- La riscoperta del corpo
Vorrei provare, in questo scritto, a confutare una tesi che ancora circola nel nostro tempo, e che credo sia sostanzialmente falsa.
Già con Nietzsche in modo ambiguo avviene come un risveglio nella coscienza occidentale nei confronti del corpo, per millenni bistrattato, temuto e martoriato, come fonte tenebrosa del peccato e della promiscuità:
“Vi è più ragione nel tuo corpo che nella tua migliore saggezza. E chi sa a quale scopo per il tuo corpo è necessaria proprio la tua migliore saggezza?”[1]
La riabilitazione terapeutica del corpo avviene perciò anche in ambito psicoanalitico attraverso un allievo di Freud, Wilhelm Reich, che appunto comprese che, nel processo di guarigione, non sarebbe stato più possibile prescindere dalla dimensione fisiologica, come espressione globale della salute dell’individuo.
Parallelamente però, questa reintegrazione dell’armonia psico-fisica, viene sostenuta in contrapposizione radicale con il cristianesimo, considerato come portatore malato della separazione fra corpo e mente, fra ‘al di qua’ e ‘al di là’ e fra materia e spirito.
Questa tesi, che esprime una condanna assoluta al cristianesimo, viene sostenuta ancora ai giorni nostri, da eminenti filosofi e ricercatori.
Ma è così? È proprio vero che nella tradizione cristiana viene espressa questa scissione e quindi condanna del corpo?
Credo che sia importante comprendere che il cristianesimo nella sua essenza e nel suo Vangelo, ovvero nell’annuncio di Cristo, non coincide in senso stretto con la storia della civiltà cristiana. La rivelazione è cioè un processo di comprensione e di traduzione che l’essere umano compie, ed è quindi soggetto ad errori e distorsioni.
È innegabile che nella storia degli ultimi duemila anni in Occidente vi sia stata una fobia sistematica nei confronti del corpo e della materia, che si è tradotta anche in violenze e stupri diabolici della vitalità e della gioia creativa degli esseri umani.
È necessario e fondamentale perciò criticare questa genealogia del terrore, che ha schiavizzato intere generazioni di credenti, talvolta arrivando appunto anche alla tortura e al rogo. Ma è altrettanto decisivo fare un passo oltre e chiederci: in nome di chi e di che cosa avviene questa denuncia e questo annuncio rigenerante e rivoluzionario grazie al quale stiamo guarendo e sanando scissioni e schizofrenie millenarie?
- Il verbo e la carne
Ascoltiamo per un momento per davvero la Parola, e sentiamo che cosa ha da dirci:
“E il Verbo si fece carne
e venne ad abitare in mezzo a noi”
(Gv 1,14)
Ecco cosa dice la rivelazione cristiana: che il Verbo, ovvero l’essenza creatrice di Dio, la dimensione originaria del Principio, si incarna, assumendo cioè e redimendo la condizione terrena e vivente e materiale dell’essere umano, venendo ad abitare proprio nell’oscurità della nostra esistenza.
Il Dio di Cristo penetra perciò nelle fibre e nelle maglie della storia, così come del nostro corpo, per salvarli. Lo spirito si incarna, e da quel momento, da quel concepimento, non è più possibile concepire una teologia che non sia antropologia. psicologia, cosmologia, storicità, politica.
Per questo in occidente da duemila anni assistiamo ad una dinamica spaventosa di assunzione redentrice della dimensione storica e antropologica che sfocia nel magma rivoluzionario della modernità, all’interno del quale solamente è possibile comprendere questa rinascita del corpo nella sua sacralità.
Ecco perché è proprio in occidente che la medicina e l’anatomia fanno passi da gigante, essendo la sfera materiale considerata altrettanto importante di quella spirituale.
Questa idea, che costituisce il corpus stesso dell’annuncio, viene mantenuta anche in San Paolo, che viene perciò criticato in modo unilaterale e fuorviante:
“Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi?”
(1Corinzi 6,14)
Nessuna condanna perciò, nessuna scissione, al contrario: la materia è il corpo dello Spirito, la sua creazione sempre nuova. Da qui possiamo anche capire perché proprio in occidente e fra ‘800 e ‘900 assistiamo a questo processo rivoluzionario e terapeutico esplicitato all’inizio.
Non credo sia possibile infatti ricondurlo semplicemente ad acquisizioni biologiche, o di stampo orientale.
Nel primo caso infatti la materia e quindi il corpo devono la loro importanza scientifica al fatto di essere oggetti privilegiati di indagine empirica, non possedendo perciò una qualità spirituale.
E infatti vediamo i limiti di questa concezione riduzionista nei problemi etici che la scienza pone oggi nel momento in cui decide di sganciarsi da ogni istanza di significato trascendente, rischiando di praticare tecnologie senza anima, il cui controllo sfugge e la cui pericolosità è sotto gli occhi di tutti.
Il simbolo di questa follia è rappresentato da una umanità mai così avanzata che sta minando la sopravvivenza della specie con le proprie mani.
Una umanità che sta uccidendo se stessa.
Nel secondo caso è bene ricordare che nella tradizione orientale, induista e buddista per esempio, non è presente una concezione che in modo così radicale come il cristianesimo, esprima l’incarnazione della dimensione trascendente in quella immanente:
“Fu Sri Aurobindo in maniera autorevole a rimarcare questo limite della concezione vedantina, che considerava la materia espressione di maya e non dell’aspetto dinamico del divino. Cito le sue parole: ‘Lo yoga tende a ritirarsi dall’esistenza comune. Se conquista Dio, sembra perdere la vita, mentre se dirige i suoi sforzi verso l’esterno per conquistare la vita, corre pericolo di perdere Dio. Così si è venuta formandosi in India un’acuta incompatibilità fra la vita del mondo e la perfezione spirituale”[2]
Questo solo per dire che effettivamente sussiste un mistero che siamo chiamati a ricomprendere, nel quale e per il quale la dinamica di liberazione e trasformazione in cui siamo coinvolti, reclama e annuncia le sua meraviglie nelle cellule, nelle emozioni, nella stessa trama della mia storia e della biografia dell’universo, in un’unico intreccio salvifico.
Il cristianesimo cioè porta a compimento, innestando nella materia il seme di una umanità divina che tornando sempre di nuovo nella relazione con il principio, ridona linfa e vita e gioia redentrice al corpo mistico della realtà.
In questa consapevolezza possiamo iniziare ad incarnare queste parole:
“In ogni caso, il corpo è il crogiolo in cui avviene il processo alchemico che conduce alla produzione dell’oro, ovvero alla produzione di quello stato di coscienza in cui l’uomo percepisce la sua unità e il suo collegamento con la sostanza che sottende a ogni manifestazione della vita. Quindi è nel corpo il segreto; è nella sua possibilità di sviluppo e trasformazione”.[3]
[1] Nietzsche, Zarathustra, p.33, Adelphi.
[2] Citato in Educazione alla ricerca interiore, di R.M.Sassone, p.124.
[3] Ivi, p. 124-5.
Condividendo, Francesco, tutto il tuo scritto, aggiungo:
” Attraverso i consueti gesti introduttivi della preghiera ( inchino, genuflessione, ecc..) assumiamo una posizione raccolta e tranquilla, fissando la nostra persona – corpo, psiche e spirito – in uno stato di pacificazione e di purificazione, tale da far emergere ” l’uomo nascosto nel cuore”.
Il corpo è chiamato a diventare un saldo piedistallo sul quale erigere le nostre ascensioni spirituali. ( ” Dio nel Silenzio” di Antonio Gentili e Andrea Schnoller, pg44) e aggiungo quanto nella Chiesa siamo lontani!
Tuti i gesti, per la mia esperienza, ( vedi ” segno della pace”) sono formali e rappresentativi. Manca un’educazione/guida alla loro vera significatività : ” che ha preso carne in te “, che si è fatto CORPO /uomo per noi”.
Non finirò mai di benedire Marco e tutti i contributi DP, perché grazie a lui e a questi vado recuperando l’ unificazione e la Messa e i Gesti per me vanno gradualmente prendendo “CORPO”!
Grazie Francesco Maria Rosaria
Grazie Francesco per questo tuo post che trovo molto attuale e “vero”. Mi colpisce soprattutto questo passaggio:
“Questo solo per dire che effettivamente sussiste un mistero che siamo chiamati a ricomprendere, nel quale e per il quale la dinamica di liberazione e trasformazione in cui siamo coinvolti, reclama e annuncia le sua meraviglie nelle cellule, nelle emozioni, nella stessa trama della mia storia e della biografia dell’universo, in un’unico intreccio salvifico.”
E in questo passaggio è la parola “mistero” che più di ogni altra polarizza la mia attenzione. Effettivamente, anche se paradossalmente, da qualche tempo a questa parte vado constatando che la mia capacità di capire e di capirmi è direttamente proporzionale al numero di volte in cui adopero questa parola che, lungi dalla superba freddezza della sfinge, mi invita ad un ascolto umile ma fiducioso del mio corpo. Ascoltare il mio corpo che mi dice altro-da-sè e però da lì occorre sempre partire. E come ogni mistero degno di questo nome, anche il mistero del nostro corpo si lascia cogliere in ragione della delicatezza/umiltà/purezza/pazienza ecc. con cui lo scrutiamo. Proprio il contrario, insomma, del “chiaramente” di sessantottina memoria quando (almeno per me) la frequenza di questa parola era direttamente proporzionale alla mia ignoranza.
Un caro saluto.
Benigno
Avevo proprio bisogno di parole come le tue oggi, ora. Devo sentirmi unità alla essenza divina che è depositata nel mio corpo, devo perché per questo vivo, perché solo da qualche scaturisce il mio amore da consumare con gli altri insieme alla missione…
Grazie Francesco,
è veramente necessario questo lavoro di rivalutazione del corpo, veniamo infatti da tante stratificazioni di una mentalità distorta, che ha appunto – con ben poche basi, verrebbe da dire leggendo il tuo post – privilegiato lo “spirituale” a (grave) danno della “corporeità”.
Anche oggi certi accenni o certi moniti – purtroppo anche dai pulpiti, a volte – rischiano di rinnovare antichi disagi e di confondere i credenti.
Giustamente tu dici che “il cristianesimo nella sua essenza e nel suo Vangelo, ovvero nell’annuncio di Cristo, non coincide in senso stretto con la storia della civiltà cristiana. ” Mi viene in mente – perdonatemi nel mio attingere sempre alle medesime fonti, ma mi pare significativo – quanto diceva Giussani già nel 1968, la differenza tra “cristianesimo” e “cristianità”:
“Tradizione e filosofia cristiana, tradizione e discorso cristiano, hanno creato e creano ancora la cristianità, non il cristianesimo. Per «cristianità» intendiamo quel flusso, quella corrente, quell’alveo identificabile nel campo della storia e qualificato, appunto, da determinate formule di pensiero, da determinati modi di concepire, da determinate regole morali, da determinati valori che si sottolineano, da determinati atteggiamenti pratici, da determinate forme. Tradizione e discorso, tradizione e cultura cristiana, tradizione e teologia, se volete, tradizione e dottrina cristiana, creano delle forme. Il cristianesimo è ben altro, anche se, è chiaro, il cristianesimo comprende tutto questo che abbiamo detto. Non solo recupera, ma esalta il valore della storia, fa sì che la tradizione sia realtà vivente, ricupera il filosofare nel senso profondo della parola, ricupera l’ordinamento intelligente; non solo, ma lo esalta fino a farlo diventare una realtà vivente il pensiero, l’idea e il valore.” (Qui, https://it.clonline.org/news/attualit%C3%A0/2018/10/12/vivente-%C3%A8-un-presente-giornata-inizio-anno-audio)
Rimanere bloccati alla “cristianità” è rimanere ad alcune forme, anche superabili, anche sicuramente superabili.
Il punto vivo è un altro, infatti. E si è incarnato, unico evento in tutta la storia delle religioni, “innestando nella materia il seme di una umanità divina che tornando sempre di nuovo nella relazione con il principio, ridona linfa e vita e gioia redentrice al corpo mistico della realtà” come tu ben scrivi.
Grazie.
Ciao Francesco,
è certo che nei suoi scritti Sri Aurobindo abbia in numerose occasioni criticato la visione vedantina, secondo cui questo mondo materiale e corporale sarebbe solo il frutto di una illusione della mente e dei sensi, ma quando fa ciò lo fa quasi sempre contrapponendo questa visione del tardo Vedanta, ossia a partire da Shankara (VIII sec. d.c.), che tanto ha influenzato la spiritualità indiana, con l’originario vedanta dei testi vedici e delle Upanishades, dove invece si ritrovano numerose citazioni che affermano il carattere divino anche della materia e del corpo; molto esplicita a rispetto è la Taittiriya Upanishad. Ciò mi sembra molto importante da far rilevare… A me sembra che ci sia un certo parallelismo di riscoperta del messaggio originale, ossia nella visione cristiana cosi come la si interpretata nei gruppi Darsi Pace (del resto cos’è il mistero dell’Incarnazione se non la possibilità di una divinizzazione della corporeità umana?), e del primo Vedanta cosi come lo interpreta Sri Aurobindo, il cui Yoga è appunto una trasmutazione integrale dell’essere umano, dalla spiritualità più elevata alla corporeità più densa.
Un saluto, Carlo
Molto interessante la riflessione che fai caro Francesco.
Certamente poi i diversi “corpi” sperimentano un sentire diverso a secondo della sensibilità e delle esperienze personali ….esiste un uso ” meccanico” ed egoico del corpo ed un sentire”spirituale” del corpo stesso, questa per me è un’ enorme differenza…..la mente/lo spirito è anche corpo e viceversa.
Bannare il corpo vuol dire considerarlo solo materia……anche in passato ,quando c’era la fobia del sesso, era scissione nei riguardi della creazione divina…..diventa scissione anche nella dipendenza, come nel tabù …….discorso complesso ed estremamente interessante ( non cito nomi autorevoli come Freud, Reich o ….tantra, le mie sono umili considerazioni sulla base di esperienze personali).
Grazie
Con questo approfondimento sul mistero del corpo, caro Francesco, mi porti nel punto cruciale del percorso iniziatico, punto in cui spento l’ego, nella fede mi lascio in-formare da una Parola che ha il potere di cambiare il mio modo di essere, di sanare la materia corporea traslocandomi in un corpo non destinato alla corruzione, corpo che muore e risorge.
In questi undici anni di laboratorio Darsi pace, ripercorrendo la mia storia, imparo a guardare il malessere che mi abita, che percepivo fin da piccola e che crescendo sentivo sempre più insostenibile, anche come segnale di una nuova possibilità di essere umana, di una vita più piena che preme in me per esprimersi.
Ora comprendo un pochino di più quanto scrivi anche tu
“la rivelazione è cioè un processo di comprensione e di traduzione che l’essere umano compie”
e perciò è importante porci la domanda
“in nome di chi avviene questo annuncio rigenerante e rivoluzionario grazie al quale stiamo guarendo e sanando scissioni e schizofrenie millenarie?
E’ facile infatti cadere nella disperazione egoica, spesso ben camuffata, che ci fa credere di essere un corpo corrotto che invecchia, si ammala e muore. L’annuncio che dà inizio alla rivelazione “Rallegrati Maria” è pieno di gioia e di parole benedette e chi comincia a parlare non è l’essere umano ma Dio, il Padre buono rivelato dal Figlio.
Grazie di cuore e un abbraccio, Giuliana
Grazie a tutti dei commenti
e delle risposte.
Caro Carlo,
sinceramente
non ho approfondito
i testi vedici a cui ti riferisci.
Personalmente mi convince
la tesi proposta da Marco
ma non solo, riguardante
una più decisa coniugazione
fra trascendenza e immanenza
che l’annuncio cristiano opera.
Non è un caso che è proprio
in Occidente che vengono
dotate di valore assoluto
la libertà di coscienza,
l’antropologia, la dimensione politica
e via dicendo.
Le rivelazioni precedenti
sono una preparazione,
Cristo porta a compimento.
Non si spiegherebbe altrimenti
perché solo in Occidente
si sia sviluppata la scienza moderna,
la medicina e questa attenzione
per il corpo come sede
autentica del divino.
Credo che nella tradizione vedantina
l’accento permanga sul divino,
in quella cristiana invece
sul corpo, sulle regioni
più oscure e complesse,
che sono le più difficili
da trasmutare.
Ciao
Francesco
rivedete le interlinee del testo: sono troppe e così è poco leggibile.
rispettate le regole basilare della formattazione comuni dei testi di articoli.
non pubblicate questo commento, è solo un suggerimento.
La mia mente ha lavorato assiduamente a chiarire, distinguere, definire quanto io cercavo come “vero”.
Leggendo questa riflessione di Marabotti mi si è evidenziato che forse il mio “corpo”, fin dall’adolescenza, rifiutava quella fatica della mente e procedeva per conto proprio, operando sintesi.
Sintesi che erano la verità mia, del mio essere non scisso ma “uno”, anche se non unificato.
Il mio corpo nel suo insieme, e quindi anche con la mente, al di là della mia volontà e del mio controllo, operava una fusione delle realtà varie di cui siamo composti.
Ma questo a me appariva con-fusione e quindi non capivo e di conseguenza restavo bloccato.
La millenaria distinzione, greca ancor prima che cristiana, tra spirito e materia, l’ho sperimentata nella mia carne in misura dolorosa.
Solo attraverso lenti decenni, nel dialogo dentro di me e nel confronto con altre persone, soprattutto confronto col femminile, ho imparato ad apprezzare quella fusione ed ho ricevuto l’apprezzamento di poche persone in amicizia autentica.
La fusione era di anima e corpo, di sensualità e di spiritualità: forse di sensualità spirituale?
Finalmente capivo che andavano a comporsi e ricomporsi nel mio “corpo/anima” elementi al tempo stesso essenziali tra loro ma apparentemente incompatibili.
E questo non poteva che avvenire nel corpo, nell’incarnazione.
Esattamente come è nel cuore che si incontrano l’umano e il divino della persona, della persona che lo voglia e lo de-sideri e lo cerchi.
Oso credere che il mio percorso inconscio, positivo e costruttivo, fosse costituito anche dal buono contenuto nella mia educazione cattolica pur tanto distorta.
Grazie, Francesco, di questa riflessione che valorizza il buono dell’approccio orientale e di quello occidentale.
Giancarlo
e così, dopo 55 anni (io ne ho 70) trascorsi a chiedersi ” ma io, chi sono? che cos’è questo qualcosa detto “io” ? — una mattina ti svegli e il cervello ti risponde “ma è facile! io sono il mio corpo” — poi, dopo due minuti si corregge ” no, non è così, io sono NEL corpo” — e dopo un’altra pausa un’altra correzione ” no, l’Io non esiste affatto, solo il corpo esiste, generato dai genitori e non creato, e quello che chiamo “io” non è altro che una funzione del cervello per mezzo della quale questo corpo racconta in ogni istante se stesso” . Insomma ciò che chiamo “io” o “persona” è il corpo espresso con la parola. Queste considerazioni, dopo sette anni di darsi pace e settanta di crisianesimo, mi hanno gettato in una profonda crisi esistenziale ( e ho appena concluso 8 anni di psicoterapia) e in un abisso di solitudine nel quale mi sembra di non poter essere capito da nessuno. Però c’è di positivo una cosa stranissima: questo corpo che per tutta la vita è stato considerato un grandissimo rompiscatole dalla mia parte pensante, spirituale, oggi viene ascoltato da questo mio IO riconosciutosi umilmente come costantemente CREATO dal corpo con una attenzione e un affetto prima assolutamente sconosciuti. In qualche modo misterioso la mia pace è certamente aumentata insieme a un forte senso di unificazione. Ora devo chiedermi che fine ha fatto in tutto ciò la mia fede cattolica. Tutta la Chiesa ora mi appare fatta solo di parole, parole. Lascerò per un po’ di tempo (un anno) la Chiesa ma ho sempre più bisogno di “darsi pace” per non soffrire di questa insopportabile quanto insopprimibile solitudine cosmica.