Qualche tempo fa mi è capitato di imbattermi in un video su Youtube che è riuscito a scatenare in me i peggiori sentimenti di rabbia e di rancore. Si trattava di un filmato che mostra, col solito invadente atteggiamento da spettacolo, una serie di reazioni emotive che negli Stati Uniti alcuni adolescenti criminali (dai 14 ai 20 anni circa) hanno manifestato in tribunale all’udire la propria sentenza di ergastolo o di morte. Alcuni reagivano disperandosi, altri ancora perseverando nello scherno e nel finto orgoglio personale.
Percependo in tutto ciò lo specchio deforme della società statunitense, immediatamente è scattato in me l’odio più viscerale per questa strapotente nazione, unito a una rabbia radicale che è bastata a guastarmi l’umore per tutta la giornata. Questo forte sentimento antiamericano non mi era nuovo, giacché da molti anni so di avere, nella mia identità politico-spirituale di europeo, un’ombra molto oscura che vede negli Stati Uniti l’origine di tutte le peggiori degenerazioni spirituali e culturali dell’Occidente.
Ascoltando più a fondo la frequenza emotiva che alimenta questa mia visione delle cose, ho capito che in realtà si tratta di una paura fondamentale: quella di immaginarmi in un sistema politico e sociale che da un lato predica solo il consumismo, la distrazione, la corruzione morale, la dissoluzione dello spirito; e dall’altro, contemporaneamente, punisce con metodi barbarici, fondati ancora sulla violenza sadica del vecchio mondo, che non sa ascoltare le profondità dell’umano, ma sa solamente reprimere e colpevolizzare, condannare e annientare. In tal modo ho compreso piano piano che questo mio rancore estremo per gli Stati Uniti scaturisce da alcune ferite che forse appartengono all’anima stessa dell’uomo contemporaneo.
Poiché inascoltate, inosservate e misconosciute, queste ferite generano a loro volta due livelli essenziali di controfigurazione, che Marco richiama spesso nei suoi libri e che ho potuto ritrovare entrambi in quel video di Youtube: in primo luogo il Nichilismo, la cieca trasgressione, che (non solo negli Stati Uniti) arriva a trasformare in veri e propri criminali dei semplici ragazzini; in secondo luogo il Fondamentalismo, che si esplica in questo caso nell’irrigidimento persecutorio delle autorità. Questo paradosso negli Stati Uniti significa che tutt’ora esistono camere a gas pienamente in funzione non lontano da Las Vegas e da Wall Street, ossia da due dei principali centri di corruzione spirituale del mondo.
Anche in Europa è oggi evidente una schizofrenia complessiva di questo tipo. I nostri rappresentanti politici hanno ridotto l’UE ad un enorme gioco d’azzardo economico-finanziario, in cui l’unica legge inviolabile è fatta di numeri, pareggi di bilancio, competizione spietata in nome del libero mercato. Al fronte opposto, abbiamo uno schieramento-ombra che cresce ogni giorno di più, e che – nutrito da paura e rabbia anche comprensibili – sta risvegliando antichi sentimenti di odio nazionalistico, dall’est Europa fino alla Spagna.
Sul piano personale sono riuscito a individuare anche dentro di me questa stessa lacerazione interna che abita in modo crescente il nostro scenario politico. Per questo motivo ho provato umilmente a interrogare la mia parte furiosa, ferita e offesa, e le ho chiesto: «che cosa vuoi veramente per me arrabbiandoti? Cosa cerchi, cosa speri realmente quando maledici un’intera nazione in nome della tua paura di dissoluzione, di annientamento, di morte?».
Al primo livello di profondità la risposta è stata questa: «Ciò che voglio davvero è un mondo in cui l’anelito di Assoluto, il bisogno umano di vita spirituale, di contemplazione, di Salvezza venga pienamente riconosciuto e ascoltato. Spero in un mondo di relazioni personali e politiche in cui parole come nobiltà, dignità, giustizia, speranza e bellezza tornino a occupare i primi posti nell’ordine delle priorità. Quello che voglio è soltanto uno spazio, nell’anima e quindi nella politica, in cui tutto questo possa trovare asilo e incarnazione».
Poi mi sono ricordato che in fondo erano proprio queste le intenzioni del progetto socialdemocratico che ha ispirato la coscienza moderna dalla Rivoluzione francese in poi. Mi sono ricordato che si tratta della stessa concezione dell’essere umano, fondata sull’insegnamento secolarizzato del Cristianesimo, che sta nel cuore originario di tutti i valori di libertà, uguaglianza e fraternità che in un modo o nell’altro hanno cambiato per sempre la nostra storia.
Perché allora, se come civiltà ci troviamo in una situazione evidentemente patologica, non abbiamo il coraggio di dar vita ad una nuova cultura di auto-conoscimento dell’umano? Perché non facciamo di questo discorso, cioè dell’ascolto e della guarigione profonda del nostro essere, il terreno principale di una rinascita spirituale e politica nel nostro continente?
Le elezioni in Europa cui parteciperemo tra pochi mesi segneranno una svolta potenzialmente decisiva per i prossimi decenni. Ciò significa che, come negli anni ’50, siamo di fronte alla sfida di una rifondazione radicale dell’intero assetto politico europeo, che nella sua forma attuale ha chiaramente i mesi contati. La responsabilità di questo momento è dunque immensa.
Personalmente, avendo sempre sperimentato nella vita un senso misterioso ma chiaro di appartenenza all’identità europea (in modo ancora più netto che all’identità italiana), credo che la crisi terminale del sogno dei tre padri fondatori dell’UE non possa risolversi in un ritorno astratto al passato. Il nazionalismo ha segnato un’epoca grande e complessa, ma oggi ha da tempo compiuto il suo ciclo storico. Tutti vediamo in questi decenni le derive disumanizzanti della globalizzazione, ma riesumare idee e strutture antropologiche morte non può che tradursi in altra morte.
Al contrario, il passaggio difficile che stiamo vivendo indica solamente una cosa: che l’Europa deve ancora nascere.
In un discorso radiofonico del 1952, Alcide De Gasperi, uno dei massimi ispiratori del progetto dell’Europa unita all’insegna della democrazia e della cristianità, disse: «Non vi parlerò dell’Italia, ma dell’Europa e non dell’Europa di ieri o di oggi, ma dell’Europa di domani, di quell’Europa che vogliamo ideare, preparare, costruire».
Io penso che oggi sia urgente recuperare la verità profonda di questo anelito messianico connaturato alla vocazione stessa del nostro continente e della nostra civiltà. L’unico modo per tornare alla fonte della nostra missione storica come europei è comprendere che, se nel secondo Dopoguerra l’obiettivo era quello di offrire un’istruzione dignitosa a tutti i cittadini partecipi della vita politica, nel XXI secolo si fa avanti un nuovo fronte di alfabetizzazione dell’uomo: l’alfabetizzazione dello spirito. Non esiste ambito infatti in cui l’umanità occidentale – immersa nella tecnologia e nella comunicazione – sia rimasta più ignorante, povera e schiava dei vecchi sistemi (mentali). Se oggi l’Europa vuole rinascere insieme alla sua missione autentica, che è quella di portare liberazione e sapienza a tutti i popoli, allora dovrà cominciare a saturare le sue mancanze secolari, a integrare ciò che si è perso lungo il tragitto della modernità. In altre parole, dovrà convertire in un progetto di educazione fondamentale dell’uomo-cittadino quella dimensione di liberazione interiore che – come noi impariamo a Darsi Pace – è la condizione ineludibile di qualsiasi attuale possibilità di trasformazione del mondo.
In conclusione, potremmo dire che il salto messianico di civiltà cui noi, come europei, siamo oggi chiamati è quello di salvarci salvando il mondo (che è poi il nucleo essenziale del mandato antropologico di Cristo su questa terra). La storia della Salvezza non mi pare altro che questo continuo salvarsi salvando e salvare salvandosi nel nome e nella luce dello Spirito. Soltanto qui risiedono i veri presupposti di una cultura che sappia essere più di prima un faro per tutto il pianeta, in questa delicatissima fase di cambiamenti irreversibili.
Grazie caro Luca,
credo che questo post sia veramente un ottimo punto di partenza per lavorare su una comprensione della nostra idea di Europa, in piena sintonia di tempo con la scadenza elettorale che anche tu, giustamente, ci ricordi.
Condivido l’avversione – quasi il disgusto – per certe storture evidenti della potenza statunitense, anche se mi paiono più profondamente storture insite in ogni sistema politico storicamente incarnato, a patto che si dispieghi abbastanza da poterle coltivare e purtroppo esibire al mondo: nefandezze e atrocità si trovano purtroppo in ogni grande struttura di dominio: se il liberismo statunitense ha prodotto mostri, il comunismo sovietico e cinese non è stato assolutamente da meno, come sappiamo. Dunque più profondamente – come tu stesso più avanti segnali con grande profondità – è un problema dell’uomo, o meglio dell’assetto dell’uomo che opera nel sociale e nel politico, con mente disallineata, o proprio alienata. In questo l’insegnamento di Marco Guzzi è veramente fecondo e ci fornisce una chiave di lettura preziosa di quanto di terribile vediamo nella storia, una chiave che (come il tuo stesso articolo) è ancor più preziosa perché rilegge in chiave evolutiva e dunque ultimamente costruttiva, ciò che anche di più terribile accade.
L’affezione e l’amore all’Europa che declini in modo intelligente è uno stimolo, per noi, per non perdere questa occasione. Hai ragione, abbiamo due estremi da cui guardarci, un globalismo mercantile asfissiante che disprezza l’uomo in favore dell’economia, e un nazionalismo “di ritorno” (mosso anche da motivi comprensibili) che però nuovamente produce storture volendo “stuprare” la storia forzando il ritorno artificiale di un ciclo (quello del nazionalismo) come tu dici, oramai concluso.
Così leggendoti, comprendo ancora meglio che la soluzione, o meglio il cammino, il lavoro, non è nel “rifiutare” l’idea di Europa fomentando vigliaccamente un odio e una diffidenza aprioristica (come purtroppo accade e rischia di portarci alla disaffezione, a me che come te si sente “cittadino d’Europa”, http://blog.marcocastellani.me/2018/11/cittadino-deuropa-apologia-del-bacio.html). Quello a cui possiamo ambire, e che tu fai vedere bene, è una Europa che sta forse nascendo proprio ora, che deve nascere e ri-nascere.
Io voglio credere a questa Europa. Non credo né alla triste reiterata retorica dei “burocrati di Bruxelles” né al fatto che l’Europa così come appare ora sia il meglio che possiamo avere e che dunque ci si debba piegare alla logica di mercato.
Credo in una Europa nuova e antichissima, e cercherò di dare il mio appoggio a chi ci crede, parimenti.
Grazie caro Luca, un abbraccio.
Caro Luca,
molto interessante ciò che scrivi e bello ciò che dici nella conclusione: “La storia della Salvezza non mi pare altro che questo continuo salvarsi salvando e salvare salvandosi nel nome e nella luce dello Spirito”.
Va calato nel quotidiano penso. Ogni qual volta siamo chiamati ad una decisione anche minima, o prendiamo parte in una diatriba, o quando le passioni nostre e altrui ci agitano, dovremmo riflettere alla luce del “salvarsi salvando e salvare salvandosi…” e in caso, anche solo per un dubbio, fermarci.
Mi pare attinente a ciò che dici il bellissimo documento di Papa Francesco sulla Fratellanza umana per la pace mondiale e la convivenza comune, se non lo hai già letto lo trovi qui
http://w2.vatican.va/content/francesco/it/travels/2019/outside/documents/papa-francesco_20190204_documento-fratellanza-umana.html
Ciao
Maria
Quanto tempo passerà ancora
perché la consapevolezza
prenda il posto della distrazione.
Perché solo quando noi smetteremo
di distrarci “loro” smetteranno
di morire.
Caro Luca, il tuo post mi ha molto consolato. Hai colto qualcosa di essenziale, hai descritto la metamorfosi ineluttabile dell’Io europeo a partire da una riformulazione psichica, che dissolva la maschera neoliberista (la destra e la sinistra ormai omologate), e integri le più antiche ombre. E ciò riscoprendo, ad un nuovo livello, molto più iniziatico, il mistero della nuova umanità, inseminata dal Cristo nella storia, come seme di liberazione.
Da qui potremmo avviare un processo trasformativo inedito, e inaudito, una vera rivoluzione antropologica.
Ormai indilazionabile.
Ciao. Marco Guzzi
“Qui salvandos salva gratis”….come attualizzi chiaramente questa frase del ” Dies irae”!
Grazie Luca
Grazie a tutti voi per i preziosi riscontri e spunti.
Quello che mi sembra in effetti è che la relazione strettissima tra “identità” e “soggettività” dell’uomo, in senso lato, debba essere ripensata su questo unico livello ineluttabile di trans-formazione. Così come c’è un modo di essere Io in Cristo, cioè nella pura relazione, nemmeno le nostre identità culturali possono scomparire nell’indistinto, come ci vuole far credere l’ombra nichilistica, oggi pervasiva. Lo Spirito si radica a terra, e quindi anche su un preciso suolo, un paese, in una storia di lingue e di tradizioni. Nel mondo in cui viviamo, ritrovare la coscienza europea come tale (basata sin dall’origine sull’unità dei molteplici) non significa rigettare il passato, ma adempierlo nella sua giusta direzione.
Un caro saluto a tutti e grazie,
Luca.
Grazie, caro Luca, per la tua appassionata, limpida “confessione” e per tutti gli interventi che ha suscitato.
Anche a me il tuo post ha molto consolato. Ho 72 anni e condivido fortemente il tuo amore per la nostra giovane antichissima Europa. Credo che il lavoro-vocazione essenziale a cui tutti siamo chiamati per essere testimoni contempl-attivi sia, come dici tu, ” l’alfabetizzazione dello Spirito” come facciamo in D.P. per dare mani piedi e ali allo Storico Documento sulla Fratellanza per la Pace Mondiale.
Dopo diversi anni, quest’ultimo fine settimana sono stata a Parigi ( per me luogo dell’anima.) Sono laureata in Francese e mi trovavo li’ nell’inverno ’68. Rientrai a fine aprile, per Pasqua, con la certezza che a Maggio, sarebbe scoppiato qualcosa.
Ora ho respirato un caldogelido vento insurrezionale veramente ineludibile.. siamo chiamati a cantarlo anche noi con sguardo e cuore poetico insurrezionale…
Mi permetto di inserire qui i versi nati proprio al mio rientro, con la fiduciacertezza Speranza che il combattimento in atto ci vedrà agire in alleanza con lo Spirito per fare di tutta la nostra vita un’opera d’arte. KYRIE AMEN ALLELUJA
PARIS CANTO A PIU’ VOCI
E’soffio di vento insurrezionale
Sotto il cielo di Paris si reclama.
E’soffio di vento insurrezionale
E’canto a più voci di fine settimana
millenario psicodramma universale.
A Place République La Marianna
alto leva bronzeo ramo d’olivo.
Ai suoi piedi accovacciate
Liberté Egalité Fraternité
attendono impotenti senza armi
vigilano silenti su barricate
su gilets jaunes e gendarmi.
Sotto cielo blu ghiacciato
il cuore della Senna illuminato
le iles de la Cité e Saint Louis
come arca di Noé senza remi
come catamarano arcano
ospitano la vita raccontano la Storia
battono il metronomo della Memoria.
Dentro Notre Dame il canto ci conduce.
Ai piedi dell’altare vibrano di luce
d’azzurro vestiti ventiquattro fiori
voci bianche di gregoriani cori
come i rosoni risplendono
ai cannoni.dell’organo si accordano.
A Saint Séverin in deambulatorio
di doppi archi gotici si aprono
palmeti di alte splendide vetrate
sotto l’albero di Jesse canta l’organo
offre preghiere Assemblea e soprano
In Saint-Julien-Le-Pauvre giusto di fronte
già rifugio di malati e pellegrini
romaniche cupe colonne e icone
tra Oriente e Occidente ponte
sI prega senza organo a cappella
Il rito bizantino canta l’Archimandrita
in arabo francese e greco con eco
accende nutre ecumenica Vita
Brillano gli occhi alla clochard anziana
seduta a terra nel mezzo del Pont Neuf
carota e erba dà al suo vivo coniglietto
anche lui senza tetto, vestito di lana .
Cantano insieme distesi sulla sottana
sfida il freddo la loro vita grama
Scorre la Senna scorre la coda ai musei
splende il freddo sole dentro e fuori
Il Centre Pompidou s’infiamma di colori
dona il Beaubourg incontri e sapori.
Splende Michele, artista Sardo Siculo
Franco e Universale per vocazione
è stretta di mano poetica visione.
Pisa 8-2-2019
Caro Luca,
e come avresti potuto non odiare l’America tu, pur nato dieci anni dopo la caduta del Muro, quando molti di noi sessantottini l’hanno caricata di ogni colpa ed infamia?
C’è stato un tirassegno universale da parte prima del comunismo, poi del fascismo e del nazismo.
Cadute le dittature è iniziato un gioco autolesionista dell’Occidente contro sè stesso, che ha denunciato tutti i crimini e le ombre, ma ha volutamente dimenticato le luci e gli splendori ed ha perciò cominciato a rotolare in uno scetticismo generico e poi nel nihilismo.
E il gioco dei narcisisti ed arroganti mette a rischio le basi della libertà e della democrazia.
E’ essenziale quello che scrivi, ed era indispensabile la puntualizzazione nel tuo secondo scritto.
” Nemmeno le nostre identità culturali possono scomparire nell’indistinto”:infatti sarebbe nihilismo.
Ed è vero, come è nell’uomo così è nelle nazioni: soggettività ed identità possono amare od odiare.
“Patria” e “Nazione” sono bestemmie solo se declinate come odianti le altre, mentre invece sono positive se sapremo farle evolvere come “IDENTITA’ APERTE”, collaborative nella “biodiversità”.
Per fare questo c’è solo il percorso che stiamo facendo con “l’alfabetizzazione dello spirito… nella dimensione della liberazione interiore”.
Se siamo alla fine di tante cose, accogliamo anche che siamo alla fine del “progetto socialdemocratico che ha ispirato la coscienza moderna nella concezione dell’essere umano”.
Era concezione “fondata sull’insegnamento secolarizzato del cristianesimo”.
Ma allora a quell’insegnamento possiamo recuperare quella “fraternità” che è stata dimenticata?
E insieme proporre l’alfabetizzazione dello spirito?
Sono queste le tematiche che mi appassionano e mi entusiasmano e mi danno forza.
Sono queste le tematiche che potrebbero rendere interessanti le prossime elezioni europee.
E credo che su questo siamo tutti d’accordo e tutti possiamo contribuire.
Un caro saluto, GianCarlo
Concordo con le osservazioni di GianCarlo soprattutto quando ci invita a declinare “Patria/Nazione” in senso evolutivo, come “identità aperte” fondate su quella liberazione interiore che altro non è se non “alfabetizzazione dello Spirito” in atto…
Unica via rivoluzionaria, non violenta e realmente democratica (come ci ricorda spesso Marco G.) perché ci chiama tutti indistintamente a fare nel quotidiano la nostra parte!
Buona domenica a tutti,
mcarla
” Nemmeno le nostre identità culturali possono scomparire nell’indistinto”
Caro Luca, anch’io come Gian Carlo e Maria Carla, considero molto importanti queste parole. Occorre riscoprire la nostra identità, ovviamente cercando di purificarla dai suoi aspetti bellici. Altrimenti il risultato finale della globalizzazione liberista sarà una umanità informe di individui isolati senza più cultura, tradizioni, lingua, famiglia che vagheranno per il mondo telecomandati dai media, inseguendo solo occasioni di consumare o produrre.
Un caro saluto