Chi mi consola?

Commenti

  1. Bellissimo e splendidamente autentico.
    “Se non ci esrcitiamo a coltivare la compassione (accogliere la sofferenza) per noi stessi non riusciremo mai ad avere compassione per gli altri…”
    Da Compassione di Christina Feldman

  2. Che meraviglia! “Solo” deriva dal latino e vuol dire “completo, pieno”. Solitudine quindi é uno spazio pieno, se sappiamo abitarlo… grazie x la profondità!

  3. Quanto sei bella Daria!
    E quanta gioia mi regali con le tue riflessioni che non sono tanto diverse dalle mie.
    Stiamo imparando a parlare ascoltandoci, non è facile all’inizio, ma con un pò di allenamento scopriamo che solo da questo luogo interiore, sole con noi stesse, possiamo ascoltare parole che consolano, rassicurano, incoraggiano, parole che ci rigenerano e ci riportano nelle relazioni con gli altri con maggior fiducia ed apertura.
    Grazie in un abbraccio, giuliana

  4. …non ci crederai…avevo proprio bisogno di queste parole! Arrivano al momento giusto, in cui sento forte il bisogno di consolazione. La citazione all’inizio poi sembra la risposta a una cosa che stavo scrivendo pochi minuti prima. Testuali parole tratte dal diario: sotto la paura del giudizio c’è la paura di non valere niente e se non valgo niente NON ESISTO. Che tradotto sarebbe se non sono brava agli occhi del mondo non merito di vivere. Non sono casuali queste risonanze. Grazie!

  5. Brava Daria, bell’inizio.
    Sapere che le parole di mamma sono consolazione per te se pur minima mi rende felice. Credo che la voce consolatoria può venire certamente dal profondo della nostra parte integra e sana, ma è pur necessario ogni tanto ascoltare note di conforto da chi ci circonda, da chi ci vuole bene.
    E c’è un’altra bella verità Daria, dare consolazione agli altri tu sai quanto è appagante, sanare parzialmente le sofferenze altrui sana anche le proprie.
    E in un certo senso il tuo scritto mi ha fatto riflettere su quanto è delicato il compito di chi ascolta e consola.

    Il lavoro è solo iniziato sia per me che per te ma siamo sulla buona strada, la sfida alle nostre paure è appena cominciata!

  6. Ciao Daria grazie. Mi fai ricordare sulla solitudine, di quando dalle prime volte, da cosa fredda e triste cresceva, iniziando a trasformarsi in un sentire affettuoso e molto accogliente e per come hai anche tu descritto nello scoprirne la bellezza.
    Non solo un rifugio sicuro ma soprattutto un’importante fonte di sostegno di anima e corpo e attraverso la quale è possibile il contatto con il divino che abita in quei luoghi che sento essere molto ricchi.
    Ho vissuto alcuni periodi in cui mi è sembrato di non avere altra scelta se non quella di coltivare l’unica cosa che potevo fare, mi pareva mio malgrado: rimanere in solitudine entrando sempre più in me stessa.
    La scelta stava nel -come- farlo ed ho scelto con: spirito d’avventura! Ha funzionato e continua a funzionare!
    Ciao, Barbara 🙂

  7. Grazie Daria,

    leggo il tuo post con un ben senso di sollievo, come di una verità finalmente svelata. Chi mi consola? Quante volte sento il cuore gemere, gemere proprio, con questo anelito, questa domanda non astratta ma pungente, affondata dentro la carne peggio di un coltello… Chi mi consola? Chi mi consola, ora, adesso? E’ una creatura in carne e ossa che mi può consolare e completare, accudire e proteggere, come mi sussurra una parte di me (quella che ancora aspetta una “soluzione magica” all’angoscia dell’esistere)? E perché ogni incontro, ogni contatto sembra incompleto? Oppure no, è un diverso atteggiamento di me verso il mondo? Cosa? Chi o cosa mi consola realmente?

    Allora di solito mi rintano, mi nascondo. Non posso ammettere questo bisogno estremo di consolazione, deve essere proprio patologico, mi dico. Meglio nascondersi, eclissarsi e tornar fuori quando questo bisogno è sotto controllo, più o meno. Cosa sarà poi. La ferita dell’infanzia, o qualcos’altro, che si fa vivo. Vedo la gente intorno a me esistere, muoversi, e non mi pare che anche dentro di loro affondi così decisivo e imperativo questo immenso e perpetuo bisogno di consolazione. Ma chi lo sa. Gli altri in un certo senso “non esistono”, o meglio gli altri li vedo diversi, a seconda dello stato in cui mi trovo.

    Così la prima sensazione quando scopro che questo bisogno di consolazione non è solo mio, è un grande sollievo. Un reale sollievo, almeno di qualche attimo. E un inizio di rilassamento. Mi posso finalmente rilassare, distendermi, almeno un po’: non è così “disumana” la mia condizione. Anche altri la sperimentano.

    E così tutte le parole che scrivi, sono a me familiari. Così il fatto di consolare sé stessi: a volte mi trovo così impaurito di tutto, così attaccato a strategie piccole piccole di sopravvivenza e compensazione, che scatta come una tenerezza verso me stesso, capisco di dovermi veramente accudire, per non soccombere. Quasi abbozzo un sorriso, benevolente. Prima ancora di criticarmi, accudirmi. Volermi bene. Difficile, ma non impossibile.

    Aver fede, poi. Ma alla fine cosa significa, davvero? Esistenzialmente? Credo che abbia qualcosa a che fare profondamente con il sentirsi amati, e potersi iniziare a rilassare, in questo campo di amore. Credo, a volte, ma sono in un cammino, è tutto un già e non ancora. Sono in cura, e imparo piano piano a prendermi tempo per me, a stare nelle mie sensazioni. Detto dopo i cinquant’anni sembra strano (avevo sempre pensato che a quest’età uno è tranquillamente stabilizzato, normalmente), ma per me è tutto nuovo, in un certo senso. Tutto da imparare, da scoprire.

    Avere un universo in cui prendere casa, ecco il sogno.
    Se c’è chi consola il mio cuore, sono comunque a casa.
    Ovunque.

  8. Brava Daria, sei sempre più vicina al tuo vero, splendido essere. Massimo C

  9. CARMELA DE SANTO dice

    Cara Daria, le tue riflessioni vanno dritte al cuore , mi risuonano fortemente . E’ vero,la salvezza è nel rifugio interiore “nell’ isola del sè”, come insegna anche il Buddha,ma noi cristiani abbiamo una marcia in più, nel senso che la comunità cristiana è anche il luogo dove si sanano le ferite del cuore , proprio in forza della Risurrezione di Gesù e della realtà del Corpo Mistico . Il bambino interiore per potersi amare ha bisogno dell’ adulto interiore buono e, qualora questo manchi, la comunità può assolvere il compito sostitutivo di figura genitoriale positiva esterna da interiorizzare ,una presenza amorevole, capace di tenere a bada le pulsioni distruttive ed autodistruttive. Possiamo “fasciare le ferite dei cuori spezzati”, come prefigura Isaia.

  10. Con tanta umiltà e un po’ di paura ho voluto condividere con voi questo mio pensiero…e le vostre parole mi hanno colmato il cuore di un calore inestimabile ed imprevedibile. Ormai, faccio parte del percorso da qualche anno…e conosco, perché l’ho provato, il grado di empatia che si riesce a raggiungere in una comunità (in ricerca) che si unisce per volontà ed affinità. Ma vederne ogni tanto il frutto in maniera così chiara e limpida, mi lascia sempre senza parole. Grazie di cuore per i vostri interventi!

  11. Rosanna Paterni dice

    “Ho quindi preso coraggio, afferrato un vecchio quaderno mai utilizzato (aspettavo l’occasione giusta) ed ho iniziato a scrivere. Una calligrafia disordinata, quasi illeggibile, ma dopotutto chi doveva leggerla se non solo io? ” ……. Brava! Ritengo che prendere un quaderno e scrivere di getto senza ingabbiare i pensieri affinché siano “politicamente corretti”, sia uno dei tanti mezzi cui ricorrere nei momenti di particolare caos interiore o sotto l’influsso di quelle emozioni che sul momento non sappiamo decodificare. Io lo faccio spesso e ne traggo un certo beneficio! Riacquisto la calma interiore e mi sento meno confusa e sola. Quei pensieri, che nel loro turbinio sembravano soffocarmi, riprendono ordine e perdono la loro carica venefica e alla fine…. giungono anche parole di consolazione che vengono da un Altro da me.
    So di non aver scoperto nulla di particolarmente nuovo. In fondo, si tratta di una variante dell’esercizio a 9 punti che il percorso Darsi Pace suggerisce al secondo anno. Ricordarsi però di farvi ricorso anche nei momenti in cui cerchiamo consolazione è sicuramente utile.
    Grazie per la tua condivisione e per gli interventi di coloro che hanno offerto le proprie esperienze.
    Rosanna P.

  12. Grazie Daria,
    delicata e luminosa,
    come un fiore che sboccia…
    Brunella

  13. franco lamensa dice

    Grazie Daria, le tue parole le sento preziose e mi arrivano al momento giusto. Un abbraccio.

  14. Daria Falconi dice

    Grazie di cuore per i vostri commenti…piccole pillole di luce nella giornata!

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