Mi ricordo che quando ero piccola, avrò avuto 9 o 10 anni, e andavo a lezione di solfeggio in Conservatorio, prima di entrare nell’aula, sostavo nel corridoio. L’edificio era austero come il professore che, stanco dal viaggio e annoiato dalla monotonia degli esercizi, fingeva di ascoltare e dormiva. E, mentre aspettavo, lo sguardo andava all’ambiente e si posava in particolare su una parola, scritta in caratteri metallici sopraelevati sulla porta accanto: CONTRAPPUNTO.
Che vorrà dire? Che sarà mai, questo contrappunto?
Anni dopo, studiando ARMONIA, ho scoperto che il contrappunto è l’arte di combinare i suoni, di metterli uno sopra l’altro, nota contro nota, dal latino punctum contra punctum.
Che bellezza, direte voi, e come si fa?
Si prende una melodia e se ne aggiunge un’altra, sopra o sotto, poi un’altra e un’altra ancora, facendole dialogare tra loro, in intrecci sorprendenti.
Ci sono voluti quasi mille anni per comporre il primo contrappunto. Fino a quel momento il canto era stato a una sola voce: era il canto gregoriano, il canto sacro che ha sonorizzato l’essenza mistica del cristianesimo per mille anni. Attorno all’anno 1000 nasce la polifonia, regolata dal contrappunto, e gli intrecci melodici si dipanano lungo il Medioevo, fioriscono nel Rinascimento e Barocco con i maestri fiamminghi e Palestrina, Da Victoria, Monteverdi.
Attraverso una moltitudine di compositori straordinari arriviamo a colui che porta al massimo compimento l’arte del contrappunto: Johann Sebastian Bach, il cui compleanno, il 21 marzo, è diventato ‘Giornata Europea della musica antica’.
Perché vi sto raccontando queste cose? Perché da un paio di anni mi chiedo cosa potrei dare a Darsi Pace nello specifico del campo musicale e come il lavoro spirituale che pratico interagisca con la mia attività di musicista. Sento che il mio rapporto con la musica sta diventando ancora più profondo. Succede in questo campo ciò che sta succedendo nel resto della mia vita: sta emergendo più verità, io la accetto, la lascio fluire, con stupore e gratitudine.
Il 20 maggio 2016 Marco Guzzi ha parlato di J. S. Bach durante il corso di S. Marinella. Per me, che ho dedicato la vita alla musica antica, è stato come aprire una nuova finestra, vedere le cose anche da un’altra prospettiva. E ho deciso di concentrare la mia attenzione sull’opera fondamentale di Bach, la più profonda, la più misteriosa: l’Arte della fuga BWV 1080.
Una delle sensazioni più belle è stata quella di ‘sentirmi dentro le note’ in un rapporto con la musica equilibrato e disteso. L’obiettivo non era esclusivamente la ricerca dell’esecuzione ‘giusta’, ma entrare nell’intreccio dei suoni, diventare un canale di trasmissione di qualcosa di perfetto, assoluto e infinito.
L’Arte della fuga è l’opera bachiana più problematica quanto a interpretazione e prassi esecutiva, circondata da un alone di mistero e da un fascino enigmatico. Sono state scritte infinite ipotesi sulla sua genesi e finalità. Ora preferisco non addentrarmi in queste tematiche, ma sottolineare come Bach, attraverso l’Ars, l’Arte intesa come tecnica, artificio, contrappunto, abbia raggiunto vette di sublime spiritualità.
Perché è importante conoscere la musica di Bach per chi fa un percorso spirituale? Rispondo con queste parole di Marco Guzzi, tratte dall’incontro di S. Marinella citato sopra: «Bach è un grande maestro per noi, se vogliamo sviluppare la creatività di cui abbiamo un grande bisogno. Che cosa ci insegna Bach? Tante cose, ma in particolare che la creatività autentica è ordine e libertà insieme, follia visionaria, invenzione ed estremo controllo, è improvvisazione e tecnica: cose apparentemente opposte. Quando noi abbiamo un deficit di uno di questi due poli, non abbiamo una grande creatività. Se c’è una pseudo-inventività caotica che viola qualunque regola, abbiamo un arbitrio che dà poco di nuovo all’uomo. Se invece abbiamo un’obbedienza alle leggi fine a se stessa, abbiamo le forma accademiche, ripetitive, mortuarie dell’arte, della cultura e della spiritualità.
Quand’è che un atto è creativo? Quando apporta qualcosa di nuovo alla storia del mondo e questo accade quando la nostra visione si confronta con la storia, trasformandola, dopo averla conosciuta fino in fondo. Il difficile è l’incrocio, portare il cielo sulla terra, dare alla visione un ritmo, una tecnica, un’incarnazione: questo è difficile e questo è il luogo del nuovo.
Anche una sola riga scritta da Bach presenta una commistione di ispirazione, folle visione e precisione millimetrica. La creatività bachiana, questa incredibile misura tra invenzione, commozione e tecnica, commozione, emozione e matematica, quest’incredibile equilibrio che Bach riesce sempre a creare anche nelle piccole cose, può essere per noi di grande ispirazione.
Lui riesce a raggiungere un abbandono totale, molla qualunque controllo, non ha pudore alcuno, raggiunge l’espressione di sentimenti di una delicatezza, di una profondità incredibili, eppure riesce ad avere un controllo matematico delle note, senza il quale quello che lui vuol esprimere sarebbe rumore: è questa la creatività di cui abbiamo bisogno, questo è lo Spirito, lo Spirito è così, è preciso, meticoloso, spaventoso: è una rosa.
Ascoltare la musica di Bach è come far crescere una rosa, non c’è una sbavatura, non c’è un errore, è perfetto e folle contemporaneamente, è incredibile, questa è la creazione in atto. Nella misura in cui noi riusciamo ad essere quello che siamo, tramiti di questa creazione, noi siamo come Bach, ognuno a modo suo, al suo livello, senza perfezionismi. Non bisogna saper scrivere la musica, si può fare qualsiasi attività con la grandezza di Bach. Chiunque si ponga in rapporto alla propria attività come Bach nel comporre la sua musica, sarà comunque splendore, qualsiasi cosa faccia. Questa è la vera semplicità dello Spirito, che è splendore. Questa è la direzione, niente di meno. Bach è umile davvero e la vera umiltà partorisce Dio».
Che commozione! Grazie Silvia per queste parole che aprono all’ascolto di una musica magica, che tocca e fa vibrare le corde sottili dell’anima. E attira le sfere angeliche, che sempre dalla profonda vastità del cosmo “annunciano il silenzio divino” (San Tommaso), elevando, attraverso l’uomo, lode al creatore e alla sua creazione.
L’augurio a tutti noi di far fiorire la rosa e di essere splendore!
Paola
Grazie, Silvia, per questo bellissimo dono, pasquale direi, perché la grande musica ci apre alla novità di vita come la Pasqua. La mia cultura musicale è molto scarsa, ne ho anche parlato alcune volte con te, ma ora, seguendo anche i tuoi consigli, cerco di dirozzarmi. E anche quando guarderò con attenzione una fioritura primaverile, cercherò di rievocare la musica di Bach! Mariapia
Grazie, cara Silvia, ma allora lo sviluppo della musica, a partire dall’invenzione del contrappunto, porta con sé un elemento dialettico/dialogico, una sorta di sviluppo dell’armonia tra voci contrapposte? forse possiamo intuire in questo principio contrappuntistico un elemento tipicamente cristiano-occidentale, che dà dinamica alla storia, e anche contraddittorietà e conflitto estremi? Ciao. Marco
Cara Silvia, quanto scrivi mi fa venire in mente un libro di Ramin Bahrani che si intitola, se non sbaglio, ‘Come Bach mi ha salvato la vita’, libro che non ho letto, ma il cui titolo ha colpito la mia fantasia, tanto da farmi immaginare che lui vi racconti come Bach l’abbia aiutato a trovare Dio, magari scoprirò che non è così, ma è solo per dire che anche ai miei modesti livelli di fruizione, percepisco che la musica di Bach è quanto di più vicino vi sia all’armonia assoluta (forse dovevo scriverlo maiuscolo). Grazie del bel regalo, ma vorrei chiederti : non sarebbe bello organizzare qualche ciclo di ascolto e commento della musica bachiana?
…e poi registrarlo e mandarlo in rete tra gli audio-video del sito DP? Sarebbe un bel regalo soprattutto per i telematici come me!!!
Condivido in pieno la proposta di ‘Anonimo’…ciao, mcarla
Grazie anche per la segnalazione del libro…titolo davvero stimolante (e promettente!!!).
Mcarla
Cara Paola, cara Maria Pia,
anch’io sono attratta dalla musica dei cori angelici e delle sfere celesti, anche su questo si dovrà scrivere! Grazie per la vostra disponibilità all’ascolto.
Caro Marco,
se, per rispondere alle tue domande, mi affido all’ego, mi precipito a fare una ricerca musicologica, filosofica, psicologica, etnomusicologica, scoprendo un’infinità di suggerimenti che costituiranno altrettanti post molto interessanti.
Ma se, a questo punto, come ho fatto, lascio andare tutte le belle informazioni ottenute e mi abbandono … non c’è più nessuno che pensa, solo infinite porte che si aprono su ‘musiche silenziose’ che si fanno suono…
E allora la risposta alla prima domanda potrebbe essere: sì, se lo Spirito si dà in un incarnazione storica, potrebbe essersi manifestata, intorno al IX-X secolo, l’esigenza di un dialogo maggiore, di una relazionalita’ interna alla struttura musicale stessa, che ha raggiunto vertici di equilibrio nella polifonia cinquecentesca.
Avviene poi che nei primi anni del Seicento la musica, in Italia in particolare, si sia posta al servizio della parola e in questo modo compositori come Monteverdi e Frescobaldi abbiano messo in musica tutti gli ‘affetti’ umani. E allora, sì, anche alla seconda domanda, la musica, a partire dal primo Seicento incarna passioni estreme, ‘piange se il verso piange, ride se ride’, utilizzando mezzi espressivi sempre più estremi.
Ovviamente sono temi vastissimi e mi ripropongo di affrontarli nel corso della nuova ricerca che ho iniziato. Grazie per questa domanda che mi ha fatto spostare l’attenzione dal punto di vista dell’esecutore a quello del compositore.
Cari Anonimo e Maria Carla, grazie del vostro suggerimento: sì, desidero fare un lavoro su Bach secondo la creatività che nasce dal nostro lavoro. Non una guida all’ascolto nel senso tradizionale del termine, ma un’analisi nell’ottica del nostro lavoro spirituale integrato, che tenga conto quindi dell’elemento culturale per integrarlo con quello psicologico e quello spirituale.
Non ho ancora letto il libro di Baharami, ma sto leggendo ‘La musica nel castello del cielo’ di J. Gardiner che trovo molto piacevole.
Bene…tutti questi ‘fermenti’ aprono davvero il cuore di chi legge e di chi ascolta.
Grasue, mcarla
…ovviamente il mio era un GRAZIE! ???mcarla
E io non sono ‘anonimo’ volutamente, ma per sbadataggine. Ciao Grazia Gavioli
Grazie per questo bellissimo post su colui che è il mio autore preferito.A me la musica di J.S. Bach ha sempre suscitato l’idea di una continua fioritura partendo da un tema iniziale, con uno sviluppo che sembra non avere, al limite, mai fine. Mi suggerisce l’infinito attraverso questo susseguirsi di note legate tra loro da un ordine regolare e chiaro. Un grande augurio per il lavoro che ti accingi a compiere. Un abbraccio. Giampaolo
Cara Silvia, forse per i “non addetti” si potrebbe sottolineare che il contrappunto strumentale è stato emulazione e sviluppo di quello vocale e che il clavicembalo fu “temperato” per superare l’impasse a cui si era arrivati nel desiderare che la fisica acustica rientrasse nei criteri di “armonie delle sfere” cui i Greci anelavano?
O sarebbe troppo “tecnico”?
Eventualmente ci confrontiamo privatamente, per non ingombrare?
Caro Giampaolo,
mi trovo in perfetta sintonia con ciò che scrivi, anche per me la musica di Bach ha un’apertura infinita.
Grazie e un abbraccio
Silvia
Cara Claudia,
volutamente ho evitato di parlare di musica vocale o strumentale e scelto l”Arte della fuga’ perché, in questo primo post, mi premeva mettere l’accento sulla combinazione dei suoni ‘puri’, svincolati da un testo. L’’Arte della fuga’ è certamente un brano strumentale, ma non si sa per quali strumenti Bach l’abbia scritta e mi sembra molto affascinante per noi avventurarci nel mondo delle combinazioni sonore che potremmo definire ‘assolute’.
Per quanto riguarda il ‘temperamento’ ovvero l’accordatura degli strumenti – dal monocordo di Pitagora al temperamento mesotonico, fino ai temperamenti ineguali del Sei-Settecento compreso quello di Bach (il quale non accordava i suoi strumenti con i semitoni tutti uguali, bensì con particolari accorgimenti che rendevano ciascuna tonalità atta a rappresentare un certo ‘affetto’) – certamente si tratta di un discorso tecnico che potremo affrontare praticamente, se sarà possibile, accordando dal vivo uno strumento.
Un caro saluto
Silvia
Cara Silvia, vedo solo ora il tuo commento. Ma parleremo a voce………
grazie
Of course, and, undoubtedly, one of the most beautiful sensations is that of ‘feeling inside the notes’ in a relationship with balanced and relaxed music.
this is an incredible composer. I like listening to classical music. I think she is soothing