Sabato 6 maggio si è tenuto a Roma, presso la casa del Parco, il primo evento del Gruppo Poetico Insurrezionale, intitolato “La Luce dell’Inizio”. Insieme al video completo dell’incontro, pubblichiamo il seguente testo, con cui vorremmo presentare il senso di questi incontri che stiamo iniziando a organizzare.
Questi incontri vorrebbero essere degli esperimenti di pensiero.
La nostra civiltà sembra divenuta incapace di pensare seriamente sé stessa e il suo destino. Mancano, non a caso, sia un progetto politico sia un progetto culturale su cui fondare la convivenza umana e sociale. È necessario dunque ricreare dei luoghi di riflessione autentica, che sappiano giungere al cuore delle questioni, esattamente lì dove tutti stiamo tentando di emergere e rinascere, nella povertà di un’alba che stenta ad arrivare. Questi incontri sono dunque esperimenti per invertire la traiettoria distruttiva che lentamente si palesa decennio dopo decennio, anno dopo anno, minuto dopo minuto. Se non saremo capaci di elaborare un nuovo pensiero, e quindi una nuova umanità, sarà difficile ipotizzare un futuro di pace e di gioia per l’essere umano.
Sembriamo come tutti rattrappiti nelle nostre individualità, nei nostri sentimenti, nelle nostre piccole vite che scorrono senza alcun senso vero che le sappia illuminare da capo a fondo. Molti pensano, soprattutto dai pulpiti delle cattedre universitarie e degli ambienti accademici, che il senso non esista, in quanto invenzione di qualche religione o di qualche poeta; la realtà piuttosto è quella scientifica, la lotta di ciascuno contro tutti per la sopravvivenza, la selezione naturale. Dunque niente ha senso, c’è solo da combattere, prevalere, e sperare che non accada niente di brutto. Siamo come tutti inebetiti di fronte agli schermi sempre più osceni e deflagranti dei computer, dei telefoni e delle televisioni. Una civiltà che è giunta agli estremi del suo sviluppo si scopre terribilmente povera di idee, di energie evolutive: una società tendenzialmente depressa. Tutto questo corrisponde molto bene alla descrizione che Nietzsche dà degli ultimi uomini nello Zarathustra.
Viviamo perciò un tempo molto critico sotto tutti i punti di vista, che si palesa poi ovviamente nell’ultimo decennio di crisi economica, che sta mettendo a repentaglio molte delle conquiste politiche e sociali del passato, per esempio in ambito lavorativo o nella crisi del sistema scolastico, che diviene sempre più incapace di fornire un’idea coerente di istruzione e di cultura, formando persone sempre più distratte, scisse e pronte quindi a servire le logiche più sterili del mercato. Un sistema culturale sempre più ridicolo e vuoto, che non produce più opere importanti da almeno trent’anni; sempre più esclusivo, autoreferenziale, in una parola: putrescente.
È chiaro che da qui non possano emergere idee concrete per una nuova fioritura della civiltà occidentale, che sempre è stata in grado di produrre culturalmente la formulazione delle sue modalità di esistenza lungo i secoli. Per non parlare del mondo dell’arte, della musica, della poesia, della famiglia, della spiritualità e così via.
In tutti gli ambiti della vita umana sul pianeta sembra essere in corso una sorta di crisi ultimativa, di apocalisse, che investe le fondamenta stesse dell’essere umano in quanto tale. Questi incontri partono però da un’intuizione di fondo: che questa crisi, questa fine che stiamo patendo più o meno inconsciamente, possa essere una crisi evolutiva.
Come dice Girard: “L’apocalisse non annuncia la fine del mondo, ma fonda una speranza. Chi apre gli occhi sulla realtà non cade nella disperazione assoluta dell’impensato moderno, ma ritrova un mondo dove le cose riacquistano un senso. La speranza è possibile solo per chi osa pensare i pericoli del momento.”
Per aprire gli occhi sul mondo, come ci invita a fare Girard, è necessario dunque analizzare e interpretare questa crisi fino in fondo, giungendo al cuore del problema, perché altrimenti replicheremo la stessa sterilità e mancanza di fondamenti di gran parte della cultura contemporanea. Che cosa accomuna tutte le crisi di cui stiamo parlando? quale frattura, rottura incolmabile si è aperta in questa breccia nella quale ogni sfera dell’esistenza umana sembra essere in travaglio?
Al fondo di questa crisi dunque, possiamo tornare a pensare seriamente al destino dell’essere umano e della sua storia, per rifondare un progetto serio e adeguato alle sfide dei prossimi secoli. È cioè solamente a partire dalla realtà di questa crisi che possiamo sperare di operare seriamente per rifondare una cultura che per davvero corrisponda alla complessità della svolta che stiamo vivendo.
Ogni evento poi declinerà in modo specifico questa idea di fondo, quella cioè di vivere in un momento unico della storia del pianeta, nel quale non è più possibile vivere e pensare a metà, un po’ così e un po’ colà: quello che urge al contrario è intervenire senza mezza termini, esserci completamente o scomparire. Ogni incontro successivo quindi poi potrà parlare dei vari aspetti di questa crisi, partendo però dal nucleo fondamentale, di una svolta cioè nei caratteri essenziali dell’essere umano, che sta letteralmente mutando il suo modo di essere. Questa prima riflessione vuole perciò soltanto mettere in luce l’abissalità del presente, e tentare, poeticamente, di tornare a pensare e ad essere a partire da una nuova speranza, che è allo stesso tempo un anelito per un nuovo progetto di umanità.
Potete seguire le iniziative del Gruppo Poetico Insurrezionale anche sul blog www.humuspoetico.it
“L’apocalisse non annuncia la fine del mondo, ma annuncia una speranza” …
Commento così la necessità di “aprire gli occhi”
E se mi sporgo
un poco
oltre la porta di casa
e lo sguardo
lascio libero
oltre il balcone
vedo orme leggere.
Sono gli spiriti liberi
che abitano il vento
i crinali i risvegli
i tempi non ancora venuti
l’arco teso al fondo delle cose.
Sono assetati
incompiuti
tremanti e coraggiosi.
Sembra che esplorino
tra finito e finito
le fibre del mondo
per restituirne l’alito
a noi
fragili umani.
Grazie, carissima Eva, bei versi! Marco
Ho assaporato dalla prima all’ultima parola e riporto alcune cose che nei dialoghi finali con chi era presente, mi hanno particolarmente toccato, riguardo le parole poetiche e sempre nuove “ … le parole ci sono … ma bisogna trovare anime che le sappiano cogliere …” e riguardo ai tempi che stiamo vivendo “ … valorizzare quello che c’è già, perché un po’ di nuovo e bello già c’è … cambiare la nostra “lente” nel guardare le cose, cavalcare l’insofferenza … guardando all’-ora-, al momento presente … “ e Francesca che … ” in quell’-ora-, nell’adesso, nella presenza, riuscire a vedere una –prospettiva- … “ questo mi affascina, vedere nell’adesso, nel presente: una prospettiva!
Grazie a tutti, 🙂 Barbara
Ho molto apprezzato questo evento da voi proposto che ha messo in luce come la poesia possa esprimere la profondità del nostro sentire e vivere la crisi antropologica che stiamo attraversando. Personalmente, purtroppo, non riesco ad apprezzare del tutto il discorso poetico, o meglio, la poesia è un qualcosa che esercita su di me un certo fascino ma spesso, e me ne dispiace, non riesco a comprenderne il significato se non sono accompagnata per mano.
Voi siete stati molto bravi a coinvolgere anche chi non è particolarmente vicino a questo ambito, forse perchè avete saputo farci scoprire il vero significato creativo della poesia, il suo potere trasformativo nella nostra vita.
Certamente seguirò il vostro sito. Auguri per il vostro prezioso lavoro!
Maria Letizia
Grazie ragazzi e grazie Eva: abbiamo veramente bisogno di visioni e di nuove parole leggere! Mariapia
Grazie Eva per il tuo commento poetico così bello e appropriato, e grazie a tutti per l’ascolto.
Volevo solo specificare una cosa: la poesia, come qualsiasi esperienza spirituale, ha bisogno, almeno all’inizio, di un accompagnamento, di un’introduzione e di una compresione guidata. Non in un senso “scolastico”, ma direi in un senso iniziatico: per entrare correttamente e pienamente nei processi, e per evitare di incorrere nei pericoli di questi stessi processi. Servono perciò a questo la conoscenza dei grandi maestri, e gli strumenti offerti da tutte le interpretazioni culturali (come il nostro piccolo tentativo): solo ad introdurci in un’esperienza del tutto personale del mistero poetico dell’uomo. Il problema perciò, secondo me, non sta nell’avvicinare o meno le persone a un certo genere letterario o far comprendere il senso di alcuni testi in particolare (cose comunque buone, e necessarie) ma avvicinare le persone ad un certo tipo di esperienza, e intravederne insieme le possibilità.
Questo è necessario oggi soprattutto perchè, a nostro parere, da qui si può riprendere il gusto, lo slancio e la forza per un cambiamento autentico, per una nuova speranza collettiva.
Grazie a voi che praticate l’ospitalità.
Mi pare di capire che la vostra proposta sia quella di parlare della poesia come espressione di un percorso interiore
“ in un senso iniziatico”, non solo come genere letterario. Ho provato a dire come sento la poesia.
Abbiamo occhi mortali
che scrutano incantati
ombre e luci del giardino
rapiti dall’antico richiamo
da una sepolta nostalgia.
Non sentiamo la poesia
che ci canta dentro
mentre siamo distratti
e confusi dal mondo.
In un angolo di silenzio
con calma lentamente
lasciamola farsi presente.
Tanti auguri.
Amanda Peroggi
Il video “La luce dell’inizio” e il post di Francesco mi dicono che la poesia è tale se è vita, se è creazione di vita, nella gioia o più normalmente nel travaglio e nel dolore.
Mi sembra che questi giovani poeti abbiano spalancati gli occhi su quanto nel mondo non piace loro perchè è decomposizione, ma non si ripiegano su loro stessi e men che meno si vogliono compiacere di nihilismo individualistico.
I miei vent’anni nel ’68 erano nella critica politica demolitoria del male che stava fuori di noi, e nella speranza/illusione del bene che si doveva creare fuori di noi: la palingenesi riguardava le strutture e le sovrastrutture.
I vostri vent’anni arrivano dopo quei sogni infranti, ma hanno ancora potenza di sogno perchè siete costretti a ribellarvi all’appiattimento, e avete il coraggio dell’Insurrezione dell’umanità nascente e la determinazione ad insorgere.
Fortunatamente sono tanti i vostri coetanei che soffrono un disagio insostenibile, che sono in spasmodica ricerca, e voi siete nella condizione di sperimentare, per poter proporre anche a loro, un percorso che dovrà portare ai cambiamenti strutturali necessari ma questa volta dopo il passaggio della “metanoia” che prepara l’uomo nuovo.
Lavoro difficile, che non ha sostegno nella cultura dominante e nei mass media, e che è nuovissimo, perchè è evidente che non è già stato detto tutto e che non è già stato fatto tutto, e quindi sarà entusiasmante.
Buon lavoro, GianCarlo
Certo dobbiamo sostenere ed incoraggiare i giovani, ci mancherebbe.
Ma caro GianCarlo ti sei dimenticato di recitare
Réquiem aetérnam dona eis, Dómine, et lux perpétua lúceat eis.
Requiéscant in pace. Amen
per tutti quelli che hanno superato diciamo i 35 anni?
Pensa che che c’è gente che misura il tempo in eternità, cerca libertà e si trova con le categorie/recinti dei giovani, quelli di mezza età, gli anziani, i bambini ….che non vuol dire seguire il giovanilismo imperante, ma che forse si può ad ogni età dire qualcosa.
Buona giornata.
Renata
Certo che “si può ad ogni età dire qualcosa” , cara Renata! Importante- come scrive Giancarlo- è compiere “il passaggio della metanoia che prepara l’ uomo nuovo” , cioè il ‘capovolgimento’ individuale della mente che ognuno di noi è chiamato ad attuare.
Marco G. lo ricorda spesso: giovane è il “nascente” che preme per venire alla luce, indipendentemente dall’ anagrafe, e ascoltare la sua voce è l’ atto poetico più rivoluzionario che ci è dato di fare!
Ciao, mcarla
“Certamente l’io relazionale non vuole affatto dominare l’altra persona, perché non è così che rafforza la propria identità e raggiunge la propria felicità. L’io relazionale al contrario rafforza e realizza se stesso approfondendo appunto la relazione con l’altro, e aprendosi anche al travaglio trasformativo che ogni relazione autentica comporta. L’io relazionale scopre cioè che la più autentica natura dell’uomo non ci spinge affatto a schiacciarci vicendevolmente, ma ad aiutarci, ad esprimere il nostro potenziale, il nostro vero potere comunicandoci e trasmettendoci i beni che possediamo. L’io relazionale scopre, giorno dopo giorno, che l’essenza originaria del suo potere è comunicativa e donativa. Io cioè divento per davvero potente, capace di manifestare tutto il mio potenziale creativo, e divento quindi realmente me stesso, nella misura in cui imparo a fare delle mie potenzialità uno strumento di comunicazione di beni per gli altri. L’io relazionale scopre, nella fatica quotidiana della propria trasformazione, che il proprio potere si potenzia solo trasmettendolo. Io cioè divento più ricco donando la mia ricchezza, più saggio donando la mia sapienza, più felice donando il mio amore e la mia gioia, più libero nella mia sovranità donando salute, consolazione, vita, pane, e parole che nutrono.” Marco Guzzi
Con questo bellissime parole, alle quali ho aggiunto l’autore, ma sicuramente voi l’avreste identificato ugualmente anche riportate in modo anonimo, vi invio i miei saluti, grazie dell’attenzione
Grazie Amanda per la bellissima citazione e per i tuoi versi!
Questo luogo di silenzio di cui parli, nel quale ci si ritrova ad ascoltare una sepolta nostalgia, un sepolto desiderio, per fare spazio al nuovo, va coltivato continuamente in noi. Non solo, noi crediamo anche che, come già si fa in Darsi Pace, si debba iniziare a creare questo stesso spazio in degli eventi pubblici, per coinvolgere ed aggreagare i giovani (non solo anagraficamente, come si vede già da questo primo incontro) attorno ad un progetto creativo di liberazione. In realtà giovane oggi è proprio chi è creativo e libero, e sappiamo che anche per i “giovani” non è affatto scontato, né facile, esserlo. Anche per questo abbiamo bisogno di creare gruppi, piccole comunità d’avanguardia.
Saluti a tutti! e buona domenica
Volevo chiarire che il mio commento all’intervento di Giancarlo, anche se può sembrare il contrario, voleva essere uno sprone più che una critica, è stato scritto d’impulso e quindi è risultato un po’ troppo diretto, duro, se così mi scuso. Renata
Gentilissimo Andrea, concordo “questo luogo di silenzio… va coltivato continuamente in noi”, la vostra è una lodevole iniziativa alla quale ho già espresso i miei auguri.
Irradiamo la pace. Un caloroso saluto 🙂
Renata, forse qualche anno fa ci sarei rimasto un pochino male, ma grazie al lavoro che facciamo capisco ed accolgo le tue parole “dal sen fuggite” e che trovo anche simpatiche.
ciao, GianCarlo
Sono lieta della serenità d’animo del mio prossimo, anch’io ne godo poiché mi porta una fede di fondo, che ho espresso parlando di “eternità” e quando me ne sento distante cerco di ritornarvi quanto prima. Mi sono chiesta il perché abbia scritto così d’impulso e ho trovato varie motivazioni, una è che fatico a sopportare l’ atteggiamento di chiusura e ripiegamento su di sé di chi sta sempre con lo sguardo malinconicamente rivolto al passato, benché ami la storia, penso, che a qualunque età, sia il presente che va vissuto, con la memoria del passato e con lo sguardo al futuro, altrimenti non si vive mai. Ti saluto con alcune parole che mi sono scritta però…ieri.
Ringrazio dell’aria
Fresca
Leggera
Brezza
Mi dice sei viva
Respira gioisci
Di esserci
Sfreccia
Leggera
Cinguetta
Come le rondini
In cielo.
Ti auguro che sia un buon giorno.
Rinata e le sue amiche.
….il commento sopra era rivolto a Giancarlo…sono convinta che Darsipace sia un ottimo percorso di crescita personale… e non solo ….vi seguirò e mi iscriverò al prossimo anno…Renata