L’inizio di questa nuova annualità mi pare coincidere, sia nella mia esistenza che in quella dei nostri gruppi, con una fase di generale trasformazione a tutti i livelli.
Mai infatti nella storia di Darsi Pace avevamo raggiunto l’attuale numero di praticanti in tutto il mondo, e mai come in questi ultimi anni si sono avviati nel nostro movimento così tanti progetti creativi. Tutto sembra essere in piena espansione. Tutto sembra prospettare ulteriore crescita.
La domanda che mi sorge in un periodo come questo, e che pongo innanzitutto a me stesso, è: a cosa ci chiama davvero questo moto di trasformazione? A diventare come? Ad essere più in che modo? A riconoscere che cosa in modo più radicale?
Se mi metto in ascolto più profondo, le parole che escono fuori sono sempre le stesse, quelle che intimoriscono più di ogni altra cosa il nostro Ego: semplicità, realtà, incarnazione.
A volte ripenso all’intensivo di due anni fa, quando sulla lavagna Marco aveva citato il terribile Salmo 64: “un baratro è l’uomo e il suo cuore un abisso”. E poi aveva aggiunto che per quanto grande e ricco di praticanti potesse diventare il nostro movimento, non possiamo noi non ripartire sempre e ogni volta da qui. E qui, nelle parole misteriose del salmo, c’è la realtà dell’anima di ogni uomo che ogni giorno, consapevole o meno, si trova in una condizione scissa ed ego-centrata di sé. In queste parole c’è il deserto dal quale comincia l’intera storia della Salvezza, e quindi il progetto di Liberazione interiore e trasformazione del mondo che, col nome di Darsi Pace, va avanti ormai da quasi un ventennio.
Che significa operare in questa storia della Salvezza nel XXI secolo?
La risposta ci è sempre offerta da quell’umilissimo ritorno alla realtà per come essa ci si fa sentire, anche in tutto il peso e la distorsione che molto spesso fatichiamo ad accettare.
Ripensando in generale al mio triennio appena concluso, a quanto densi siano stati questi tre anni, sento immediatamente che Darsi Pace ha segnato nella mia vita un grande tracciato di discensione e, meglio ancora, di distensione spirituale.
Lo slancio iniziale che mi ha mosso a questo cammino è stato un radicale bisogno di ricerca, di grandezza, di conoscenza, e soprattutto la speranza di sciogliere alcuni nodi interiori che mi erano divenuti insopportabili. Le domande che Marco pone nella conferenza su Nietzsche sono state sempre e sono tutt’ora le domande fondamentali di qualsiasi mio progetto di vita.
Una profonda insofferenza unita a incomprensione per il nostro tempo, spesso tradottasi in tragica condanna, motivava il mio radicale bisogno di pacificazione a tutti livelli.
E questa pace per fortuna ha cominciato ad arrivare.
Ricordo benissimo infatti l’entusiasmo reale con cui affrontavo il primo anno di Darsi Pace, come fossi pronto a qualsiasi sacrificio pur di frequentare fisicamente gli incontri, nonostante vivessi già a Cremona per studio. Non solo: stando a Roma il fine settimana, riuscivo a seguire sia il primo che il secondo anno contemporaneamente, e questa cosa è andata avanti per due anni. Poi è venuto il gruppo poetico-insurrezionale, il primo intensivo a Santa Marinella, e moltissime inattese amicizie.
Sono quindi molto grato di ciò che ho ricevuto, ma ora che è finito il primo triennio sento che ulteriori trasformazioni stanno subentrando. Il mio stesso entusiasmo ha cambiato forma: è come fosse sceso più a terra. Ha tempi e modalità diverse, ha bisogno di maggiore cura e calma.
L’approfondimento della meditazione e delle pratiche spirituali ha segnato l’inizio di una più vasta riscoperta del mio corpo e dei suoi livelli del sentire più incompresi.
Sarà forse per questo che, proprio ora che il nostro movimento sta vivendo questa incredibile fase di crescita, l’aria che avverto mi ispira alla semplificazione, all’atterraggio e ad una misura più incarnata dell’agire?
Paradossalmente mi rendo conto che questo cammino ascensionale lo percorro davvero quanto più mi concedo di scendere a terra. E così in verità è sempre stato, sia nella mia vita personale che nella storia in generale.
Ciò che istintivamente ho fatto sempre fatica a comprendere è che senza un’umiltà di partenza, un ascolto paziente del nostro vivere e sentire più elementare, non è possibile realizzare quella grandezza che ho costantemente contemplato, più o meno a distanza, nella mia esistenza. La stessa grandezza visionaria con cui Darsi Pace tenta sin dalla sua fondazione di intervenire nei corpi umani e nella storia.
Mai come in questa fine di triennio ho sentito l’impulso a ricominciare, perché vedo più chiaramente che la prosecuzione del tragitto consiste in un nuovo tornare al principio.
Che vuol dire allora ricominciare davvero? Che vuol dire trovarsi al principio di qualcosa?
Probabilmente ragionarci sopra serve a poco. Essere principianti vuol dire piuttosto sintonizzarsi con un’altra frequenza di noi stessi, una condizione dell’anima che è più fedele alla terra proprio perché si accorge meglio di ciò che le accade. Si accorge anzi che la realtà stessa accade, cioè nasce ogni istante nello sguardo di chi la osserva. Nasce di continuo perché proprio in questo sta la sua umile verità. Nasce perché il mistero della coscienza, se visto bene, è in sé originariamente iniziatico, ossia sorge e risorge proprio nel suo continuo esaurirsi e morire.
Mi viene spesso in mente una frase che mi disse Marco all’incontro inaugurale della prima annualità del 2016: “Questa è la mia diciassettesima prima volta”.
Ci penso sempre non solo con la meraviglia e l’ammirazione che nutro per Marco, ma anche con un senso di curiosità e immedesimazione. Come posso sperimentarlo anch’io?
In fondo è ciò che ho sempre cercato in tutte le esperienze fondamentali dell’esistenza: dal pensiero alla musica, dalla scrittura ai viaggi in montagna. L’arte del lasciar-essere mi pare adesso più di prima la cosa essenziale da maturare in questa direzione. Lo impariamo già la prima volta che meditiamo, e così ogni volta che lo facciamo come fosse la prima.
È quell’umiltà che ci ricorda che dobbiamo sempre e ancora imparare a stare seduti, a respirare in modo fluido, e infine a pensare in modo puro, ossia: in modo radicalmente umano.
La nascente annualità 2018/2019 porrà termine alla seconda fase della storia di Darsi Pace: ciò vuol dire che tutto il nostro movimento vivrà quest’anno un periodo di transito, bello e misterioso, nel quale già si sta annunciando il nuovo progetto del Gruppo giovanile.
È un clima carico di attese, e proprio per questo bisognoso di nuova terra per poter decollare.
Con queste parole ricevute in dono, lancio dunque il mio augurio di crescita e prosperità al nostro movimento, che, prossimo ai suoi 20 anni, possa ricominciare di nuovo nello spirito della folle visionarietà del principiante. Il titolo suona infatti Al principiante:
Commozione mi prende
dal peso troppo
semplice di questa
Parola che spacca
i grattacieli
per farne cibo
a piccole dosi
per tutti.
Timore di questa strada
che mi chiama
a camminare
a passo nuovo,
alleggerito il carico,
rallegrate le vesti
e la vista di questo
volto crucciato,
da troppi anni invecchiato.
È chiamato a sfoltirsi,
a danzare di più,
a giocare saldo
sul suolo
di un più vasto
cielo: l’Unità
dei Poli su questo
Equatore, più vivo,
più calmo, più vero,
e così potente
da salutare alla pari
le stelle.
Barcollo nel tempo
di questi lavori,
nell’attesa lunga
sul ponte della nave,
che però mi corre
sotto i piedi
a portarmi dove il mare
è veramente alto,
dove accade
di scoprire
un’altra terra
inesplorata.
Dove allora
mi porti?
A fare spazio
al Silenzio
mi aiuti per ora.
E con Grazia
accompagni
il di troppo
fuori bordo,
ma dissemini
al con-tempo
il nostro vivaio
di parole scavate,
dissotterrate:
sono quelle giuste
per prendere di prua
l’ormeggio buono,
che genera così
in Principio
il porto di una
indicibile
nascita. –
Complimenti! Coraggio! Continua a navigare!
Grazie una bella storia.
Grazie Luca di questo scritto prezioso e ispirante.
Poetico oggi come sempre
è dare nuovo inizio al mondo.
Francesco
Grazie Luca per queste parole. E per questa poesia che insegna. È straordinario ció che dici e che vivi, è un viaggio spericolato a passo d’uomo.
Grazie Luca per queste parole. E per questa poesia che insegna. È straordinario ció che dici e che vivi, è un viaggio spericolato a passo d’uomo.
Grazie a voi tutti, che mi date conferma della Luce che si incarna nella fatica di queste parole.
Grazie, Luca della forza gioiosa e della profonda leggerezza che comunica il tuo racconto.
Davvero commovente e sapiente, da perenne principiante.
Un profumo intenso emana dalle parole distillate dei tuoi versi vivi e semplici. Ci invitano con stupore al gioco e all’umile faticosa feconda obbedienza ad una chiamata che ci chiede di rimetterci sempre in gioco fidandoci di Cristo.
In fondo in fondo sappiamo che il suo giogo è soave…. e mi fa tanto bene che giovani come te melo ri-cordino.
GRAZIE
Giuseppina
Grazie Luca, è bellissimo questo post, che ci rimanda alla concretezza felice del nostro lavoro.
Ripartiamo ogni volta dal nostro abisso personale, non ci spostiamo da lì, ma proprio in quel luogo temuto e profondo qualcosa accade.
Buon ricominciamento!
Antonietta
Grazie Luca,
hai descritto molto bene quello che si prova cominciando Darsi Pace. Si comincia perchè…le hai provate tante…ma il tuo malessere rimane…pensi di vivere solo tu quella tristezza che a volte ti fa piangere…pensi che quell’ansia che provi…ti faccia essere…diverso…pensi che…ormai….cosa vuoi fare…non puoi fare nulla per cambiare le cose…ormai è così.
E invece no. Il tuo malessere è il mio ..è di tutti…parlandone…lo alleggeriamo..ci facciamo carico del malessere dell’altro…e ci alleggeriamo del nostro. E quando con l’aiuto della meditazione riusciamo a lasciare andare…quando i nostri pensieri negativi fanno posto ad altri…allora…come dice Marco G. si diventa creativi. In bocca a lupo per il nascente Movimento Giovanile….vi seguiamo con gioia…noi del movimento darsipolis…anch’esso nato da poco. Un abbraccio
Grazie Luca, nelle tue bellissime parole: Leggerezza, Gioia ed Entusiasmo per il futuro, Profondità! Insomma, viene proprio voglia di continuare…!!! Maria Rosaria
Caro Luca, per me quel che scrivi tu ha sempre un bel respiro.
Grazie
Caro Luca,
“la vista di questo
volto crucciato”
ho avvertito che avveniva sempre con i tuoi occhi profondi che in quel volto sono colmi di luce e di fuoco,
che illuminano e scaldano te e sono dono fecondo per tutti noi.
Da principiante dell’undicesimo anno provo a stemperare le mie attese narcisistiche nell’umiltà che richiami di continuo, con anima più fedele alla terra, con pensiero puro radicalmente umano, nel mistero della coscienza che sorge e risorge nel suo continuo esaurirsi e morire:
che è luogo di incontro e fusione dell’umano col divino.
Un abbraccio pieno di gratitudine, Giancarlo
Grazie ancora per le vostre parole. Spesso io stesso sono il primo a non credere in ciò che ho scritto.
Proprio per questo quando accadono, queste parole, ne sento realmente la portata.
Sì, Giancarlo, hai capito bene quanto a quel volto crucciato. Con Darsi Pace sto imparando per la prima volta a distenderlo, dopo che ho notato, a partire dall’adolescenza, che proprio nel volto mi si condensavano tutte le tensioni dell’anima.
C’è moltissimo da percorrere ancora, ma importanti semi sono stati lanciati.
Grazie a tutti di nuovo,
un caro saluto,
Luca. –