Dopo aver visto il video di Marco Guzzi dal titolo “La rivoluzione antropologica in corso”, (ospite di Scardovelli a Trevi a luglio di quest’anno), vorrei scrivere alcune considerazioni sul movimento Darsi Pace e sulla sua collocazione all’interno del contesto socio-culturale attuale.
Nel video viene ripresa la dinamica dei tre cerchi concentrici di azione, quello iniziatico, culturale e politico, come paradigma di azione per realizzare la rivoluzione antropologica, che le parti più sensibili della società avvertono già in atto. In questo contesto i tre livelli sono spiegati in un’ottica esterna a Darsi Pace, e potenzialmente comune a tutta la galassia di gruppi e movimenti che gravitano attorno alla necessità di un cambiamento personale, spirituale e sociale.
I CREATIVI CULTURALI
Per comprendere meglio questa galassia di gruppi e movimenti (ecologisti, di spiritualità orientale o New Age, di crescita personale, gruppi psico-terapeutici, ecc.), a cui anche Darsi Pace appartiene, sono andata a riprendere un video dell’intensivo di Trevi-Scardovelli 2016, una relazione tenuta dal sociologo e psicologo Enrico Cheli dal titolo “Le molte anime della nuova umanità”. Provo a farne una sintesi.
Quella che noi chiamiamo “nuova umanità” è stata studiata e classificata da un punto di vista sociologico dall’americano P.H. Ray, alle cui ricerche Cheli si è ispirato, conducendo una ricerca analoga, con la finalità di dare una quantificazione alla categoria sociologica identificata da Ray, cioè quella dei CREATIVI CULTURALI. Con questo termine entrambi indicano quegli individui che creano o aspirano a creare una nuova cultura alternativa rispetto a quella dominante.
Riassumo qui di seguito i tratti identitari di questa categoria, così come utilizzati nella ricerca e illustrati da Cheli durante la sua relazione.
L’entità di questa categoria di persone in Italia, in base alla ricerca è di circa il 35% della popolazione attiva dai 18 ai 60 anni, con una stima di aumento di circa il 3% l’anno.
Un dato sorprendentemente alto, ma le sorprese non finiscono qui.
Dalla ricerca emerge che i creativi culturali non sanno di essere tali, ma si percepiscono principalmente con un senso di isolamento e marginalità.
Si sottostimano, credendo di non essere oltre il 5% della popolazione. Questo dipende principalmente dai mass media, che non veicolando queste tematiche, lasciano questi temi a livello di cultura underground, dando così un’impressione falsata della realtà.
Inoltre, questo senso di isolamento e di marginalità rende difficile la collaborazione tra i vari sottogruppi, molto eterogenei, di questa galassia. Infatti, il processo di differenziazione dal vecchio paradigma culturale dominante si traduce, in questa fase iniziale, in una necessità di protezione e di chiara definizione dei confini per la propria nuova identità, rendendo così la collaborazione ancora più difficile e sospettosa. Tale collaborazione tende a evitare gli schemi consolidati che ruotano attorno al denaro e al potere, ma non è ancora in grado di sperimentare vie nuove di comunicazione e di gestione delle relazioni, ancora tutte da costruire e sperimentare (noi potremmo dire: la relazionalità egoica sta stretta, ma non sappiamo ancora come costruire identità e modi di comunicare più relazionali).
Gli obiettivi comuni ci sono, quelli dell’evoluzione dell’individuo e della società, ma manca ancora la consapevolezza di poter contribuire cogliendo le sinergie con le altre realtà che si muovono nella stessa direzione, senza rinunciare alle proprie specificità.
Ho fatto questa lunga introduzione perché questa platea di persone, di cui anche noi sociologicamente facciamo parte, è il terreno più ricettivo del messaggio di Darsi Pace. Infatti, avverte già quella dinamica di cambiamento che Darsi Pace cerca di spiegare e di accompagnare nel suo svolgersi.
I TRE LIVELLI DI AZIONE
Torno ora alla relazione di Marco Guzzi citata all’inizio e alla sua spiegazione dei tre livelli di azione (iniziatico, culturale e politico): provo a riassumerla con questo schema.
Ogni livello di azione ha proprie forme organizzative e proprie pratiche.
Al livello iniziatico appartengono gruppi diversi, ognuno con una propria rivelazione e fede, più o meno esplicitata. Tutti hanno una dimensione comunitaria e pratiche specifiche: l’iniziazione avviene per trasmissione ed è proprio a questo livello che emerge la crisi terminale delle pratiche iniziatiche occidentali e la crisi del cristianesimo storico.
A livello culturale tutti i gruppi di iniziati stanno elaborando un pensiero e una visione del mondo meno ego centrata. Nonostante le differenze esiste già un denominatore in comune:
- il cambiamento di coscienza in senso non egoico e relazionale
- la necessità del rivolgimento interiore e storico-politico.
Qui occorre aggregare una massa critica di tipo culturale, che si concentri su una comunicazione efficace, anche di massa, cominciando ad agire pazientemente nell’immediato, ma con una visione di lungo periodo.
Infine arriviamo al livello politico: è questo il livello di aggregazione in cui è possibile trasferire l’iniziazione alla storia. L’aggregazione culturale deve confluire a livello politico per iniziare la rivoluzione del XXI secolo, e dovrà farlo con un rilancio del progetto democratico occidentale, ma in forme politiche organizzative nuove, ripensate anche in base alla natura fisico-telematica della nuova umanità.
Queste forme organizzative poi, a loro volta, dovranno essere costantemente alimentate e collegate con il livello iniziatico e culturale.
Infine dobbiamo essere consapevoli che tutto questo anelito di incarnare l’uomo integro e liberato nella storia politica, per cambiarla, non viene dal nulla, ma è una diretta eredità dell’etica ebraico-cristiana. A questo livello il discorso è assolutamente laico, ma le sue radici sono inevitabilmente cristiane.
CONCLUSIONI
Fin qui ho riassunto i contenuti della ricerca di Cheli e dell’esposizione di Marco Guzzi a Trevi 2017. Ora vorrei provare a dare una mia lettura della specificità di Darsi Pace in ognuno di questi tre livelli.
A livello iniziatico siamo presenti come una realtà numericamente piccola, ma abbiamo una nostra identità già molto ben strutturata e attrezzata per una futura espansione, anche grazie alla sua natura fisico-telematica. A differenza di tante altre realtà molto più evanescenti, noi invece abbiamo una storia ventennale, un’articolata elaborazione teorica e anche pratica, e soprattutto una visione complessiva di larghissimo respiro.
Notavo come in questo livello DP, che rappresenta un forte elemento di rinnovamento interno alla chiesa e alla tradizione cattolica, riesca a riportare la fede cristiana dentro questa potente dinamica di creatività culturale in corso, dalla quale la maggioranza delle strutture e movimenti ecclesiastici in questo momento sembra esclusa. Da questo punto di vista Darsi Pace assume un ruolo veramente strategico e di frontiera. Evangelico, direi.
A livello culturale il ruolo di Darsi pace è appena iniziato. I neonati gruppi di creatività culturale DP mi sembrano chiamati a cercare un denominatore comune di convergenza con altre realtà che già operano in modo separato. L’obiettivo è mettere in luce e provare a comunicare una convergenza che già esiste, in un’ottica di apertura e di creazione del nuovo. Qui non si tratta di evangelizzare nessuno, ma di catalizzare forze già esistenti attorno a temi molto sentiti, ma che sono poco divulgati o divulgati in maniera unilaterale dalla comunicazione di massa.
Infine a livello politico, a me sembra che questa nuova massa critica di Creativi Culturali stia già cercando caoticamente, ma inevitabilmente, una propria rappresentanza, e credo che il successo del M5S possa essere letto anche in questi termini. In quest’ottica il M5S può essere visto come l’emersione di un fenomeno quasi spontaneo, inevitabile, di forze creative che cercano un cambiamento senza ancora un pensiero, né pratiche e forme organizzative sufficientemente solide per il compito di cui sono investite. Agire a questo livello, come sta cercando di fare Marco Guzzi negli spazi che gli sono stati offerti, mi sembra una grande assunzione di responsabilità di fronte ad una dinamica storica e politica, tutt’altro che transitoria, che procederà comunque, e non sappiamo in che direzione.
Il peso specifico di Darsi Pace dentro questo contesto socio culturale così vivo e caotico, in costante espansione, di cui i media non parlano, mi sembra possa essere molto rilevante, nonostante i nostri piccoli numeri.
I risultati di questa ricerca sociologica mi sembrano una prova del fatto che la svolta antropologica è un dato di fatto, e non solo un’ipotesi teorica, e noi cerchiamo di interpretarne e comunicarne la natura più profonda, messianica appunto, cercando quindi di fecondare in questa direzione un processo storico che procederà comunque, con o senza di noi, con tutte le ambiguità che la scarsa consapevolezza porta con sé.
Questa lettura del contesto sociale e culturale in cui operiamo mi sembra importante, soprattutto per noi che partecipiamo attivamente a questo movimento.
Io penso che nel continuum che va dall’accompagnamento dei praticanti DP negli incontri o nel blog (livello iniziatico), all’attività pubblica e politica di Guzzi (livello politico), passando per l’attività dei neonati gruppi di creatività culturale, entro questi estremi, appunto, io vedo un unico movimento, un unico dinamismo in cui ognuno di noi cerca di collocarsi nel posto che sente più consono alla propria sensibilità, ai propri carismi e alla propria vocazione.
Non siamo tutti chiamati alla politica o alla divulgazione culturale, ma il movimento, il dinamismo è unitario, mi sembra importante che lo percepiamo come tale, e proprio questa mi sembra essere l’unità spirituale di Darsi Pace a cui Marco Guzzi ci invita.
Come cristiani noi siamo chiamati a leggere e decifrare questi segni dei tempi, e io sento la fortuna di essere aiutata a farlo in un contesto ricco di fede, di cultura e di fermento creativo come Darsi Pace.
Grazie infinite, Antonietta, per questo tuo post, che ho letteralmente divorato e che, mi sembra, faccia con molta precisione il “punto nautico” del vascello DP nel caotico ma vitalissimo mare della rivoluzione antropologica in atto. Brava! Lo metto senz’altro nei Preferiti e mi ripropongo di ritornarvi, con calma, nei momenti in cui diventa difficile leggere la rotta e facile perdere la trebisonda… .
Un caro saluto.
Benigno
SÌ, davvero GRAZIE Antonietta, per aver analizzato (e sintetizzato) con lucidità e precisione il grande “fermento” dei nostri tempi e aver offerto a tutti noi una vera e propria mappa d’ orientamento, utilissima in caso di perdita (o quasi) della “trebisonda”, come ci ricorda Benigno!
Un grande abbraccio, mcarla
Davvero un lavoro prezioso e ben fatto, c’è tanto bisogno di chiarezza e di lucidità, di punti di riferimento e di ricapitolazioni.
Condividere lo sforzo realizzato per approfondire la comprensione di pensieri ampi e profondi è un regalo di un valore immenso.
Pensavo in questi giorni che DP è in fondo una “caccia al tesoro”, il tesoro è sepolto nelle profondità oscure del nostro essere e il percorso è una mappa da decifrare, i formatori hanno raggiunto il punto X indicato dalla mappa e hanno scoperto che il tesoro consiste nell’aiutare le altre persone a decifrare la mappa.
La vita in fondo è un bellissimo gioco!
Con gratitudine e affetto
Daniela
Cara Antonietta,
grazie di cuore per avere condiviso questa riflessione che sento venire dallo studio meditato, intrecciato alle pratiche di autoosservazione e meditativa nella ricerca del filo che unisce e dà senso alla storia personale e collettiva, nella fatica della comprensione cercata da dentro, dentro ambiguità ed errori, ascoltando il desiderio di cambiamento verso una vita migliore.
La sfida che viviamo ci chiede di pensare in grande, dentro scenari temporali di portata secolare e dentro spazi di ampiezza planetaria, ci chiede di pensare in profondità, di conoscere meglio come funziona la nostra mente riscoprendo la forza creativa della parola. Stiamo vivendo una trasformazione ma manca la cultura della trasformazione.
In Darsi pace ho trovato e continuo a trovare il luogo in cui condividere la fatica della ricerca e anche la gioia di vedere più chiara la direzione e la meta. Nello sforzo e nella fatica di comprendere, percepisco un respiro più ampio che viene dal saperci coinvolti in un unico dinamismo in cui ciascuno di noi si sente al proprio posto e scopre che solo stando lì trova il tesoro a lungo cercato.
Un forte abbraccio, Giuliana
Mi pare che questo punto di vista sociologico dia un’ulteriore chiave di lettura per l’integrazione del livello culturale-storico in cui si articola il metodo DP. La potenza dell’autoconoscimento, coniugato con una discesa meditativa nelle nostre profondità spirituali che ci fanno scoprire una più reale relazione con il divino, rischia di mettere in ombra il contesto storico in cui tutto questo prende corpo. Almeno per me. Sono ben consapevole che il lavoro su di me ha implicazioni strette con il mio stare in questo mondo, in questo punto della storia dell’umanità sulla Terra. Tuttavia, sento il rischio di lasciare scorrere questa dimensione come appunto un tratto culturale ancora in senso rappresentativo e poco vissuto nella mia carne.
Questa prospettiva sociologica mi sta sollevando riflessioni sul sentirmi davvero parte di un movimento che va ben oltre i confini di DP. Io ho intercettato DP, il metodo mi convince per la sua peculiarità e cerco di praticarlo. DP però nasce dentro una fioritura più ampia e forse allora noi, che abbiamo deciso di voler consapevolmente contribuire a costruire un’umanità che capovolga i parametri antropologici di riferimento, abbiamo una responsabilità in più nel cercare legami e relazioni con tutti coloro che come noi sono in ricerca, non importa in che contesto specifico.
Le appartenenze saranno allora da mettere in discussione: non è questione di essere iscritti alla tal associazione, di far parte di un certo movimento, in qualunque ambito, dalla tutela dell’ambiente alla difesa dei diritti, ma di incarnare nel proprio quotidiano quelle novità di prospettiva che stanno emergendo. Non è questione di proselitismo, ma di testimonianza, di essere così trasparenti da farsi umanità che nasce con un nuovo volto, ad ogni istante.
Questo articolo mi ha fatto capire che non sono speciale perché seguo i Gruppi DP. C’è un intero mondo, ancora sommerso, ma pulsante e vivo, che è anche mio compito portare a parola.
iside
Concordo con Iside, e con la linea di fondo del documento: le appartenenze troppo rigide sono da mettere in discussione, non vanno intese in senso egoico (dentro/fuori) ma come polarizzazioni di interesse, centri vivi intorno a cui orbitare, in una logica più morbida, più relazionale. Penso al mio caso. Sono di CL o di DP? O tutti e due? O forse appartengo, quando appartengo, ad un ambito di pensiero, fecondato dal Mistero, che è in fondo unico, in fondo unitario? Io a volte lo vedo come scatoline diverse, ma è un problema di bassa energia.
Penso sempre al fatto che in fisica, quando cresce l’energia, le diversità si smussano, quelle che sembravano forze con comportamenti diversi, si rivelano parte di un’unica cosa. E’ stupendo, quel che sembrava diverso, a tutti gli effetti, si armonizza, si rimodula, si muove ed appare come un’unica cosa. Quando la nostra energia interna si eleva, quando si eleva la frequenza, non ragioniamo più in termini “difensivi” di appartenenza ma riconosciamo la nostra pertinenza ad un ambito, all’ambito dell’apertura ad una vita nuova, alla Vita. Le sigle allora sono appena una comodità del discorso, ma niente di più.
Così questo affaccio alla politica è inevitabile, è la voglia di fare tutto nuovo in forza di una forza che non è la nostra.
Non è affatto nuovo, e può appoggiarsi a movimenti e partiti secondo quanto mostrano in disponibilità al nostro anelito. Tutto andrà valorizzato. Questo ipotizzato “grande movimento politico” potrà esprimere una forte esigenza di rinnovamento, e credo lo farà nella libertà, nella libertà di un uomo che sperimenta quel gusto di essere, e anche essere (quando sarà) in allegro disaccordo con questo stesso movimento politico, se e quando capiterà. Perché a me è molto chiaro che pretendere di avere ragione, in politica, in forza di un “Altro” – o di una maturata sapienza di pratiche e riflessioni – non è che violentare la libertà di espressione del Mistero, che agisce come e dove vuole. Non è più epoca del partito unico spirituale, del resto. Siamo in campo più aperto, felicemente aperto.
Apriamoci dunque a tutte le strade, e gustiamo sempre una grande libertà.
Che è quella che ci è stata promessa. Autorevolmente promessa.
Prima di tutto desidero ringraziare Benigno, Maria Carla, Daniela, Giuliana, Iside e Marco C. : sono contenta se questo testo è stato un aiuto per qualcuno.
Io l’ho scritto perché avevo bisogno di capire: la storia infatti sta correndo veloce, anche quella di Darsi Pace.
Stiamo vivendo in diretta un’accelerazione che, letta in chiave cristica e messianica, non è altro che l’evento dell’Incarnazione che preme per essere riconosciuto e favorito.
Il livello iniziatico cristiano, con la sua concretezza e radicalità, è per noi il motore di tutto quello che potrà fiorire, anche nella cultura e nella società.
Un caro saluto a tutti
Antonietta
Cara Antonietta, e cari interlocutori,
questo tuo scritto è frutto del pensiero e della necessità della parola per condividerlo.
Lo dico perchè alcuni teorizzano e praticano il silenzio, che è necessario e fecondo, in un modo tanto radicale che a me sembra diventare sterile.
Abbiamo bisogno sia di silenzio che di parola, e mi pare che la tua parola sia frutto prima di silenzio, poi di autoconoscimento e poi di studio del mondo che diventa arricchimento per gli altri.
Sei stata efficace a riassumere, sintetizzare e focalizzare, e a dipingere un quadro chiaro.
Concordo col giudizio che dai sulla potenza di Darsipace che è navicella in mezzo a tante imbarcazioni, piene di Creativi culturali, rispetto ai quali abbiamo la responsabilità del fuoco messianico ( o meglio, della consapevolezza del fuoco messianico che già opera ovunque), di cui siamo solo portatori, indispensabili, ma senza presunzioni.
I vostri studi sociologici dicono una cosa decisiva, e cioè che non è vero che siamo minoranza di illusi, perchè la salvezza è in atto ed opera largamente, ed io aggiungo che se siamo il 35% nella creatività culturale, c’è un’altra grandissima parte che concorda, ma al momento è ammutolita in “Matrix”.
Allora possiamo buttarci alle spalle non solo la paura, ma anche timidezze e rassegnazioni, per dire a tutti la nostra speranza perchè tutti aspettano solo di percepirla e vederla realizzabile.
Così la nostra quota di disperazione può esserci ma è contingente, ed è diversa da quella del “mondo”, che è nihilistica e quindi mortifera.
A livello iniziatico molti praticanti di Darsipace riescono a raggiungere livelli altissimi ( e ritengo che questo accada anche negli altri gruppi di creativi).
A livello culturale i gruppi creativi di DP sono stati costituiti ma sono neonati.
A livello politico: va rilanciato il progetto democratico occidentale, laico, ma con una rilettura della storia che ne evidenzi il fuoco messianico, eredità giudaico-cristiana.
Ma attenzione a non confondere la necessità e l’urgenza di costruire il livello politico con una sua prossima realizzalibità: la sola costruzione di strutture politiche nuove ha tempi lunghi e duri.
Iside esprime la preoccupazione personale di non essere all’altezza del livello politico, e questo può essere un limite, ma anche una fortuna, perchè noi in generale rischiamo di pensare ed agire intensamente sul livello politico novecentesco e facciamo fatica a porci nell’ottica nuova.
E’ essenziale mettere in discussione appartenenze rigide, anche se esistesse solo Darsipace, e a maggior ragione perchè per fortuna non ci siamo solo noi, e vogliamo non bassa ma alta energia.
Un abbraccio a tutti, Giancarlo
Grazie Giancarlo per la tua riflessione, in particolare riguardo ai tempi di una realizzazione politica. A me consola il fatto di vedere finalmente una direzione, ma nessuna illusione riguardo alle difficoltà. Già sappiamo sulla nostra pelle che cambiare strutture consolidate, prima di tutto interiori, è un lavoro lungo e paziente.
Un abbraccio
Antonietta
Cara Antonietta, ho riletto con grande soddisfazione questo tuo lavoro, che mi sembra molto incisivo, e direi necessario.
Spero che tu vorrai proseguire in queste analisi, a me piacerebbe ad esempio approfondire i nessi tra livello iniziatico e livello politico, e cioè il nuovo concetto di laicità che stiamo elaborando in DP, che superi sia l’integrismo medioevale che la mediazione moderna, espressa fino alla DC, per intenderci. Credo che potresti trovare spunti interessanti nelle parti finali di Fede e Rivoluzione, dove tento di immaginare i nuovi possibili rapporti tra una Chiesa, divenuta meno rappresentativa e meno clericale, e un movimento rivoluzionario più consapevole della propria ispirazione messianica.
Grazie di nuovo. Marco
Ciao Antonietta, ho appena finito di leggere con attenzione il tuo bell’articolo tanto giustamente apprezzato da chi ha commentato prima di me. Non ho niente di significativo da aggiungere per cui ti scrivo solo due righe per salutarti con affetto e ringraziarti.
Walter
Grazie a te, caro Walter, del tuo affetto e della tua attenzione.
Un abbraccio
Antonietta