Premo l’interruttore e la luce si accende. Anche la sintassi sembra dirlo. Bastano due coordinate legate da una “e” e il gioco è fatto. Eccoci nella trappola di un pensiero che usa l’euristica della causalità così frequentemente da non aver più neanche necessità di esplicitarla. È sufficiente la congiunzione ”e”, possiamo fare a meno delle più classiche “perché, poiché, siccome, in quanto”.
Pare proprio che abbiamo un disperato bisogno di trovare una causa, e che sia la più diretta possibile, per ogni accadimento nella nostra vita. Il metodo scientifico in questo è maestro. Si studiano i fenomeni e si va immediatamente alla ricerca di ciò che li ha provocati. In medicina, l’eziologia è un aspetto fondamentale per la formulazione di una diagnosi.
Questa ossessione per la causalità, però, rischia l’abuso, facendoci vedere anche ciò che non c’è. Rischiamo cioè di irrigidire il pensiero, di incanalarlo dentro sentieri troppo stretti, senza più permetterci lo sguardo ampio di chi apprezza il panorama. Così di causa in causa fino alla Causa Prima. E anche Dio è finito in trappola. Appunto lo chiamiamo in causa per ogni avvenimento che ci accade: non cade foglia che Dio non voglia, dice il vecchio adagio. Tutto diventa direttamente collegato alla volontà divina, nel bene e nel male.
Forse abbiamo bisogno di usare “unità di misura” diverse a seconda dell’ordine di grandezza, anche perché la Vita nel suo complesso non è la semplice somma dei singoli eventi. La Vita pare organizzata per livelli di cui uno non è immediatamente deducibile dai precedente; il grado di complessità superiore non è l’esito della giustapposizione addizionale degli elementi che compongono il livello organizzativo inferiore. L’emersione della coscienza non pare semplicemente l’aumento quantitativo di abbozzi comparsi nei primati. La struttura degli organismi pluricellulari non scaturisce direttamente dalla struttura unicellulare: la sequoia non la deduco da Acetabularia. Dalla struttura subatomica non ricavo immediatamente le caratteristiche della materia per come la sperimentiamo al nostro ordine di grandezza. C’è un’opera di sintesi che richiede un salto quantico.
La causalità è contingente e vincolante e mi pare riesca a descrivere le relazioni all’interno degli elementi di uno stesso livello di complessità, in parte anche tra un livello e l’altro, ma ciò che fa sintesi non è spiegabile soltanto in termini di causalità. Se lo fosse, saremmo dentro un grande meccano in cui si assemblano i pezzi a partire da un progetto esterno e già definito in partenza, ma la nostra esperienza di vita non ci dice questo. Siamo l’esito di un apprendimento continuo che guarda all’altro/Altro per trovare la propria immagine, fin dal grembo materno. È una questione di relazioni sempre in divenire, in raffinamento costante, di carezze e di affondi nella nostra plastilina.
Concentrati alla caccia della causa e della Causa Prima indietreggiamo per trovare l’inizio: lo fa lo scienziato, è il suo compito, l’avanzamento tecnologico gli consente di essere sempre più preciso su quando ha avuto inizio il nostro Universo, la vita sulla Terra, la storia di Homo sapiens.
Ognuno di noi ha però una sete inestinguibile di conoscere l’origine, propria come del Tutto, di conoscere Ciò che sostiene la Vita, adesso e poi adesso e ancora adesso, nel presente eterno.
La Realtà non proviene (soltanto) da una Causa Prima, ma da Qualcosa di molto più flessibile e morbido, da un pensiero che la pensa, da un’intenzione che la regge, da una parola che la genera.
L’intenzione è univocamente buona, il Padre è buono, l’Unico che può essere chiamato tale, senza ambiguità. L’intenzione buona alimenta il pensiero/parola creativo, la generazione è ariosa e dà vita ad un altro-da-Sé che proprio perché possa essere accreditato come altro deve essere posto a distanza di sicurezza e per dargli dignità piena gli deve essere riconosciuta la libertà. Ogni tipo di creatura ha il suo grado di libertà e per noi umani la dinamica ha i tratti dell’apprendimento.
Il gioco sta nell’imparare a trovare la giusta distanza, che vuol dire abitare la massima differenza dal Creatore, e allo stesso tempo, vivere con Lui in massima comunione, che è poi il movimento della relazionalità che lo Spirito esprime. È questo l’insegnamento che possiamo trarre dal mito con cui comincia il libro della Genesi.
C’è un mondo inaugurato ad ogni istante dalla buona intenzione del Padre, promesso come compiuto in ogni istante nel lavoro di rimodellamento di sé che ci conduce, ad ogni passaggio, un po’ più vicino al vero noi stessi, a ciò che stiamo da sempre diventando. Un lavoro di cesello, senza fine, e la morte porterà un cambiamento di stato, un ordine superiore di complessità, ancora una volta indeducibile dal grado attuale, per sperimentare chissà quali eccitanti nuovi percorsi di conoscenza.
Grazie, carissima Iside, per il tuo inconfondibile stile e per il salto quantico che ci inviti a fare in questa mattina piena di angeli e arcangeli!
Ad ogni nuovo respiro rilanciamo la scommessa, sperando di imparare sempre meglio lo strano gioco con Dio: irraggiungibile eppure così vicino.
Un abbraccio e una buona giornata a tutti!
Ho dimenticato la firma: Paola
Bella riflessione
davvero una bella riflessione! si gode a leggere un pensiero che aiuta a liberarci dai luoghi comuni e a penetrare il mistero a mente aperta .. grazie, Iside! Marco
Ciao Iside!
Sempre profondo e affascinante il tuo ragionare…qualche lettura a riguardo ce la puoi suggerire?
Grazie, mcarla
Affascinante e complesso, cara Iside, quello che hai scritto. Siamo talmente abituati a inquadrare tutto nella scatola di una casualità rigida, che ci perdiamo l’affascinante creatività di un altro ordine. Che è dentro di noi , nel più profondo. Che si rivela nell’arte, nella preghiera , ma anche nelle vicende personali e storiche, se ci sforziamo di guardarle con l’occhio di Dio. Quanto è bella la scienza, o un altro sapere, quando ci conduce a pensare anche così! Anch’io , come M.Carla, sono bisognosa di consigli bibliografici. Mariapia
Iside… stupendamente sintetica,efficace e profetica.mi sembra sia fondamentale (e mi pare che nei gruppi questo si faccia ampiamente)la conoscenza dei rapporti causa-effetto della nostra realtà(non che tu non lo faccia…cerco solo di chiarire il concetto per primo a me stesso).Parlo della nostra situazione-mondo in cui viviamo che per un cristiano altro non è che l’effetto distorto di una scelta-peccato-causa iniziale.Gesu’ stesso ci parla di questa legge di causa-effetto creata dagli uomini e dalla catena dei loro peccati quando gli chiedono di quei morti a causa di di varie disgrazie…e lui dice che se non si convertiranno faranno la stessa fine.Marco spesso ne ha parlato e questa immagine sembra mostrarci sempre il solito Dio che castiga. ma non è Dio che castiga con varie disgrazie(effetti)ma il fatto che ci siamo separati da Lui.(causa).Questo mondo è realmente un grande meccano e noi lo amiamo tanto perchè noi lo abbiamo creato.ed è per questo che lo dobbiamo studiare con attenzione per fare quel salto quantico accogliendo la nostra figliolanza divina in Gesu’.Dimensione,questa,dove della tremenda legge di necessità non si saprà nemmeno cosa sia e dove magari scopriremo che tutto questo(mondo) non è mai esistito.(lo so..suona un pò esoterico).consiglio di leggere pag.201-215 di Imparare ad amare di M.Guzzi.Davide
Grazie Davide, lo farò!
mcarla
Alcuni mesi fa mi sono imbattuta in un articolo del teologo e monaco benedettino Giorgio Bonaccorso che mi ha affascinata. Così ho proseguito l’indagine e ho letto un suo testo di qualche anno fa “Il corpo di Dio”, mentre ora mi sto dedicando a “Critica della ragione impura” (entrambi Cittadella Editrice).
La proposta di Bonaccorso è quella di ripensare l’epistemologia in termini di complessità sia per le scienze naturali ed in particolare per le neuroscienze sia per la teologia. Quello che mi interessa molto di questo autore è che nella sua prospettiva, a base fenomenologica, prende così sul serio il mondo da arrivare ad un monismo non riduzionista. Non possiamo non tenere per validi i risultati dell’indagine scientifica di interpretazione della realtà in cui viviamo, seppure con la cautela di non cadere nell’appiattimento riduzionista cui ancora molta scienza si espone. Cruciale diventa allora il movimento dell’emergenza: una creazione che ha in se stessa la capacità di autorganizzarsi con libertà di manovra al punto da far emergere da sé ciò che non è prevedibile su base di pianificazione preorodinata.
In questo modo il mondo che abitiamo e noi stessi siamo l’esito di una creazione che ha in sé i requisiti per potersi evolvere in base alle innumerevoli interazioni tra le condizioni contingenti dei singoli ecosistemi. Siamo l’esito raffinato di fini aggiustamenti in cui la relazione con lo Spirito si fa così profonda da dare luogo a quell’esperienza originale e nuova (un’emergenza) che è la coscienza umana abitata dallo Spirito di Cristo.
A me pare che in Lc 13,2-5 Gesù smentisca proprio ogni relazionalità stretta di causa-effetto tra una disgrazia che accade e la sua causa, sia essa intesa come punizione divina, o come immediato effetto del peccato (seppure poi nell’analisi degli eventi è vero che emergono responsabilità e colpe, ma in modo molto intrecciato e complesso). Questo invece è ciò che pensano i suoi interlocutori. Gesù sposta l’asse della conversazione, si sottrae alla ricerca di una causa per le disgrazie che accadono e invita alla conversione. La questione è cambiare in modo radicale la propria vita, indipendentemente dai singoli eventi. Del resto, per l’obiezione verso i presunti peccati del nato cieco o dei suoi genitori (Gv 9,1ss) fa lo stesso: sposta l’asse del ragionamento, non si tratta di trovare un capro espiatorio, ma di mostrare la cura di Dio per ciascuna creatura facendoci noi stessi agenti di quella cura.
Personalmente, sento molto forte il bisogno di valorizzazione del mondo in cui vivo e del mio corpo, di non considerarmi sbagliata per principio, con la limitatezza creaturale come se fosse un difetto di fabbrica, piena di peccati al limite del redimibile. Ho bisogno di sapermi amata così come sono, perché non sono sbagliata, sono invece in un lungo, affascinate percorso di apprendimento insieme alla creazione tutta che geme ma sa anche gioire – ed è questo che ho tanto desiderio di prendere sul serio.
iside
Carissima Iside, ti sono profondamente grata per le tue riflessioni, ogni volta mi conducono sempre in quel luogo sorgivo e nuovamente risorgivo della realtà. Un percorso che è tuo, concretamente inciso nella tua storia e che è anche mio, è parte di me e di te, della storia di ogni uomo. La tua capacità è quella di trasmettere con chiarezza e molta precisione il processo di trasformazione che è in corso, senza negare nulla, apertamente dispiegato tra la complessità della ricerca e la semplicità di una mente che, senza trascurare nulla, abbandona ogni apprendimento per partecipare con gioia alla nuova creazione.
Mi conduci ad apprendere l’arte della vera umiltà. Grazie davvero.
Ti abbraccio. Vanna
Grazie Iside,
leggerti è per me come prendere una boccata d’aria fresca quando si è dentro una stanza piena di fumo!
Quello che scrivi è molto confortante.
Le parole sono così importanti e dentro la rissa delle lingue in cui ci troviamo immersi nella quotidianità, imperversa un linguaggio duro che vorrebbe schiacciarci, un linguaggio che ci deprime e che ci opprime negandoci ogni speranza, grazie per questa lettura così appassionata e veramente concreta.
C’è grande bisogno di pensiero e parola vitali, continua a scrivere per noi!
Daniela
Capisco Iside.dico solo che sei molto avanti.io sono ancora e mi interrogo riguardo al”totus mundus in maligno positus est”della prima lettera di Giovanni.(1,59 mi sembra)cosa voleva dire secondo te?che origine ha quello che abbiamo sotto gli occhi?
Ciao Iside, grazie, bello anche questo ultimo scambio di pensieri. Barbara
Un grazie di cuore a Iside e a Davide, mi sembra di aver capito qualcosa di nuovo.
Quello che abbiamo sotto gli occhi ha una causa “tutto il mondo giace sotto il potere del maligno” (1Gv 5,19) ma solo a questo livello. Spostandoci di livello questo non è più vero, ma ha un altro e più rasserenante significato.
Credo sia come per la meditazione, la mente passa a un livello superiore e le contraddizioni che ci angosciavano quando le osservavamo al livello della mente inferiore tendono a sparire, non sembrano più contraddizioni.
Un caro saluto
A me suona convincente la distinzione che Jacques Arnould pone tra inizio e origine, esortando a non confondere i due aspetti. Un conto infatti è l’inizio della realtà, diciamo dell’universo, studiato dalla scienza, un inizio che viene datato sempre più indietro nel tempo, man mano che procedono gli studi. Un altro conto invece è l’origine, che per un cristiano è la buona intenzione dell’atto creativo di Dio, che si ripete ad ogni istante. Intrappolati in una relazionalità causa-effetto troppo stretta, cerchiamo la causa precisa che ha dato inizio all’universo. La scienza tenta l’operazione e gli studi dicono delle cose al riguardo. Per la nostra vita però abbiamo bisogno di saperci originati a partire da una buona intenzione, custoditi nel nostro procedere storico fino al compimento cioè all’approdo ad un livello di complessità ulteriore che è la vita risorta. Un’altra trappola da evitare, a mio parere, è quella di voler far tornare i conti a tutti i costi nelle spiegazioni che cerchiamo di darci di una realtà che facciamo fatica a leggere. Dovremmo imparare a tollerare meglio la frustrazione della sospensione della conoscenza, avere il coraggio di rimanere nel non sapere, piuttosto che cortocircuitare con spiegazioni che fanno quadrare il cerchio, ma che rischiano di essere solo operazioni metafisiche sganciate dalla realtà.
Il “mondo” secondo Giovanni descrive l’esito di un modo di stare al mondo che, nell’accezione negativa, è ciò che si costruisce a partire da una società di umani strutturati in modo egocentrato e bellico – e questo è maligno, cioè ci fa del male. Mi pare si possa dire in maniera analoga alla carne che Paolo contrappone allo spirito, non nel senso dualistico di due realtà separate, ma nell’unica realtà due diversi modi di stare al mondo, due stili di vita diversi – nel linguaggio di DP egoicobellico e relazionale.
Se siamo disposti a convertirci quotidianamente ad un io sempre più relazionale, potremo portare alla luce un mondo che giace sotto il potere dello Spirito.
iside
Penetriamo nel mistero nascosto prima della creazione del mondo tornando piccoli, abbandonandoci nelle braccia di un Altro senza paura, con la fiducia di essere dentro un abbraccio che benedice.
Il Vangelo di oggi ha una forte risonanza in me anche a seguito di questo post e dei commenti che ne sono seguiti:
“In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: “Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza.” (Lc 24,21)
Noi siamo già conosciuti e predestinati ad essere figli prima della creazione del mondo come insegna Paolo quando scrive:
« Benedetto sia Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo che ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli, in Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e immacolati al suo cospetto nella carità, predestinandoci a essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo » (Ef 1, 3-5).
Nella fede di Cristo e con Cristo possiamo uscire dalle gabbie conoscitive in cui spesso ci rinchiude la ragione e aprirci ad una nuova conoscenza assumendo una forma mentale che si fa dilatazione e apertura.
Grazie carissima Iside, la tua determinazione nella ricerca e la tua trasformazione è luce che regali a noi e al mondo.
Giuliana
Concordo in parte Iside.non mi sembra di voler a tutti i costi voler far quadrare il cerchio.penso di essere in linea con il dogma del peccato di origine che non possiamo baypassare troppo semplicemente(molto in voga da sempre),pena il non riuscire più a spiegare nulla riguardo a sofferenza e morte.(vedi Pascal).recitando i salmi l’ave Maria il Padre Nostro il Credo mi conforto quotidianamente e vengo invitato a sperimentare che l’unico modo di sentire l’effetto-affetto amorevole del Padre è
…quello di cambiare direzione rispetto alla scelta-causa di separarmi dalla Fonte.
Grazie davvero Iside per i preziosi riferimenti ai libri di G.Bonaccorso e soprattutto quando scrivi del tuo forte bisogno “di valorizzazione del mondo in cui vivo e del mio corpo, di non considerarmi sbagliata per principio … insieme alla creazione
tutta che geme ma sa anche
gioire – ed è questo che ho tanto desiderio di prendere sul serio.”
mcarla
Grazie, Iside, per averci segnalato il pensiero di Giorgio Bonaccorso; ho cercato su internet e ho trovato il video di un’intervista davvero interessante! Buona domenica! mariapia
In P.N.L una delle prime cose che si impara è proprio che il “causa-effetto” vale solo per le semplici reazioni meccaniche!
Ho cercato anch’io su internet qualcosa su Giorgio Bonaccorso e ho trovato questa intervista:
https://youtu.be/A60PwMgo3P0
Ho avvertito molta sintonia con temi a noi familiari, in particolare:
rimettere al centro della fede il nostro corpo, le emozioni, l’armonia tra interiorità ed esteriorità della persona.
Verso la fine G. Bonaccorso dice:
“La cosa di cui mi sto occupando, e che secondo me è la sfida, é riconciliare più profondamente il sacro, la religione, la fede […] con la sfera emotiva”
Ecco, a questa sfida mi sembra che il percorso di Darsi Pace riesca a dare una risposta concreta ed efficace.
Antonietta