Ieri sono stato a un evento organizzato dalla mia parrocchia dal titolo: “Felicità ed economia ai tempi del sovranismo”, ospite il professore Leonardo Becchetti, importante economista del campo dell’Economia Civile, ossia quel filone economico che si rifà alla dottrina sociale della Chiesa.
Nella prima parte dell’intervento il professore ci ha giustamente elencato tutte le pratiche positive che i consumatori possono mettere in atto per un “consumo responsabile”, o per come dice lui, per votare col portafoglio. Comprare cibo equo-solidale, investire in aziende che hanno poco impatto ambientale, cercare di essere etici e generativi, di collaborare nel territorio e nel terzo settore. Tutto molto interessante e direi anche molto entusiasmante.
Quando però si è aperta la pagina della politica economica attuale, il registro è cambiato radicalmente. La visione propostaci dal professore direi che si possa definire come la versione più accomodante della cultura mercantilistica dominante. Vale a dire: accettazione totale dei rapporti di forza esistenti, acriticità totale verso il sistema attuale, dominio totale del “there is no alternative” (TINA), dell’accondiscendenza supina ai luoghi comuni. Vale a dire, la versione più devota di quello che avrebbe potuto dire Junker o Moscovici.
Una sintesi? L’Italia è la “pinocchio d’Europa”, che è stata spendacciona per decenni, che siamo “il peso che i paesi virtuosi europei si devono portare dietro”, che aver fatto il 2,4% invece che l’1,6% di deficit ci fa meritare la punizione dei mercati finanziari, che hanno sempre ragione e anzi sono il mercato in cui “la scelta etica del consumatore è applicata meglio” (sic!), che siamo indebitati perché siamo colpevoli, che il popolo è in fondo scemo perché si fa abbindolare da tutti questi ignoranti invece di seguire i “competenti”, che la rete è il problema principale della disinformazione etc. etc.
Tralasciando le questioni di merito, che abbiamo avuto modo di discutere, personalmente sono rimasto scioccato da un’altra cosa, e che mi ha spinto a fare questo intervento:
Caro Becchetti, io sono d’accordo con lei su tutto ciò che ha detto nella prima parte, la stimo umanamente, e ho anche fatto la tesi triennale sui suoi libri. Tuttavia io tra i suoi due interventi trovo una grande incongruenza, che mi fa seriamente preoccupare. E le chiedo questo: lei che propone una cambiamento radicale dell’economia, che crede in un’economia etica, che critica i modelli mainstream dell’homo oeconomicus, lei che dice di portare avanti un’economia cristiana!, ecco lei crede che sia etico, che sia generativo, che sia in linea con il vangelo, che ad esempio una democrazia di 60 milioni di persone sia messa ogni giorno sotto minaccia da anonime agenzie di rating, da mercati finanziari e da istituzioni di dubbia applicazione democratica? Ossia che la democrazia sia nella sostanza sospesa per un deficit al 2,4%?
Ammettiamo caso anche, e non è così, che la nostra economia era in crescita, era quasi satura di crescita (come ci ha detto lei nell’intervento), e quindi non serviva una politica espansiva – con 6 milioni di poveri e il 30% di disoccupazione reale – è secondo lei etico che per uno 0,8% in più di deficit una democrazia potrebbe essere costretta a sostituire il proprio governo democraticamente eletto da un momento all’altro?
Lo chiedo a lei perché lei si definisce cristiano, scrive su Avvenire, collabora con la Chiesa su diversi documenti, non è un economista qualunque che può avere le sue personali e legittime idee. Non trova lei un’incongruenza tra le giuste e belle parole che ci ha detto all’inizio sull’etica del consumatore, sulle belle pratiche del terzo settore, e questa seconda parte così remissiva, in fondo così conformista, in fondo così elitaria e mercantilista che ci ha proposto nella seconda parte? Non mi aspettavo certo che lei ci desse la soluzione, che è complessa e non è facile, ma mi aspettavo che almeno lasciasse intendere una denuncia contro i mercanti, o contro la “speculazione finanziaria”, contro “il mercato divinizzato” che “fagocita tutto ciò che è fragile” come il “lavoro e l’ambiente”: (Tutto virgolettato dalle encicliche di Papa Francesco). E che non si può risolvere tutto con pratiche micro. Mi aspettavo insomma che si ergesse una voce che grida nel deserto, che è duro e severo nel gridare l’ingiustizia, anche se questo ti fa guardare male da tutti, dai “competenti”, dalle oligarchie, o ti fa appendere a una croce dagli stessi. Mi aspettavo insomma più congruenza tra il micro e il macro. Non possiamo essere insomma rivoluzionari sul micro e poi essere i più conformisti sul macro. Si rischia cioè di essere i peggiori servi del sistema, come si diceva una volta. Peggiori perché si dicono le stesse cose del sistema con una spruzzatina molto carina ma molto innocua di etica cristiana.
La sua risposta credo sia bellissima. Sia la quintessenza di un atteggiamento antichissimo del cattolicesimo. Si può dire con una frase: “Dio è microeconomista”. La fede, lui ha detto, e la dottrina sociale della Chiesa riguarda il piccolo, il micro, le scelte del consumatore, le buone pratiche di altroconsumo. Tutto qui, sul macro, sul sistema, ci sono le opinioni, c’è l’interesse quindi, non c’è fede nella sua accezione di ricerca appassionata della giustizia, non c’è cristianesimo.
In parole più semplici: la giustizia che il cristianesimo annuncia ai popoli riguarda le scelte personali, l’etica privatistica. Sul sistema altri sono i parametri, altre le linee guida. Che vi credevate? Se non è la giustizia, c’è l’opinione, c’è l’interesse, c’è l’opportunità, c’è il male minore in fondo. C’è Andreotti, uomo di fede profonda che andava a Messa tutte le mattine, e che trattava con la mafia nel pomeriggio. Perché se quello è il sistema, con questi devo dialogare. C’è Pio IX, che incensava le chiese romane coi valori della donazione, della pace, del servizio, e poi faceva combutta con Napoleone III per sterminare i giovani italiani a Mentana e difendere il potere assolutistico del papa. C’è in fondo la reazione, il consenso ai potenti, l’alleanza con le oligarchie, cose insomma molto proprie alla chiesa cattolica degli ultimi secoli, e direi all’intero potere religioso di ogni epoca. C’è in fondo l’ipocrisia, che ci spinge a dire cose così radicali per quanto riguarda il campo dell’etica e della scelta individuale, ma che poi ci mostra così deboli, così mondani, così poco profetici nella storia, nella politica, nell’economia. Il gesuitismo antico della politica cattolica, che è l’indice di una scarsa radicalità spirituale, ossia di una scarsa elaborazione culturale e religiosa.
Io credo che la verità sia un’altra. Sia nel merito economico sia nel merito del grado possibile d’incarnazione storica della voce di Cristo. Che quando parla è sempre denuncia, è sempre macro, è sempre sistemico. Se non fosse stato così, se si fosse occupato delle buone pratiche del giudaismo del I secolo, se si fosse occupato del terzo settore della Palestina romana, sarebbe ancora vivo. E non staremmo a parlare di lui dopo 2 millenni.
Grazie a Dio, la verità è un’altra. Grazie a Dio, va detto!, il riferimento partitico di questo cattolicesimo è Beatrice Lorenzin, che non è la Democrazia Cristiana e non è Napoleone III, e che alle ultime elezioni ha preso una percentuale da prefisso telefonico. Grazie a Dio (che bisogna dirlo: esiste ed è un macroeconomista) parliamo del cattolicesimo politico dominante, ahimè, come di un residuo culturale ed antropologico, molto ascoltato in alcuni salotti ma molto, molto, molto molto poco rilevante nella storia.
Intanto cominciamo dal micro, il macro di conseguenza si adeguerà.
Grande Gabriele !! Se fossi stata li avrei ricordato la parola di s. Paolo di oggi al buon cristiano:
‘Siamo un solo corpo’ ci dice s.Paolo. Allora cosa significa mio e tuo se noi siamo membra gli uni degli altri e formiamo un corpo solo ? Il mio e il tuo devono essere solo funzionali al fatto che siamo una cosa sola. Il corpo mistico di Cristo è il fondamento dell essere nostro, che da origine ad una nuova coscienza. Allora perché creare le caste e i fuoricasta. Che cosa giustifica la differenza di retribuzione ? Chi desume i criteri operativi della realtà del corpo mistico di Cristo inventa nuovi modelli operativi nei rapporti economici. Abbiamo bisogno di profeti. I profeti però sono sempre martiri e i monumenti normalmente glieli fanno dopo averli uccisi !
Sono basito davanti ad un docente di economia, Becchetti, che riesce a farsi portatore di due visioni economiche opposte, fingendo di potersi nascondere dietro al fatto che una riguarda il micro e l’altra il macro.
Lo apprezzavo fino a dieci minuti fa per il suo impegno nell’equo e solidale, per il sostegno ai principi della responsabilità sociale di impresa, per il lavoro in Banca etica.
Ma pronunciando le parole che Gabriele riporta, ha gettato discredito su quel mondo, mentre non fanno proprio bella figura le due testate su cui egli scrive, “la Repubblica” e “Avvenire”.
Perchè se è vero che il comunismo è fallito, e che ci resta solo questo capitalismo finanziario globalizzato e devastante, è anche vero che si può scegliere se cadere nel cinismo di TINA oppure scegliere quello che io definisco “tenere insieme i corni della contraddizione”, in questo caso tra giustizia e libertà nel campo dell’economia.
Un cristiano dovrebbe ricordarsi che esiste una “Dottrina sociale della Chiesa” che ha distillato i principi messianici fondamentali per la dignità dell’uomo.
E’ chiaro che poi tocca agli economisti cristiani cimentarsi nella difficile impresa di “incarnare” quei principi, di adeguarli ai diversi tempi e ai diversi spazi del pianeta.
E’ tutto meno che facile, occorre tanta umiltà nel riconoscere che la risposta non ce l’ha nessuno.
Ma non è morale barare, non si può “servire due padroni”, su tavoli diversi, e in questo caso anche su due testate che dovrebbero dire cose molto diverse, e dovrebbero essere molto diverse tra loro.
Ma non sarebbe più bello e più serio ammettere la propria impotenza, ma animata dalla passione della ricerca, piuttosto che sopportare di essere strabici e di essere giustamente smascherati come strabici consapevoli?
Ora mi ricordo che l’anno scorso, quando mi occupavo dei cantieri di Monfalcone, su “Avvenire” avevo letto incredulo che il nostro aveva scritto che i 5.000 bengalesi immigrati contribuivano ad aumentare la torta per tutti, mentre in realtà erano sfruttati e avevano messo in crisi l’economia della Venezia Giulia: ora mi spiego quella “stranezza”.
Grazie, Gabriele, hai reso un ottimo servizio alla verità: abbiamo bisogno di chiarezza, pur amara.
GianCarlo
Caro Gabriele,
Se l’Italia è costretta a certe scelte dai mercati è solo perché, a differenza di tutti gli altri paesi democratici d’Europa esclusa la Grecia, si è messa in mano agli strozzini contraendo debiti immensi a partire dal 1975, per fare le stesse identiche cose che questo governo propone di fare: pensioni anticipate, zero investimenti strutturali, voti comprati sul breve termine per le elezioni successive. La Germania dei mercati se ne può infischiare perché non ha bisogno che ogni mese le ricomprino i titoli di stato a tassi di interesse stratosferici, come avviene con l’Italia. Allora questo governo non è l’alternativa al sistema degli ultimi decenni: è il suo potenziamento, che impiega la sua stessa identica retorica e scarica i costi del benessere “qui ed ora” sui deboli della Terra e sulle generazioni future. Compresa la tua. Meno favolette, più oggettività e soluzioni più lungimiranti anche se meno simpatiche: forse così sia io che te riusciremo a non dover emigrare come hanno fatto molti nostri coetanei. Chi semina nel piano mieterà nell’allegria, dicono i salmi. Buonanotte
Grazie Gabriele,
è un punto di vista molto interessante. Messa così, certo, avrebbe bisogno di una risposta da parte del professore, per articolare un vero contraddittorio, nondimeno ti sono grato perché la tua trattazione – ad un ignorante in materia come me – rivela una bella e lodevole passione per legare il fatto economico alla profondità della fede, oltre quanto molte persone ormai “rassegnate” non pensano più di fare.
Quello che non mi esalta è il giudizio in due righe su Andreotti o altre personalità storiche. Capisco l’ardore polemico, ma ritengo (personalmente) che la figura di Andreotti, ad esempio, sia molto più complessa, irresistibilmente controversa, e meriti un’analisi senz’altro meno frettolosa., che tenga conto del periodo in cui operava, magari, e come la sua fede (che non mi è mai sembrata una finzione, per quanto l’ho potuto comprendere) potesse trovare il modo di coniugarsi con i compromessi che per il ruolo che aveva, a volte forse doveva subire. Questo, ovviamente, senza scusarlo da alcuna responsabilità,
Un caro saluto!
Marco
Caro Gabriele,
anche io con Castellani voglio esprimere l’apprezzamento per la tua “bella e lodevole passione per legare il fatto economico alla profondità della fede”, perchè di questo c’è bisogno per scavare alla ricerca di proposte che introducano il discorso iniziatico nella politica e nell’economia.
Avevo sorvolato su Andreotti ma voglio cogliere l’occasione per dire che non ho mai creduto che baciasse i mafiosi, e io l’ho stimato come altri grandi cristiani e politici: don Sturzo, De Gasperi, La Pira, Moro, Dossetti.
I baci di Andreotti ai mafiosi sono probabilmente un’invenzione in giochi politici sporchi, come ha dimostrato la vicenda del presidente Leone infangato in tutto il mondo come corrotto nello scandalo Lockheed: dopo le sue ignominiose dimissioni, Marco Pannella ed Eugenio Scalfari hanno ammesso di aver costruito artatamente un castello di menzogne per affondare la DC.
A me è bastato questo per far scendere loro dal piedistallo di paladini della giustizia e della.verità.
La realtà è complessa e contraddittoria, ed è bello viverla in un’entusiasmante ricerca.
Un abbraccio, GianCarlo
Caro Gabry, il Papa parla esplicitamente delle strutture di peccato del mercato, non è cioè solo micro, ma macro, poi però ti giri un momento e ti ritrovi tanti cattolici al seguito di Monti, o di Cottarelli, del FMI o di Standard and Poor’s…… Papa Francesco, ad esempio, scrive: “Si instaura una nuova tirannide invisibile, a volte virtuale, che impone, in modo unilaterale e implacabile, le sue leggi e le sue regole. (…) La brama del potere e dell’avere non conosce limiti. In questo sistema, che tende a fagocitare tutto al fine di accrescere i benefici, qualunque cosa che sia fragile, come l’ambiente, rimane indifesa rispetto agli interessi del mercato divinizzato, trasformati in regola assoluta”. Di un sistema si tratta, dunque, che va combattuto, in quanto omicida e cosmicida, e chi non lo fa, è solo un collaborazionista, magari pure “cristiano”….. ciao, papà … ah, dimenticavo, su Andreotti mi limito a riportare ciò che si trova nell’ArchivioAntimafia:
“Il 2 maggio 2003 è stato giudicato e condannato dalla Corte d’Appello di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa. Era stato assolto in primo grado, il 23 ottobre 1999. Nell’ultimo grado di giudizio, la II sezione penale della Corte di Cassazione ha citato il concetto di “concreta collaborazione” con esponenti di spicco di Cosa Nostra fino alla primavera del 1980, presente nel Dispositivo di Appello. Il reato commesso non era però più perseguibile per sopravvenuta prescrizione e quindi si è dichiarato il “non luogo a procedere” nei confronti di Andreotti.”
Questo è ciò che la giustizia italiana, la nostra Repubblica, ha accertato, non si tratta cioè di semplici opinioni, ma di quell’unica verità storica cui possiamo fare riferimento comune: le sentenze passate in giudicato.
Certo Marco,
la sentenza della Corte di Cassazione è chiara. Ma io oserei dire che nemmeno le sentenze dicono “tutto” su una persone, che a me sembra abbia anche fatto un gran bene e sia stato una sincera testimonianza di fede. Ricordo il periodo in cui dirigeva la rivista “30 giorni” con molto affetto, rammento i suoi editoriali, alcuni molto significativi e sicuramente impregnati di una fede viva. Anche questo, era, Andreotti. Sicuramente persona, da non liquidare in due righe. Se vogliamo, persona con tutte le contraddizioni di un uomo che non si tira indietro e si impegna in politica. Tra l’altro, uno dei padri costituenti, di quella costituzione che vogliamo giustamente difendere e onorare e per la quale molti hanno combattuto perché non venisse modificata.
Peraltro, forse solo un’anima molto molto ingenua, di un candore quasi commovente, potrebbe pensare che in certi periodi lo stato non sia dovuto venire a patti con la mafia. Questo potrebbe essere iscritto al “male minore” (anche se il discernimento è d’obbligo) e dunque potrebbe paradossalmente – ma non troppo – essere cosa esattamente ispirata dal magistero.
No, credo che non ci faccia troppo bene un pensiero semplicistico che taglia via la poliedricità del reale, quanto mai in questi campi dobbiamo vigilare per non cadere nella semplificazione eccessiva.
Grazie!
Grazie Gabriele, c’è bisogno di giovani come te, così appassionati e competenti.
So che hai fatto studi economici, se vuoi, scrivi un articolo sul problema del “Debito pubblico” che da decenni è diventato il centro di ogni scelta dei vari governi.
A me sembra di aver capito che non è un dato di fatto, un evento naturale, ma nasce da una decisione politica (La rinuncia alla sovranità monetaria del 1981) senza quella decisione il problema “Debito pubblico” non esisterebbe.
Quindi, se è stata una decisione politica, è legittimo esaminare quali conseguenze ha prodotto e rivederla.
Un caro saluto
In coda ai vostri commenti molto circostanziati su fatti e persone, vorrei riprendere un pensiero di Giancarlo (primo intervento) a proposito della necessità di “tenere insieme i corni della contraddizione” quando si tratta di fare scelte a prima vista in opposizione fra loro ma che- se ‘umilmente’ indagate- potrebbero portare a soluzioni meno ciniche cioè dettate da maggiore integrità.
Concludo riferendomi anche a ciò che sta avvenendo sul piano politico-sociale in fatto di scelte a favore o meno di un’ accoglienza migranti regolamentata o no (es. pro o contro il sindaco di Riace…).
Secondo me in casi come questo manca ancora un’ elaborazione seria di pensiero che superi la dicotomia senso umanitario/rispetto della legalità, mancanza che oppone troppo sbrigativamente, e quindi surrettiziamente, “disumani” a “nazifascisti” semplificando e mistificando così la realtà.
Grazie Gabriele, hai messo a fuoco
un problema ancora spinosamente aperto…ciao a tutti, mcarla
Grazie a tutti per i tanti commenti!
Ringrazio per le consonanze e gli approfondimenti che ho letto con molto interesse e sintonia.
Mi permetto solo di sottolineare due questioni.
1) Il mio post, caro Emanuele, è volutamente non tecnico, non economico. Direi che ha a che fare più con la richiesta di coerenza tra il piano morale micro e il piano politico macro. Mi spiego meglio: io credo che quello che hai scritto tu non sia vero, e non lo credo solo io. Economisti accademici di tutto il mondo (pochi italiani perché da noi va di moda una certa anti-italianità che ci spinge al senso di colpa anche quando la colpa non c’è) sono ormai d’accordo che non solo il debito pubblico italiano abbia cause molto diverse dall’alta spesa pubblica (ne parlo in questo post: https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10216997256074529&set=a.1444701368454&type=3&theater), ma che è la stessa struttura di regole e di istituzioni scadenti dell’Eurozona ad aver esacerbato la dinamica economica dei paesi del sud Europa, Italia in testa.
Tuttavia, il mio punto è un altro. Diciamo che Becchetti è in quella quota di economisti che non crede alla mia visione delle finanze pubbliche, ma diciamo a quella mainstream di Junker e Monti. Bene!, va bene, la mia domanda è sempre la stessa, a prescindere dalle interpretazioni economiche: come può un economista che fa del Vangelo e della Dottrina Sociale i suoi punti di riferimento a sopportare questa contraddizione, questa ipocrisia tra micro e macro, che lo fa su un piano puntare a una rivoluzione delle pratiche del consumatore ma su un altro accettare che a dominare democrazie antiche sia l’umore di mercati finanziari? E che un paese possa essere umiliato per qualche decimale in più di deficit? E’ cristiano? E’ generativo? O meglio: è un compromesso accettabile per chi cerca di incarnare nella storia il Verbo di Cristo? Per me no! Per me, a prescindere da ciò che credi in ambito economico, è insostenibile questa discrasia tra micro e macro.
2) Su Andreotti possiamo anche sorvolare ? Nel senso il mio non voleva essere un giudizio sulla fede di Andreotti, che anzi nel post viene definito come “un uomo di fede profonda”. Tuttavia, mi chiedo se il suo modo di vivere la politica sia una modalità d’incarnare il cristianesimo adatta ai nostri tempi. Per il mio gusto, la risposta è più no che sì. Ma poi ci sono altri gusti, e non voglio di certo questionare. Il mio discorso è più ampio: che la Chiesa ufficiale abbia preso più volte posizioni discutibili in ambito culturale e politico negli ultimi secoli mi sembra una triste evidenza. E Becchetti, nel suo piccolo, mi sembra perpetuare un errore antico, vale a dire accettare un grado di compromesso con la storia troppo a ribasso.
Un caro saluto a tutti!
Oggi a messa nonestato recitato ilcredo e mi chiedo come mai.
Sono Eugenia non sono iscritta ma leggo i vostri post e sono sconvolta per quanto affermato:
“Andreotti una sincera testimonianza di fede” ma vi rendete conto che affermazione, è una offesa a chi professa la fede in modo pulito e sincero
“sentenza passata in giudicato” per Andreotti è la pura dimostrazione del potere che ricoprono i giudici…. assolvono o condannano ….. ma con quale che criterio ? e non si può fare nulla fa parte del gioco…
diciamo che se gli è andata sempre bene perchè …….. ma quanti morti avrà avuto nella sua coscienza
Vi auguro Buona continuazione a tutti
Cara Eugenia,
non penso sia una offesa verso nessuno, se si pensa, in coscienza, che la fede di Andreotti fosse sincera.
E comunque, su tutto, sta il “non giudicare” che (anche come cristiani) ci scordiamo tanto, ma tanto velocemente….
Comunque questo non è il punto fondamentale del post di Gabriele (per sua stessa ammissione), anche perché una valutazione complessiva di una figura così “importante” (piaccia o non piaccia) a livello istituzionale, per la Repubblica Italiana, sicuramente necessita di un approfondimento e di una ampiezza di trattazione che esula dallo slogan o dalla stigmatizzazione affrettata.
Un caro saluto.
Ciao Gabriele,
condivido totalmente le tue affermazioni e l’urgenza di coniugare il cambiamento delle nostre azioni quotidiane con il cambiamento delle strutture e delle politiche economiche che determinano quotidianamente la vita e la morte di migliaia di persone.
Ho spinto perché la mia diocesi aderisse alla Rete Interdiocesana Nuovi Stili di Vita (se non la conosci https://reteinterdiocesana.wordpress.com/) ma devo ammettere che anche questo strumento agisce prevalentemente su un piano microeconomico di scelte personali o di piccolo gruppo.
Coraggio quindi, c’è tanto lavoro da fare!
Elena
Nel Vangelo trovi la famosa frase di Gesù sulla necessità, per gli adulti, di tornare bambini perché dei bambini è il Regno dei Cieli. L’affermazione si presta a plurime interpretazioni e applicazioni, tutte interessanti, ma una si impone sulle altre quando cominciamo a occuparci di economia e di finanza: dobbiamo tornare bambini se vogliamo capirci qualcosa, di tutto il dannato casino che c’è. In questo potrebbe aiutarci uno straordinario manuale (‘Riforma del sistema monetario’) dato alle stampe da un ingegnere provvisto di autentico ingegno, Fabio Conditi, il quale si è messo in testa, un bel giorno, di porsi – e di porci – le domande infantili che nessuno si fa – e ci fa – sul denaro, la sua offuscata origine e il suo incerto destino. Fabio muove da alcuni dati di realtà impressionanti.
Per esempio, il fatto che il PIL annuo mondiale ammonta a 75 miliardi di dollari, il debito pubblico mondiale a 200 miliardi, e le somme mosse dai mercati finanziari a 1 milione di miliardi e che il 10 per cento della popolazione mondiale detiene l’87 per cento delle ricchezze, mentre il residuo 80 per cento si spartisce il 13 che resta. Poi Conditi affronta una questione che avrebbe incuriosito persino Gesù, il quale non teneva le ricchezze in gran conto: ma i soldi da dove vengono? Cioè, se io guadagno dei denari per un servizio che ti ho reso, i soldi provengono da te. Ma tu da chi li hai presi? Mi risponderai: da un terzo a cui ho reso un servizio o venduto una merce. E se andassimo a interrogare quel terzo, ci risponderebbe, a sua volta: da un quarto. Ma, risalendo risalendo – si interrogherebbe uno scolaro di quinta – dove approdiamo? Da dove sbucano, in ultima analisi, le monete e tutti gli analoghi strumenti di pagamento? Ebbene, la risposta è sconcertante: scaturiscono da un debito. Anzi, nascono addirittura, fin da principio, come debito. Per la precisione, e restiamo in Europa per comodità, il 97,3 per cento della liquidità circolante, sotto forma di banconote dette euro o di moneta elettronica, sgorga da un debito contratto da qualcuno nei confronti di qualcun altro.
Quel qualcuno sono gli Stati e i loro cittadini. Quel qualcun altro sono la BCE, le Banche Centrali nazionali e le banche private. Nel 2014 il totale della massa monetaria era pari a 2.252 miliardi di euro. Di questi, 2.094 sub specie di moneta elettronica e 151 di banconote. Le banconote sono state generate dal nulla (e generosamente prestate al sistema bancario) dalla BCE e dalle Banche nazionali, su autorizzazione della BCE, mentre la moneta elettronica è stata partorita dal niente (e prudentemente prestata ai suoi clienti) dal medesimo sistema creditizio. Ora, se il denaro nasce sempre come debito, quel debito può essere (da un punto di vista rigorosamente matematico) estinto? Ovvio che no, perché va restituito con interessi per pagare i quali sarà indispensabile contrarre nuovo debito, in una spirale senza fine. Ecco perché il debito pubblico, e quello privato, nonostante gli sforzi titanici dei tenutari del Manicomio Europeo, non potranno mai né calare, né tantomeno estinguersi. Beati i bambini perché di essi è il Regno dei Cieli. Beati gli adulti, se si svegliassero, perché di essi sarebbe la Repubblica in terra.
IL REGNO DEI CIELI, LA REPUBBLICA IN TERRA: TRATTO DA SCENARI ECONOMICI di Francesco Carraro