Non so neppure il nome di questo straordinario prete salesiano, un giovanottone che è appena tornato dall’EQUADOR dove ha trascorso 27 anni in missione, tra i campesinos, in una parrocchia a cinque ore di viaggio da Quito, la sua capitale. Lo trovo seduto tra le panche di una piccola chiesuola alpina, in jeans e maglietta. Lo riconosco come il prete che celebrerà la Messa solo quando si alza per accogliere i fedeli che giungono distratti, alla spicciolata, per l’ora della messa vespertina, di questa caldissima domenica d’estate.
A tutti sorride e tutti saluta. Non siamo in molti, poco più di una ventina e ci sorprende la sua semplice giovialità nell’accoglierci uno ad uno. Si mostra particolarmente festoso verso due sorelline che si preparano a fargli da chierichette.
Inizia la Messa.
“Nel nome del Padre, del Figlio, dello Spirito Santo…..Toh una farfalla!” esclama a sorpresa quel celebrante, con la faccia da ragazzone divertito, mentre si dispone anche con le mani quasi a voler seguire quel lepidottero in ogni sua ondulazione di volo.
Attratti da questa sua sonora esclamazione, più che dalla stessa innocua farfalla che se ne andava per i fatti suoi, ci mettiamo anche noi a seguire le ondulazioni di quella farfalla scura che, invece di filarsela, preferisce restare nella penombra dell’abside, ma solo per poco, perché è lo svolazzare del prete che allargando a dismisura le sue braccia a mo’ di ali, recupera rapidamente la nostra attenzione.
“Ecco– dice – noi siamo qui oggi in chiesa per imparare a volare come una farfalla, a farci leggeri di tutti i nostri pesi, dei nostri peccati, per riuscire a volare verso il cielo con le ali della bontà e della verità . E’ cosi che si va in cielo …sapete!? “
E un po’ sornione e misterioso aggiunge: “vi dirò poi com’è, la storia della farfalla ….ma adesso chiediamo – prima – il perdono per i nostri peccati …”
“Signore perdona tutti i nostri peccati, e rendici leggeri come un farfalla: kirie eleyson “e noi a rispondere in coro “Kirie eleYson“ , come in uso nel rito ambrosiano di questa Valle orobico-alpina, un tempo ducato di Milano.
Poco dopo, le letture della Parola. Pongo attenzione alla Genesi. Oggi ci ricorda la creazione dell’Uomo e la cura del Creatore di porlo in un meraviglioso giardino, in quella terra di Eden, ricco di alberi e di frutti, con al centro l’Albero della Vita e l’Albero della Conoscenza del bene e del male. Una terra fertile bagnata da quattro grandi fiumi che ne delimitano l’ampiezza, tra l’antica terra Etiope e quella del più moderno e martoriato Stato dell’Iraq. Ma che importa la geografia, se l’Eden è figura della nostra terra interiore da seminare con la parola di Dio e tornare a farla fruttificare ?
Ora, una donna, che avevo sempre giudicato come indifferente alle vie dello Spirito, mi sorprende con la sua lettura di San Paolo. In essa, è richiamata la redenzione operata dal Cristo, dai sensi di colpa omicidi e bellici che da sempre tormentano il susseguirsi delle generazioni fino ancora al tempo odierno, anche dopo la Venuta del Cristo che pure aveva reso possibile la riconciliazione delle creature con il proprio Creatore.
Ma perché quel trascinamento della colpa di un solo uomo sulle generazioni successive ? Improvvisa mi viene una risposta, la più semplice, fisica più che teologica: ogni errore, anche di un solo uomo, ha sempre conseguenze anche sugli altri e sulla storia del mondo… e che errore fu quello della Caduta!
Il cammino dell’Umanità era iniziato proprio male, quando l’uomo, appena creato, si trovò nudo e smarrito, avendo diffidato della Parola che lo aveva creato nella sua verità più beata e divina. Poi gli errori sono da rimediare, ma chi nella storia ha avuto il coraggio di una fede di quel livello? Fu solo il Cristo, quando scoprì che poteva farlo, avendo scoperto in lui la sua missione nel mondo: mostrare a tutti gli uomini e donne generati in Adamo, che eravamo invece Figli di Dio, fatti a sua immagine e credendovi Cristo raggiunse anche la sua somiglianza con lo stesso Padre.
Così anche noi, se nella fede del Figlio possiamo riconciliare le nostre vite distorte, e redimere persino il nostro passato, quando nello stesso Spirito ritorniamo a farci generare dalla fonte di vita sempre presente in noi, generosa di energie libere, creative e salvifiche.
Al canto di apertura del Vangelo, mi smarrisco inseguendo le immagini di un prete che allarga le braccia più a imitare la farfalla che per accogliere il Vangelo che legge, forse ancora pensando a quel suo Vangelo dei poveri che si è portato dall’Equador.
E in questo stordimento, ora mi trovo seduto ad ascoltare l’avvio della sua omelia, in un pre-annuncio di emozioni che quel suo volto rilassato, non convenzionale, mi fa presagire.
“Scusate, dice con un movimento delle braccia -come a svuotarsi di tutto ciò che ha nelle tasche – ma il vangelo io lo porto con me… mi è rimasto addosso nella vita che ho fatto in Equador … tra quella gente, tra i campesinos …, sono loro il mio vangelo ….come da ora, sarete voi il mio vangelo…. perché senza di voi e le vostre vite …. anche Dio non ha alcun senso!“
E poi prosegue: “Ah , già, la farfalla ! Quel giorno in Parrocchia, come spesso accadeva, era venuto da me Carlos… un povero campesino che usa sempre la parrocchia come la fabbrica del paese per cercare qualche aiuto. Quel giorno, oltre a qualche elemosina, mi chiede un materasso ….è stanco di dormire per terra. Ma un materasso io non ce l’ho e gli dico che non posso darglielo… non ne tengo! Lui insiste per averlo… ma poi si arrende ai miei dinieghi e alla fine …. lo vedo che se ne va imbronciato, solo con quel piccolo aiuto che potevo dargli .
Poi, alla fine della storia, verrò a sapere che Carlos, quel giorno ….. fissato per quel materasso … decide di recarsi a Quito, la capitale che è a cinque ore di viaggio, per trovare qualche lavoretto e pagarsi il materasso.
Ma che può succedere ad un campesino che lascia la campagna e si avventura in una città moderna, con alti edifici, piena di traffico? Nell’attraversare una strada viene colpito da un’auto e scaraventato ai bordi della strada. Ferito e inerte, se ne sta così abbandonato. Nessuno si ferma a soccorrerlo…. perché chi soccorre poi deve pagargli l’ospedale! Passa un paio di giorni e la madre preoccupata per il non ritorno del figlio rifà la strada che ha fatto il figlio, trovandolo agonizzante lungo la via. La madre, disperata, riesce a farsi aiutare per trasportarlo all’ospedale…. ma senza soldi nessuno lo accetta! Cambia ospedale…ma ancora niente: prima bisogna pagare…. per avere il soccorso! Allora la madre lo riporta a casa dove però, così trascurato… morirà.
Per il suo funerale gli regalano una bara…..strano dico io .. e lo dicono anche gli altri ….ma è una bara verniciata, tutta nera ! Strano davvero … una bara nera, da quelle parti, non s’era mai vista ! Ma era una bara gratis e nessuno ci fa più caso. Bene…Il trasporto della bara richiede due ore … anche per via del fatto che chi la trasporta a spalla ha bisogno di bere per sorreggersi ….e così il viaggio della bara, continua un po’ traballando …. come gli uomini sotto che hanno un po’ bevuto .
A quel punto – continua il celebrante e facendo capire che ormai con questo suo racconto sostituirà la più tradizionale omelia – prima della sepoltura , facciamo la Messa e …non ci crederete…, ma succede proprio questo: una farfalla nera, svolazzando, viene a posarsi su quella bara nera e resta lì …mentre la celebrazione continua! Nel momento della elevazione, la farfalla viene a posarsi tranquilla, sull’Ostia che ho appena innalzato. Depongo l’Ostia e prendo il calice e pure sul calice, la farfalla nera viene a posarsi nella più grande sorpresa e incredulità dei presenti.
Cosa pensare di questo sincronismo della farfalla con la morte di Carlos? Ho sentito in quel momento la pace scendere nel mio cuore. Io ricevevo il perdono e la pace di ciò che mi aveva tormentato: Carlos era andato a Quito a cercare il suo materasso, quello che io non gli avevo dato, ed era morto ! Morto per un materasso! Ma io avevo un materasso! Era il mio! Potevo dargli quello, non sarebbe morto…ma non l’ho fatto !
Che tormento quella morte…che colpo al mio cuore ….mi sentivo io il responsabile!
Ma una farfalla nera, venuta a posarsi sulla bara nera, poi sull’Ostia e poi sul calice, mi aveva rassicurato del fatto che Carlos era volato in cielo leggero come la farfalla…era salito ad incontrare il Cristo, che non abbandona mai i suoi poveri …..e voi sapete che Dio non dice mai le bugie!
Perciò scusatemi se non ho commentato l’evangelo di oggi, ma il mio vangelo è tutto qui, tra le ali di una farfalla che mi porto sempre dentro e che ci dice che per salire in cielo anche noi dobbiamo diventare leggeri come Carlos, senza il suo materasso….servono solo due ali, una è quella della Bontà e l’altra è quella della Verità, allora si può volare leggeri dalla terra e su… fino in Cielo !”
Trattengo a stento lacrime che mi scappano via …
Alla comunione, ancora commosso e partecipe di quel racconto, in questa piccola chiesuola di montagna, con meno di una ventina di fedeli, sto ricevendo dal celebrante, il Corpo di Cristo, che ci fa Uno con L’Equador, il Carlos, il materasso e l’intero Universo.
Lo ricevo tra mia mani aperte, esitanti, ma a quel tocco dell’ostia, leggero come le ali di una farfalla, avverto per quelle ali, una sincronia che si fida anche di me. Così, nella semplice e intima gioia di questo grato riconoscimento, scopro in me questa domanda: adesso a quale materasso dovrò rinunciare, per poter volare anch’io così leggero ?
Grazie Ivano, mi hai reso presente in questa efficacissima celebrazione della Verità che da’ senso all’esistenza.
Se rincontrerai quello straordinario sacerdote salesiano abbraccialo e ringraziarlo X me.
Ale
Grazie Ivano, il tuo racconto comunica una grande pace, riconcilia col mondo.
Il peso che vorrei lasciar cadere è l’angoscia che mi procura l’ascoltare ciò che accade.
Mi sembra che le decisioni che vengono prese dai padroni del mondo e l’interpretazione che viene data a ciò che avviene, sia tutto fatto a fin di male.
Mi prende un grande scoraggiamento, la mente si riempie di pensieri pesanti e non vedo più la sapienza nascosta in tutto quello che è discreto e lieve come una farfalla.
Un caro saluto
Grazie, condividiamo questa che -anche per me – è una sorprendente, celebrazione della Verità e della Pace che ci fa respirare una riconciliazione possibile con noi stessi ….e di conseguenza anche col mondo che non è solo dei malvagi… perché Qualcuno , presente anche in noi, muove imprevedibile , con tocco leggero …..anche le farfalle !
Ivano
Carissimo Ivano, che bello questo tuo racconto di una liturgia che esce dalla rappresentazione e si fa realizzazione del mistero, vangelo annunciato e vissuto nella carne.
In America latina è comune questa esperienza di annuncio che scaturisce dall’incontro con l’altro, specie se povero, emarginato. Don Angelo Rivato, gesuita, primo vescovo dell’Amazzonia, che con grande concretezza e semplicità ha guidato il mio ritorno a casa, nella Chiesa cattolica che da tanti anni avevo abbandonata, mi raccontava: “Ero andato lì pieno di tutta la mia teologia ed ho dovuto mettere da parte tutto e imparare dalle persone. Ho capito la Trinità vedendo le famiglie come si amano”. E poi ancora: “Ho capito da poco cos’è la comunione: quando viaggio per mesi lungo il fiume, a visitare le varie comunità, con una umidità al 99%, le zanzare, le persone che mi tirano da una parte e dall’altra; sento che mi mangiano, ma è la mia gente, io la amo, mi lascio mangiare perchè la amo. Così fa Gesù con noi: si lascia mangiare perchè ci ama”.
Durante una Messa celebrata a Roma al momento della prima lettura mi chiama all’altare e mi chiede di fare la mia testimonianza. Sorpresa e imbarazzata vado e racconto brevemente la mia esperienza. Alla fine dice: “bene, procediamo con la proclamazione del Vangelo, la prima lettura è stata fatta: così avveniva nelle prime comunità!”.
E’ un altro modo di annunciare la Parola, molto incarnata, espressione di un’altra cultura meno intellettualistica, più concreta, lo stesso stile di Papa Francesco che gli intellettuali criticano perché non lo capiscono.
Grazie Ivano, questa tua esperienza, nella pesantezza del tempo che viviamo, mi ha regalato soavità e leggerezza, per volare in alto, libera da pesi.
Ti abbraccio. Giovanna
Sogno una chiesa capace di sorridere a tutti e di accogliere uno ad uno, nella quale fare esperienza della leggerezza e della allegria della vita nello Spirito e imparare ad abitare il meraviglioso giardino di Eden per ritornare un po’ più libera e leggera in questo mondo.
Trovo davvero belle, caro Ivano, le tue riflessioni, scaturite nella e dalla liturgia che guarda all’uomo e lo aiuta ad entrare in se stesso, ad uscire dalla recita e a cercare il cuore spesso smarrito.
Il lavoro all’ interno del laboratorio Darsi pace mi aiuta a non rinunciare al sogno, a gustare la dolcezza e la tenerezza di uno sguardo che si fa in me e nel mondo, la cui crescita avviene in un continuo e incessante abbandono, spegnimento e rinuncia ad ogni attaccamento che mi distoglie dal flusso della vita e ostacola la mia possibilità di volare libera e leggera come una farfalla.
Grazie in un abbraccio, giuliana
Grazie davvero caro Ivano che con tanta profondità e leggerezza ci commuovi condividendo l’omelia di questo giovanettone, pastore salesiano, di cui non conosciamo il nome ma che porta addosso l’odore delle pecore con cui ha convissuto per 27 anni in Equador.
Grazie a Dio, anche al suo rientro in Italia, questo missionario di ritorno, ci trasmette il profumo del Vangelo con la leggerezza e la sincronicità delle farfalle.
Sogno con voi che questa Chiesa che esiste possa essere sempre più cammino esperienziale della nostra Umanità laica e missionaria, impastata di una nuova visione redentrice e liberante.
Proprio un detto latino americano, rinforza il nostro Sogno: “Dove due sognano il sogno della liberazione del mondo, il sogno si realizza”. Kirie, Amen, Alleluia.
Grazie a tutti in un abbraccio aereo-spaziale Giuseppina
Dai, facciamo ancora un passettino avanti in questa sincronicità.
psiche Dal gr. ψυχή, connesso con ψύχω «respirare, soffiare». Termine la cui etimologia si riconduce all’idea del «soffio», cioè del respiro vitale; presso i Greci designava l’anima (➔) in quanto originariamente identificata con quel respiro; la storia del concetto di p. viene quindi a coincidere con quella del concetto di anima. Nella psicologia moderna (e anche nell’uso comune) la p. è intesa come il complesso delle funzioni e dei processi che danno all’individuo esperienza di sé e del mondo e che ne informano il comportamento. Nel mondo classico, la p. fu frequentemente rappresentata come un’immagine (εἴδωλον) di forme umane, nuda, oppure come un essere alato, e già nella speculazione platonica viene messa in rapporto con l’amore. In raffigurazioni ellenistiche si vede Eros (Amore) che cattura, tormenta, brucia una farfalla rappresentante l’anima; a volte in luogo della farfalla compare una fanciulla con ali di farfalla (Psiche).
Grazie di cuore a voi tutti.Benigno