RISCOPRIRE LA FORZA DEL DESIDERIO. La crisi che viviamo ci invita a lasciar emergere la nostra umanità

Commenti

  1. Maria Carla dice

    Davvero bello e ‘importante’ questo post…nel leggerlo mi sono subito venuti alla mente i versi di Pablo Neruda
    “Potranno tagliare tutti i fiori ma non fermeranno mai la primavera!”
    Grazie Filippo…
    mcarla

  2. Giuseppina Nieddu dice

    Grazie, Filippo per il post, molto articolato e profondo e per l ‘immagine scelta. La tua libera, poetica interpetrazione della Battaglia delle Argonne di Magritte del 1959, illumina il senso dello scontro epocale che sta vivendo l’uomo di oggi e vissuta dall’uomo di ogni tempo quando urge e si impone una Svolta che ci porta sul crinale della Storia.

  3. beatrice ciardi dice

    ipotesi: l’inquietudine è strutturale? cioè prima che l’inquietudine nasca da una attitudine, una modalità di pensiero, una visione della vita… risiede nella struttura del sistema nervoso?
    emisfero sinistro: conservazione, rifletto, paura…emisfero destro: desiderio di futuro, scoperta, ignoto…. come si mette d’accordo l’acqua con il fuoco? Tutta la vita siamo in bilico su vado? mi butto? lo faccio? lo dico? e tra aspetto? rifletto? evito?… in sostanza tra mi piace e non mi piace
    Se vale ciò alla fine si sceglie per caso e poi gli si dà una ragione, compito arduo del corpo calloso che deve mediare tra questi 2 emisferi
    se fosse così? se di base l’inquietudine fosse strutturale ? e poi diventa pensiero?
    se fosse così “dividi et impera” strategia del potere sociale di incrementare l’inquietudine ( che in base a tale ipotesi è connaturata nel cervello) inizia proprio con un lavoro , oserei dire, studiato a tavolino prima nelle nostre menti e poi di riflesso tra gli umani
    conclusione: se fosse coì allora bisogna cambiare il cervello e poi possiamo capire, quindi modificare la struttura per cambiare funzione, ancora una volta urge un lavoro interiore a cui è chiamato l’uomo, un lavoro che modifica la base, la radice.
    Prima si deve cambiare e poi si può capire, comprendere
    cambiare il cervello per cambiare la mente
    grazie

  4. Grazie per la riflessione che condivido pienamente. Noto però, nell’Opera di Magritte, che si libra nell’aria non solo la nube ma anche il macigno. Perché un macigno volante, così, come invece è naturale, per una nube?….Inoltre, mi resta imprecisato, in un possibile scontro fra i due, quale possa avere la meglio, eliminando l’altro. Forse, allora, una fusione, una integrazione fra essi?….In tal caso…un pensiero sì oscuro, la nube, che diviene un macigno! Auspicabile una dissoluzione di entrambe.

  5. Domenico Rosso dice

    Belle e necessarie riflessioni ma, come spesso accade, noi esseri umani siamo ormai abituati a versare fiumi di parole (e spesso confuse) quando basta meditare ogni giorno la Parola di Dio per trovare più risposte e imparare a tacere un po’ di più.
    Proprio stamattina nell’aprire il libro del profeta Osea mi sono fermato a meditare queste profonde parole che Dio pone sulle labbra del profeta: “Me ne ritornerò alla mia dimora, finchè non sconteranno la pena e cercheranno il mio volto, e ricorreranno a me nella loro angoscia” (Osea 5,15).
    E cosa dire dello stupendo Salmo 63,2: “o Dio, tu sei il mio Dio, dall’aurora io ti cerco, ha sete di te l’anima mia, desidera te la mia carne in terra arida, assetata, senz’acqua”.
    In fondo basta Credere, imparare a far più silenzio per lasciare più spazio alle Parole di vita eterna.
    Un caro saluto a tutti

  6. Grazie Filippo, un articolo molto bello e molto lucido, con una chiarezza che manca “sorprendentemente” (ma non troppo…) in diverse elaborate analisi dei disagi contemporanei. Ma come accade spesso, se l’uomo non vuol vedere, la sua parte emozionale, creativa, spesso va più a fondo, perché non si rassegna a non dare un “nome” alle cose, un “senso” al cosmo. Quel “ripartire dalle emozioni” messo all’inizio del manuale Darsi Pace, come una chiave di volta di ciò che seguirà, che è un atto di estrema onestà intellettuale, Riprendo ed espando pensieri abbozzati in altra sede.

    “Riflettere, soffermarsi sul senso delle cose, non è considerato funzionale in quanto inceppa la catena di montaggio”. Ovvero, “The show must go on”, la produzione non deve rallentare, è l’unica divinità che ci rimane. Il misurabile, il quantificabile. Il trionfo cartesiano è totale laddove l’uomo perde la sua unicità, si detronizza da solo, in un delirio di masochismo, spacciato per consapevolezza. In un malinteso tentativo di riequilibrio dell’egocentrismo passato, scopre un egocentrismo a sottrazione, ma sempre letale. Anzi, ancora di più. Pirandello ed Eliot sono limpidissimi in questa denuncia.

    A livello esperienziale, la lettura di questo tuo articolo mi ha ricordato la rock opera “The Wall” dei Pink Floyd (siamo alla transizione tra i ’70 e gli ’80 del secolo scorso), dove il grido disperato/aggressivo dell’uomo sottoposto a massificazione fin dall’infanzia, a mercificazione globale e puntuale (e consideriamo che non c’era ancora Internet…) percorre tutta la tavolozza espressiva, tra una deriva di violenza marcatamente neonazista alla disperazione personale più struggente, dove però affiora a tratti, irredimibile, intestirpabile, direi irredimibile – anche se mille volte brutalizzata – l’evidenza e speranza di una felicità possibile…

    “When I was a child
    I caught a fleeting glimpse
    Out of the corner of my eye
    I turned to look but it was gone
    I cannot put my finger on it now
    The child is grown
    The dream is gone”

    https://www.youtube.com/watch?v=_FrOQC-zEog

    Questa “Confortably numb” (piacevolmente insensibile) che – per inciso – contiene a mio avviso l’assolo di chitarra elettrica più lacerante, più dolcemente struggente che mi sia capitato di ascoltare in assoluto.

    Un’opera che è stata spesso fraintesa, ma trattiene esattamente questa inquietudine, ed insieme il desiderio potente di una rivoluzione, che non trova però le coordinate operative, rimane quasi congelata nell’evidenza del disagio. Personale, sociale, politico: è incredibile notare come i registri espressivi si mescolino mentre ci si addentra nell’opera. Come dire, non sono separabili, sono intimamente connessi (cosa che sarà sapientemente ripresa nella canzone “The Final Cut” dell’album seguente, che considero uno dei testi più belli della storia del rock, dove l’amalgama tra la metafora bellica e il disagio esistenziale personale arriva a livelli di eccellenza assoluti).

    Questa coordinate di una rivoluzione necessaria, portata a un livello di necessità struggente, oltre tutto il chiacchiericcio televisivo (“I have thirty channel of sheet to choose from” confessa desolato Pink in “Nobody Home”) – che appunto, tu delinei come “lavorabili” nella seconda parte del tuo intervento.

    Grazie!

  7. Filippo Tocci dice

    Grazie Maria Carla e Giuseppina! Anche io avverto questa esigenza di una Svolta imminente, che a tratti può apparire minacciosa ma solo dalla prospettiva di ciò che è destinato a svanire.

    @Beatrice: anche a me pare proprio così, ci vengono somministrati degli “anestetici” con cui cessare di avvertire questa inquietudine, oppure per dirottarla verso scopi consumistici. Come sperimentiamo nel lavoro interiore, è possibile pregustare una quiete autentica, certo da ritrovare ogni giorno e in ogni istante: non esiste solo la fuga ma anche l’accoglienza.

  8. Filippo Tocci dice

    @Giovanni: anche la dissoluzione in effetti è un’ipotesi. Condivido con te l’idea che comunque quegli elementi di pesantezza e obnubilamento possano rivelarsi illusori.

    @Domenico: non posso che condividere quanto affermi, per me scrivere è anche proprio un modo di fare chiarezza e dissolvere una confusione di pensieri e idee che altrimenti rimarrebbero nell’indistinto. La dinamica dell’ascolto silenzioso, a cui tu giustamente richiami, non esclude quella della comunicazione, e trovo convincente una tradizione religiosa come quella cristiana, che concilia il logos biblico con il logos filosofico.

  9. Filippo Tocci dice

    Grazie a te Marco per il contributo! In effetti citi un’opera che apprezzo molto, così come credo sia molto vitale quel grido di dolore e denuncia, che poi vorrebbe in qualche modo purificarsi e sgorgare in un nuovo canto libero e gioioso.
    Filippo

  10. Carmela De Santo dice

    Caro Filippo,grazie per questo bellissimo post. È vero: il senso che cerchiamo nel mondo risiede nell’ altrove del nostro ” desiderio”, è nel profondo della nostra anima, del nostro Se Superiore e sarà il ” noi” , come dice don Ciotti, a partorirlo. A noi, cercatori di Luce, inventare il nuovo mondo!

  11. Filippo Tocci dice

    Grazie per il tuo commento Carmela! Proprio così, e quindi diventiamo co-creatori di un desiderio che ci abita… La nostra esperienza umana non è già data, ma nasce dal modo con cui rispondiamo all’appello, ognuno con i suoi tempi e modi. Filippo

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  1. […] valore. Non dobbiamo più ritrarci e fuggire, possiamo espanderci, prendere lo spazio che ci serve, ascoltare il desiderio che ci motiva da dentro.Non aspettavamo altro che una parola di liberazione, ma l’ubriacatura ci […]

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