Stiamo passando di figura di umanità, ovvero stiamo vivendo una crisi antropologica nella quale sono in gioco le nostre forme di identità e di appartenenza, tutte le nostre categorie razionali di comprensione del mondo, e quindi la nostra stessa modalità di essere umani. Stiamo cambiando pelle, e fuor di metafora, mutando mente, ovvero a fatica migrando da una modalità di essere umani tendenzialmente egoico-bellica, ovvero fondata sulla contrapposizione difensiva dall’altro da sé, ad una umanità più relazionale, che nasce e si definisce sempre a partire da un contatto, più reale, con la fonte della vita e quindi con gli altri esseri umani.
“Per millenni gli esseri umani hanno costruito e rafforzato la loro identità contra-(p)ponendosi, ponendosi contro l’altro da sé, cioè per differenze polemiche, attraverso l’inimicizia e la guerra. Questa forma di identificazione di sé, mediante la guerra all’altro da sé, sta vivendo a ogni livello la propria dissoluzione. (..) Tutte le figure identitarie tradizionali si stanno mostrando insostenibili, insopportabili perché irreali, e vivono perciò una vera e propria liquidazione, che in superficie appare come il dissolvimento di ogni possibile identità.” (M.Guzzi, Dalla fine all’inizio, p.25)
Non sarebbe comprensibile, fuori da questo processo di riformulazione dell’essenza umana, l’emersione della psicoanalisi come pratica e terapia destinata alla società nel suo complesso, l’arte contemporanea come progressiva estraniazione da una mentalità rappresentativa e quindi in definitiva alienata del processo creativo; non sarebbe comprensibile la svolta della fisica contemporanea, che ha definitivamente superato il modello meccanicista fondato sulla visione cartesiana di un mondo chiuso e incentrato sulla sostanzialità della materia:
“La meccanica quantistica rivela quindi una fondamentale unità dell’universo: mostra che non possiamo scomporre il mondo in unità minime dotate di esistenza indipendente. Per quanto ci addentriamo nella materia, la natura non ci rivela la presenza di nessun ‘mattone fondamentale’ isolato, ma ci appare piuttosto come una complessa rete di relazioni tra le varie parti del tutto. Queste relazioni includono sempre l’osservatore come elemento essenziale. (…)
Ciò significa che l’ideale classico di una descrizione oggettiva della natura non è più valido. Quando ci si occupa della materia a livello atomico, non si può più operare la separazione cartesiana tra l’io e il mondo, tra l’osservatore e l’osservato. Nella fisica atomica, non possiamo mai parlare della natura senza parlare, nello stesso tempo, di noi stessi” (F.Capra, Il Tao della Fisica, p.81/2).
Questa rivoluzione nel modo di concepire la realtà nella sua manifestazione fisica avviene parallelamente alla grande trasformazione concettuale della filosofia occidentale. Da Nietzsche in poi, la crisi della metafisica come essenza del pensiero razionale, diviene esperienza diretta di un tentativo di ricercare una nuova modalità di pensare, adeguata alla fioritura di un essere umano divenuto più consapevole della sua globalità esistenziale, non più soddisfatto quindi di un pensiero legato solamente all’intelletto e all’argomentazione: per questo vi è stato bisogno di una critica della ragion pura, poi di una trans valutazione di tutti i valori, e infine di elaborare un nuovo compito per il pensiero attraverso il metabolismo finale di una filosofia che si apre alla esperienza del poetico con Heidegger, che segna il vero inizio di un Logos in sintonia con la svolta in atto.
“Nell’attuale stato di necessità e di emergenza in cui si trova il mondo, questo è necessario: meno filosofia e più attenzione al pensiero; meno letteratura, e più cura della lettera delle parole. Il pensiero che viene non è più filosofia, perché pensa in modo più originario della metafisica, termine che indica la stessa cosa… Il pensiero scende nella povertà della sua essenza anticipatrice.”
E ancora: “L’epoca a cui manca il fondamento pende nell’abisso. Posto che, in genere, a quest’epoca, sia ancora riservata una svolta, questa potrà avere luogo solo se il mondo si capovolge da capo a fondo, cioè se si capovolge a partire dall’abisso.”
L’etimologia di “catastrofe” indica proprio un rivolgimento, un capovolgimento cioè da capo a fondo, cioè discesa nell’abisso della morte e del nulla del mondo, per un ritorno da un’altra via, da un altro modo di concepire noi stessi e la realtà. Questo è esattamente il crinale storico su cui ci troviamo, e se queste rivoluzioni in ambito scientifico e filosofico ormai le abbiamo metabolizzate nella carne, nelle nostre biografie giunte a questo bivio fra dispersione definitiva e rinascita universale, quello che manca è uno slancio nuovo verso un’altra stagione dell’essere umano.
…”Per una poetica della gioia” come ci ricorda M.Guzzi nei suoi “Saggi messianici” (Dodici parole per ricominciare).
Una gioia che può scaturire ogni giorno grazie a un atto creativo libero che da’ senso al nostro vivere quotidiano !
mcarla
Il contatto con il “sacro”, cioé con il Totalmente Altro, l’Assurdo (Kierkegaard), con le forze abissali che sovrastano, con la follia essenziale e creativa dell’essenza umana é tra i contatti piú rischiosi, piú arrischianti( Heidegger). La poesia fa oscillare i significati, apre a sfumature nuove, orizzonti nuovi. Trovo personalmente difficile peró trovare delle “categorie dell’assurdo” efficaci, per cosí dire. Un pensiero cioé che sappia davvero dimorare nell’abisso senza perdersi. Gli araldi- poeti e certuni filosofi- di questa svolta antropologica che ha da venire hanno spesso perduto l’armonia interiore nella loro avanscoperta. In Occidente gli ultimi a saper davvero dimorare nell’abisso mi sembrano i greci. E se credo che l’esperienza meditativa possa sciogliere le strutture egoico-difensive cui accennate, mi pare insufficiente per affrontare le profondità dell’animo umano, da cui emerge sempre il senso dell’Assurdo e del”demoniaco”. Forse queste “categorie dell’Assurdo” devono essere ancora ben elaborate, ma vi chiedo se avete idee.
Apprezzo molto il lavoro che fate.
Manuel Leoni
Caro Manuel,
grazie della tua risposta e delle tue domande. Credo che la questione che poni sia centrale non solo per noi ma per l’essere umano in quanto tale: come vivere il rapporto con il Sacro, con l’assoluto che ci abita?
Ovviamente non posso che darti degli spunti, dicendoti che nel percorso Darsi Pace questo problema viene affrontato all’interno di un cammino di base che dura tre anni, più altri quattro di approfondimento. L’idea fondamentale è che stiamo vivendo un grande passaggio di figura di umanità, per il quale non è più possibile scindere queste problematiche da un’esperienza concreta di liberazione e trasformazione interiore. Il lavoro dei gruppi cerca quindi di coniugare un livello culturale, per interpretare e comprendere quello che ci sta accadendo, un livello psicologico di auto-conoscimento, per favorire l’emersione in noi di questa nuova umanità, e infine un livello spirituale, nel quale fare esperienza attraverso delle pratiche meditative e contemplative del mistero del nostro essere umani.
Il rapporto con il mistero del divino cioè coincide con il mistero della relazione con noi stessi. Non possiamo pensare di conoscere il divino senza conoscere noi stessi e viceversa.
Grazie
Francesco
Grazie della risposta. Sono curioso di osservare il vostro percorso.
Caro Francesco,
Prima di tutto auguri e un caldo incoraggiamento per il vostro lavoro di creatività culturale. E una domanda:
Riesci a parlare di questi argomenti anche con i tuoi più o meno coetanei, che incontri fuori dall’ambito di D.P.? Grazie!, Mariapia
Cara Mariapia,
poni una domanda che sento cruciale per me, ma credo per tutti i partecipanti
ai gruppi D.p. Non è facile, gli argomenti e le modalità che sviluppiamo all’interno del lavoro
incontrano resistenze esterne ed interne, ad ogni snodo cruciale del percorso.
Però vedo che i frutti sono sempre corrispondenti ad un quantum di apertura nelle relazioni
della mia vita, e quindi ad una discesa, sempre millimetrica, ma sostanziale, nella carne concreta
dei miei giorni. La coniugazione fra il lavoro interiore e le relazioni apparentemente
esteriori è cioè l’opera quotidiana. Riesco ad integrare questi elementi nella misura
in cui si coniugano dentro di me e viceversa.
Credo che questo sia il mistero nel quale iniziamo a sperimentare la possibilità
di comunicare e condividere ad un altro livello, che include, sempre più integralmente
le parti fondamentali della nostra vita.
Grazie
un abbraccio
Francesco