Ora tutti gli italiani sanno cosa è uno strallo, ma non sanno perché lo strallo ha ceduto.
Il Paese che ci ha abituato a grandi inchieste, alla controinformazione, alla ricerca delle cause politiche degli accadimenti, e che si è inoltrato sulle strade delle dietrologie più ardite, ora, su questa tragedia, balbetta sulla società Autostrade e parla sottovoce dei Benetton “amici”.
Il governo di M5S e Lega vuole chiarezza e pubblica documenti riservati, e va bene.
La magistratura mette sotto inchiesta 20 persone che hanno formali responsabilità.
Quello che manca in modo stupefacente è l’analisi dell’humus in cui si è sviluppata nel tempo la cultura che ha generato un gran numero di progetti e realizzazioni che sono collassate.
Mi sembra evidente che una cultura che provoca tanti disastri sia una cultura fallimentare.
Il baco che la fa marcire è difficile da eliminare perché sta ancora ingrassando non solo nella casta degli architetti ma anche in gran parte degli intellettuali progressisti.
La modernità, nell’entusiasmo dell’illuminismo che ha fatto divampare il fuoco dei lumi e sprigionato la potenza della scienza e della tecnica, nel secolo scorso ha perso l’equilibrio.
Prima è precipitata in guerre e dittature, poi ha ripreso il percorso indicato da Rousseau pensando che fosse fallito perché applicato in modo insufficiente (Rousseau si illudeva che bastasse dare più educazione ai cittadini e fare buone leggi per risolvere i problemi dell’umanità).
E’ in questa ripresa che si è insistito nella direzione del progresso dell’umanità senza vedere che c’era un’errore di fondo, che mancava qualcosa di essenziale, consistente nel riconoscere i fallimenti cui l’uomo va incontro quando agisce affermando la sua piena auto-sufficienza ed auto-nomia.
Questo atteggiamento probabilmente ha spinto molti architetti a sentirsi creatori fino a sfidare ogni limite, forse in delirio di onnipotenza, come Icaro.
Perciò il crollo del ponte è metafora di una cultura che crolla a causa della sua arroganza e superbia.
Questa vicenda potrebbe essere una buona occasione per apprendere lezioni importanti.
La prima consiste nel prendere atto che noi stessi, e soprattutto quelli di noi che hanno più di 50 anni, siamo intrisi di ideologia e non possiamo non ragionare in termini prima di tutto politici: è specificità italiana ed eredità sessantottina.
Un’altra è che non ci siamo accorti che la politica, nobile ed ineludibile, era diventata pervasiva, si vedeva dovunque l’implicazione politica, si davano responsabilità di ogni evento alla politica, e soprattutto si riteneva che politiche fossero le soluzioni alla maggior parte dei problemi.
Dire politiche significava dire limitate alla sfera della ragione e alla sfera dell’economia, e più precisamente alla sfera del “materialismo d’accatto”, come dice efficacemente un amico comune.
Il nostro percorso iniziatico ci dà l’opportunità di vedere che la politica è necessaria ma non sufficiente.
Abbiamo capito che dobbiamo portare il percorso iniziatico nella politica.
Ma sappiamo che noi diamo ancora troppo spazio alla politica rispetto al nostro percorso iniziatico.
Dobbiamo tener presente che libertà e democrazia si sono sviluppate in Europa ed in occidente innanzitutto grazie alla cultura greco-giudaico-cristiana, ma poi sono state sostenute dal welfare.
E’ vero che la modernità è ambigua e contiene elementi messianici ed elementi anticristici.
Sappiamo che la democrazia ha bisogno del welfare che l’economia può produrre.
Ma ora sappiamo che le ferite della democrazia e la sua sofferenza derivano da una mancanza.
Manca, e tocca a noi costruirlo, “il passare reiteratamente dalla forma egocentrata dell’io bellico a quella relazionale e procreativa del Figlio” ( “Fede e rivoluzione” di M. Guzzi).
Come? Ma qui non dobbiamo avere paura: “by trial and error”, si va per tentativi ed errori.
Non mi faccio ostacolare né condizionare dalla realtà politica contingente, dai partiti presenti oggi sulla scena o dalle scadenze elettorali che si susseguono noiosissime.
Non teniamo lo sguardo fisso sui risultati elettorali, o peggio, sui sondaggi spesso fraudolenti.
Dobbiamo alzare lo sguardo e scrutare orizzonti vasti: tenendo in mano la chiave d’oro del percorso iniziatico nostro personale e di qualunque realtà politica lo voglia ascoltare.
Grazie Giancarlo.
Lasciami confessare che leggendo il titolo, così legato all’attualità anche dolorosa, “temevo” un post che additasse responsabilità e vagliasse elenchi di buoni e cattivi (cosa anche comprensibile, da un certo punto di vista). Invece i miei sospetti erano (probabilmente) piccoli, infondati – perché in realtà il post è molto più “arioso” e profondo. Rilegge la politica in contatto stretto con il percorso iniziatico in senso libero, libero: non dobbiamo percorrere una strada angusta, ma appunto “dobbiamo alzare lo sguardo e scrutare orizzonti vasti: tenendo in mano la chiave d’oro del percorso iniziatico nostro personale e di qualunque realtà politica lo voglia ascoltare.”
Un abbraccio,
Marco
Caro Giancarlo,
ti ringrazia di cuore per questo bellissimo post una che abita e vive a Genova e che la tragedia del ponte crollato l’ha vissuta da vicino. Questa ferita è profonda e lascia tuttora le sue ricadute negative nella vita quotidiana della mia città.
Condivido in pieno la visione storica, politica e iniziatica che tu proponi. “Dobbiamo alzare lo sguardo e scrutare orizzonti vasti: tenendo in mano la chiave d’oro del percorso iniziatico nostro personale e di qualunque realtà politica lo voglia ascoltare”. Più vado avanti nel mio e nel nostro cammino di Darsi pace e più sono convinta che il paziente lavoro di liberazione interiore possa portare frutti nella nostra società malata e corrotta. Grazie ancora.
Un abbraccio.
Maria Letizia
Grazie a te, caro Marco.
Nelle tue parole sento affetto, stima, ascolto e dialogo: come non poteva non essere da te.
Confesso anche io un po’ di trepidazione su come potessi riuscire ad esprimermi e come potessero essere accolte le parole di me che sono in ricerca, e che nella meditazione chiedo ogni giorno di riuscire ad ascoltare il mio io relazionale e quindi l’altro.
Trovo bellissimo che nelle nostre diverse sensibilità, in parte identiche in parte distinte e distanti, noi possiamo remare insieme sulla navicella di “Darsi Pace”, piccola, ma alla quale sappiamo dare un potente impulso creativo.
Questo ci è dato perchè siamo affratellati sull’essenziale, ci abbandoniamo all’atto di fede che ci permette di diventare canali dello spirito, di ricevere e di dare quanto riceviamo.
Tu scruti l’uni-verso infinito, come i Re Magi che “si consumavano gli occhi del cuore”, dice un inno di padre David Maria Turoldo, e da poeta scruti dentro il piccolo uomo.
Piccolo ma che contiene l’uni-verso: “cos’è mai questo Figlio dell’uomo che Tu abbia di lui tale cura?” ( versione poetica del Salmo 8,5 sempre di padre David).
Insieme, senza certezze assolute, cerchiamo i modi possibili di incarnare ciò in cui crediamo.
Ti abbraccio, Giancarlo
Cara Maria Letizia, nella ferita di Genova tu vedi le conseguenze del peccato originale, ma al tempo stesso nutri la convinzione che c’è la possibilità di guarigione e liberazione.
Gli studi dicono che Genova invecchia, è meta di molti immigrati, i camalli sono delusi, troppi giovani se ne vanno.
Ma ha tante risorse e potenzialità:
Renzo Piano, che non mi è parso arrogante, e quando dice che il prossimo ponte deve durare 1000 anni fa un cenno di autocritica: spero che sappia andare alle radici del peccato della casta degli architetti;
Grillo, che sul ponte ha sbagliato molto in passato, ma sembra che non continuerà nell’errore;
Pinotti che penso saprà capire i limiti della sua matrice culturale, e quindi collaborare costruttivamente;
Toti non è un barricadero, e lavorerà per risolvere il problema reale.
auguri sinceri a te e alla tua Genova, Giancarlo
Caro Giancarlo!
Sono genovese anch’io e amo la mia città. Quando si è diffusa la notizia del crollo del ponte, ho pensato con sgomento alla drammatica situazione di Genova, già in crisi economica e culturale da tempo. ma ho anche intuito che questo scendere nell’abisso, questo toccare il fondo può essere un’occasione per rinascere, per diventare nuovi. Questa speranza , nonostante tutto, qua e là si avverte, ci si impegna di più, ci si riunisce, si cerca di comprendere, ora che tutto il mondo ci guarda e cerca di capire la nostra storia, il nostro territorio. Molti, anche nel nostro piccolo, ci sentiamo protagonisti e responsabili, come se ci risvegliassimo, dopo un sonno troppo prolungato. Mariapia
Cara Mariapia, la tua presenza in Genova è costruttiva, il tuo pensiero buono è una risorsa operativa realmente, adesso.
Tutto l’amore che hai dato alla tua città, tutto quello che stai facendo nelle relazioni con i tuoi concittadini, noi sappiamo che confluisce a dare forza e direzione buona tanto a chi opera nelle istituzioni, tutti, come ai privati cittadini.
E’ importante risvegliarsi insieme, rileggere la propria storia per purificarla, darle nuova linfa, come voi state facendo.
Un abbraccio, Giancarlo
Caro Giancarlo,
rispetto la tua disamina di natura politica e mi fermo qui.
Ma sulla tragedia che ha colpito il nostro paese, l’Italia, mi sembra valga la pena, sommessamente, di rilevare alcune cose:
1. il ponte è crollato per precisi motivi tecnici;
2. in quasi quaranta anni di attività nel settore delle costruzioni non ho mai incontrato alcuna casta degli architetti, ma varie caste di ignoranti, si;
3. oggi è una moda crocifiggere gli intellettuali progressisti : tutto ciò che di male è stato fatto è colpa loro, ma io continuo a sognare e a credere nel progresso.
In tutta amicizia, non darti dare la pena di replicare, perchè … si è trattato solo di uno scambio di battute davanti alla macchina del caffè!
😉
Ciao
Marco F.
Caro Giancarlo, In questi giorni mi è capitato di leggere un articolo che si riferiva a un libro di Sascia, un libro che ha una certa attinenza con quello che scrivi. Il libro è “Nero su nero”.
Scriveva Sciascia “Intorno al 1963 si è verificato in Italia un evento insospettabile e forse ancora, se non da pochi, sospettato. Nasceva e cominciava ad ascendere il cretino di sinistra: ma mimetizzato nel discorso intelligente, nel discorso problematico e capillare.”
In un altro intervento di quegli anni Sciascia notava: “Il guaio della sinistra in Italia è di aver seminato una doppia morale: una cosa è giusta se è fatta da un uomo di sinistra o da un gruppo o da un partito di sinistra; sbagliata se fatta da un uomo di destra”.
Mi ha fatto pensare a quanto sono stato cretino in passato e a quanto posso esserlo anche ora. Nel senso che una qualsiasi visione del mondo, politica ma non solo, ha costantemente questo rischio: quello di ottenebrare il discernimento, quello di non farti vedere la Realtà.
Come fare?
Giungo alla tua stessa conclusione: raffinare la chiave d’oro del percorso iniziatico personale, cercando,senza certezze assolute, i modi possibili per incarnare ciò in cui crediamo.
Un caro saluto
Caro Aldo, scrivo ora perchè sono stato 15 giorni senza computer, e ovviamente sono sopravvissuto.
Tu stai “realizzando” una trasformazione che tiene insieme il livello iniziatico con quello culturale e quello politico.
Ci costa ammettere che siamo stati, in parte, “cretini”, ma ci conforta che abbiamo fatto un primo passo di uscita da quella disperazione che ci accecava facendoci indossare una maschera sia a livello esistenziale che a livello politico.
Tu, ma credo diversi di noi, stiamo incarnando quei passaggi di cui Antonella parla nel post di ieri che ho solo scorso, e ne hai scritto prima del suo post: quasi una riprova in antecedenza.
Sciascia simpaticamente definisce cretini quelli che eravamo, e noi oggi abbiamo la possibilità di capire cosa era in realtà quel cretinismo, e invece di amareggiarcene ne siamo contenti perchè abbiamo trovato la chiave d’oro per uscire da quella gabbia: non abbiamo la presunzione di avere chiari i passaggi che ci aspettano, ma ci lavoriamo.
Un caro saluto anche a te, Giancarlo