La cattedrale verde opera dell’artista olandese Marinus Boezen è stata l’immagine sulla quale il gruppo Darsi pace di Milano ha meditato e lavorato seguendo il metodo integrato del nostro laboratorio.
Una vista aerea rivela l’opera di Land Art: una cattedrale “positiva”
in cui gli alberi a portamento colonnare delimitano gli spazi e una “negativa” cioè un vuoto che ricalca per dimensioni e forma la precedente: un prato chiuso da querce e carpini.
Questa opera ha suggerito al gruppo i dualismi “pieno/vuoto”, “dentro/fuori”, “bene/male”, ha rammentato la necessità della cura verso noi stessi e quanto sia difficile liberarci di un “pensiero rappresentativo” che spesso, per paura, tratta le nostre idee come cose reali, costruendo “cattedrali” di astrazioni invece che accoglienti case di umanità, corpo di reali relazioni umane.
Il dualismo “pieno/vuoto” mi ha portato nel cuore del nostro percorso, passaggio dall’Io in conversione all’Io in relazione, momento cruciale in cui si sfalda il sistema di rappresentazione della fede e comprendiamo che la decisione di credere non avviene una volta per tutte, ma è ripetuto atto di abbandono fiducioso che ci consente di sperimentare una nuova relazione con il mistero della Vita nel quale diveniamo consapevoli di essere un miracolo, figure prodigiose della creazione.
Nell’abbandono fiducioso decidiamo di morire al vecchio Io per lasciarci rifigurare dal vero Uomo e come la cattedrale svuotata dai 178 pioppi italici che la costituiscono ritrova forma nella pienezza del bosco così l’Io umano, liquidata la forma dell’Ego, viene riplasmato nella forma dell’Uomo pienamente realizzato, l’Uomo-Dio.
Se il dualismo “pieno/vuoto” mi ha portato nel dinamismo trasformativo che oggi assume una straordinaria accelerazione e interpella l’intera umanità al cambiamento, il dualismo “dentro/fuori” ha mostrato la correlazione tra l’interiorità psichica dell’essere umano e l’ambiente che lo circonda.
Per approfondire il tema condensato nella domanda emersa nel gruppo “Dov’ è l’anima della città?”, Bruno, referente del gruppo, ha presentato una serie di slides intercalando alcuni testi tratti dal libro L’Insurrezione di Marco Guzzi, (Terzo seminario: Crisi di identità e crisi urbanistica) alle immagini della evoluzione urbana di Milano dal Tardo Impero ad oggi per esemplificare le trasformazioni della forma-città e simbolicamente della società e degli abitanti. Variazioni salienti come il rapporto tra grandezza degli edifici pubblici e i privati; cerchia muraria sempre più estesa e definita geometricamente; mutamento di edifici eminenti e simbolici (duomo, castello, lazzaretto, ospedale maggiore…); eliminazione delle mura, allargamento della città e sparizione della campagna, megalopoli.
Gli apporti dei partecipanti sono stati molteplici, ne riporto alcuni tra quelli da Bruno sintetizzati alla fine dell’incontro:
– Il cerchio come perfezione viene superato da una visione “poliedrica” in cui non ci si irrigidisce in una figura perfetta ma anche uniforme rispetto al centro, ma si percepiscono e accettano le differenze e sfaccettature del reale.
– La città è un momento essenziale di evoluzione della civiltà, ma nel contempo c’è un’ombra dell’evoluzione che si chiama “distruttività”. Come secoli di guerre dimostrano.
– Le mura evocano nella città la difesa e per converso l’assedio (paura-aggressività): sembra che abbiamo “bisogno” di avere nemici, come per sostenere la nostra distorta immagine interiore. Se siamo “gettati nel mondo” possiamo però anche pensare che “qualcuno” agisca gettandoci… La Nuova Umanità è questo stimolo per “sprigionarsi”, uscire dalla prigione in cui teniamo noi stessi.
– Le mura di Gerico cadono sette giorni dopo aver adempiuto la prescrizione: “girate per sei giorni attorno alla città in grande silenzio senza fiatare…” I muri tra di noi si abbattono facendo prima silenzio. Come li abbattiamo?
Semplicemente abbattendoli quando ci sentiamo più ben disposti verso gli altri; se non mi sento un bozzolo chiuso che percorre le vie della città pensando alle “mie cose”, ma cerco di andare oltre, di allargare l’orizzonte (i muri) cogliendo che la vita è osservazione e poi adesione.
– I muri sono anche quelli linguistici, tra etnie diverse; ma spesso la Babele più insuperabile si forma all’interno di un gruppo parlante lo stesso idioma. Allora è la “lingua interiore” ad essere differente, non siamo empatici, non “con-sentiamo” all’altro davvero di parlarci.
Il Gruppo ha percorso velocemente l’evoluzione della antica zona centrale di Milano fino alla fondazione del Duomo gotico (1386), quindi le sue trasformazioni e la lentissima costruzione terminata solo nell’Ottocento. La vicenda del Duomo con progetti grandiosi, slanci, sospensioni, riprese, varianti di progetto, utopie architettoniche irrealizzabili, cui fece da ordito anche una serie di interferenze politiche, economiche dottrinali che si sono riverberate nel cantiere del Duomo, è stata considerata come la metafora della nostra “costruzione interiore”.
L’immagine finale è stata quella del coro illuminato dalla piena luce del giorno, dove la grandiosa vetrata centrale porta in alto al centro la “raza” (sole raggiante) simbolo araldico visconteo. Voluto dal duca Gian Galeazzo come “firma araldica” sul “suo” Duomo, venne poi privato dei connotati dinastici dai milanesi, divenendo simbolicamente il Cristo, Sole di Giustizia, perfettamente orientato ad est, al sole nascente.
Un segno “egoico-dinastico” perse così un angusto significato personale diventando simbolo di un Sé-Sole che tutto abbraccia e illumina.
La cattedrale verde e il lavoro che ne è seguito mi fa vivere il laboratorio Darsi pace come un antico cantiere medioevale dove mi sento impegnata nella costruzione di una cattedrale non fatta di pietre e nemmeno di alberi, ma di nuova umanità, una umanità più relazionale e spirituale.
Per la costruzione del Duomo di Milano occorsero 450 anni, non so quanti ne richiederà il passaggio ad una nuova qualità di coscienza, io sono contenta di essere al lavoro e di lasciare a chi verrà dopo di me un’opera da continuare.
Un’opera in atto da millenni che l’uomo post moderno fatica a riconoscere forse perché nello spazio ristretto della razionalità in cui si è rinchiuso ha bisogno di ritrovare il respiro della Vita e per farlo è necessario abbandonarsi nel vuoto, in uno stato di ricezione pura nel quale possiamo ascoltare la Parola che ci rigenera e scoprire la forza della nostra creatività.
Bellissimo..mi ha fatto pensare anche alla mia città, Orvieto, distesa sopra quel masso di tufo che si erge dalla valle circostante; circondata di mura inespugnabile e senza alcuna possibilità di espansione. ….luogo di difesa- sicurezza, ma anche di sanguinose lotte interne fratricide. Forse per questo il vertiginoso slancio verso l’alto del suo straordinario Duomo…una scala per la libertà, o meglio una via di comunicazione con il cielo.
Bellissimo Giuliana grazie, leggendo ho fatto un meraviglioso viaggio spiritualmente ristoratore.
Come scrive anche Patrizia sulla sua città, nel così bel commento, mi lancia nel pensare di quanto delle nostre città, quelle in cui siamo nati e quelle in cui poi, crescendo, abbiamo scelto di vivere oppure in quelle che detestiamo e vorremmo scapparne … quanto queste, nella storia di ogni pietra posata, di ogni mattone, di ogni aspettativa umana e le storie che vi giravano intorno … quanto tutto ciò, oggi, influisca in noi quotidianamente e profondamente …
E’ uno studio veramente bello ed arricchente, un caro saluto a tutti! ciao
Barbara
Sì, è davvero bello camminare nelle nostre città osservandone le trasformazioni, comprendendo il legame dei cambiamenti esteriori con quelli interiori dell’essere umano.
Abbiamo urgente bisogno di riconoscere le nostre mura difensive, le nostre gabbie illusorie e decidere di slanciarci con fiducia verso la Vita e di imparare ad abitarla.
Il percorso in Darsi pace ci aiuta a farlo, dal luogo pacificato ed integro che contattiamo in noi stessi possiamo ricominciare ogni giorno a collaborare all’ opera creativa in atto e scoprire che proprio questa azione creativa ci umanizza, ci rende più veri e più vivi.
Grazie di averci portato nelle vostre città.
Un caro saluto, Giuliana
E bravi questi milanesi praticanti “Darsipace”, che con le parole di Giuliana ci hanno fatto vedere non solo la ragione e l’efficienza meneghine, ma anche il cuore e l’anima di quel popolo di costruttori di tanti beni.
Mi si è dipinta davanti l’immagine della pietra bianca del Duomo che ricama il cielo azzurro “così bello quando è bello”.
E’ un trionfo di bellezza intrisa dello Spirito che anima quel cielo e quei marmi, e che ha animato la ragione e la fede dei milanesi.
E’ lo stesso Spirito che anima il regno minerale e quello vegetale della cattedrale di alberi e il regno umano, creativo e contraddittorio.
Perchè è preziosa la ragione, ma da sola, senza apertura e affidamento all’infinito, resta una gabbia soffocante che può essere mortifera.
La Gualtieri fa dire al suo “Caino” scisso:” Ho calpestato quello che più amavo”. Ed è così per tutti.
L’uomo è la coscienza dei tre regni ed ha capacità distruttive quando è nell’ignoranza e lontano da Dio, e grandi capacità co-creative quando è nell’integrità.
Quella che cerchiamo di raggiungere nella fatica e nel piacere della meditazione quotidiana.
Grazie Patrizia per le parole orvietane belle vere e forti.
GianCarlo
Meditare sulle opere d’arte, come accade nel gruppo di Milano, mi porta dentro la Bellezza, ne ho tanto bisogno, e la ricerca che condividiamo aiutati dagli strumenti del nostro laboratorio mi avvicina al Luogo in cui posso ricontattarla.
La mancanza di creatività che viviamo è mancanza di Pensiero, di Parola vivente dalla quale torni a trasparire energia di creazione e di ri-creazione capace di riportare ordine nella confusione, luce, bellezza, benevolenza rinnovando i prodigi dell’ “In – principio “.
Impegnarci nella costruzione di cattedrali di nuova umanità è lungo lavoro che “non avviene senza perplessità e contraddizioni tra il vecchio che si ostina a restare e il nuovo che si sforza di nascere né senza forti sofferenze” (Leonardo Boff) ma credo sia l’unico da compiere, il solo che ci permette di procedere nel processo di umanizzazione, di realizzare una umanità più capace di benevolenza da ammirare come ammiriamo, ancora adesso, il Duomo di Milano, di Orvieto e tante altre opere d’arte.
Grazie Giancarlo!
Ti abbraccio, Giuliana
Queste riflessioni profonde mi toccano nella correlazione tra interiorità psichica ed ambiente e mi hanno sollecitato una semplice riflessione collegata alla storia della portinaia Apollonia , letta in classe in occasione del giorno della memoria. Daniel, un bambino ebreo che vive in una città subendo tutti gli aspetti negativi della guerra, viene salvato con la madre dalla deportazione da Apollonia, la portinaia del palazzo, creduta una strega dal bambino a causa il suo aspetto arcigno. Un gesto di umanità in un fuori di guerra, un pensiero positivo relazionato che si realizza nel luogo più buio, proprio lì c’è la salvezza. I bambini di oggi hanno un forte senso del realismo e vivono un tempo di sofferenza che assorbono dagli adulti . Condurli attraverso la mediazione delle storie a riflettere, a prendere sempre un po’ più consapevolezza della loro capacità e possibilità di realizzare e trasformare in azioni positive il proprio pensiero, li fa essere costruttori di città/ mondo sempre più in relazione e in pace in questo qui e adesso dove si respira già il futuro.
Grazie ! Ti abbraccio, Rosanna.
Cara Rosanna,
oggi siamo chiamati singolarmente e a livello collettivo a decidere che uomini e che donne vogliamo essere, ne va della sopravvivenza della specie umana sulla terra.
Se vogliamo relazionarci in modo più umano, scambiarci gesti di umanità, dobbiamo avere l’umiltà di riconoscere le nostre negatività e sperimentare di esserne sanati e rigenerati.
Solo abitando una interiorità relazionale, alimentandoci alle fonti di un Pensiero creativo, potremo rendere più abitabili gli spazi familiari, i luoghi di lavoro, le città.
Imparando a tornare bambini riusciremo a non appesantire i bambini con la nostra sofferenza non riconosciuta o rimossa.
Costruire cattedrali di nuova umanità è lavoro che ci consente di progredire nel processo di umanizzazione, di realizzazione di una umanità più capace di benevolenza.
Grazie per la tua risonanza e un abbraccio, Giuliana
Grazie, carissima Giuliana, di questo post che fin dalla scelta dell’opera dell’artista olandese M Boezen, rivela il metodo integrato del percorso che fai dentro il grande gruppo DP , dentro il gruppo di Milano e dentro le profondità della tua cella interiore. Dentro e fuori- pieno e vuoto sono davvero luoghi dell’anima che sono strettamente intrecciati dentro le fibre della nostra conoscenza intellettiva, emotiva, sensoriale. Come ho sperimentato leggendo questo post che mi ha trasmesso in sintesi l’essenza di una visione “poliedrica” piena di bellezza e di fiducia.
Le mura delle nostre Gerico interiori, quelle delle nostre città medioevali, quelle di oggi che continuiamo ad erigere coi fili spinati delle nostre insane paure, possono restare “incinta” e con-sentirci di aprire porte e varchi per ritornare bambini e concepire una nuova Umanità che mette al centro la sacralità di ogni persona e cambia le nostre visioni distorte. La grande Bellezza è fare questo percorso di umanizzazione e di risonanza che ci tiene connessi con il cielo…un caldo abbraccio a te, a Milano, al Mondo e alla sua Bellezza.
Giuseppina
Carissima Giuseppina,
grazie a te per la tua risonanza e per la tua affettuosa vicinanza.
Integrare i livelli spirituale, culturale e psicologico aiuta a toccare le nostre profondità, ad attraversare le paure che ci abitano e ad elevarci sulle frequenze dello Spirito aprendoci al mistero che siamo, ad una conoscenza che si svela e si rivela regalandoci attimi di Bellezza e di Soavità.
Riconnetterci a noi stessi e al cielo è la via per diventare sempre più umani, oggi siamo chiamati a decidere con determinazione, sia personalmente che come umanità, di cambiare mente per predisporci al salto di coscienza che il processo di umanizzazione richiede.
Nel laboratorio Darsi pace imparo ad abitare la mia cella interiore sentendomi connessa al Tutto; questo mi dona gioia e ravviva la speranza.
Ti abbraccio, Giuliana