Tutto ciò che oggi non parli direttamente dalle e alle viscere, è destinato a mio avviso a defluire presto nel dimenticatoio. Viviamo infatti un tempo limite, nel quale l’essere umano è chiamato a operare una scelta decisiva fra autodistruzione e ricominciamento. Come scrive Nikolaj Berdjaev:
«Ciò che sta accadendo nel mondo in tutti i suoi ambiti è l’apocalisse di un’intera, immensa epoca cosmica, la fine del vecchio mondo e il preludio del mondo nuovo. (..)La via per arrivare a questo tipo di creazione vuole che si accetti di sopportare questo turbine cosmico, animati dalla fede nella indefettibilità dello spirito creativo, del nucleo dell’“io” chiamato all’opera creatrice in una nuova epoca mondiale. L’uomo non è lo strumento passivo del processo mondiale e di tutte le degenerazioni che in esso avvengono: è un creatore attivo».[1]
Ciò che accade a livello sociale e politico è speculare a ciò che avviene dentro ciascuno di noi. Viviamo un tempo di grande complessità, di caduta delle grandi ideologie del passato e del crollo delle varie narrazioni della storia. È come se stessimo vivendo un passaggio, che implica sempre un attraversamento del vuoto, nel quale si disintegrano le fondamenta di un modo di essere che non ha più spinta propulsiva. Il compito assegnato all’essere umano contemporaneo è perciò quello della procreazione di una nuova epoca del mondo. Anche a livello personale infatti, attraversiamo fasi oscure, momenti di sconforto assoluto, ombre, dolori, incomprensioni. Questo tempo spesso potrebbe quasi sembrare che ci stritoli, ottundendo i nostri sensi e l’immaginazione. Le speranze perdono di potenza, subordinandosi alle logiche spietate del principio di realtà e di austerità che la visione del mondo dominante instilla nelle menti e nei cuori. Tendiamo quindi magari a separarci, a difenderci in vari modi, dando credito a quelle voci che ci vorrebbero convincere del fatto che è “stando per conto nostro e cavandocela da soli che possiamo farcela”. Un mondo pieno di individui disperati in lotta fra loro e sempre più al soldo delle grandi corporazioni globali, che hanno tutto l’interesse a dividere le persone e a renderle deboli creativamente.
II.
Ecco perché urge una grande opera di risveglio e di rinascita dell’essere umano in tutte le sue dimensioni, che si alimenti dal bisogno di fare esperienza di un nuovo modo di sentire e concepire la vita. Credo infatti che la via per uscire da questa crisi risieda proprio nella comprensione della traiettoria evolutiva che è insita in essa. La rivelazione del carattere apocalittico di questi tempi infatti ci dice che:
il senso più profondo del nostro malessere o delle nostre impotenze risiede nel bisogno di una trasformazione liberante e terapeutica. Vorremmo cioè essere umani migliori, più liberi, più forti, luminosi, empatici. È un incremento di vita che chiama dal tramonto dell’occidente, un nuovo mattino.
Ecco che Darsi Pace forse può significare offrire alle donne e agli uomini di oggi, ad ogni livello, di ogni estrazione sociale e tradizione, degli strumenti e dei percorsi grazie ai quali comprendere che cosa stiamo vivendo, aiutarci a favorire l’emersione di un modo di esistenza nuovo e creativo, liberandoci dalle ferite e dalle pastoie che ci limitano e ci ingabbiano al passato.
Il lavoro interiore infatti è finalizzato alla trasformazione dei nostri blocchi, delle nostre aree oscure, per vivere in modo più armonico e creativo nelle relazioni e nei confronti del pianeta. Le pratiche meditative ci aiutano a riscoprire una consapevolezza globale nella quale gustare la bellezza di essere un mistero vivente. Questi processi sono essenziali per rianimare azioni politiche all’altezza dei tempi.
Il senso di questa crisi è infatti pro-positivo. È una umanità rinnovata, creativa, poetica che sta cercando di fiorire sulla terra. Dobbiamo solo aiutarla, come un infante, a camminare, a conoscere il mondo e a divenire piano piano sempre più responsabile. Un nuovo inizio chiama a gran voce nel cuore dell’uomo e della storia, una rivoluzione creativa che spazzi via la mediocrità infernale dell’apparato tecnocratico che distrugge ogni anelito missionario e artistico; una insurrezione per ribaltare la logica riduzionistica e patologica di una civiltà che ha completamente perduto il contatto con la fonte della vita e ormai fagocita se stessa distruggendo tutto ciò che tocca.
Darsi Pace quindi, rinascere nella luce dello Spirito incarnato che mi fa donna/uomo rinnovata/o, può essere una via per la fioritura universale che desideriamo al fine di inaugurare una nuova fase della storia, molto più libera e felice.
[1] N.Berdjaev, Pensieri controcorrente, p.75/6.
Grazie caro Francesco,
leggo questo tuo scritto e trovo fresca motivazione per ritrovarsi proprio in questa strada, con rinnovata fiducia, tra le mille che il mondo propone. Mille o più: ricordo la frase icastica, geniale, di Battiato,
“innumerevoli stati d’assedio / propongono ricette per la vita / ma ho già l’astrologia babilonese”
che fotografa assai bene l’assedio di soluzioni facili, leggere, mirabolanti, per venire a patti con questo disagio così umano e così misterioso, al tempo stesso.
Non così Darsi Pace, mi sembra.
Una proposta ragionata, onesta, coraggiosa, non può che dipanarsi nel tempo e non offrire ricette miracolose, che cioè evitano il lavoro personale, quotidiano. Così è questa proposta ed è bello, già nel cammino (ma sempre principianti), riscoprirlo proprio da questo tuo scritto. Ognuno sarà colpito da qualcosa, perché lo spettro è ampio. A me colpisce e rassicura – quasi paradossalmente – il cenno che fai alla vera condizione umana (non al mascheramento che facciamo quasi quotidianamente): “anche a livello personale infatti, attraversiamo fasi oscure, momenti di sconforto assoluto, ombre, dolori, incomprensioni”.
Questo mistero, questo “sfasamento” così sinceramente registrato, mi pare una nota molto originale di questo cammino, che veramente accoglie l’uomo – accoglie me – come è, non come vorrebbe essere. Potrà sembrare poco, a me sembra moltissimo, e il mio cuore si ristora ogni volta che ci penso, con autentica coscienza: c’è un posto dove non devo fingere, esiste finalmente. Dire che puoi stare male, che vieni accolto come sei, è una cosa che ti alleggerisce immediatamente, invariabilmente, sensibilmente. E poi c’è una strada concreta, magari lunga, magari a volte faticosa, ma quel che conta è che c’è.
Insomma, fai quel respiro, inizio di un rilassamento prodigioso, di una apertura, una fioritura, che avviene con i suoi tempi, ma non puoi negare che un po’, almeno un po, avviene : e possono ritornare ad affacciarsi sorprese, nella tua vita.
Vorrei donare per la ripresa dei corsi, la poesia che apre la raccolta “Imparare a guarire” (Di Felice Edizioni, 2018), perché davvero, non vedo momento migliore per farlo.
DARSI PACE
Ogni giorno è sempre il primo giorno,
di questo lavoro ed è tutto
ancora nuovo e non importa non ci importa affatto
quante volte cadi se una
o dieci cento mille (che di questo nulla rimane, sai) ma
soltanto resta l’adesione a questo lavoro cordiale
(da sempre, in tua attesa) piacevole ed impegnativo
che può far la vita bella.
Di nuovo, bella.
Grazie Marco,
un abbraccio
Francesco
Grazie a Darsi Pace ho iniziato a vedere i miei pensieri, a conoscerli, soprattutto a conoscere quelli a cui inconsapevolmente davo fede.
Perché sono i pensieri a cui do fede a creare il mondo in cui vivo.
Un abbraccio
Leggendo solo oggi, innanzitutto ti auguro “Buon onomastico”, caro Francesco, che porti un nome che è benedizione.
Fa bene anche a me condividere il senso di mancanza che caratterizza il nostro tempo, accompagnandolo non al ripiegamento ma alla speranza che c’è la via d’uscita verso la pienezza.
Per me la afferriamo già nella passione con cui la vogliamo, la cerchiamo, la costruiamo.
Un abbraccio, Giancarlo