I Ostilità
Un giorno come tutti gli altri, al lavoro in libreria facendo una cosa dopo l’altra. Ad un certo momento entrano in libreria tre sacerdoti di origine africana e mi si avvicinano. Dopo i saluti uno di loro mi dice: “Ho tre cose da chiedere”. “Va bene,” –rispondo- “La prima?”
Mi da un titolo. Sapevo che non c’era e gli dico che avremmo dovuto ordinarlo. “Va bene” mi dice. L’ordine richiede una ricerca, il calcolo del prezzo, l’inserimento dell’informazione specifica del libro nella banca dati, e un collegamento fra il titolo nella banca dati e la scheda cliente. Lui continua ad interrompermi perché vuole continuare con la seconda richiesta. Gli rispondo gentilmente che ho bisogno di un attimo per completare l’operazione. Ma lui insiste: “Sono già registrato qui. Può finire dopo”. “Sì”, dico tra me e me, “sei uno fra 10.000. Come posso indovinare chi sei?”
Sento la rabbia salire, divampare dentro di me, l’ombra che sta per esplodere, come sempre, quando mi si chiede qualcosa oltre le mie capacità: uno stallone pronto a schiacciare tutti. Ma questa volta mi ricordo quello di cui questo cavallo ha bisogno: respirare.
Dopo un respiro gli dico: “Mi scusi, ma posso fare solo una cosa alla volta. Dopo che avrò completato l’ordine, posso fare la seconda cosa”.
Finalmente, a cinquant’anni, sono riuscita a dire il mio limite, invece di ingoiare la rabbia che esplode dentro di me quando una persona mi chiede qualcosa aldilà delle mie capacità.
Il sacerdote comincia a fare il ballo che i ragazzi fanno quando devono andare al bagno. Ma il cavallo correva sulle montagne, respirando aria pura mentre guardava il sacerdote con occhi di compassione davanti alla manifestazione della sua ombra. Dopo 30 secondi, finita l’operazione, gli chiedo qual è la seconda richiesta. Mi risponde: “Vorrei un libro di diritto canonico sull’omicidio”! Mi trattengo dal ridere e gli indico dove sono i libri di diritto canonico per cercare l’argomento di suo interesse. Poi gli chiedo qual è la terza richiesta.
II Il Punto di Svolta
Lui si alza in piedi con la postura di un ragazzo davanti un insegnante: “Ho un problema con la mia rabbia” –dichiara-“ed ho bisogno di aiuto!”
A quel punto metto la testa su un bancone e rido. Quando mi ricompongo gli dico: “Posso dirle una cosa? Lei è una delle persone più oneste che ho mai incontrato. E sa una cosa? Anch’io ho un problema con la mia rabbia. Perciò non si metta fra me e la dinamite perché la distanza fra me ed essa è molto corta!” A questo punto tutti e tre i sacerdoti ed io stavamo ridendo. Poi ho continuato: “Vede? Quando è arrabbiato venga qui, la faccio ridere, e non avrà più motivo di essere arrabbiato! Ma, sul serio, posso mostrarle un libro che mi ha aiutato molto con la mia rabbia.” Gli mostro il libro e mi giro a salutare un altro cliente.
III Comunione
Il cliente appena entrato è un Padre Missionario della Carità, di origine statunitense, che svolge il suo ministero in un Paese dell’Africa. L’ultima volta che è venuto in libreria è stato in occasione della canonizzazione di Madre Teresa e mi ha anche presentata sua madre! Ora è appena tornato dalla Terra Santa. Mi racconta la sua esperienza in Terra Santa e resto incantata ad ascoltarlo mentre mi spiega che ha vissuto 30 giorni con il brano del Vangelo o della Bibbia specifico al luogo che stava visitando. Quando finisce gli chiedo di benedirmi mentre “la polvere della Terra Santa sta ancora sulle suole delle sue scarpe.”
Ricevuta la benedizione torno a lavorare e il Padre Missionario della Carità saluta i tre sacerdoti. Al sentire il Paese di provenienza del sacerdote arrabbiato comincia a parlare la sua madre lingua. Alzo la testa al rumore delle scintille del roveto ardente: questa non è una semplice ‘coincidenza’. Eravamo entrati nel mondo spirituale. Qualcosa stava per succedere.
Terminati i saluti dico al sacerdote arrabbiato: “Lui è appena tornato dalla Terra Santa. Perché non chiedere la sua benedizione con l’intenzione di guarire dalla sua rabbia, mentre la polvere sta ancora sui suoi piedi?”. Chiede la benedizione e il Missionario della Carità prega su di lui nella sua madre lingua per quasi cinque minuti. Rimango con la mano sulla spalla dell’ex sacerdote arrabbiato sentendo che stavamo veramente su una terra sacra.
Dopo la preghiera tutti abbiamo continuato la nostra giornata; ma la storia ha cambiato il suo corso, cominciando dalla mia, perché ho potuto nominare il mio limite, la mia fragilità, non mi sono arrabbiata, non ho eretto un muro di tensione fra me e il mio cliente, ma invece un ponte invitandolo ad attraversarlo per venire verso di me invece di allontanarsi da me. Infatti lui si è sentito abbastanza al suo agio tanto da aprirsi con me così onestamente. In un certo senso si è spogliato davanti a me, ammettendo la sua fragilità. In questo clima abbiamo potuto accogliere la divina presenza e la sua benedizione attraverso un sacerdote arrivato precisamente in quello spazio accogliente.
Un attimo si è trasformato in eternità. In quell’istante è stata offerta la salvezza per me e per gli altri. La scelta che il Signore, attraverso le labbra di Mosè, pone davanti a tutti, stava davanti a me: la vita o la morte, la benedizione o la maledizione, Terra Santa o Egitto, essere liberatore come Mosè o creatore di schiavi come il faraone. La parola del Signore mi ha raggiunta come il “sussurro di una brezza leggera” dopo essere stata concepita dentro di me.
E l’Uomo Nuovo è diventato carne e abita fra noi…un giorno come tutti gli altri.
Grazie Bernadette,
per me, sembra che tu hai vissuto un giorno … bellissimo!
Ciao, Barbara
Grazie, Bernardette, mi hai fatto commuovere! Come permettere allo straordinario di colmare e plasmare la quotidiana ordinarietà, trasfigurandola di divino.
Grazie davvero.
Un abbraccione,
angela
Un giorno come un altro per riconoscere, accogliere e condividere il proprio limite, per trasformare la rabbia in una risata e per sentirsi in comunione.
Imparando ad ascoltarci in profondità, possiamo accogliere le personali debolezze con occhi misericordiosi e sentirci solidali nella relazione con gli altri.
Bellissima la tua condivisione, cara Bernadette, me la gusto ancor più oggi, giorno in cui ricordiamo Abramo, il padre dei credenti, il primo uomo che ascolta e obbedisce a un Dio che nessuno conosceva, iniziando un viaggio verso se stesso, nella terra sconosciuta della propria interiorità.
La sua fede è la stessa che trasforma un giorno come un altro in eternità, che sa vedere l’Invisibile e apre alla speranza dell’ Uomo Nuovo, l’ Uomo spirituale e relazionale che ci libera dalla schiavitù dell’Egitto portandoci verso la Terra promessa, che trasforma le nostre chiusure relazionali in condivisione e solidarietà e mai si stanca di ripetere alle nostre orecchie sorde che la vita vince la morte.
Grazie, giuliana
Che bello Bernadette vedere l’azione dello Spirito dal vero! Il tuo racconto lascia dietro di sè una scia di bellezza! Se succedono queste cose nella tua libreria ti verrò a trovare presto. Un abbraccio, Grazia.
Grazie per questa condivisione. Proprio sabato scorso ho perso il controllo e la rabbia mi ha invaso. Invece di spegnere il fuoco o gettato benzina nella relazione. Tornare al respiro, il filo conduttore con la nostra parte divina. Prezioso suggerimento.
Ha sperimentato. Bernadette ci ha comunicato un’esperienza vissuta. Possiamo sperimentare ciò che crediamo.
Nominare lo Spirito invano non si può, ma quando si manifesta se ne può testimoniare la bellezza.
Quando la rabbia ci assale è così facile che imploda facendoci male o esploda facendo male all’altro.
Bernadette, con umiltà hai avuto fede, e così hai raccolto le tue forze interiori e le hai connesse a quelle dell’altro: poi ci ha pensato Altro ad animare quei singoli, evidentemente disposti all’apertura, e a trasformarli in quella comunità spontanea fiorita nella preghiera e nella pace.
Rendiamo lode e grazie.
GianCarlo
Bellissimo racconto, mi ha veramente toccato e aiutato molto. Mentre lo leggevo ho sentito anche io quel respiro profondo attraversami e alleggerirmi.
Un abbraccio
Maila
Bella l’immagine del cavallo che corre sulle montagne! Grazie.
Grazie a tutti voi per le vostre comunicazioni. Sono molto grata che attraverso degli esercizi che Darsi Pace ci propone che poco a poco ho potuto lasciare parlare la mia rabbia. Mi ha fatto tanto bene lasciare emergere l’immagine del cavallo, della mia rabbia. Mi pare che il più che lasciamo emergere la rabbia attraverso di questi esercizi, la rabbia ci lascia. Al meno questo è la mia esperienza. Quando sentiamo la rabbia, è perché c’é una parte di noi che vuole emergere, vuole comunicare. Se non la lasciamo comunicare, diventa come una bambina che grida più e più alto per essere sentito…. Se invece diamo ascolto a noi stessi, se lasciamo che la parte impaurita, arrabbiata parlasse, allora, correremo sulle altezze. Poi le parole che diciamo a quella parte ferita saranno piene di aria fresca, piena di bellezza, piena di accoglienza. Parole assicurante, domande per capire meglio di che cosa ha bisogno la nostra parte ferita….
Gli esercizi, ho trovato, sono il principio per acquisire un abito che può aiutarci superare il dolore della rabbia e la paura. Allora, la paura e la rabbia diventeranno energia creativa!
Sr. Bernadette
Bel racconto, soprattutto verissimo, cara Bernadette. Resto colpito dalla serie di sincronicità che descrivi e che riconosco nel tuo divertentissimo e felice racconto.
Anche in giorni qualunque della mia vita, ho potuto sperimentare queste strane coincidenze, che ormai per me sono precise risposte a ciò che andiamo a cercare al fondo di noi stessi. Lampi che giungono a noi improvvisi come doni e trasformazioni. Ho potuto sperimentare anch’io , sorprese del genere e mi piace pensarle, come l’esperienza del Roveto Ardente, della coscienza che ha illuminato all’improvviso Mosè e che sta guidando anche noi, fuori dal nostro Egitto interiore, dal mondo delle nostre schiavitù. . E’ la luce , è la fiamma che improvvisa arde in un cuore rattrappito nelle sue tristezze e che si dilata ….e allora vedi , senti, comprendi ciò che appena poco prima non vedevi, non sentivi, non potevi comprendere. E tutto avviene senza nessun merito …..avendo solo lanciato malamente la freccia del nostro sogno, per rabbia o rassegnazione ….. …ma che invece, arriva precisamente a bersaglio….al bersaglio della Grazia che corregge , in modo sorprendente, il volo che era nel desiderio ferito della freccia , attirandola a sè.
Ivano
Grazie tante per il tuo bellissimo racconto cara Bernadette! Hai raccontato con semplicità e simpatia come è concreto nella nostra vita quotidiana il desiderio di abbandono delle nostre caratteristiche individualistiche e di vera relazione con gli altri! La consapevolezza, se la vogliamo vedere, è a portata di mano… e dico questo per non dimenticarmelo mai! Grazie di nuovo!