«Non ti ho fatto né celeste né terreno, né mortale né immortale, perché tu, come se di te stesso fossi il libero e sovrano creatore, ti plasmi da te secondo la forma che preferisci. Tu potrai degenerare abbassandoti sino agli esseri inferiori che sono i bruti, oppure, seguendo l’impulso del tuo animo, rigenerarti elevandoti agli spiriti maggiori che sono divini».
(Oratio de hominis dignitate, Pico della Mirandola)
I
In questo scritto vorrei sostenere una tesi molto semplice: noi esseri umani siamo ciò che pensiamo.
Evidentemente è un ribaltamento della celebre frase di Feuerbach: “siamo ciò che mangiamo”.
Non voglio entrare in un dibattito sulla preminenza del pensiero rispetto al corpo, o della mente sulla materia o viceversa. Credo anzi che siamo proprio nel momento storico planetario in cui siamo chiamati ad una integrazione nuova fra i poli costituitivi della realtà, come appunto la mente e il corpo, la ragione e le emozioni, l’intelletto e le sensazioni.
Ciò nondimeno, se diciamo “siamo ciò che mangiamo” esprimiamo comunque un pensiero. Ed è da qui che vorrei partire.
In che misura siamo plasmati dai nostri pensieri? In che misura cioè ciò che pensiamo determina la nostra vita?
Non solamente a livello di credenze e opinioni, per esempio sulla vita e il suo senso, sulle persone, sull’amore eccetera, che comunque sono importati; ma anche rispetto al pensiero inteso come costante dinamica di rapporto con la realtà.
Possiamo non accorgercene sempre, ma in ogni istante, siamo come intrappolati in una serie di pensieri. Essi non avvengono in modo chiaro, come formulazioni ben scandite ed evidenti. Sono sovente confusi, intrecciati con emozioni altrettanto aggrovigliate, ne siamo rapiti, stregati.
Per la maggior parte del tempo giornaliero potremmo essere intrappolati dentro pensieri della più svariata natura: “ieri è successo questo, e ho detto quella cosa, forse ho sbagliato, devo aver fatto una brutta figura, sono proprio una catastrofe, meglio che mi chiudo in camera e non esco più”.
Qui esagero, ma non troppo. I pensieri sono connessi con emozioni molto forti, paura, rabbia, gioia, eccetera.
La domanda è la seguente: in che misura e in che modo quello che pensiamo influisce sulla qualità della nostra vita e delle nostre relazioni?
Quanto è importante ciò che decidiamo di pensare di ciò che ci accade e su noi stessi?
La realtà potrebbe cioè non essere oggettivamente data, ma plasmata proprio attraverso ciò che ne pensiamo. Anzi, la realtà che crediamo oggettivamente data è spesso proprio il nostro pensiero, ed essendovi noi completamente identificati non riusciamo a distaccarlo dalla realtà.
Spesso per esempio potremmo pensare di avere fatto una brutta figura a causa di paure nostre legate magari ad un ansia di insuccesso, mentre invece nelle altre persone non è avvenuto nulla di significativo.
Uno psicologo contemporaneo, Martin Seligman, dice quanto segue:
“Il punto cruciale è che cosa pensi quando fallisci, quanto sai usare il cosiddetto “pensiero non-negativo”. Cambiare i pensieri distruttivi che rivolgi a te stesso quando fai esperienza di una delle avversità che la vita ti riserva costituisce un’abilità cruciale per il tuo benessere”
E più avanti:
“I depressi pensano cose terribili su se stessi e sul proprio futuro. È possibile che sia questa la causa della depressione. Può darsi che ciò che sembra un sintomo – il pensiero negativo – sia la malattia stessa. La depressione non consiste né in un malfunzionamento della chimica cerebrale, né in rabbia rivolta all’interno. È un disturbo del pensiero conscio.”[1]
II
Durante il giorno siamo spesso intrappolati nel flusso caotico di pensieri, lo stream of consciousness di cui parlava Joyce. Siamo identificati con ciò che pensiamo, e perciò in un certo senso diventiamo ciò che pensiamo. Il pensiero influisce attivamente sulla qualità del nostro essere. Iniziare a diventare consapevoli di ciò che pensiamo può perciò essere un primo passo per trasformare il nostro modo di esistere.
Ciò che pensiamo infatti non è sempre positivo. Possono essere radicate in noi delle abitudini di pensiero autodistruttive, pessimistiche, che magari non hanno ragion d’essere, o sono motivate da ferite antecedenti, che sono divenute schemi automatici della mente. Possiamo pensare in continuazione che sia tutto un disastro, che non ci sia niente da fare, che la vita sia pesante e piena di problemi irrisolvibili, che non saremo mai felici e via di seguito.
Questo influenza in modo decisivo la salute dell’anima, e ci spinge giorno dopo giorno ad una dieta scorretta. Quello che occorre è perciò da un lato un bel digiuno mentale, e dall’altro una riformulazione dei nostri pensieri.
Dice il Buddha:
“Quando(il monaco) esamina il pericolo insito in quei pensieri..quando cerca di dimenticarli e di non porre attenzione su di loro..quando cerca di rivolgere l’attenzione alla pacificazione dell’origine di quei pensieri, soggioga e ferma la mente con la mente, i pensieri negativi e non salutari sono abbandonati …e la sua mente diviene internamente stabile, acquietata, unificata e concentrata”
E poi prosegue:
“Allora(il monaco) penserà ciò che desidera pensare e non penserà ciò che non vuole pensare. Egli ha fatto cessare la brama, ha sciolto i legami e, con il completo superamento dell’orgoglio, ha posto fine alla sofferenza”[2]
Quando la mente diviene stabile e unificata, anche il mio essere lo diviene. Il Buddha dice addirittura che questo acquietamento e spegnimento dei pensieri negativi porta ad uno stato di cessazione della sofferenza. Potremmo perciò raggiungere una condizione di gioia, di benessere, in questo momento e in questo luogo.
III.
Posso decidere cosa pensare. Se penserò che la vita ha un senso, e che io valgo e che posso farcela, molto probabilmente potrò predispormi alla possibilità di fare esperienza che la vita ha un senso, percepire quindi il mio valore e realizzarmi anche grazie alle mie forze.
Ciò che penso determina la mia vita.
E qui vorrei concludere con il mistero della fede cristiana, che ci dice, riprendendo il prologo di Giovanni, che “In principio era il Verbo”, ovvero il Logos procreatore da cui origina tutta la realtà.
Il Logos, inteso come pensiero creativo e verbo divino è perciò all’origine, e forse ritornando a contemplare questo mistero e a sentirlo pregnante e vivo nella nostra esistenza di tutti i giorni, possiamo capire di nuovo l’importanza del nostro ascolto ricettivo e di ciò che decidiamo di credere o di non credere.
[1] M. Seligman, Imparare l’ottimismo, p.28, p.104
[2] Discorsi del Buddha, p.138
SÌ Francesco, concordo con quanto hai scritto nel tuo ‘post’…aggiungerei che la vera grande sfida secondo me consiste nel decidere ogni giorno (come ci propone di fare il percorso DP) di purificare la nostra mente-attraverso una pratica meditativa-da tutti gli inquinanti che la soffocano e ula imprigionano in circoli viziosi di pensieri negativi e
parole male-dette, non consentendole di accedere a spazi più aperti e luminosi.
Un atto di volontà, quindi, che dovrebbe rafforzarsi via via sempre di più attraverso il suo esercizio ma che spesso è ostacolato e boicottato da strutture egoiche incredibilmente dure a morire…
Grazie, un abbraccio
mcarla
Caro Francesco,
grazie per questo bel post, sarebbe da leggere e rileggere per aiutarci a non cadere in tutti quei meccanismi di autosvalutazione che assumiamo sovente, come una cattiva medicina, senza veramente comprendere che abbiamo la libertà di rifiutarli, di scegliere altri percorsi mentali. Più ariosi, creativi, aperti alla speranza.
Sì, ce la posso fare, può darsi che l’evento di domani andrà benissimo, io mi posso realizzare nella vita. Io sono amato, molto amato. Già permetterci di pensare così ci fa rilassare, almeno un poco. Questa è una buona medicina, che ci fa affrontare la vita in modo diverso.
Come se entrassimo in un altro universo, come se ci fossero sempre infiniti paralleli mondi che imbocchiamo a seconda del nostro stato d’animo, che scorrono vicini. Mi sembra così, e ci sono sempre molte porte per passare da uno all’altro, in ogni momento. Veramente la realtà sembra plasmata sulla base di quel che pensiamo!
Chissà perché ci siamo abituati che il pensiero più negativo debba essere riguardato sovente come quello più reale, più concreto. Anche questo sarebbe bello da analizzare, da comprendere. Il nefasto “troppo bello per essere vero”, insomma, ci danneggia da subito, a botta sicura – prima ancora di ogni verifica empirica.
Detto ciò, vorrei solo capire meglio l’accenno alla spiritualità cristiana; fino quasi verso la fine il discorso, infatti, si segue in maniera quasi neutra rispetto alla scelta di fede, e fatico solo ad integrare gli ultimi concetti nel cuore dell’esposizione. Ma forse è solo per necessità di concisione: comunque sarebbe un tema, questo delle ultime righe, certamente degno di una seconda parte di questo bel post! Come l’essere e il riconoscersi cristiani influisce ed influenza il mio modo di pensare?
Come ricollegandomi alla Fonte (qualsiasi “indegnità” io mi senta addosso, perché è un problema ontologico non morale) posso alzare la frequenza del mio stesso esistere?
Grazie.
Grazie Francesco! Bellissimo post che condivido, infatti come ci dice anche Marco G. sono stati…cambia stato…non ti fossilizzare con i pensieri negativi che alla fine ti soffocheranno, cambia stato e createli di più positivi. Un aiuto non piccolo, ci può essere dato con la meditazione, un abbraccio.
Grazie Francesco, il tuo post ci ricorda qual è il centro del problema
Credo che la conoscenza fondamentale che una persona può cercare di imparare nella vita, sia la Meditazione. Sembra così semplice, inutile, eppure dentro quella inutilità nasce una vita nuova.
Leggevo che è stata rilevata in una zona del cervello una rete di neuroni la DMN (Default Mode Network) che si attiva quando non siamo nel presente e la mente si mette a girovagare. È la struttura cerebrale che ci permette di sognare ad occhi aperti ma allo stesso tempo è la responsabile del pensiero automatico.
“Radio Pensiero Continuo”: così Thich Nhat Hanh chiama la radio sempre accesa che ci portiamo dentro. Di solito, il programma sempre in onda è l’emissione continua di giudizi su persone, cose, avvenimenti di ogni genere.
Nella meditazione ci alleniamo a osservare questa “radio sempre accesa” fino a spegnerla, coltivando il Silenzio, nel quale la Realtà si manifesta in modo più limpido e luminoso.
Nelle Upaniṣad, un insieme di testi religiosi e filosofici indiani, è scritto:
“Si cerchi con estremo impegno di purificare la mente che, invero, è il saṃsāra stesso. Si diviene ciò che si pensa. Questo è l’eterno mistero.”
Un caro saluto
Ciao Francesco, ieri notte mi sono addormentata chiedendomi: “cosa posso fare per aiutare D…. che è nuovamente caduta nella depressione? Che ha solo pensieri bui, intrisi di paura, di sconfitta, di non senso. Pensieri di morte. Stamattina FB mi ha segnalato il tuo articolo: l’ho letto ed ero un stupita del fatto che ieri sera proprio a D….. dicevo che era importante che cercasse di abbandonare i pensieri negativi, perchè sono automatismi e non la realtà, sono film mentali ai quali non dobbiamo dare energia. E’ ciò che hai detto tu molto chiaramente nel post. Così gliel’ho inviato e spero possa esserle utile. Sono molto preoccupata per lei perchè mi ha detto che vorrebbe buttarsi sotto ad un treno, e non so come aiutarla, non so come trasmetterle almeno un pò del mio amore per la vita.
Grazie a tutti delle risposte.
Cara Anna Paola,
spero che questo testo
possa aiutare un po’ la tua amica.
Questo dolore credo
sia l’esperienza di una umanità
che ricerca una nuova forma di esistenza,
e dobbiamo aiutarci in questo travaglio
a capire le traiettorie evolutive
che premono per seminare
in noi pensieri e azioni
benefiche e salutari.
Ciao
Francesco
grazie