Camminare in lungo e in largo in una chiesa romanica, bella, abbastanza grande
(….) o una chiesa gotica(….) o barocca (….), e non pensare a niente, niente di niente. Lasciar errare lo sguardo, lasciar cantare la pietra, lasciare che il luogo dica ed andarsene, dopo un po’, senza alcuna fretta. (Tratto da: Cahiers pour croire aujourd’hui di Maurice Bellet)
Sto leggendo degli approfondimenti su Maurice Bellet, un autore di Crocevia, la collana diretta da Marco Guzzi per le Paoline, e vengo per caso a contatto con lo scritto sopracitato, ne resto affascinata.
Quello descritto è il primo modo tra diciassette (sono i più vari, e ognuno di loro conquista per qualche motivo), consigliati a coloro che sono disperati dal dovere di pregare -il sottotitolo recita proprio così- una categoria che rispecchia dubbi e resistenza interne a molti, a me certamente.
Con un misto di curiosità e divertimento sono catturata dall’idea che anche Bellet, fine teologo (e aggiungo psicoanalista e filosofo) abbia potuto provare questi momenti e sperimentare degli antidoti, e poi mi dico che se questo è un modo di pregare, certamente io l’ho praticato da sempre, anche quando credevo di non credere.
Allora devo pensare che pregavo senza sapere di pregare?
Comunque, appena lo leggo mi ci riconosco, e poiché nel frattempo ho veramente incominciato a pregare, mi dico che è subito il caso di sperimentare l’esperienza da questo nuovo punto di vista.
Ho la possibilità di farlo oggi, una fortunata mattina di domenica, in cui sono sola e senza impegni di sorta, mi piacerebbe poter scegliere San Pietro, la chiesa che ad ogni visita mi riserva nuove sorprese, ma temo molto le orde di turisti che di domenica sicuramente l’affollano, mi vengono in mente altre basiliche come San Paolo e San Giovanni, sono molto lontane però da casa mia e poi non ho per loro una particolare simpatia, mi ricordo infine di Santa Maria Maggiore, da tanto tempo non la vedo, ma le immagini che la memoria mi propone sono buone.
Tanto basta. Salgo in macchina e vado.
Una lunga coda davanti alla chiesa invece di scoraggiarmi ha l’effetto di aumentare il desiderio di entrare nella penombra fresca, e indubbiamente, quando finalmente arriva, il momento è piacevole, nonostante varchi la soglia fastidiosamente stretta tra ali di folla cui resisto e a cui sfuggo fermandomi: molti stimoli mi corrono incontro, il suono grave dell’organo in sottofondo mi chiama e mi induce ad ignorare il brusìo prodotto dai visitatori, gli occhi ancora abituati all’abbagliante luce esterna stentano a vedere, ma gli spazi grandiosi, le colonne monumentali, i giochi di trasparenze creati dalle sciabolate di luce che entrano dalle alte e ampie finestre, mi fanno sentire un’impressione profonda, un cambiamento pervasivo e intenso di orizzonte interiore.
Entro del tutto e cammino piano, come consigliato, senza pensare ad alcunché, guardo l’alto soffitto a cassettoni dorati, non sto a chiedermi in quale periodo può essere stato costruito, se è oro vero quello che lo riveste, mi soffermo a leggere iscrizioni in latino su un sepolcro, percepisco il senso, ma non tento neppure di tradurle, guardo attentamente la fisionomia, scolpita nel marmo, di un cardinale che guarda oltre me con occhi visionari, cerco, vicino all’altare maggiore, la tomba di Gian Lorenzo Bernini, ne ricavo un’impressione di umiltà, non la ricordavo così spoglia.
Vedo che molti turisti si confessano, attirati dalle scritte nella loro lingua, sopra i confessionali, la confessione avviene a viso aperto, la tenda è tirata e il confessando parla in faccia al confessore.
Gente che va e viene, molta, troppa per potersi raccogliere in preghiera, in meditazione.
E tuttavia quei sepolcri, quegli ori, quelle colonne maestose, noncuranti della confusione, parlano un linguaggio che attinge direttamente alle profondità del mio essere, ed è quanto di più vicino all’eterno io possa immaginare, quello spazio visto nella sua interezza dà al mio respiro una ampiezza infinita.
Rimango lì a guardarmi intorno, a cercare di entrare quanto più possibile in quella dimensione atemporale e mi ricordo allora di una frase che ritorna di frequente nelle meditazioni con Marco:
“…questo, ora, è veramente un momento meraviglioso.”
È vero, lo sento autenticamente, intensamente bello, come se si fosse spalancata una nuova dimensione di armonia e di grazia, un flusso che mi attraversa e non trovando impedimenti, parla direttamente, con semplicità, alla mia anima incarnata, vorrei intrattenermi, parlarci più a lungo, ma il flusso di gente che esce mi sospinge verso l’uscita; accompagnata da questa pace cedo, ora non c’è in me alcuna traccia dell’irritazione che sentivo all’ingresso, non mi accorgo quasi della folla, sono trasformata, pacificata, come dopo una preghiera, come dopo un contatto profondo con lo Spirito.
Allora, con un sentimento di profonda gratitudine, riconosco che Bellet aveva ragione e, di slancio, progetto di sperimentare, uno dopo l’altro, nei giorni che verranno, i 16 restanti inediti suggerimenti di preghiera.
Grazie Bellet!
Felice di ritrovarmi in Bellet e in tutti coloro che ‘pregano ‘ ammirando il creato in tutte le sue più diversificate forme …. Credo di aver pregato ammirando le opere d’arte della natura e i suoi immensi spazi …..
grazie Grazia. Puoi per favore dire di quale libro si tratta? O da dove hai tratto questo suggerimento? E’ un libro tradotto? Saluti.
Grazie, Grazia! (Un nome, una garanzia..)
bellissimo questo tuo racconto di una contempl-azione che ti ha fatto sperimentare l’azione trasformativa dello Spirito.
E grazie per avermi suggerito un libro facendomi venire la voglia di leggerlo! Grazie e buona esplorazione dei restanti altri 16 modi.. Se poi volessi condividerne la sperimentazione ne sarò felice!
Caro Michele, il testo dei ‘17 modi di pregare senza averne l’aria’ non è tratto da un libro pubblicato ma viene dalla pubblicazione di una rivista che si chiamava: Cahiers pour croire aujourd’hui, uso il passato perchè da molto tempo ha cessato di esistere. Ma se ti interessa, il testo si trova con facilità sul web, se vuoi posso anche inviartelo io che l’ho ottenuto per questa via. Nel caso fammi avere i tuoi dati. Ciao, grazie a te.
Cara Isabella, mi fa molto piacere che tu abbia apprezzato la mia esperienza dei suggerimenti di Bellet, sto sperimentando i restanti 16, ti prometto che avrai mie notizie. Grazie dell’intervento.
Thanks I didn’t know what it stood for
Io non sono cristiano.
Il mio modo di pregare per qualcuno, è “desiderare per lei/lui, il bene che merita”.
Mia moglie è cristiana.
Così, quando lei mi dice che sarebbe buona cosa pregare per qualcuno, le dico che si, lo faccio.
A modo mio, prego.