizio.
Molto devo rivedere, risentire, ritornare su alcune riflessioni per rileggere e poter assimilare almeno alcuni contenuti essenziali di questo evento. Sono convinta che l’esperimento di Trevi avrà seguito, siamo all’inizio di una nuova e urgente gestazione in cui la nuova sfida avrà la capacità di trovare sinergie fra la realtà del metodo di “ Darsi Pace” e quello di “ Aleph” per approfondire e intensificare il lavoro interiore capace di dar vita a nuove e inedite esperienze pro creative.
Oggi ho nel cuore tanta gratitudine per tutta l’abbondanza di doni che ho ricevuto e continuo a ricevere dal cammino di Darsi Pace, domenica a conclusione della Messa con la benedizione ho sentito nel mio cuore tanta gratitudine verso Marco, verso Paola, verso Mauro, verso ogni persona che ho incrociato in ogni momento di questa benedetta settimana che apre a qualcosa di grandioso e di davvero nuovo.
Incontrandoti, caro Marco Castellani, ho rivisto nei tuoi occhi la gioia del ricercatore e l’entusiasmo di chi cerca Dio, ovunque, con cura e attenzione, senza distrazioni, puntando lo sguardo all’intero per cercarlo nel particolare di ogni forma di vita, ciò che avevo colto nell’incontrarti a Santa Marinella qui a Trevi mi è apparso proprio chiaro.
Con gioia , grazie di cuore! Vanna
Ecco, ora il sogno non è solo realizzato ma è anche raccontato nel migliore dei modi.
Grazie ASTROFISICO. Il modo con il quale ti sei presentato a Trevi è stato così simpatico da rendere allegro e leggero un ambiente che già di suo stava prendendo quota e così già dopo poche ore eravamo tutti ben sintonizzati sulla stessa lunghezza d’onda.
Settimana intensa, ricca, nutriente e allegra, come primo esperimento non potevamo sperare dipiù.
Pensavo di concedermi delle uscite o qualche tuffo in piscina……..tranne 4 vasche prima della colazione non sono riuscito a concedermi altro, troppo interessante.
Grazie a tutti coloro che hanno reso possibile questa bella e importante esperienza di vita.
Solo tanta commozione e il rammarico di non essere potuta arrivare prima per motivi di lavoro.
Ma tre giorni mi sono bastati per vivere qualcosa di intenso e profondo e…..caro Marco non potevi descriverlo meglio.
Seduta accanto a sconosciuti in sala, così come a tavola e sentire che non lo erano affatto che avevamo molto in comune pur nella diversità, presi dalla curiosità gli uni verso gli altri con l’accoglienza che ha subito prevalso sulla diffidenza iniziale.
Davvero un’emozione grande culminata con l’intervento di Giuliana Mieli sul vero e profondo significato della nascita e con il dialogo ricco di affetto ed entusiasmo fra i giovani appartenenti ai due gruppi tanto che, scherzando, si sono chiamati “Darsi Aleph”.
La nuova umanità sta insorgendo, lentamente e silenziosa ma, ne sono sicura, darà i suoi frutti.
Gabriella
Vanna, Alessandro, Gabriella,
grazie dal profondo del cuore per le vostre parole. Ma proprio dal profondo. Capisco sempre di più che questo “incarico” di scrivere di Trevi è stato per me un ulteriore dono, a corollario di questi giorni già pieni di grazie e di incontri. Ed ecco, a proposito di incontri, non posso tacere come siano stati veramente significativi per me quelli con Vanna e Alessandro, per quanto mi hanno dato e mi stanno dando ancora adesso, ripensandoci. Vi esprimo profondamente la mia gratitudine: Marco Guzzi dice
“Credo
sempre più soltanto al contatto personale:
un cuore fremente passa il suo fervore
ad un altro cuore, capace di ricevere.”
Ecco, dalla vostra umanità – e da quella di molti altri, certo – ho ricevuto molto, moltissimo.
Da Gabriella già ho “preso” tanto in altre occasioni, e le esprimo la mia gratitudine per tutto questo!
Un abbraccio,
Marco
Da quanto ho potuto leggere fin qui, Trevi è stata un’ esperienza davvero straordinaria…ci sarà qualche video anche per chi non era là?
Lo spero vivamente, ciao a tutti, mcarla
.
Ciao Marco , grazie per esserci stato ”prossimo ” a Trevi.
Bello e’ stato sentirti interessato alle storie uniche , irripetibili .
Eppure e’ accaduto tutto in una settimana in cui il signore del mondo sembra aver messo un punto definitivo.
Forse , come i trentasei giusti di Israele , se non avessimo trovato quel tempo , tutto sarebbe stato ancor piu’ avvelenato .
Avrei voluto stare di piu’ con te e Mauro , ma doveri diversi mi hanno chiamato .
A presto per i corsi e , se puoi mi piacerebbe avere una tua impressione sul mio libro .
Un caro saluto a a te e Paola che , con la sua fetta di anguria , ha sollevato con un piccolo gesto di incomparabile
affetto ”dai crucci un uomo stanco”.
Giuseppe Alunni dalla torrida Terni.
Ringrazio Marco Castellani che ha puntato il telescopio e ha letto “le stelle” della settimana di Trevi con la testa e il cuore.
Il sangue di Nizza conferma la bontà del nostro piccolo ma fortissimo evento, di riflessione e di pratica, dei “due” che nella diversità si incontrano e dialogano e cercano integrazione: passando dall’io egoico bellico all’io dell’anima.
Continuiamo certo a sognare, anche se i disperati, che dichiarano di amare la morte mentre noi amiamo la vita, ci sfidano. Abbiamo il dovere di restare saldi nella difesa della nostra Costituzione, su cui il confronto è aperto, e saldi nella difesa della “Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo” (ONU, 1948), cui l’Occidente ha dato un contributo essenziale con la concezione della persona con dignità inviolabile, e con i princìpi di libertà e di democrazia.
Occidente bivalente ed ambiguo, come bivalenti ed ambigui siamo tutti noi: per questo non si deve estirpare la zizzania.
Il mondo è percosso e attonito davanti a gesti che indicano una grande disperazione personale che diventa la disperazione del fondamentalismo islamista, e che a cadenza regolare esibisce la sua ferocia col terrorismo che ci vuole arresi e vinti.
Il nostro lavoro in ” Darsi pace” e in “Aleph” ci insegna che l’uomo è abitato dalla paura e dalla rabbia, e vediamo che esse crescono in questa fase storica.
Noi siamo solo un granello di senape, ma c’è bisogno del grande albero che da esso può nascere.
Perchè noi oggi riflettiamo sul modo migliore di difendere la nostra Costituzione, ma sappiamo che la Carta dell’ONU, che potremmo definire la Costituzione del mondo, dovrà essere sottoscritta anche dai 50 Stati islamici che l’hanno ripudiata, negando libertà politiche e civili e soprattutto la dignità e la parità della donna.
Abbiamo sperimentato che i cacciabombardieri hanno fatto cadere i tiranni sanguinari del socialismo arabo, ma non hanno potuto esportare la democrazia, ed anzi si è profilato il rischio Isis/Daesh.
Servono i percorsi alternativi che stiamo sperimentando grazie a Marco Guzzi e a Mauro Scardovelli: umilmente seguiamo il percorso che non si illude più con l’aberrazione, in cui anch’io caddi, che “la politica è tutto”, ma coniuga la conversione, la metanoia, con l’impegno politico.
A livello di esperienza personale, confesso che a Trevi sono rimasto in parte contratto, ma che questo nulla toglieva alla mia disponibilità e alla simpatia profonda che provavo per tutti.
Infine chiedo scusa se a volte le mie parole possono essere parse aggressive mentre per me erano solo appassionate.
Spero che ci rivediamo l’anno prossimo.
Mi piacerebbe sapere con quale animo siete tornati a casa e soprattutto se-dopo un’ esperienza così intensa- per qualcuno c’e’ stata un’ accellerazione di vita nuova nella sua quotidianita’…
Grazie, mcarla
Ciao a tutti. Grazie a Marco Castellani che mi ha permesso di percepire con delicatezza il clima che si è respirato a Trevi. Ho potuto partecipare una sola giornata ma ho apprezzato il coraggio , il clima collaborativo degli organizzatori . Il lento lavoro di “immischiarsi” l’un l’altro operato da Marco Guzzi e Mauro Scardovelli ha portato la fioritura dell’evento. Una settimana di politica , economia , sociologia , arte , scienza e spiritualità . Dopo due anni di Darsi Pace sono fermamente convinto che solo il lento lavoro personale può permettere i veri cambiamenti duraturi. Un lavoro di abbandono di tutte le difese narcisistiche che non ci permette di germogliare come uomini nuovi. Nascenti appunto. A Trevi , in quella sola giornata , ho percepito anche questo. È’ stata una esperienza viva come l’umanità che la rappresentava in tutte le sue colorazioni. Ero fresco dalla lettura di un testo che mi ha colpito nel profondo : il cuore a nudo di Marco Guzzi . Tutto è’ risuonato dentro di me come una semplice nota ma di profonda gratitudine verso chi ha dato tutto se stesso per Perdonarsi e vera/mente donarsi all’altro , in un all/in che richiede responsabilità di essere adulti con coraggio, fede e passione. Non nasce da queste qualità L’insurrezione ? Un abbraccio pieno di affetto a tutti.
Riflessioni dopo Trevi
A quasi una settimana dal ritorno dalla bellissima ed intensa esperienza, mi sento ancora carica di energia ricevuta e di sollecitazioni che continuano ad interpellarmi.
Uno scrigno ricco di relazioni aperte , positive e fiduciose espresse in sorrisi, abbracci, sguardi dati e sguardi ricevuti..accolti con forti emozioni…..
Preziosi momenti di ascolto, di silenzi, di maggior conoscenza di me stessa in contesti diversi…dalla biodanza ( grazie alla preziosa conduzione di Carolina ) alla meditazione di Marco…. .alle esercitazioni di Antonio. ai risvegli corporali e poetici di Paola
…un prezioso filo di collegamento tra l’interno e l’esterno, tra me e il mondo….
Gli interventi dei relatori, pur partendo da contenuti diversi, a secondo della loro professionalità, hanno espresso la loro esperienza e testimonianza verso una direzione: la trasformazione del mondo partendo dalla trasformazione di noi stessi. Alcuni contenuti, che per me erano difficili( economia – finanza) sono stati un po’ più comprensibili grazie alla sapiente regia di Mauro che ha saputo dosare, brevi sintesi, collegamenti facilitanti, pause, silenzi, modalità di confronto reciproco, di note basse e alte, di armonia e disarmonia……di attese, di ascolto…..
È importante e vitale continuare in questo percorso con la sinergia e la complementarietà di Darsi pace e di Aleph.
Ora il desiderio di ascoltare le relazioni che non ho potuto seguire e di risentire, rigustare quanto ho accolto…per assimilare come prezioso nutrimento e poi ri- partire ….un nuovo inizio.
Grazie di cuore a tutti, Irenilde
Arrivata a pag. 183 di “darsi pace” dove si legge della lettera da scrivere al nostro bambino interiore sono rimasta basita, perché istintivamente al ritorno da Trevi ero andata da mia madre e le avevo chiesto di abbracciarmi e dirmi le frasi amorevoli e consolatorie che io le
suggerivo.. . e di non smettere finché non mi fossi ritenuta soddisfatta. E così tutti i giorni finché non fossi dovuta ripartire.
Mia mamma (che non è mai stata espansiva e dolce) è rimasta sbigottita, si è schermita……ma lo ha fatto!
E l’effetto è stato potente su entrambe. …..e l’ultima volta che ci ho parlato al telefono ha VOLUTO
dedicare qualche minuto a ripetere
quelle frasi…… ( senza contatto fisico per me risuonano meno, ma comunque l’effetto è stupefacente: non più solo “ordini di servizio” ma carezze
all’animo). Grazie, questa è bellezza.
Bell’esercizio, davvero! Grazie. Marco