In questo articolo vorrei concentrarmi su un pensiero che si trova alla radice di molte concezioni errate sulla realtà. È il pensiero della separazione dagli altri e dal mondo. Molti pensieri, infatti, ci condizionano in modo inconsapevole. Pensieri – fatti di parole – che si sono radicati nel nostro essere magari durante l’infanzia, oppure iscritti nel nostro modo stesso di concepirci come esseri umani, e che condizionano la nostra esistenza. Per questo è importante rimettere in discussione i pensieri e le parole che guidano la nostra esistenza quando avvertiamo la necessità di un cambiamento.
Le parole hanno un enorme potere: producono un effetto immediato sulla realtà, si imprimono sul nostro corpo. Possono dare un sollievo terapeutico o produrre uno stato di malessere. Di solito, non ne avvertiamo l’azione. Produciamo e ascoltiamo migliaia di parole ogni giorno, in modo spesso distratto, come se non avessero alcun effetto sulla salute del nostro organismo. In questo stato di distrazione, è impossibile avvertire gli effetti, benefici o distruttivi, delle parole, del linguaggio e del pensiero, che però ci sono, esistono e ci influenzano. Esiste quindi un pensiero magari inconscio che ci condiziona così tanto da uniformare molti dei nostri comportamenti?
A me pare che a un livello profondo viviamo ancora dando per scontato che il mondo sia essenzialmente ostile, e dunque sia necessario proteggersi per sopravvivere. Questa sorta di paura ancestrale e millenaria, la potremmo esprimere così: “Io sono separato dal mondo circostante. Il mondo circostante mi è ostile, devo difendermi”. Questo è un pensiero che, in modo più o meno consapevole, caratterizza tutti noi. Parole che magari non esprimiamo mai esplicitamente durante la nostra vita, ma che risiedono nel nostro inconscio e che ci influenzano a vari livelli. Se le cose stanno così, se cioè l’universo è nel migliore dei casi indifferente, o addirittura ostile, come arrivò a credere Leopardi identificando la natura con una matrigna crudele, l’assetto esistenziale con cui vivere sarà essenzialmente difensivo e risentito, quindi potenzialmente violento.
Questo pensiero tuttavia non corrisponde alla realtà, ma è una interpretazione della realtà, non l’unica, nata in un’epoca storica precisa, e poi elaborata dal pensiero filosofico, politico ed economico nei secoli successivi.
Ad esempio gli antropologi, studiando la cultura delle tribù primitive e raccogliendo le loro testimonianze, hanno concluso che i nostri antenati non credevano affatto di essere separati dalla natura circostante. Al contrario, avvertivano l’unità di tutti gli esseri con la terra e con la realtà. È solo con il Neolitico che iniziò a farsi strada un altro pensiero, che si potrebbe sintetizzare così: “La natura è separata da me, la posso sfruttare a mio vantaggio. Gli altri sono miei nemici”. L’essere umano perde la connessione con l’ambiente circostante, che diviene sconosciuto e pericoloso. Per questo erige mura a protezione delle città, e tenta di controllare una realtà ormai distante attraverso il dominio su popoli e risorse. Questa divisione tra interno ed esterno si riflette anche sul piano individuale: l’io umano rafforza la propria identità contrapponendosi all’altro da sé, ovvero, nel corso dei secoli, al barbaro, all’eretico, all’austriaco, e così via.
Il pensiero della separazione dagli altri e dalla natura resta radicato per millenni, fino ad oggi. Una convinzione ambigua. Da un lato infatti ci ha permesso di evolverci come specie, dalla nascita delle prime civiltà ai progressi scientifici e tecnologici degli ultimi secoli. Dall’altro ha prodotto distruzione e sfruttamento, tra colonialismo, guerre mondiali e distruzione di risorse e habitat naturali. A livello individuale, abbiamo assistito a uno sviluppo della razionalità e dell’intelletto, che però si sono costituiti a partire da una rimozione di dimensioni altrettanto importanti dell’essere umano, emotive e spirituali, relegate in una dimensione inconscia.
Oggi ci troviamo su una soglia. Nonostante il fallimento a cui ci sta inevitabilmente conducendo, viviamo e siamo educati ancora a un pensiero che ha iniziato a farsi strada durante il periodo neolitico, cioè circa 10.000 anni fa. Il pensiero neoliberista che oggi domina in modo assoluto, si inserisce infatti nel solco del pensiero millenario della separazione, e della visione utilitaristica del filosofo britannico Thomas Hobbes. Secondo la sua visione, l’uomo era essenzialmente egoista, e nemico (“lupo”) per i suoi simili.
Ora credo sia giunto il momento di mettere in discussione questa convinzione. Non avvertiamo infatti come sempre più insostenibile questa condizione di chiusura e isolamento nella quale siamo costretti a vivere? La sofferenza è dilagante e per l’OMS, nel 2020, la depressione sarà la seconda malattia più diffusa dopo le patologie cardiovascolari. Inoltre sono all’ordine del giorno notizie che ci avvertono del cambiamento climatico e dello sfruttamento eccessivo delle risorse naturali, che comprometteranno le possibilità di esistenza della stessa specie umana sul pianeta Terra.
Insomma è giunto il tempo di mettere in discussione gli assunti di un pensiero politico, economico e radicalmente egoico, che oggi si rivela inefficiente e distruttivo. È necessario elaborare una nuova visione, autentica, e cioè adeguata ai nostri bisogni reali di condivisione, scambio, empatia, dialogo, apertura all’altro, rispetto per una natura dalla quale non siamo separati.
Ecco alcune considerazioni del fisico Albert Einstein, che ci aiutano ad aprirci verso orizzonti nuovi e inediti:
“Un essere umano è parte di un tutto, chiamato da noi ‘universo’, una parte limitata nello spazio e nel tempo. Lui fa esperienza di sé stesso, dei suoi pensieri e sentimenti come qualcosa di separato dal resto. Una forma di illusione ottica della sua consapevolezza. Questa illusione è una sorta di prigione per noi, ci rinchiude nei privati desideri personali e nell’affetto verso poche persone e alle persone vicine a noi. Il nostro scopo sarebbe di liberarci da questa prigione con l’ampliamento della nostra cerchia di compassione per farvi entrare tutte le creature viventi e a tutta la natura nella sua intera bellezza.”
Einstein definisce quindi come illusoria l’esperienza della nostra separazione dal resto dell’universo. Iniziare a credere a questo significa poter iniziare a cambiare la nostra vita da ora.
Quali scenari si aprono se proviamo ora, in questo preciso momento, a dare credito a questa visione? Cosa accade ad esempio se impariamo ora, con pazienza, a rilassarci nel respiro, sorridendo durante l’ispirazione ad un mondo benevolo, e abbandonando paura e tensioni durante l’espirazione? Cosa succede cioè se iniziamo a insorgere rispetto all’ideologia totalitaria della nostra epoca, quella neoliberista, e a un pensiero ormai disfunzionale che ci vorrebbe separati, isolati, impauriti e disperati?
Un mondo nuovo, e realmente rinnovato nei suoi ambiti (politici, economici, sociali, educativi) può nascere solo da questo preciso punto, dal punto in cui scegliamo di cambiare radicalmente il nostro atteggiamento e il nostro sguardo nei confronti della vita. Questa è la rivoluzione sempre attuale a cui siamo chiamati come uomini e donne della nostra epoca.
Post pubblicato sul sito del Gruppo Poetico Insurrezionale:
Grazie Filippo per le tue profonde, attuali, necessarie, stimolanti riflessioni. Sono di guida e di aiuto a chi, come me, condivide pienamente tutto quanto dici!
Siete una sferzata di gioia e di vita, tutti voi giovani del gruppo poetico insurrezionale; sapete con maturità e grande intuizione culturale, individuare e riportare i problemi dell’uomo di oggi, ad una lettura più ampia verso l’affronto e la loro auspicabile risoluzione!
Un abbraccio pieno di auguri, perché le tue parole siano di sprone e di superamento del pensiero che ci vuole separati dal mondo e dagli altri! Maria Rosaria
Grazie Filippo e grazie a tutti i giovani del gruppo poetico insurrezionale, guardarvi e leggervi fa sperare in un futuro migliore!
Ciao Filippo, grazie e mi accomuno con piacere a quanto espresso da Maria Rosaria e Lula.
Per me, il senso di isolamento è forse la cosa che oggi, tra noi esseri umani, più mi colpisce e di cui non riesco
( dolorosamente) a capacitarmene. Come una fredda lama d’acciaio; la mente razionale nel suo predominare e nel negare emozioni e spiritualità, diventa una mente sterile e infatti produce solo separazione ed a cascata; depressione e cinismo. Cinismo, parola in disuso ma che descrive pure bene l’attuale condizione umana nell’esser giunta probabilmente ai più bassi livelli, se non nulli, di valori morali e sociali.
Spesso, nel confrontarmi con le persone, mi pare di non riuscire a percepire la presenza di Volontà. La volontà, per esempio, di credere in un valore umano o di scegliere una Fede, la volontà di Cambiare. La volontà di aprirsi, di mollare le paure che riconosciamo superate, la volontà di andar oltre le reciproche ostilità, sempre latenti e in agguato non appena ci si “distrae”.
Nel Credere io ci sento un atto di Volontà e perciò che mi chiedo se forse, a volte risulti difficile Credere perché non siamo in contatto con la nostra Volontà? Questa domanda me la sto rivolgendo proprio in questi giorni. E, quanto sono disponibile a Voler credere, ancora, che Cambiare è possibile? E, quanta Fiducia mi richiede il supportare una tale Volontà se, anche di questo si tratta?
Mi chiedo quanto scritto, per un desiderio di conoscermi che mi si smuove profondamente e che sento a volte molto urgente e anche, far spazio nel metter ordine alle emozioni, ai sentimenti che provo, di ritornare a dare il loro posto a tutte le qualità per troppo tempo rinnegate, quelle che comunemente riconosciamo in quanto femminili.
Come riuscire ad amare la Natura, la bellezza Terrestre tutta se si rinnega anche il femminile che c’è in noi?
Per questo, nel desiderio che mi riconosco, apprezzo molto il lavoro che qui facciamo, ognuno alle prese con la propria rivoluzione, ognuno a contribuire in questo modo ad un rinnovamento umano e sociale, coinvolgente per ogni persona che in cuor suo senta vera questa possibilità che ora, in questo momento della storia umana, abbiamo.
Grazie ad ognuno che si trova impegnato in questa direzione!
Barbara
Molto interessante, Barbara, la tua ‘messa a fuoco’ sull’ atto di Volontà che fonda il nostro Credere e la nostra possibilità di cambiare.
Penso anch’io che sia venuto meno il contatto con la nostra Buona Volontà (quella di Assagioli e della sua Psicosintesi, per intenderci…sfortunatamente caduti quasi completamente nel dimenticatoio, ormai ) indicata come mezzo per sviluppare un impegno attivo nel migliorare se stessi.
In sostanza uno strumento per l’integrazione della personalità e la sua connessione con il Principio dell’Essere, che comporta l’ attivazione di una energia/ funzione psicologica ( la Volontà, appunto) normalmente trascurata o mal intesa.
Grazie a Filippo e a tutti quanti per gli interessanti spunti di riflessione che offrite!
mcarla
Ciao Maria Carla, l’Atto di Volontà di Assagioli che hai piacevolmente ricordato è stato forse quello che per primo, tra gli insegnamenti abbracciati, è riuscito infatti ad aprirmi un varco nella giungla di abitudini stagnanti ed attaccamenti, in cui moltissimi anni fa mi trovavo rifugiata.
Senza quel preciso varco, quell’apertura creata anche con una certa forza, così vissuta in quei momenti, senza quel preciso passaggio tutto ciò che poi mano a mano arrivava, in quanto Nuovo, forse non l’avrei saputo cogliere. Questa la mia esperienza, immagino condivisa da molti. Grazie, Barbara
Il riscoprirsi parte di un tutto è una straordinaria iniezione di ottimismo spirituale in un forte e dilagante contesto “individualista”! Grazie!
Grazie, caro Filippo, sì, anch’io credo che tutto possa ricominciare da quel atto minuscolo che è il rovesciamento nell’Aperto del nostro sguardo. Un abbraccio. Marco
Grazie a tutte e tutti voi per la vostra lettura così profonda!
Forse siamo qui proprio per questo, per superare la ferita della separazione, che ci addolora… se ci lasciamo andare un po’, iniziamo a percepire la profonda unità del Tutto in cui viviamo: rilassarci dove l’ego vorrebbe contrarsi.
Ciao, Filippo
Mi sono ritrovata nel vostro Ideale di vita e oggi più che mai capisco che nn si deve sprecare nulla…Ho 70 anni,la mia primogenita 3 anni fa è morta in un incidente stradale, aveva 41 anni ed era uno pedagogista,sono tentata a credere che lei desideri la mia iscrizione al gruppo…lo sento da circa un anno ,sono una nomma(nonnamamma tutore di una nipotina orfana di 8 anni)il termine l ha coniato mia nipote. Perché dovrei rinunciare alla vostra compagnia? Ho tanto da godere: la vita è meravigliosa! Marco carissimo, ci siamo già sentiti mesi fa, sto pregando per te, per tutti voi. Vi abbraccio e …farò parte di voi!
Ciao Maria Rosaria, un affettuosissimo e caldo abbraccio ad entrambe, nipotina e nonna mamma! E’ una cosa molto bella sentirsi unite uniti qui in terra ma anche con le persone care che abitano altre dimensioni, la Vita la sento meravigliosa proprio quando anche questa sensibilità si apre in noi.
Grazie di cuore Maria Rosaria e ciao, Barbara