Appena passato l’autunno, anche detto periodo delle piogge, siamo giunti alle fredde e soleggiate giornate d’inverno.
L’anno volge al termine e si tirano le somme delle esperienze vissute che entrano a far parte della nostra vita come esperienza diretta dell’esistenza.
Le foglie tra le tonalità del giallo e del rosso lasciano spazio ai rami, scoperti e pronti ad affrontare il freddo.
Questo periodo, così vicino al giorno della nascita del Cristo, porta con sé una piccola luce di speranza, alimentata da un debole fuoco protetto da una capanna.
Vorrei così portare nella giornata di oggi, probabilmente una giornata lavorativa, un momento di pensiero e riflessione che possa iniziare a condurci con il giusto animo ad accogliere queste feste che verranno.
Non voglio parlare dei regali, delle luci, dell’atmosfera, del consumismo, della nevrosi o di qualsiasi altro discorso sia già stato proposto e riproposto altre milioni di volte circa questo momento dell’anno.
Il 25 dicembre si annuncia la nascita dell’Uomo, dell’uomo salvatore.
L’uomo che crescerà, soffrirà, patirà e poi risorgerà.
Non oso arrivare a narrarvi una storia analoga, eppure oggi, vorrei raccontarvi, sussurrarvi, una vita di passione, ma di una donna questa volta; e approfittandone, vi proporrò l’osservazione/contemplazione di uno dei suoi primi quadri.
Il fine di questo articolo sarà dunque dare a me e a voi la possibilità di credere in una speranza di rinascita. Quel famoso mito orfico di cui spesso ci siamo trovati a parlare, o ancora il terribile viaggio di Dante dall’Inferno al Paradiso sono solo gesta parallele a quelle che ogni uomo, ascoltando il proprio coraggio, sarebbe chiamato a compiere.
Oggi ci dedichiamo alla storia di ognuno di noi passando per quella di una delle più grandi artiste del XX secolo.
Frida Kahlo è stata una stravagante e appassionata artista degli inizi del ‘900; una delle voci femminili più risonanti nel campo della pittura.
Nel 1925 però rimase vittima dello scontro tra l’autobus e un tram, alla sola età di diciotto anni. Questo evento, che la lasciò in fin di vita, cambiò profondamente la sua esistenza.
In gravissime condizioni e contro ogni previsione Frida fu in grado con il tempo di riprendere pieno possesso del suo corpo e tornare anche a camminare.
Il tutto non avvenne con facilità: fu costretta a un lunghissimo periodo di convalescenza, confinata nel suo letto e destinata a dolori lancinanti e a una profonda solitudine.
Da sempre amante della pittura e dell’arte, iniziò così una lunga produzione di autoritratti: l’introspezione e lo specchio montato sul letto a baldacchino dai suoi genitori le consentirono una via di fuga alla tristezza mortifera della realtà che aveva attorno.
La voce dei parenti che la vedevano ormai in fin di vita e le diagnosi mediche per cui non si prospettavano possibilità di sopravvivenza, sprigionarono in lei una straordinaria forza reattiva e di perseveranza: un contatto con la forza primordiale che giace in ognuno di noi, la forza selvaggia della natura dell’uomo.
Il dipinto che potete osservare è stato proprio il primo di una lunga serie di auto-ritratti ed è del 1926 (Autoritratto con abito di velluto).
Studiando e analizzando la storia della sua vita una delle caratteristiche più peculiari della sua produzione è stata, senza ombra di dubbio, la sua capacità di raccontarsi.
Attraverso i meravigliosi quadri che ha dipinto emerge una grande capacità e coraggio di fare una cosa in particolare: guardarsi dentro.
Ho scelto questa artista non solo per il valore che ha la sua figura nel femminismo moderno, o il suo contributo per la storia dell’arte o ancora per il vezzo d’icona di cui si è sempre fatto ampio uso. Ho scelto questa donna perché rappresenta come tale una esperienza di morte e rinascita.
Quando nel silenzio delle ombre riusciamo a percepire la flebile voce del nostro cuore costretto in gabbia, questo ci sussurra tenere e dolci parole, di disperazione e accoglienza allo stesso tempo. Urla sofferente “guardami, vivi portandomi con te ogni giorno, smettila di massacrarmi”.
La ricerca di un contatto con la parte più profonda di se stessi è stato ciò che ha reso grande questa artista.
Le sue tele raccontano la sua vita spezzata, la sofferenza per l’amore travagliato di un uomo poco fedele ma estremamente talentuoso, la disillusione totale per il tradimento della sorella, e ancora il dolore più grande, quello degli aborti costanti che la terranno per sempre lontana dal poter partorire un figlio.
Ecco, ho voluto raccontarvi oggi la storia di rinascita di una donna che nonostante non potesse generare una nuova vita da sé, ha combattuto tutta la vita contro la morte, dei sensi, dei sentimenti, del corpo, e ha lottato ogni giorno per rinascere solo e unicamente per il più grande degli amori, quello per se stessi.
I colori della sua patria, il Messico tumultuoso degli anni ’30, dei suoi abiti, delle sue tele, vivono e vibrano ancora oggi della tenacia e della forza di chi non si è arreso alla vita, ma ha fatto delle più grandi sofferenze motivo per risvegliarsi e lottare ogni giorno.
Non saremo forse in grado noi di cambiare il mondo nella nostra breve vita, ma se aiutare noi stessi, cambiare noi già da ora, da questo momento di fronte allo schermo di un computer, o in un bar affollato, o in biblioteca o in macchina, fosse il vero momento di rinascita? Morire alla forma triste, egoica, vorace e omicida del nostro sé per permettere alla nostra anima di vivere già da domani con la consapevolezza di riscoprire la forza che giace silente in ognuno di noi.
Non possiamo aspettare o pretendere che il tutto venga dall’altro, o dall’esterno. Non rimaniamo fermi e inermi ad attendere che questo momento ci trascini nell’oscurità vorace di una realtà sempre più orrifica e violenta.
Forse ora più che mai, possiamo cominciare a ripartire dalla fede, a ripartire dall’acqua che bagna le strade e cancella l’afosa cappa estiva per permettere al mondo di morire, per rinascere nel nuovo anno.
Possiamo anche noi affidarci alla vita e scoprire che forse, dopo il freddo, le tempeste di lacrime e gli uragani di sofferenza, possiamo sperare di rinascere in una nuova forma del nostro sé, quella consapevole e che respira i colori dell’anima.
Scrive così Frida su una pagina di diario nel 1954:
Piedi, perché li voglio se ho ali per volare
Carissima Daria,
grazie per il dono prezioso di questo racconto che, dopo quello che ci ha regalato Silvia nel post precedente, ci ricorda il dinamismo vitale che possiamo attivare in ogni momento, facendo della vita un continuo susseguirsi di inizi che ci accordano alla sinfonia dell’universo. Ed è ancora più bello quando questa forza vitale si sprigiona da una donna!
Un abbraccio e buon Natale!
Paola
Bellissimo scritto, Daria, grazie.
Mi sono commossa leggendolo: Frida è un grande esempio di umanità e tu ci incoraggi a combattere per sconfiggere la tristezza e trovare noi stessi in questo Natale di rinascita.
Un abbraccio pieno di colori.
Silvia
Bellissimi veramente i racconti di Daria e di Silvia, anche per me che non so scrivere, ma amo leggere la poesia nelle cose e nelle cose più difficili , la vita vera che atterra… difficile vedere questa poesia e quando qualcuno ti riporta lì e te la mostra con tutto il suo cuore allora sai che non è una tua illusione, ma è più vera del vero . Grazie !
Francesca
Si cara Daria, lo crediamo, lo sentiamo con tutto il cuore, attraverso te che: “affidarci alla vita e scoprire che forse, dopo il freddo, le tempeste di lacrime e gli uragani di sofferenza, possiamo sperare di rinascere in una nuova forma del nostro sé, quella consapevole e che respira i colori dell’anima.”
Acqua cristallina in cui lasciarci assorbire fiduciosamente.
Grazie! Auguri di cuore per un Natale colmo di vera gioia. Vanna
Grazie Daria per avermi fatto conoscere questa artista, ma soprattutto questa donna, simbolo del ciclo vitale che accomuna tutti quelli che non vogliono morire dentro!
Hai molto ben detto in merito, e allora cosa aggiungere….!
A U G U R I perché ognuno abbia la forza di continui ri-inizi. Un abbraccio Maria Rosaria
Today we can fully dedicate ourselves to the story of each of us passing through that of one of the greatest artists of the twentieth century.
Ciao Daria, trovo bellissimo il volto del ritratto e, trovo meraviglioso e grande il Coraggio umano!
In Silvia, in Frida nel suo tempo e in tante altre meravigliose persone che ho conosciuto e che sto conoscendo.
Ricordo e … vicino a queste persone si sente emanare una grande forza, sembrano risplendere, vicino a queste persone mi sembra quasi percepire il dono di sé, come se loro stessi si donino e questo avvenga, in qualche modo … come attraverso un loro accogliere.
Questi giorni di fine anno mi trovano in profonda riflessione, altalenando tra un po’ di tristezza ed un po’ di gioia.
In questo tempo che sento sempre più irrigidirsi da molti punti di vista … aprire la porta a sé stessi, entrarci dentro, contattare le parti più profonde, quelle più dolenti e ferite ma anche, quelle più risplendenti rimaste ignorate credendo di non meritarle! … ciò richieda un Inizio, un piccolo atto di coraggio, una volontà iniziale.
Un augurio a noi tutti di rinascere e riconoscerci, ogni giorno, esseri coraggiosi e lucenti!
Un grande abbraccio, Barbara
Cara Daria,
grazie per questo racconto sussurrato che ci invita ad entrare dentro noi stessi, ad ascoltarci in profondità, a ritrovare la forza di ricominciare.
L’intelligenza femminile è legata all’ orecchio che sa ascoltare; si fa conoscenza, visione nuova delle cose quando attraversando la terra interiore sconosciuta facciamo opera maschile in lei e cioè prendiamo la decisione e agiamo con la potenza che scopriamo nelle profondità dell’essere.
La coniugazione interiore del femminile con il maschile ci consente di concepire il figlio, di concepirci figli, di ritrovare la gioia della Vita che si rinnova e si espande in noi e attraverso noi.
Ti abbraccio nella gioia dell’ inizio…
Giuliana
Carissimi tutti…vi ringrazio di puro cuore per le vostre meravigliose testimonianze. Tanto di me giace in quanto ho scritto e sentire che quel poco del mio vissuto risuona in anime affini, quelle di sorelle e fratelli, mi riscalda. Auguro a tutti voi la possibilità di vivere un Natale di gioia, pace e rinascita. La speranza è forse l’unica cosa che può rafforzarci giorno dopo giorno, nonostante le ombre che vivono e popolano la nostra mente e le nostre giornate. Un saluto e un abbraccio, Daria
Reading and art make us more smart and broad-minded and we can continue our career. Thank you so much.
Tempo fa un’amica romana mi fece dono di una filmografia su figure femminili, e così ho scoperto “Frida” nell’omonimo film, e Sylvia Plath nel film “Sylvia”, e Virginia in “Chi ha paura di Virginia Woolf”, e tante altre: gliene sono grato.
Il profeta Dante diceva bene :”Donne ch’avete intelletto d’amore…”: per gli altri, per i figli, e per sè stesse.
E mi fa misurare la distanza che io, maschio, ho dal dono di quell’intelletto delle donne, che solo a calcioni riescono a farmi capire ciò che è loro chiaro direi naturalmente.
Quando è dotata di questa intelligenza e sensibilità la donna può vivere una vita travagliata, forse direttamente proporzionale alla misura di quei doni.
Le ferite, fisiche o morali, portano dolore che può essere distruttivo o, come per Frida, fecondo.
Ferite che diventano feritoie ( a Marco il suo copyright), che aprono il varco verso l’oltre, verso una rinascita.
Cara Daria, la tua è stata una riflessione vera e fresca, originale augurio di buon Natale.
Buon Natale a tutti, perchè l’augurio è in tempo utile per 8 giorni, per tutta l’ottava,
GianCarlo
Caro Giancarlo..non potevi scrivermi qualcosa di a me più caro e per me più vero. Parole davvero belle le tue, te ne ringrazio profondamente. Un abbraccio.